Tag Archives: visibile
Ubaldo Casotto: William Congdon e l’essenziale visibile agli occhi

“Cos’è essenziale per essere umani, per rimanere umani, per diventare sempre più umani di fronte alle atrocità che si presentano sulla scena globale, di fonte alle sfide del cambiamento climatico, di fronte agli sviluppi tecnologici nella scienza, nella medicina, nella vita quotidiana, di fronte ad un mondo sempre più invaso dai dati e dall’informazione e tuttavia sempre meno capace di decifrarli?”: partiamo da questa proposta di fondo che guida il tema del Meeting dell’Amicizia fra i Popoli, giunto alla 45^ edizione, in programma alla Fiera di Rimini fino al 25 agosto con il titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’, caratterizzata da tavole rotonde, mostre, spettacoli, iniziative culturali, sportive e per ragazzi e trasmessa in diretta su più canali digitali e in più lingue per incontrare il dott. Ubaldo Casotto, curatore della mostra ‘L’essenziale è visibile agli occhi. Il giro del mondo di William Congdon’, in collaborazione con ‘The William G. Congdon Foundation’:
“Quest’anno sarò al Meeting da volontario come curatore e guida della mostra su uno dei più grandi pittori del ‘900, William Congdon. E’ la sesta mostra che curo per il Meeting, tanti anni fa mi sono divertito anche facendo la prima edizione del Quotidiano Meeting. Ho letto recentemente un libro su De Gasperi intitolato ‘Il costruttore’, mi sembra che sintetizzi perfettamente il ruolo del Meeting, un luogo che costruisce rapporti, conoscenza, amicizie”.
Allora, ci spieghi da dove nasce questa mostra su uno dei pittori più geniali del secolo scorso?
“L’occasione è stata duplice: il venticinquesimo della sua morte (1988-2023) che mi è tornato in mente quando, mettendo ordine alla libreria di casa, ho ritrovato le cassette di due interviste che gli feci nel 1992 nella sua casa/studio della Cascinazza a Buccinasco (Milano). Una, breve, andò in onda su Rai2, l’altra, molto lunga, fu la base per due video trasmessi in occasione di una sua mostra al Palazzo Reale di Milano. Rivederla e proporla come percorso per una mostra al Meeting di Rimini è stato un tutt’uno. La Fondazione Congdon ha messo a disposizione 14 quadri (tra cui un inedito, un ‘Santorini’ mai visto in pubblico affidatogli da un collezionista privato) e una statua (pochi sanno di Congdon scultore) prestata dal Comune di Buccinasco”.
Perché l’essenziale è visibile agli occhi?
Arriva qui il secondo motivo della mostra, il titolo del Meeting di quest’anno, la frase di Cormac McCarthy: ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’ C’è una famosa frase di Antoine de Saint Exupéry ne ‘Il piccolo principe’ che dice: ‘Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi’. Riascoltando Congdon e rimettendomi davanti ai suoi quadri, mi sono sentita di rovesciarla. Per due motivi.
Il primo: perché tutta la vita e l’opera artistica di Congdon sono state la ricerca e il tentativo di rappresentare in modo visibile di questo essenziale. Il secondo: perché l’essenziale, misteriosamente celato dentro il visibile, a un certo punto ha deciso di rendersi visibile, anche nella vita personale di Congdon. Insomma, l’essenziale è visibile in quanto mistero presente che fa ciò che vediamo, che gli dà consistenza. Invito i visitatori della mostra a soffermarsi davanti al quadro intitolato ‘Giallo con sole’, e capiranno quello che sto dicendo”.
In quale modo Congdon scopre che la pittura è vocazione per la sua vita?
