La nomina del nuovo ordinario di Torino e Susa non fa ridere. E non si sorride neanche con l’Apocalisse

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Riprendo il post dal mio diario Facebook di ieri, 19 febbraio 2022 sulla nomina di Don Roberto Repole a Ordinario di Torino e Susa. Il post è stato condiviso oggi dall’amico e collega Marco Tosatti sul suo blog Stilum Curiae, con la seguente introduzione: «Come sapete Torino ha un nuovo arcivescovo. Una scelta che un amico cardinale di Curia, qui a Roma ha definito sorridendo “apocalittica”. Penso che sia interessante condividere con voi questo breve commento scritto da Vik van Brantegem, che ben conoscete, e pubblicato su Facebook, una persona che ha profonda esperienza della Santa Sede e della Chiesa. È una scelta che di sicuro, si affretteranno a dire i soliti commentatori, si colloca in piena continuità di intenti con il Papa emerito Benedetto XVI». Poi, ha ragione l’amico Mauro Visigalli: «Il vero guaio sono i Cardinali che sorridono per l’Apocalisse». Io non sono un Cardinale (per fortuna) e non sorrido per l’Apocalisse (mi risulta che chiude le Sacre Scritture). E non sorrido neanche per i Cardinali, rido.

Don Roberto Repole presso la cattedrale della Consolata, il 19 febbraio 2022 (Foto di Jessica Pasqualon/ANSA).

Per chi pensa che Don Repole non c’entra in questa storia dello sbianchettamento che ho ricordato nel mio post ieri su Facebook e che ricordarlo sia cavilloso e pretestuoso, è fuori strada. Perché è esattamente nello sbianchettamento che si trova la notizia, perché intendeva nascondere la disapprovazione del Papa emerito dell’inserimento del teologo tedesco nella antologia (che si presentava come la teologia di Papa Francesco). Una notizia vecchia sì, ma diventato attuale precisamente con la nomina del curatore Repole, ricordando il giudizio del Papa emerito. Per quanto riguarda la valutazione del teologo Repole – che non conosco e su cui non mi sono mai espresso in riferimento ad un ipotetico non gradimento (come è stato insinuato) – rimanda a due articoli che aggiungono delle informazioni rilevanti, per interpretare questa nomina episcopale e per capire quanto detto dal Cardinale di Curia amico di Tosatti: «Una scelta “apocalittica”»:

  • Papa Francesco nomina arcivescovo di Torino il teologo Roberto Repole di Angela Ambrogetti – ACI Stampa, 19 febbraio 2022
  • Il vescovo “boariniano” Repole alla prova di una diocesi divisa di Eusebio Episcopo – Lo Spiffero, 20 febbraio 2022

A margine, un pensiero – senza sorridere – mi farei sulla domanda dell’amico M.M.: «Non è il primo prelato che dà problemi con il Magistero di sempre nell’ex Regno sabaudo. Visti i precedenti storici, le rivoluzioni italiane partono tutte da quelle parti?».

Sarebbe superfluo, ma mi sono reso conto che non lo è, tornare sulla questione dei commenti a quanto viene scritto su Korazym.org in generale e sul mio diario Facebook in particolare. Vero è che non si può commentare gli articoli su Korazym.org e il motivo è semplice: la redazione del quotidiano non ha la possibilità di moderare i commenti e inoltre lo spazio dei commenti veniva invaso da troll e perditempo, quindi, è stato chiuso. Invece, sui social collegati con Korazym.org e i miei personali è possibile commentare (sul mio diario Facebook personale, solo gli amici, visto che è casa mia e non un locale pubblico). Però, come ho ricordato oggi: «Repetita iuvant, ovvero, non lo si può mai ripetere abbastanza. Praemonitus praemunitus, ovvero, uomo avvisato mezzo salvato. Intelligenti pauca, ovvero, a buon intenditor poche parole. Grazie a Valentina Villano e alla sua saggezza nel scovare questo post, che calza a pennello…: “Prima di commentare un post domandati: Ho capito l’ironia/il sarcasmo? La mia replica è necessaria? Sono un imbecille?”». Buona lettura.

