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Papa Francesco ai giovani: la vita è pellegrinaggio verso Dio

“L’anno scorso abbiamo cominciato a percorrere la via della speranza verso il Grande Giubileo riflettendo sull’espressione paolina ‘Lieti nella speranza’. Proprio per prepararci al pellegrinaggio giubilare del 2025, quest’anno ci lasciamo ispirare dal profeta Isaia, che afferma: ‘Quanti sperano nel Signore… camminano senza stancarsi’. Questa espressione è tratta dal cosiddetto Libro della consolazione, nel quale viene annunciata la fine dell’esilio di Israele in Babilonia e l’inizio di una nuova fase di speranza e di rinascita per il popolo di Dio, che può ritornare in patria grazie a una nuova ‘via’ che, nella storia, il Signore apre per i suoi figli”.

Così inizia il messaggio di papa Francesco per la 39^ Giornata Mondiale della Gioventù, che sarà celebrata domenica 24 novembre sul tema: ‘Quanti sperano nel Signore camminano senza stancarsi’ con un invito a camminare con speranza: “Anche noi, oggi, viviamo tempi segnati da situazioni drammatiche, che generano disperazione e impediscono di guardare al futuro con animo sereno: la tragedia della guerra, le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la fame, lo sfruttamento dell’essere umano e del creato.

Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani, che avvertite l’incertezza del futuro e non intravedete sbocchi certi per i vostri sogni, rischiando così di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia, talvolta trascinati nell’illusione della trasgressione e di realtà distruttive. Per questo, carissimi, vorrei che, come accadde a Israele in Babilonia, anche a voi giungesse l’annuncio di speranza: ancora oggi il Signore apre davanti a voi una strada e vi invita a percorrerla con gioia e speranza”.

Nel messaggio il papa ha riflettuto sulle due parole essenziali del profeta Isaia, ‘camminare senza stancarsi’: “La nostra vita è un pellegrinaggio, un viaggio che ci spinge oltre noi stessi, un cammino alla ricerca della felicità; e la vita cristiana, in particolare, è un pellegrinaggio verso Dio, nostra salvezza e pienezza di ogni bene.

I traguardi, le conquiste e i successi lungo il percorso, se rimangono solo materiali, dopo un primo momento di soddisfazione ci lasciano ancora affamati, desiderosi di un senso più profondo; infatti non appagano del tutto la nostra anima, perché siamo stati creati da Colui che è infinito e, perciò, in noi abita il desiderio di trascendenza, la continua inquietudine verso il compimento delle aspirazioni più grandi, verso un ‘di più’. Per questo, come vi ho detto tante volte, ‘guardare la vita dal balcone’ a voi giovani non può bastare”.

A volte subentra la stanchezza, che può produrre noia: “Si tratta di quello stato di apatia e di insoddisfazione di chi non si mette in cammino, non si decide, non sceglie, non rischia mai, e preferisce rimanere nella propria comfort zone, chiuso in sé stesso, vedendo e giudicando il mondo da dietro uno schermo, senza mai “sporcarsi le mani” con i problemi, con gli altri, con la vita.

Questo tipo di stanchezza è come un cemento nel quale sono immersi i nostri piedi, che alla fine si indurisce, si appesantisce, ci paralizza e ci impedisce di andare avanti. Preferisco la stanchezza di chi è in cammino che la noia di chi rimane fermo e senza voglia di camminare!”  

Per sconfiggere la stanchezza il papa, perciò, invita i giovani a ‘mettersi in cammino’: “E’ piuttosto mettersi in cammino e diventare pellegrini di speranza. Questo è il mio invito per voi: camminate nella speranza! La speranza vince ogni stanchezza, ogni crisi e ogni ansia, dandoci una motivazione forte per andare avanti, perché essa è un dono che riceviamo da Dio stesso: Egli riempie di senso il nostro tempo, ci illumina nel cammino, ci indica la direzione e la meta della vita.”.

Tale vigore scaturisce dalla speranza: “La speranza è proprio una forza nuova, che Dio infonde in noi, che ci permette di perseverare nella corsa, che ci fa avere uno ‘sguardo lungo’ che va oltre le difficoltà del presente e ci indirizza verso una meta certa: la comunione con Dio e la pienezza della vita eterna. Se c’è un traguardo bello, se la vita non va verso il nulla, se niente di quanto sogno, progetto e realizzo andrà perduto, allora vale la pena di camminare e di sudare, di sopportare gli ostacoli e affrontare la stanchezza, perché la ricompensa finale è meravigliosa!”