“Lo dico con le sue parole: ‘Io ho un’idea, l’ho sempre sospettato, che sono nato col dono. La prima espressione del dono era la mia sofferenza nell’ambiente di casa, di famiglia, e precisamente si può dire di mio padre: non è che lui non aveva l’amore per me, ma non l’aveva nel mio modo di volerlo già a tre, quattro o cinque anni, perché io ero già condizionato dal dono in me, ed esigevo una certa corrispondenza che non veniva. Questo non è un giudizio oggettivo su di lui, perché lui ovviamente mi amava come poteva, secondo la sua realtà. Quindi, per me, il mio dono già operava da tutta la mia vita’. Più avanti aggiunge: ‘Il mio occhio è munito da un dono particolare che Dio ha messo dentro di me, è un occhio trasfigurato da Dio per essere trasfigurante e trasfigurare le cose. Dio mi trasfigura l’occhio, cioè mette dentro di me il suo occhio, che io chiamo la trasfigurazione del mio occhio, in modo che io posso vedere, trasfigurare, le cose e dipingere il trasfigurato’. Il tema del dono è una costante nel suo conversare, come si potrà apprendere leggendo lo scritto del giornalista Pigi Colognesi che costituisce la seconda parte del libro edito in occasione di questa mostra”.
Per quale motivo si converte alla Chiesa cattolica?
“Congdon era un solitario, e in qualche modo lo è rimasto sino alla fine della sua vita (come dice lui stesso nell’intervista che mi ha concesso) per questo era anche difficilmente classificabile artisticamente, pure i panni dell’Action Painting a un certo punto gli stettero stretti. Come altri pittori della scuola newyorkese ebbe la tentazione del suicidio, il suo continuo viaggiare è stato la modalità di ricerca di un senso per fuggire al gesto insensato. E non pochi studiosi hanno sottolineato come la sua stessa conversione potesse apparire, in un certo modo, quasi una sorta di suicidio simbolico, di drastica rinuncia all’esistenza sin lì condotta. Il senso che cercava lo trovò, passando per Venezia e poi per Assisi (città decisive per lui) ed infine incontrando Cristo nella Chiesa cattolica attraverso la Pro Civitate Christiana di don Giovanni Rossi e alla compagnia del grande amico della sua vita, Paolo Mangini, insieme al quale poi conobbe l’esperienza di Gioventù Studentesca”.
Quale è stata l’influenza di mons. Giussani nell’ultima parte della sua vita?
“C’è stata certamente un’incidenza a livello personale e di fede nella quale non oso addentrami. Mi limito a ripetere quanto Congdon stesso dice negli ultimi anni della sua vita, rispetto al suo essere un solitario: ‘Sono solitario per non essere affatto solitario. Dove è la mia compagnia non è secondo quello che il mondo chiama compagnia. Solitario? Certo che sono solitario: uno che vive come me qui come un monaco è solitario per non essere solitario, per essere compagnia in Cristo’. Per lui non era facile accettare quella che dall’insegnamento di don Giussani aveva cominciato a chiamare la ‘dimensione comunitaria’ del cristianesimo.
Ma vi è un aspetto della sua coscienza artistica in cui questa ‘influenza’ è chiarissima. Dopo anni in cui la sua produzione artistica si è concentrata sul cosiddetto ‘soggetto religioso’, verso la fine degli anni Sessanta Congdon entra in una fase crisi creativa: ‘Nel mondo dell’arte americano, scrive il critico Rodolfo Balzarotti, si comincia a guardare alla sua pittura come a un episodio concluso negli anni Cinquanta. D’altro canto, il ripudio del soggetto religioso lo rende sempre più restio a esporre nell’ambito di quelle istituzioni religiose dove ancora avrebbe potuto trovare un proprio pubblico’.
‘Sembrava, dice Congdon, che la mia nuova famiglia, la Chiesa, avesse sepolto il mio io di artista. E’ stato un periodo buio. Ma, grazie a Dio e alla compagnia cristiana del movimento di don Giussani, non è stato un periodo inutile. Anzi, la strettoia in cui mi sono trovato a passare ha favorito una nuova nascita, anche artistica’. Basti un esempio: in ‘Sahara 12’ (uno dei quadri in mostra) c’è l’impronta del suo piede che calpesta la piccola oasi, tutt’intorno, il deserto infinito. Strano gesto quello di mettere il piede in un quadro.
