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Il Banco Alimentare lancia un appello contro la precarietà

Nel mese scorso l’Istat ha presentato il rapporto sullo stato delle famiglie italiane in cui è stato sottolineato che nello scorso anni la spesa media mensile per consumo delle famiglie residenti in Italia è stato pari ad € 2.728 in valori correnti, in aumento del 3,9% cento rispetto all’anno precedente, trainata dall’ulteriore aumento dei prezzi; in termini reali, la spesa media si riduce dell’1,8%. E la spesa media più elevata, pari ad € 2.967 euro, è nel Nord-ovest, quasi identica rispetto al Nord-est e al Centro (rispettivamente, € 2.962 ed € 2.953 mensili), ma del 28,2% e del 35,2% superiore rispetto alle Isole (€ 2.314) ed al Sud (€ 2.195).

Quindi dal 2014 al 2023, la spesa media mensile delle famiglie è cresciuta dell’8,3%. L’aumento è stato molto più accentuato nelle Isole (+23%), seguite dal Centro (+11,4%) e dal Sud (+10,2%). Nel Nord, invece, l’incremento è stato del 4,5% (+4,8% nel Nord-ovest, +4,1% nel Nord-est), poco più della metà del dato nazionale. Da ciò è evidente che in 10 anni, la distanza tra le diverse aree del Paese si è complessivamente ridotta: nel 2014, il divario maggiore, tra Isole e Nord-est, era di € 963, il 33,9% in meno; nel 2023, il più ampio, tra Nord-ovest e Sud, è di € 773, il 26% in meno.

Inoltre tra il 2014 e il 2023, la spesa equivalente, che permette di confrontare famiglie di diversa ampiezza, è cresciuta in termini correnti del 14%, con un andamento leggermente migliore per le famiglie più abbienti (+15,5%) rispetto a quelle meno abbienti (+14,2%):

“Depurando l’andamento delle spese da quello dei prezzi, la spesa media equivalente è caduta del 5,8%; il calo è stato più forte per le famiglie dei ceti bassi e medio-bassi, appartenenti al primo e al secondo quinto della distribuzione (-8,8% e -8,1% rispettivamente). Anche le famiglie del ceto medio e medio-alto hanno diminuito le loro spese reali in maniera più significativa rispetto alla media nazionale (-6,3% il terzo e -7,3%). Solamente le famiglie più abbienti, appartenenti all’ultimo quinto, hanno contenuto le proprie perdite (-3,2%)”.

Nel 2023 l’incidenza di povertà assoluta in Italia è pari all’8,5% tra le famiglie ed al 9,8% tra gli individui: “Si raggiungono così livelli mai toccati negli ultimi 10 anni, per un totale di 2.235.000 famiglie e di 5.752.000 individui in povertà”.

L’incidenza di povertà assoluta familiare è più bassa nel Centro (6,8%) e nel Nord (8,0% sia il Nord-ovest sia il Nord-est), e più alta nel Sud (10,2%) e nelle Isole (10,3%). Lo stesso accade per l’incidenza individuale: 8,0% nel Centro, 8,7% nel Nord-Est, 9,2% nel Nord-Ovest e 12,1% sia nel Sud sia nelle Isole. Di conseguenza nel decennio considerato, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è salita dal 6,2% all’8,5%, e quella individuale dal 6,9% al 9,8%. Rispetto al 2014 sono aumentate di 683.000 unità le famiglie in povertà (erano 1.552.000) e di circa 1.600.000 gli individui in povertà (erano 4.149.000).

Per questa ragione il presidente del Banco Alimentare, Giovanni Bruno, ha definito tali dati non rassicuranti, in quanto emerge che una persona su dieci vive sotto la soglia minima di povertà; e tra i minori sotto i 16 anni il 13,5% è in ‘deprivazione materiale e sociale’, mentre il 5,9 % in povertà alimentare:

“Più si è giovani, più è probabile avere difficoltà: i più colpiti sono le persone in età lavorativa per cui il reddito da lavoro è sempre meno in grado di proteggere sé e i figli da situazioni di disagio economico. Istat evidenzia un peggioramento rispetto al 2022 della condizione delle famiglie con persona di riferimento (quello che una volta si sarebbe detto ‘capofamiglia’) lavoratore dipendente: sono il 9,1%, dall’8,3% dell’anno precedente. Il ceto medio si è andato riducendo e impoverendo anche se le differenze ‘tra chi sta bene e chi sta male’ sembrano diminuire, ma al ribasso, perché la situazione economica è peggiorata per quasi tutti”.

A questi dati può essere legato anche un calo di partecipazione alla vita sociale da parte dei giovani: “Cala anche la partecipazione alla vita sociale in genere: nei giovani tra i 16 e i 24 anni, per esempio, l’attività di volontariato è scesa in 10 anni dall’11% all’8 %, come l’incontrarsi stabile tra amici ha visto una flessione dal circa 95% all’88%. In controtendenza invece su questo punto gli over settantaquattrenni che, per esempio, aumentano dal 5,4% al 7,1% la loro partecipazione ad attività di volontariato”.

Inoltre l’inflazione ha aumentato il costo della spesa familiare: “Tutto conferma e giustifica gli incrementi di richieste di aiuto che dalla pandemia in poi ci troviamo a registrare: in crescita il numero di enti che chiede di convenzionarsi con il Banco Alimentare: ora sono poco più di 7.600 ma con circa un 6-7% di enti in ‘lista di attesa’ in tutta Italia.

Le persone da questi sostenute sono già circa 1.800.000 e noi cerchiamo, con sempre più difficoltà, di rispondere in modo adeguato alle loro difficoltà. Questo desiderio, questo tentativo di riuscire a dare una risposta minimamente adeguata al bisogno incontrato è proprio ciò che ci costringe, con grande sofferenza a, non incrementare il numero degli enti convenzionati e quindi delle persone aiutate”.

Per questo il presidente del Banco Alimentare ha lanciato un appello a far crescere l’attenzione nei confronti di chi vive in stato di precarietà: “Consideriamo anche che l’aiuto alimentare ha come effetto quello di ‘liberare’ alcune risorse economiche che consentono altre spese, dalle cure mediche all’abbigliamento o ai bisogni educativi peri figli spesso costretti a rinunciare a momenti di socialità con tutte le conseguenze che questo può comportare per il loro futuro.

Questo è il momento, un momento in cui anche la pace è fortemente minacciata, in cui non possiamo dare nulla per scontato, in cui far crescere l’attenzione e, nelle tante persone che quotidianamente incontriamo sui tram, sui treni dei pendolari, per le strade dei nostri paesi e quartieri, imparare a scorgere il bisogno. Bisogno che è anche nostro e che si manifesta in un senso di insicurezza e di precarietà acuito dalla guerra che è così vicina a noi”.

‘Shakespeare in Sneakers’: il teatro a scuola arriva al successo

La stagione teatrale a Tolentino è stata conclusa dallo spettacolo ‘Alice’, l’ultima produzione firmata da ‘Shakespeare in sneakers’, liberamente tratto da ‘Alice nel paese delle meraviglie’ ed ‘Attraverso lo specchio’ di Lewis Carroll, che è frutto di due anni di intensissimo lavoro da parte dell’autrice e regista Veronica Pace e degli attori e delle attrici della stessa associazione teatrale. Pur mantenendo i personaggi e i tratti narrativi principali dell’opera di Carroll, lo spettacolo se ne discosta profondamente.

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