Quindi anche nei momenti di difficoltà Dio offre la sua vicinanza con il dono dell’Eucarestia: “In questi momenti, il Signore non ci abbandona; si fa vicino con la sua paternità e ci dona sempre il pane che rinvigorisce le nostre forze e ci rimette in cammino… In queste storie bibliche, la fede della Chiesa ha visto delle prefigurazioni del dono prezioso dell’Eucaristia, vera manna e vero viatico, che Dio ci dona per sostenerci nel nostro cammino.

Come diceva il beato Carlo Acutis, l’Eucaristia è l’autostrada per il cielo. Un giovane che ha fatto dell’Eucaristia il suo appuntamento quotidiano più importante! Così, intimamente uniti al Signore, si cammina senza stancarsi perché Lui cammina con noi. Vi invito a riscoprire il grande dono dell’Eucaristia!”

Però un pellegrino ha bisogno anche del riposo: “Nei momenti inevitabili di fatica del nostro pellegrinaggio in questo mondo, impariamo allora a riposare come Gesù e in Gesù. Egli, che raccomanda ai discepoli di riposare dopo essere ritornati dalla missione, riconosce il vostro bisogno di riposo del corpo, di tempo per il vostro svago, per godere della compagnia degli amici, per fare sport e anche per dormire”.

Il messaggio è un invito ai giovani di riporre speranza in Gesù: “Ma c’è un riposo più profondo, il riposo dell’anima, che molti cercano e pochi trovano, che si trova solo in Cristo. Sappiate che tutte le stanchezze interiori possono trovare sollievo nel Signore, che vi dice: ‘Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro’. Quando la stanchezza del cammino vi appesantisce, tornate a Gesù, imparate a riposare in Lui e a rimanere in Lui, poiché quanti sperano nel Signore… camminano senza stancarsi”.

L’invito è quello di mettersi in cammino su tale pellegrinaggio giubilare: “Cari giovani, l’invito che vi rivolgo è quello di mettervi in cammino, alla scoperta della vita, sulle tracce dell’amore, alla ricerca del volto di Dio. Ma ciò che vi raccomando è questo: mettetevi in viaggio non da meri turisti, ma da pellegrini…  Il turista fa così. Il pellegrino invece si immerge con tutto sé stesso nei luoghi che incontra, li fa parlare, li fa diventare parte della sua ricerca di felicità. Il pellegrinaggio giubilare, allora, vuole diventare il segno del viaggio interiore che tutti noi siamo chiamati a compiere, per giungere alla mèta finale”.

Il messaggio è chiuso con un’immagine per diventare missionari della gioia: “Arrivando alla Basilica di san Pietro a Roma, si attraversa la piazza che è circondata dal colonnato realizzato dal grande architetto e scultore Gian Lorenzo Bernini. Il colonnato, nel suo insieme, appare come un grande abbraccio: sono le due braccia aperte della Chiesa, nostra madre, che accoglie tutti i suoi figli! In questo prossimo Anno Santo della Speranza, invito tutti voi a sperimentare l’abbraccio di Dio misericordioso, a sperimentare il suo perdono, la remissione di tutti i nostri ‘debiti interiori’, come era tradizione nei giubilei biblici. E così, accolti da Dio e rinati in Lui, diventate anche voi braccia aperte per tanti vostri amici e coetanei che hanno bisogno di sentire, attraverso la vostra accoglienza, l’amore di Dio Padre”.

Papa Francesco alla comunità monastica di Montevergine: farsi dono per Dio

“Do il benvenuto a tutti voi, al Padre Abate, ai monaci e ai collaboratori. Avete voluto questo incontro in occasione del Giubileo per il nono centenario di fondazione dell’Abbazia di Montevergine, avvenuta nel 1124 ad opera di San Guglielmo da Vercelli”: con queste parole papa Francesco ha ricevuto in udienza la Comunità Monastica dell’Abbazia di Montevergine, legata a Guglielmo da Vercelli, un monaco eremita vissuto tra l’XI e il XII secolo, attratto dai pellegrinaggi nei luoghi della cristianità.