Don Roberto Repole presso la cattedrale della Consolata, il 19 febbraio 2022 (Foto di Jessica Pasqualon/ANSA).

Ricordiamo che il nuovo Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa, Don Roberto Repole è il teologo che curò per la Libreria Editrice Vaticana la collana di 11 libricini “La teologia di Papa Francesco”, che a marzo 2018 finì nelle cronache per il caso della lettera al Prefetto della Segreteria per la Comunicazione, Monsignor Dario Edoardo Viganò, che era stata qualificata dal suo autore come “riservata-personale”, con cui il Papa emerito Benedetto XVI rifiutò di scrivere “una breve e densa pagina teologica” di recensione.

La lettera (“riservata-personale”) non solo fu pubblicata da Mons. Viganò, ma che sbianchettò pure la parte in cui il Papa emerito muoveva delle critiche per la scelta di uno degli autori della collana, per aver “capeggiato iniziative anti-papali”, perché “attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale” e in “opposizione al magistero papale”.

La parte pubblicata:
«Reverendissimo Monsignore, molte grazie per la sua cortese lettera del 12 gennaio e per l’allegato dono degli 11 piccoli volumi curati da Roberto Repole. Plaudo a questa iniziativa che vuole opporsi e reagire allo stolto pregiudizio per cui Papa Francesco sarebbe solo un uomo pratico privo di particolare formazione teologica o filosofica, mentre io sarei stato unicamente un teorico della teologia che poco avrebbe capito della vita concreta di un cristiano oggi. I piccoli volumi mostrano a ragione che Papa Francesco è un uomo di profonda formazione filosofica e teologica e aiutano perciò a vedere la continuità interiore tra i due pontificati, pur con tutte le differenze di stile e di temperamento. Tuttavia non mi sento di scrivere su di essi “una breve e densa pagina teologica”. In tutta la mia vita è sempre stato chiaro che avrei scritto e mi sarei espresso soltanto su libri che avevo anche veramente letto. Purtroppo anche solo per ragioni fisiche non sono in grado di leggere gli undici volumetti nel prossimo futuro, tanto più che mi attendono altri impegni che ho già assunti».

La parte sbianchettata:
«Solo a margine vorrei annotare la mia sorpresa per il fatto che tra gli autori figuri anche il professore Hünermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali. Egli partecipò in misura rilevante al rilascio della ‘Kölner Erklärung’, che, in relazione all’enciclica ‘Veritatis splendor’, attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale. Anche la ‘Europäische Theologengesellschaft’, che egli fondò, inizialmente da lui fu pensata come un’organizzazione in opposizione al magistero papale. In seguito, il sentire ecclesiale di molti teologi ha impedito questo orientamento, rendendo quell’organizzazione un normale strumento di incontro fra teologi. Sono certo che avrà comprensione per il mio diniego e La saluto cordialmente».

Papa Francesco nomina arcivescovo di Torino il teologo Roberto Repole
Il Papa unisce in persona episcopi anche la diocesi di Susa di cui era amministratore apostolico Nosiglia
di Angela Ambrogetti
ACI Stampa, 19 febbraio 2022


È arrivato oggi l’annuncio ufficiale della nomina di Don Roberto Repole come nuovo arcivescovo di Torino, unendo in persona Episcopi le due Sedi di Torino e Susa di cui era come Amministratore Apostolico Cesare Nosiglia.

La scelta del Papa è stata resa pubblica da Cesare Nosiglia arcivescovo di Torino dal 2010, 77 anni. 

La scelta non è stata facile, ma alla fine Papa Francesco ha deciso per il docente universitario direttore della Facoltà teologica di Torino, oltre che presidente dei teologi italiani.

