Il papa chiede ai tedeschi di camminare insieme

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E’ datata 29 giugno la Lettera di papa Francesco al popolo pellegrinante di Dio che è in Germania: accompagnamento, benedizione, attenzione critica.

’Camminare insieme e con tutta la Chiesa’ è questa la ‘sinodalità’ proposta dal papa, nel quale offre un contributo di riflessione al percorso sinodale deciso dalla Chiesa tedesca nell’assemblea plenaria tenutasi lo scorso marzo, invitando a considerare ‘la centralità dell’evangelizzazione e del sensus Ecclesiae come elementi determinanti del nostro dna ecclesiale’ ed esortando ad ‘allargare lo sguardo’ per ‘riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi’.

Partendo dalla lettura degli Atti degli Apostoli il papa ha ringraziato la Chiesa tedesca per la sua opera di carità: “Con gratitudine guardo questa rete capillare di comunità, parrocchie, cappelle, scuole, ospedali, strutture sociali che avete tessuto nel corso della storia e che sono testimonianza della fede viva che li ha sostenuti, nutriti e vivificati durante varie generazioni.

Una fede che ha attraversato momenti di sofferenza, confronto e tribolazione, ma pure di costanza e vitalità e che si dimostra ancora oggi ricca di frutti in tante testimonianze di vita e opere di carità. Le comunità cattoliche tedesche, nella loro diversità e pluralità, sono riconosciute in tutto il mondo per il loro senso di corresponsabilità e una generosità che ha saputo tendere la mano e accompagnare l’avvio di processi di evangelizzazione in regioni abbastanza sommerse e carenti di possibilità.

Tale generosità si è manifestata nella storia recente non solo come aiuto economico-materiale, ma anche condividendo, nel corso degli anni, numerosi carismi e persone: sacerdoti, religiose, religiosi e laici che hanno svolto, in modo fedele e instancabile, il loro servizio e la loro missione in situazioni spesso difficili.

Hanno donato alla Chiesa universale grandi santi e sante, teologi e teologhe, come pure pastori e laici che hanno contribuito a far sì che l’incontro tra il Vangelo e le culture potesse raggiungere nuove sintesi capaci di risvegliare il meglio di entrambi ed essere offerte alle nuove generazioni con lo stesso ardore degli inizi. Il che ha comportato un notevole sforzo per individuare risposte pastorali all’altezza delle sfide che si presentavano loro”.

Quindi riprende le preoccupazioni di papa Benedetto XVI per le situazioni in cui si trova la Chiesa tedesca: “Per affrontare questa situazione, i vostri pastori hanno suggerito un cammino sinodale. Che cosa significa in concreto e come si svilupperà è qualcosa che indubbiamente si sta ancora considerando. Da parte mia ho espresso le mie riflessioni sulla sinodalità della Chiesa in occasione della celebrazione dei cinquant’anni del sinodo dei vescovi.

In sostanza si tratta di un synodos sotto la guida dello Spirito Santo, ossia camminare insieme e con tutta la Chiesa sotto la sua luce, la sua guida e la sua irruzione, per imparare ad ascoltare e discernere l’orizzonte sempre nuovo che ci vuole donare. Perché la sinodalità presuppone e richiede l’irruzione dello Spirito Santo”.

L’analisi della situazione non implica affatto rassegnazione: “Accettare e sopportare la situazione attuale non implica passività o rassegnazione, e ancor meno negligenza; al contrario, presuppone un invito a prendere contatto con quello che in noi e nelle nostre comunità è necrotico e ha bisogno di essere evangelizzato e visitato dal Signore. E ciò richiede coraggio perché quello di cui abbiamo bisogno è molto più di un cambiamento strutturale, organizzativo o funzionale”.