E’ una storia che il papa ha ricordato ben volentieri: “All’origine della vostra storia non ci sono miracoli o eventi straordinari, ma la sollecitudine di un Pastore, il Vescovo di Avellino, che volle costruire, in quel luogo elevato, una chiesa e raccogliervi un piccolo numero di persone al servizio di Dio, per farne un centro di preghiera, di evangelizzazione e di carità”.

Riprendendo le parole di sant’Agostino di Ippona papa Francesco li ha invitati a farsi ‘dono per Dio’: “E’ il senso della vocazione monastica, che mette alla radice di ogni azione l’opera di Dio, e cioè la preghiera, a cui san Benedetto raccomanda di non anteporre nulla. Il Santuario della Madonna di Montevergine, posto in alto, come una vedetta, è visibile da tutta l’Irpinia, ed i fedeli vi accorrono, spesso a piedi, per trovarvi consolazione e speranza, per ricevere durante il pellegrinaggio nuova forza, come ancora oggi ricordano molti canti tradizionali, anche dialettali, che accompagnano i pellegrinaggi.

Ad accoglierli c’è la bellissima icona della Madre di Dio, con i suoi grandi occhi a mandorla, pronti a raccogliere lacrime e preghiere, che mostra a tutti, sulle ginocchia, il Bambino Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Ebbene, farsi “dono per Dio” vuol dire pregare per avere anche voi quegli occhi grandi e buoni, e per mostrare, a chiunque incontrate, come Maria, il Signore, presente nei vostri cuori”.

In questa abbazia è stata accolta anche l’immagine della Sindone: “Durante la seconda guerra mondiale, la vostra comunità ha avuto la grazia di accogliere la Sacra Sindone, portata in segreto presso il vostro Santuario, perché vi fosse custodita e venerata, al sicuro dal rischio dei bombardamenti. Anche questa è un’immagine bellissima della vostra vocazione primaria: custodire l’immagine di Cristo in voi, per poterla mostrare ai fratelli”.

Una seconda sollecitazione proposta dal papa è quella di essere ‘dono di Dio’: “Donarsi cioè con generosità a chi sale al Santuario, perché, accostandosi ai Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione, si senta, nell’attenzione e nella preghiera, accolto e portato sotto il manto della Madre di Dio.

E l’essere monaci, fisicamente lontani dal mondo, ma spiritualmente vicinissimi ai suoi problemi e alle sue angosce, custodi nel silenzio della comunione con il Signore, e al tempo stesso suoi ospiti generosi nell’accoglienza degli altri, e questo può rendervi, per chi vi incontra, un segno vivente ed eloquente della presenza di Dio. Perciò, cari fratelli, vi raccomando di non cedere alla tentazione di conformarvi alla mentalità e agli stili del mondo, di lasciarvi trasformare costantemente da Dio, rinnovando il vostro cuore e crescendo in Lui, perché chi viene da voi in cerca di luce non resti deluso”.

Ed a conclusione della giornata papa Francesco ha ricevuto i docenti e gli alunni delle Scuole dell’Archivio Apostolico e della Biblioteca Apostolica: i 140 anni della Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica e i 90 anni della Scuola Vaticana di Biblioteconomia: “Sono due istituzioni di alta formazione che giungono a traguardi importanti di cui mi felicito, perché conosco e apprezzo l’impegno che tutti voi profondete in un servizio che ha preparato e prepara molti archivisti e bibliotecari nella Chiesa e nel mondo”.

Durante l’incontro ha sottolineato l’importante compito della ricerca storiografica: “E’ un compito importante, il vostro, quello di favorire e sostenere, con ogni disponibilità, persone che, come dice l’evangelista Luca nel prologo del suo Vangelo, decidono di ‘fare ricerche accurate in ogni circostanza’ per giungere alla verità. Il vostro è veramente un servizio alla ‘solidità degli insegnamenti ricevuti’, in senso cristiano e umano. Una solidità tanto necessaria in tempi di notizie a volte diffuse senza verifiche e senza ricerche”.

Infine ha ricordato un’importante caratteristica delle due scuole vaticane: “… quella di avere un’impostazione eminentemente pratica e un approccio concreto ai problemi e agli studi, secondo una linea che ho più volte indicato, perché il confronto con la realtà delle cose vale di più dell’ideologia. Le ideologie uccidono sempre.