Torinese, classe 1967, ha conseguito licenza e dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma con una tesi dal titolo “Chiesa pienezza dell’uomo. Oltre la postmodernità: G. Marcel e H. de Lubac”.

Tra le sue opere: Il pensiero umile. In ascolto della Rivelazione (Città Nuova 2007); L’umiltà della Chiesa (Qiqajon 2010); Come stelle in terra. La Chiesa nell’epoca della secolarizzazione (Cittadella 2012); Dono (Rosenberg & Sellier, 2013); La vita cristiana (San Paolo 2013); Chiesa (Cittadella 2015).

Ha dedicato buona parte della sua riflessione a un ripensamento dell’ecclesiologia nell’orizzonte della cultura contemporanea alla luce del magistero di Papa Francesco.

Don Roberto Repole, è stato anche curatore della collana  “La Teologia di Papa Francesco” in cui 11 teologi volevano mostrare l’insegnamento di Papa Francesco. Tra loro Peter Hünermann.

La collana venne presentata con una conferenza che fece scalpore per la lettera, letta solo in parte, di Benedetto XVI cui era stata regalata l’opera, che si lamentava della presenza nella collana proprio del teologo Hünermann che, scriveva Benedetto XVI “durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti-papali”. Ma non solo, perché, già all’epoca di Giovanni Paolo II era decisamente “contro Roma”.

La vicenda culminò nelle dimissioni di Monsignor Dario Viganò, Prefetto del dicastero della comunicazione, che aveva omesso di pubblicare la parte “critica” del testo del Papa emerito.

Nella collana c’era anche un testo molto illuminante di Repole: “Il sogno di una Chiesa evangelica. L’ecclesiologia di Papa Francesco” che fornisce un focus sulla visione della Chiesa evangelica e missionaria sognata da Papa Francesco sia attraverso l’esame ecclesiologico dei suoi documenti più importanti sia attraverso una profonda riflessione sui suoi insegnamenti incentrati sul Vangelo della Misericordia. Si parla della riforma della Chiesa e di una “teologia spirituale” espressione del rinnovamento della vita ecclesiale.

Negli ultimi mesi Repole ha partecipato a molti incontri dedicati alla vita della Chiesa durante e dopo la pandemia.

Il vescovo “boariniano” Repole alla prova di una diocesi divisa
Un episcopato su cui pesa come un’ipoteca l’impronta ecclesiale e ideologica dei canonici di San Lorenzo che ora, con l’elezione di uno di loro al vertice, estendono il potere. L’eredità di Nosiglia e lo stato disastroso della Chiesa torinese in un pamphlet
di Eusebio Episcopo
Lo Spiffero, 20 febbraio 2022


La notizia della nomina di don Roberto Repole, direttore della facoltà teologica, ad arcivescovo di Torino era nell’aria ma ha sorpreso tutti. O meglio, ancora una volta papa Francesco ha sorpreso tutti. Voci accreditate dicono che si sia giunti al suo nome – quasi raschiando il barile dei candidati – dopo vari rifiuti eccellenti. Fra questi i più noti quelli di dom Donato Ogliari, abate di Montecassino, e di don Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, interpellati direttamente dal pontefice. Ma come è uscita la candidatura di Repole? Si dice che in questi anni, poco presente in facoltà, egli abbia coltivato freneticamente una fittissima rete di contatti in tutte le diocesi italiane facendosi conoscere e apprezzare dai vescovi più influenti e ascoltati a Santa Marta.