Quindi ha invitato il popolo a percorrere un cammino comune, anche se faticoso: “Seguendo questo cammino potrebbe sembrare che tutto si risolverà e le cose si rincanaleranno se la vita ecclesiale entrerà in un ‘determinato’ nuovo e antico ordine che metta fine alle tensioni proprie del nostro essere umani e a quelle che il Vangelo vuole suscitare. Seguendo questo cammino la vita ecclesiale potrebbe eliminare tensioni, stare ‘in ordine e in sintonia’, ma significherebbe solo, con il tempo, addormentare e addomesticare il cuore del nostro popolo e diminuire, fino a farla tacere, la forza vitale ed evangelica che lo Spirito vuole donare”.

Per compiere questo cammino è necessaria la dimensione teologale: “Il modo in cui si affronterà la situazione attuale determinerà i frutti che si svilupperanno in seguito. Per questo chiedo che si faccia in chiave teologale affinché il Vangelo della Grazia, con l’irruzione dello Spirito Santo, sia la luce e la guida per affrontare queste sfide.

Ogni volta che la comunità ecclesiale ha cercato di uscire da sola dai suoi problemi, confidando e focalizzandosi esclusivamente sulle proprie forze o i propri metodi, sulla sua intelligenza, la sua volontà o prestigio, ha finito con l’aumentare e perpetuare i mali che cercava di risolvere”.

Ed ha tracciato la linea per una evangelizzazione comunitaria: “L’evangelizzazione, così vissuta, non è una tattica di riposizionamento ecclesiale nel mondo di oggi o un atto di conquista, dominio o espansione territoriale; non è neppure un ‘ritocco’ che l’adatta allo spirito del tempo, ma che le fa perdere la sua originalità e profezia; e non è neppure la ricerca di recuperare abitudini o pratiche che davano un senso in un altro contesto culturale. No.

L’evangelizzazione è un cammino discepolare di risposta e conversione nell’amore a Colui che ci ha amati per primo; un cammino che renda possibile una fede vissuta, sperimentata, celebrata e testimoniata con gioia. L’evangelizzazione ci porta a recuperare la gioia del Vangelo, la gioia di essere cristiani.

E’ indubbio, ci sono momenti duri, tempi di croce, ma nulla può distruggere la gioia soprannaturale, che si adatta, si trasforma e rimane sempre, almeno come un’esplosione di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amati, al di là di tutto. L’evangelizzazione genera sicurezza interiore, una serenità speranzosa che offre la sua soddisfazione spirituale incomprensibile ai parametri umani”.

Ed ha chiesto di riscoprire il cammino tracciato dal Concilio Vaticano II: “Il Sensus Ecclesiae ci libera dai particolarismi e dalle tendenze ideologiche per farci assaporare la certezza del Concilio Vaticano II quando affermava che l’Unzione del Santo appartiene alla totalità dei fedeli. La comunione con il santo Popolo fedele di Dio, portatore dell’Unzione, mantiene viva la speranza e la certezza di sapere che il Signore cammina al nostro fianco ed è Lui a sostenere i nostri passi.

Un sano camminare insieme deve far trasparire questa convinzione, cercando i meccanismi affinché tutte le voci, specialmente quella dei più semplici e umili, abbiano spazio e visibilità”. Ed ecco il valore della sinodalità: “La sinodalità, con lo sfondo e la centralità dell’evangelizzazione e del Sensus Ecclesiae come elementi determinanti del nostro dna ecclesiale, esige di assumere coscientemente un modo di essere Chiesa in cui ‘il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma’…

Questo richiede in tutto il Popolo di Dio, e specialmente nei suoi pastori, uno stato di veglia e di conversione che permetta di mantenere vive e operanti tali realtà. Veglia e conversione sono doni che solo il Signore ci può regalare. A noi basta chiedere la sua grazia per mezzo della preghiera e del digiuno. Mi ha sempre colpito come, durante la sua vita, specialmente nei momenti delle grandi decisioni, il Signore sia stato particolarmente tentato. La preghiera e il digiuno hanno avuto un posto speciale nel determinare tutto il suo agire successivo”.

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