Tali scuole non sono ideologiche, ma formative: “Da voi si insegna e si impara a essere archivisti e bibliotecari a contatto, oltre che con gli studi, con l’esperienza viva di chi svolge in Biblioteca e in Archivio questa professione; a voi è concesso il privilegio di formarvi attingendo direttamente dal patrimonio secolare che l’Archivio e la Biblioteca hanno il compito e la responsabilità di custodire e di trasmettere alle generazioni presenti e future. E questi contatti, oltre che occasione di apprendimento tecnico, sono anche stimolo di apertura mentale e umana. Questa concretezza e questa apertura siano le stelle polari del vostro futuro cammino e di un deciso rilancio delle due Scuole vaticane”.

(Foto: Santa Sede)

Giornata per le Vocazioni: chiamati a seminare speranza

“La Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni ci invita, ogni anno, a considerare il dono prezioso della chiamata che il Signore rivolge a ciascuno di noi, suo popolo fedele in cammino, perché possiamo prendere parte al suo progetto d’amore e incarnare la bellezza del Vangelo nei diversi stati di vita. Ascoltare la chiamata divina, lungi dall’essere un dovere imposto dall’esterno, magari in nome di un’ideale religioso; è invece il modo più sicuro che abbiamo di alimentare il desiderio di felicità che ci portiamo dentro: la nostra vita si realizza e si compie quando scopriamo chi siamo, quali sono le nostre qualità, in quale campo possiamo metterle a frutto, quale strada possiamo percorrere per diventare segno e strumento di amore, di accoglienza, di bellezza e di pace, nei contesti in cui viviamo”.

Domenica 21 Il 21 aprile si celebra la 61^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema ‘Chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace’, come ha scritto nel messaggio papa Francesco, indicandola come ‘bella occasione’: “Penso alle mamme e ai papà che non guardano anzitutto a sé stessi e non seguono la corrente di uno stile superficiale, ma impostano la loro esistenza sulla cura delle relazioni, con amore e gratuità, aprendosi al dono della vita e ponendosi al servizio dei figli e della loro crescita.

Penso a quanti svolgono con dedizione e spirito di collaborazione il proprio lavoro; a coloro che si impegnano, in diversi campi e modi, per costruire un mondo più giusto, un’economia più solidale, una politica più equa, una società più umana: a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che si spendono per il bene comune.

Penso alle persone consacrate, che offrono la propria esistenza al Signore nel silenzio della preghiera come nell’azione apostolica, talvolta in luoghi di frontiera e senza risparmiare energie, portando avanti con creatività il loro carisma e mettendolo a disposizione di coloro che incontrano. E penso a coloro che hanno accolto la chiamata al sacerdozio ordinato e si dedicano all’annuncio del Vangelo e spezzano la propria vita, insieme al Pane eucaristico, per i fratelli, seminando speranza e mostrando a tutti la bellezza del Regno di Dio”.

Il pensiero del papa si rivolge anche ai giovani: “Ai giovani, specialmente a quanti si sentono lontani o nutrono diffidenza verso la Chiesa, vorrei dire: lasciatevi affascinare da Gesù, rivolgetegli le vostre domande importanti, attraverso le pagine del Vangelo, lasciatevi inquietare dalla sua presenza che sempre ci mette beneficamente in crisi. Egli rispetta più di ogni altro la nostra libertà, non si impone ma si propone: lasciategli spazio e troverete la vostra felicità nel seguirlo e, se ve lo chiederà, nel donarvi completamente a Lui”.

Tale Giornata di preghiera è fondamentale per riconoscere la propria vocazione nella Chiesa: “La polifonia dei carismi e delle vocazioni, che la Comunità cristiana riconosce e accompagna, ci aiuta a comprendere pienamente la nostra identità di cristiani: come popolo di Dio in cammino per le strade del mondo, animati dallo Spirito Santo e inseriti come pietre vive nel Corpo di Cristo, ciascuno di noi si scopre membro di una grande famiglia, figlio del Padre e fratello e sorella dei suoi simili. Non siamo isole chiuse in sé stesse, ma siamo parti del tutto. Perciò, la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni porta impresso il timbro della sinodalità: molti sono i carismi e siamo chiamati ad ascoltarci reciprocamente e a camminare insieme per scoprirli e per discernere a che cosa lo Spirito ci chiama per il bene di tutti”.

Una vocazione che pone in cammino: “Il senso del pellegrinaggio cristiano è proprio questo: siamo posti in cammino alla scoperta dell’amore di Dio e, nello stesso tempo, alla scoperta di noi stessi, attraverso un viaggio interiore ma sempre stimolato dalla molteplicità delle relazioni. Dunque, pellegrini perché chiamati: chiamati ad amare Dio e ad amarci gli uni gli altri.