Norme di ovvia prudenza, collaudata opportunità e buon senso avevano da sempre sconsigliato la Santa Sede dal nominare vescovi i preti appartenenti al clero della stessa diocesi e, in ogni caso, di scegliere pastori che avessero maturato qualche esperienza pastorale. Per Torino non è stato così. Il sommario profilo di don Repole è già stato tracciato nell’ultimo articolo e poco c’è da aggiungere se non che la sua nomina rischia di dividere ancor di più una diocesi già fortemente polarizzata. I “boariniani” – nucleo di sacerdoti che hanno avuto negli anni della formazione don Sergio Boarino, all’epoca rettore del Seminario, il loro riferimento anche successivamente all’ordinazione, mantenendo un forte legame tra loro – di cui l’eletto è l’esponente più prestigioso, sono ancora increduli ma al settimo cielo. Finalmente adesso il loro dominio sarà pieno e totale, il loro autoreferenziale sistema pastorale e ideologico uscirà dal ridotto di via XX Settembre e di qualche parrocchia e diventerà il modello della diocesi. Non è necessario essere profeti per sapere che l’episcopato (potremo ancora usare questo termine?) di Repole sarà di tipo collettivo, sarà cioè quello di San Lorenzo, coinvolgendo i suoi buoni canonici direttamente o indirettamente nel governo. E questo a prescindere di chi sarà il vescovo ausiliare o il vicario generale, tenuto conto che il dominio “boariniano” si estenderà anche alla diocesi di Susa unita a Torino in persona episcopi. Qualcuno già dice che il nuovo vescovo non risiederà in arcivescovado ma che – in segno di umiltà e a imitazione di Francesco – continuerà ad abitare in piazza Castello dove il maître à penser don Giovanni Ferretti assurgerà al ruolo di eminenza grigia. Mentre alcune lobby possono tirare un sospiro di sollievo, i preti e i laici non allineati, escono sconfitti da una lunga battaglia ecclesiale. Soprattutto per i primi, si prospettano anni amari, di emarginazione e di nessuna considerazione, forse anche di persecuzione. Soprattutto fra i chierici, Vae victis.

Avremo modo di seguire i primi passi e le prese di posizione del nuovo vescovo che, con i suoi cinquantacinque anni, regnerà a Torino per quasi un quarto di secolo. Per quanto riguarda il suo pensiero e il conseguente programma non occorre tanto compulsare la sua produzione teologica ma cercare in un libro uscito da poco.

Nell’approssimarsi della sua nomina – e con encomiabile tempismo – lunedì scorso ha visto la luce un pamphlet che, apparentemente trattando dei soliti temi cari ai progressisti riguardanti la Chiesa universale, prende lo spunto e individua il suo focus nelle vicende di quella locale. Parliamo de Lo scisma emerso del giornalista Francesco Antonioli e di Laura Verrani. Quest’ultima, in possesso del baccalaureato in teologia, è da sempre assai vicina – in questo caso si potrebbe dire portavoce – dei buoni canonici di San Lorenzo. Il sottotitolo è alquanto significativo: conflitti, lacerazioni e silenzi nella Chiesa del Terzo Millennio. Gli autori sono noti, nel sempre più angusto mondo clericale torinese, per essersi occupati di quel «complicato caso di cronaca» che ha visto tre preti diocesani accusati di aver indotto vocazioni forzate, il loro nome non viene mai fatto dagli autori perché «non interessano e non ci interessano». Ma tutti sanno di chi si tratta, così pure nel mirino dei due saggisti sono i religiosi del Verbo Incarnato che reggono le parrocchie di Maria Madre della Chiesa e del beato Frassati. Quali implacabili giudici, l’intento dichiarato del giornalista e della “teologa” è quello di «dimostrare dov’è il male». Esso si anniderebbe nei preti giovani malati di tradizionalismo e colpevoli, pertanto, di tutti i mali e la talare che indossano non sarebbe che «la divisa della disobbedienza». Il libro – su cui torneremo – pur gravato da una pesante ideologia progressista, solleva tuttavia problema reali e non eludibili dalla Chiesa: «l’incapacità di ascolto, la questione dell’esercizio del potere e dell’autorità, il ruolo delle donne, il rapporto con il denaro, la liturgia, il rapporto con il male e la demonizzazione dell’altro, la mancanza di formazione, la capacità di comunicare». Sotto questo profilo impietosa – e azzeccata – è la descrizione dei vescovi piemontesi che ormai per gran parte sono stati nominati da papa Francesco: «Prevale la mediocrità. Nella maggior parte dei casi emerge una profonda inadeguatezza per il proprio ruolo e una generale incapacità di rendersene conto. Manca drammaticamente il talento di leggere con oggettività la realtà e se stessi e questo è un disastro per la vita pastorale di una diocesi». Ma ancor di più efficace è il ritratto di Cesare Nosiglia – anch’esso mai nominato ma riconoscibilissimo. Accusato, rispetto ai veri problemi della Chiesa, di creare una «cortina fumogena» diretta ad «ottenere buoni punti (cioè consenso, approvazione, reputazione) e «che non perdono occasione per andare ai presidi dei lavoratori che protestano contro licenziamenti e cassa integrazione, per farsi immortalare mentre fanno la spesa per il banco alimentare, mentre a livello di governance sono un disastro misto a una mediocre ipocrisia generale».