Nei suoi taccuini scriveva: ‘E’ il passo sconosciuto verso il mistero della vita. E’ il passo nudo del ricominciare. E’ il passo della preghiera, della rinascita dell’innocenza’. L’edizione in arabo de ‘Il senso religioso’di don Luigi Giussani ha in copertina proprio questo quadro. Quando l’ha visto Congdon ha detto: ‘Sono stato contento, perché certamente di fronte al deserto uno si trova proprio nudo, bisognoso, carico di domande di fronte al Mistero e cerca, ecco il piede nel quadro, di entrarci nel Misero, di conoscerlo’. E’ proprio ciò di cui parla il libro di Giussani”.
(Tratto da Aci Stampa)
Alessandra Vitez presenta le mostre del Meeting: l’arte è sempre alla ricerca dell’essenziale

Ormai aperto il Meeting dell’Amicizia fra i Popoli, giunto alla 45^ edizione, in programma fino a domenica 25 agosto con il titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’, caratterizzata da tavole rotonde, mostre, spettacoli, iniziative culturali, sportive e per ragazzi e trasmessa in diretta su più canali digitali e in più lingue, presentato dal presidente della Fondazione del Meeting, Bernhard Scholz:
“Essenziale è ciò che genera una vita piena, libera e responsabile e una vita sociale feconda e solidale… Contro i veleni dell’odio e del disprezzo, dei complottismi e delle estreme polarizzazioni, gli antidoti essenziali sono l’incontro, il dialogo e il confronto. A maggior ragione vogliamo realizzare di nuovo un Meeting che mette a tema le grandi sfide di questo momento storico in un clima di rispetto reciproco, attraverso uno scambio e una condivisione di esperienze e di conoscenze”.
Durante la presentazione degli avvenimenti il presidente della Fondazione ha sottolineato l’importanza culturale delle mostre nella ‘struttura’ del meeting: “Le mostre di questo Meeting sono un invito a riscoprire ciò che è essenziale, a prendere maggiore consapevolezza di ciò che rende la nostra vita più vera e più creativa, ciò che sostiene la nostra esistenza, soprattutto in questo momento di crescente conflittualità e di tante sfide decisive per il nostro futuro”.
I temi delle mostre saranno la storia dei giubilei in vista del Giubileo del 2025, l’opera del fotografo statunitense Curran Hatleberg, con 65 scatti originali, l’opera del pittore americano vissuto in Italia William Congdon (con un importante inedito) e l’opera letteraria dello scrittore svedese Pär Lagerkvist (premio Nobel 1951 per la Letteratura). Altre mostre presenteranno l’attualità di Alcide De Gasperi, la storia dei coniugi austriaci Franz e Franziska Jägerstätter (Franz, martire del nazismo, proclamato beato nel 2007 da papa Benedetto, oggetto anche del film ‘The Hidden Life’ di Terrence Malick) e la tregua di Natale sul fronte occidentale nel Natale del 1914 (raccontata nel 2005 dal film ‘Joyeux Noël’ di Christian Carion).
Un’altra mostra presenterà iniziative sociali nella società civile russa di oggi; di tema sociale anche altre due mostre, una sulla rinascita dei borghi italiani ed una sulla Fondazione Progetto Arca di Milano. Un’esposizione sarà dedicata alla vita del Servo di Dio Enzo Piccinini, medico modenese molto caro al pubblico del Meeting.
La mostra scientifica, a cura dell’Associazione Euresis, avrà a tema le speciali condizioni emerse nell’evoluzione dell’Universo che rendono possibile la vita sul nostro pianeta. La Terra Santa infine sarà al centro di un’esposizione sulle due basiliche della Trasfigurazione sul monte Tabor e del Getsemani, mentre la mostra sulla ‘Fuga in Egitto’ presenterà i luoghi dove è passata la Sacra Famiglia e che sono oggetto di una devozione che unisce cristiani e musulmani.