Così, il nostro camminare su questa terra non si risolve mai in un affaticarsi senza scopo o in un vagare senza meta; al contrario, ogni giorno, rispondendo alla nostra chiamata, cerchiamo di fare i passi possibili verso un mondo nuovo, dove si viva in pace, nella giustizia e nell’amore. Siamo pellegrini di speranza perché tendiamo verso un futuro migliore e ci impegniamo a costruirlo lungo il cammino”.

Una vocazione che chiama ad essere ‘pellegrini di speranza’: “Essere pellegrini di speranza e costruttori di pace, allora, significa fondare la propria esistenza sulla roccia della risurrezione di Cristo, sapendo che ogni nostro impegno, nella vocazione che abbiamo abbracciato e che portiamo avanti, non cade nel vuoto. Nonostante fallimenti e battute d’arresto, il bene che seminiamo cresce in modo silenzioso e niente può separarci dalla meta ultima: l’incontro con Cristo e la gioia di vivere nella fraternità tra di noi per l’eternità.

Questa chiamata finale dobbiamo anticiparla ogni giorno: la relazione d’amore con Dio e con i fratelli e le sorelle inizia fin d’ora a realizzare il sogno di Dio, il sogno dell’unità, della pace e della fraternità. Nessuno si senta escluso da questa chiamata! Ciascuno di noi, nel suo piccolo, nel suo stato di vita può essere, con l’aiuto dello Spirito Santo, seminatore di speranza e di pace”.

Quindi il messaggio del papa è un invito ad uscire dall’indifferenza nell’esempio di don Oreste Benzi: “Svegliamoci dal sonno, usciamo dall’indifferenza, apriamo le sbarre della prigione in cui a volte ci siamo rinchiusi, perché ciascuno di noi possa scoprire la propria vocazione nella Chiesa e nel mondo e diventare pellegrino di speranza e artefice di pace!

Appassioniamoci alla vita e impegniamoci nella cura amorevole di coloro che ci stanno accanto e dell’ambiente che abitiamo. Ve lo ripeto: abbiate il coraggio di mettervi in gioco! Don Oreste Benzi, un infaticabile apostolo della carità, sempre dalla parte degli ultimi e degli indifesi, ripeteva che nessuno è così povero da non aver qualcosa da dare, e nessuno è così ricco da non aver bisogno di ricevere qualcosa”.

Betlemme a Pasqua, senza pellegrini e senza lavoro per molti

Più di 160 giorni di guerra in Terra Santa che per i cristiani ha un ‘valore’ molto importante, come ha scritto il presidente del prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, card. Claudio Gugerotti, nella lettera dell’appello per la Colletta dei cristiani in Terra Santa:

“Il pellegrinaggio a Gerusalemme ha una storia antica quanto il cristianesimo, e non solo per i Cattolici. Questo è reso ancora oggi possibile dall’opera generosa dei Francescani della Custodia di Terra Santa e dalle Chiese Orientali ivi presenti. Essi mantengono e animano i santuari, segni della memoria dei passi e delle azioni di Gesù, testimoni materiali di un Dio che assunse la materia per salvare noi, fango animato dal soffio dello Spirito. Per la loro dedizione in quei luoghi si continua a pregare incessantemente per il mondo intero”.

Per raccontare la verità di queste parole abbiamo incontrato a Tolentino Nizar Lama, guida turistica cattolica a Betlemme, su invito di don Rino Ramaccioni, supportato dalle organizzazioni di volontariato Sermit, Sermirr, Agesci ed Azione Cattolica Italiana, che ha raccontato ai giovani la vita in Terra Santa:

“Oggi sono qui mentre il mio Paese vive in stato di guerra, sono ben consapevole che la mia nazione soffre di difficoltà e grandi problemi dal 1948, ma questa volta è la più dura e la più triste, e la più sanguinosa. La mia Patria è la terra dei profeti e una terra sacra, che ha sofferto per lungo tempo di diversi problemi, politici, sociali ed economici”.