Nei ringraziamenti compaiono i nomi di persone – preti e laici – che «consapevolmente o inconsapevolmente» hanno aiutato gli autori. Tra questi spicca l’ex sindaco Valentino Castellani che da un po’ di tempo è il procuratore torinese di Enzo Bianchi del quale ha sposato la causa, nonché suo vicino di casa a Reaglie. Inoltre, vi compaiono don Oreste Aime, anziano insegnante alla facoltà teologica, don Carlo Franco, parroco del duomo e liturgista arrabbiato, don Marco Ghiazza parroco di Volpiano, don Roberto Populin, parroco di Santa Croce e del Santo Nome di Gesù, don Ugo Bellucci, parroco di Avigliana, il monaco Cesare Falletti.

A proposito di comunione ecclesiale o di scismi, non è stata smentita la notizia che martedì 8 febbraio il papa abbia ricevuto, con la cordialità riservata a una sua vecchia conoscenza argentina, don Davide Pagliarani, il superiore della Fraternità San Pio X, cioè il capo dei lefebvriani. Venuto forse a Roma a ringraziare Francesco per aver concesso loro quello che mai nessun papa precedente – meno che mai Paolo VIGiovanni Paolo II o Benedetto XVI che aveva addirittura interrotto i colloqui dottrinali – avrebbe mai concesso loro: la facoltà di validamente confessare, celebrare le nozze, giudicare in prima istanza ecc. Qualche giorno prima, il 2 febbraio, all’udienza generale lo stesso pontefice ha affermato che «anche i bestemmiatori, i blasfemi e gli apostati sono nella comunione dei santi che tiene insieme la comunità dei credenti sulla terra e nel Cielo». In base a elementari principi ecclesiologici o anche solo logici si potrebbe concludere che se i secondi stanno nella comunione ecclesiale lo sono ancor di più e a maggior ragione i preti e i fedeli della Fraternità, per non parlare dei religiosi e delle religiose del Verbo Incarnato. Ma oggi, anche per la Chiesa, come direbbe il presidente Mao, «grande è la confusione sotto il cielo». E la situazione è tutt’altro che eccellente.

Intanto, è stato notato come, da quando è stato eletto nel 2013, papa Francesco ha emesso, senza consultare nessuno, nemmeno quelli che, solitamente, lo erano in passato, ben 37 motu proprio [QUI] tra cui gli ultimi due nell’arco di una settimana. Essi non hanno solo come oggetto misure amministrative – come sarebbe normale – ma i poteri dei vescovi e delle conferenze episcopali con interventi rilevanti nel codice di diritto canonico. Evidentemente, la sinodalità verrà dopo.

«Francesco critica e denuncia — giustamente — il clericalismo e il carrierismo, ma poi sceglie uomini che purtroppo sono, diciamo così, “affetti” da queste diaboliche deformazioni che colpiscono il ministero dei sacerdoti».