Per approfondire i temi di alcune mostre abbiamo intervistato la dott.ssa Alessandra Vitez, responsabile dell’ufficio Mostre del meeting, chiedendo il motivo per cui il Meeting pone tale domanda: “E’ una domanda provocatoria di cui abbiamo bisogno perchè ci costringe a non rifugiarci nella rassegnazione e indifferenza, nelle considerazioni ideologiche che ci rendono la vita priva di gusto.
Il Meeting pone questa domanda perchè desideriamo fare esperienza di una vita vissuta nello scoprire e riscoprire quella essenzialità che ci permette di affrontare la realtà così come si presenta. Non significa ridurre tutto ad una sintesi minima ma vivere una vita piena, feconda, e ricca della diversità di chi si incontra come un bene prezioso al proprio cammino umano”.
Per quale motivo per Congdon l’essenziale è visibile agli occhi?
“Rovesciare la famosa frase tratta del Piccolo Principe di Antoine de Saint–Exupéry (‘l’essenziale è invisibile agli occhi’) non è un gioco, è l’essenza della pittura di William Congdon, esponente dell’action painting di New York, uno dei più grandi artisti del ‘900. Dopo un lungo viaggiare e dipingere si stabilisce in Italia, prima a Venezia, poi ad Assisi ed infine a Gudo Gambaredo nella Bassa milanese, dove muore nel 1998. Per lui dipingere è una ‘avventura dello sguardo’ che arriva a cogliere l’essenza di ciò che si vede. Guai a dargli di pittore astratto; infatti egli dice di sé: Sono sempre partito da un oggetto concreto che colpisce il mio occhio… io dipingo quel che vedo e non come vedo”.
Invece, cosa offre ai visitatori la mostra sui Giubilei?
E’ una possibilità straordinaria di salvezza che arriva fino a toccare il cuore dell’esistere quotidiano nel mondo, è una grazia fuori dal comune, introdotta dal realismo umano della fede cristiana nella storia degli ultimi sette secoli: una grazia da mendicare, di cui rendersi degni con i gesti, i passi concreti, aderendo a dei segni visibili capaci di diventare un ponte di collegamento tra la terra e il cielo. Ci attende di nuovo al varco nel prossimo 2025”.
Ed allora in quale modo l’arte si confronta con i Giubilei?
“Le opere pittoriche svolgono la funzione di accompagnare il pellegrino che si avvicina al Giubileo perché le immagini veicolano gli sguardi, illuminano traiettorie, muovono domande. L’artista capta le vibrazioni che animano la sua epoca, si fa profetico interprete del mondo che lo circonda, senza mai smettere di ‘cercare’. Il ‘desiderio’, talvolta, diventa inquietudine e rovello. E possiamo cogliere un segno che rende evidente la meravigliosa capacità dell’uomo di trasformare l’esperienza in cultura, cultura che risponde alla grande domanda su che cosa voglia dire diventare vivi per davvero”.
Infine, per quale motivo il Meeting ha scelto le fotografie di Curran Hatleberg?
“Il mondo della fotografia ci interessa particolarmente e siamo sempre alla ricerca di una prospettiva originale da cui guardare attraverso l’obiettivo. E’ stato il nostro amico Luca Fiore, critico d’arte e giornalista, ad introdurci alla conoscenza di Hatleberg, che sarà con noi per tutta la settimana del Meeting.
Hatleberg ha frequentato la Florida per un paio d’anni, tornando a visitare le stesse famiglie incontrate casualmente per trascorrere del tempo con loro. Questo rapporto di prossimità gli ha permesso di entrare nel mondo di queste persone, di accedere ai loro momenti di intimità e di vulnerabilità.
Di loro non conosceva nulla, ma era curioso di entrare nella vita quotidiana; è incredibile come capiti che in situazioni davvero dure, dal punto di vista sociale e personale, dentro l’inquadratura appare qualcosa che apre ad una possibilità. La fotografia può diventare un’ottima scusa per far incontrare persone che appartengono a mondi diversi e dar loro l’opportunità di condividere qualcosa”.
(Tratto da Aci Stampa)