Citando il profeta Geremia, Nizar ha ribadito di non aver perso la speranza in Dio, nonostante le difficoltà: “Nonostante tutte le difficoltà, la nostra speranza in Dio rimane ferma e forte, e la speranza prevale su tutto. In questo periodo difficile, abbiamo perso molti amici, e la maggior parte delle persone ha perso il lavoro, sono momenti difficili e preziosi, dove abbiamo perso l’amore l’uno per l’altro. Abbiamo vissuto nella paura, paura per i nostri figli e paura per il nostro futuro. Ma questa paura ha rafforzato la nostra fede e ci ha avvicinati a Dio nella preghiera”.

Ha raccontato le difficili condizioni di vita in questi ultimi anni: “Non ci siamo ancora ripresi dal Covid-19, ed all’improvviso è scoppiata questa guerra, lasciando il mio Paese vuoto senza visitatori né pellegrini, con circa 3.000.000 di persone che visitano Betlemme alla fine di ogni anno, e 17.000.000 di persone in Israele in particolare”.

Difficoltà vissute soprattutto a Betlemme: “La città della Natività ha vissuto condizioni molto difficili… La mia città, Betlemme, soffre di un grande assedio; dal 2002 è stato costruito il muro di separazione che si estende per 74 km intorno a Betlemme, e 810 km intorno alla Cisgiordania, è davvero una grande prigione a cielo aperto. All’inizio della guerra, sono stati controllati l’acqua, l’elettricità, il gas, la benzina, le strade e i trasporti. Le scuole sono rimaste chiuse, e la maggior parte dei negozi chiusi, e nonostante ciò i prezzi dei prodotti e dei beni alimentari sono aumentati notevolmente, dove la maggior parte delle persone soffre molto per trovare il pane quotidiano. Un gran numero di negozi è chiuso a causa del conflitto e della tensione di sicurezza”.

E’ stata una denuncia contro gli estremisti: “Noi, nella Terra Santa, portiamo ogni giorno la croce di Cristo, per strada, nei nostri lavori… a causa dei movimenti estremisti. Non ci sono parole sufficienti… e non ci sono parole adeguate per descrivervi quanto siano difficili e complicate le condizioni. Il ricordo della guerra rimarrà impresso nei nostri cuori e nei cuori dei nostri bambini, che avranno disperatamente bisogno di cure psicologiche quando la guerra finirà”.

Infine ha ringraziato le organizzazioni di volontariato per il supporto economico ai cattolici di Terra Santa: “La mia presenza qui oggi con voi è per ringraziarvi. Voglio ringraziare ognuno di voi, perché vi interessate a noi e al nostro futuro; grazie per tutto il supporto che ci avete dato, morale e materiale; grazie per le vostre preghiere per noi, e vi chiedo di continuare a pregare affinché questa guerra finisca e la pace torni nella terra della pace. In qualità di rappresentante della voce cristiana a Betlemme, vi ringrazio per tutto il supporto ricevuto, ma abbiamo bisogno di sostenibilità per aiutare le famiglie colpite dalla guerra, che hanno perso il loro lavoro”.

Al termine dell’incontro ho potuto chiedere di raccontare come si vive in Terra Santa: “In Terra Santa si vive una situazione molto difficile, perché dal 7 ottobre le famiglie hanno perso il loro lavoro ed a Betlemme non riescono a trovare il pane quotidiano, in quanto la città è turistica, ospitando ogni anno 3.000.000 di turisti. Con la guerra non ci sono più turisti e quindi non c’è più lavoro”.

La Pasqua si avvicina: quale è il sentimento dei cattolici?

“Questa Pasqua è completamente diversa dagli anni precedenti, perché siamo costretti a stare a casa forzatamente dalla guerra. Non possiamo andare a Gerusalemme, che dista quindici minuti di autobus da Betlemme. A Gerusalemme nel santo Sepolcro c’è tutta la storia di Gesù. In questa Pasqua sarà molto difficile per noi raggiungere Gerusalemme”.

Cosa dicono i tuoi figli?

“Ho tre figli. La loro situazione è molto difficile, perché sono bloccati a casa dal 7 ottobre; non vanno a scuola ed io con mia moglie facciamo lezioni a casa. Non possono uscire neanche a giocare in un giardino, perché c’è pericolo di essere uccisi”.   

Chi desidera sostenere i cristiani a Betlemme queste sono le coordinate del Ser.Mi.T.: Intesa Sanpaolo – IT09D036969200100000006377; Poste Italiane – IT66N0760113400000014616627.

(Tratto da Aci Stampa)

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