Delitto e premio. Francesco promuove vescovo il teologo che “arruolò” l’anti-Ratzinger
Cronicasdepapafrancisco.com, 20 febbraio 2022


Il sacerdote torinese don Roberto Repole è il nuovo arcivescovo-metropolita di Torino. Papa Francesco lo conosce bene: è il teologo che curò la collana delle Libreria Editrice Vaticana “La teologia di papa Francesco” che Benedetto XVI rifiutò di recensire nel 2018.

Dobbiamo fare una doverosa digressione. Nel marzo del 2018 la Libreria Editrice Vaticana pubblicò una collana di undici libretti intitolata La teologia di papa Francesco, che fu presentata con grande solennità durante una conferenza stampa da mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, il quale cercò di far credere all’opinione pubblica che Benedetto XVI approvasse tale iniziativa — e il nuovo paradigma teologico che presentava — manipolando la lettera con cui invece il precedente e vivente Pontefice negava addirittura la propria recensione.

Scoppiò uno scandalo internazionale, così D.E. Viganò fu costretto a dimettersi, ma papa Francesco lo “salvò”, creando un incarico proprio per lui nella stessa Segreteria per la Comunicazione.

Vi rammentiamo questo vergognoso — e ignobile — accaduto della storia del Vaticano degli ultimi anni, perché è giunta dalla Santa Sede una notizia importante riguardo il curatore di quella collana, il teologo torinese don Roberto Repole (tra poco diremo di cosa si tratta), che volle “arruolare”, in quell’occasione, colleghi teologi che — durante i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI — si erano distinti per la loro opposizione al magistero pontificio che ribadiva il Depositum Fidei e che, con questo Papa, finalmente ottenevano la propria rivincita.

In particolare vi era il tedesco Peter Hünermann che «durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali», scrisse Benedetto XVI nella sua lettera di diniego a recensire la collana di don Repole. Inoltre costui «attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa — aggiunse Benedetto XVI — specialmente su questioni di teologia morale».

Hünermann fu, infatti, uno dei più grandi oppositori della Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II, l’enciclica implicitamente negata dall’Amoris Laetitia, come hanno rilevato i famosi cinque dubia dei quattro cardinali Brandmuller, Burke, Caffarra e Meisner, a cui Francesco non ha mai voluto rispondere.

Don Roberto Repole ha finalmente avuto da papa Francesco il “premio” — questa è la notizia accennata sopra — per aver saputo “arruolare” i teologi — anzi, gli ateologi — giusti in quell’occasione, ma soprattutto per aver ben capito il suo pensiero, il suo “cambio di paradigma”: è stato nominato, a soli 55 anni, arcivescovo-metropolita di Torino. Egli — a differenza di mons. Corrado Lorefice (responsabile del caso Don Minutella) — saprà, come si suol dire, “giocare bene le sue carte” e ottenere la berretta cardinalizia e… chissà che non ce lo ritroveremo anche futuro presidente della CEI… vista l’urgenza di papa Francesco di piazzare i “suoi” entro il completamento del Sinodo 2023, benedicendo poi il tutto con l’Anno Santo 2025… A pensar male si fa peccato, diceva qualcuno, ma spesso ci si azzecca!

Francesco critica e denuncia — giustamente — il clericalismo e il carrierismo, ma poi sceglie uomini che purtroppo sono, diciamo così, “affetti” da queste diaboliche deformazioni che colpiscono il ministero dei sacerdoti.

Chi cerca la ricompensa in questa vita, quasi sicuramente riuscirà ad ottenerla, ma sarà fine a se stessa e non verrà sicuramente dal Cielo, ma dagli uomini (cfr. Mt 6, 1). I falsi profeti e i cattivi maestri ottengono le lodi, in questo mondo, da questo mondo (cfr. Lc 6, 26).

Per questo, come aveva ricordato il card. Giacomo Biffi, bisogna dissentire dai falsi profeti, non da quelli di sventura.

«”Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo”. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio di Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: “Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre azioni. Oracolo del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho lasciate scacciare e le farò tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; di esse non ne mancherà neppure una”. Oracolo del Signore» (Geremia 23, 1-4).

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