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Milano ricorda mons. Luigi Giussani

Ieri sera mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha presieduto la messa per il 20^ anniversario della morte di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, e nel 43^ anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, che prende spunto dalla pagina del Vangelo di Marco con l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci:
“Ma voi, amici miei, non vi accorgete dei quattromila che camminano nel deserto? Non provate compassione per la loro fame, per l’asprezza del cammino, per la lontananza da casa? Ma voi non lasciate interpellare da questo assedio della miseria? Non vi lasciate commuovere da questo attaccarsi a ogni spiraglio di speranza fino a inoltrarsi temerari e incoscienti in una terra desolata?”
Davanti a queste domande di Gesù i discepoli provano a fornire una giustificazione ‘ragionevole’: “I discepoli sono però persone ragionevoli. I discepoli sono persone assennate e previdenti. I discepoli presentano a Gesù le buone ragioni del loro atteggiamento. I discepoli rispondono: che possiamo farci noi? Abbiamo così poco! siamo così pochi! I discepoli assennati dichiarano la loro impotenza. I bisogni della gente sono troppo enormi, le miserie sono troppo sproporzionate alle nostre risorse. Tanto vale non pensarci, tanto vale lasciare che la gente vada al suo destino. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo diventare indifferenti. Indifferenza”.
Una risposta che mostra una chiusura: “I discepoli rispondono: noi dobbiamo pensare a noi stessi. Noi abbiamo preso il pane per noi. Non siamo gente sprovveduta come questa folla. Noi ci aiutiamo tra noi. Importante è la buona qualità dei nostri rapporti, la coesione del gruppo. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo essere uniti e pensare a noi stessi. Autoreferenzialità”.
Il giudizio dei discepoli è escludente: “I discepoli rispondono: questi 4.000 non meritano la tua compassione, Signore. E neppure la nostra. Sono gente inaffidabile: oggi entusiasti e domani indifferenti, oggi pronti a seguirti nel deserto e domani pronti a condannarti a morte. La gente è stupida. La gente è sedotta da ogni illusione: oggi seguono te e domani seguiranno il primo che passa. Se vogliamo sopravvivere dobbiamo chiamare le cose con il loro nome e giudicare il mondo per quello che è. Giudizio e disprezzo”.
Però è anche una risposta che sa di scoraggiamento: “I discepoli rispondono: per quanto ci diamo da fare, non riusciremo mai a risolvere il problema. Noi sentiamo compassione, ma la nostra compassione non produce pane. Noi abbiamo cercato in tutti i modi di farci carico dei bisogni della gente, abbiamo fatto di tutto per dare un aiuto e indicare una strada. Ma non ci hanno ascoltato, ma il nostro sforzo non ha prodotto risultati. Siamo preoccupati, ma impotenti. Scoraggiamento”.
Per questo il vangelo ha sottolineato il valore del numero, che è quello dell’inadeguatezza, ma anche della sovrabbondanza: “I discepoli che con molti argomenti assennati hanno dichiarato la loro inadeguatezza di fronte ai 4.000 dichiarano quello di cui dispongono: sette pani. Il numero sette è il numero della inadeguatezza. Il numero della povertà. Per i discepoli è l’argomento della loro inerzia. Per Gesù è quello che basta per saziare la gente numerosa e affamata. E portarono via i pani avanzati: sette sporte. Il numero sette diventa il numero della sovrabbondanza”.
E questa è anche la storia di Comunione e Liberazione: “La storia del movimento di Comunione e Liberazione è ancora una conferma di quest’opera di Dio, della fecondità dell’affidamento al Signore Gesù. Si potrebbe dire che noi siamo ‘quelli del numero sette’. ‘Quelli del numero sette’ sono quelli disponibili alla conversione nell’incontro con Gesù: per la sua parola e la sua grazia si convertono dalla indifferenza alla compassione, dall’autoreferenzialità alla docilità, dal giudizio sprezzante al discernimento benevolo, dallo scoraggiamento alla fiducia e allo stupore”.
Sono coloro che si mettono a ‘disposizione’: “Quelli del numero sette sono quelli che vivono la docilità operosa: non hanno un loro programma, ma si prestano con prontezza e generosità a servizio della compassione di Gesù. Si danno da fare e, immagino, facendo si entusiasmano, si rendono conto delle meraviglie che il Signore sa operare, distribuiscono ogni pane come un punto esclamativo, come un segno di sollecitudine, come l’invito alla gratitudine. Ogni pane, ogni dono è rivelazione e vocazione a riconoscere Gesù e a convincersi che vale la pena di seguirlo. Seguendo Lui non manca nulla”.
E ‘non buttano via niente’: “Le sette sporte della sovrabbondanza hanno contribuito a far apprezzare il numero sette come il segno di una completezza, tutto il tempo è dentro i sette giorni della settimana e il numero sette descrive tutti gli aspetti della vita cristiana attraverso i sacramenti, le opere di misericordia, le virtù da praticare e i vizi da evitare, fino agli angeli del tempo ultimo”.
Questa è anche la testimonianza da mons. Giussani, che ha chiesto sempre l’unità: “Quelli del numero sette sono quindi quelli che praticano l’arte del tenere insieme, dell’abbracciare tutti, del fare delle differenze una ricchezza, anche dentro la complessità delle nostre comunità, anche dentro le vicende del Movimento Queste caratteristiche di quelli del numero sette possono facilmente riconoscersi in alcuni tratti dell’esperienza di fede e della vita e testimonianza di don Giussani”. (Foto: Arcidiocesi di Milano)
XVII Domenica del Tempo Ordinario: Gesù ha compassione della folla e moltiplica i pani

L’uomo ama la moltiplicazione che conferisce vanto e potere; Gesù nel Vangelo mostra di apprezzare la divisione con gli altri, che evidenzia amore e solidarietà. I verbi usati da Gesù nell’evento sono spezzare, dare, distribuire; mai Gesù usa il verbo moltiplicare; la Liturgia odierna si concentra ed invita a meditare il mistero profondo racchiuso nell’evento, che offre due piste di letture: una evidenzia ed approfondisce la dottrina sociale della Chiesa, la seconda ha una valenza prettamente eucaristica. L’evento è come una medaglia a due facce.
Dio conosce bene l’uomo e le sue necessità di pane e di cibo; l’ha creato a sua immagine e nella preghiera ci invita a rivolgerci a Dio dicendo ‘dacci oggi il nostro pane quotidiano’, ma l’umo ha anche un’anima che si nutre: da qui Gesù promette un cibo adeguato: il suo corpo e la sua anima, l’Eucaristia. Il dialogo tra Gesù e Filippo è singolare: la gente aveva dimenticato di tornare a casa e Filippo chiede a Gesù: ‘Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?’
Un dialogo semplice quanto affettuoso sino a quando interviene Andrea che evidenzia la presenza di un ragazzo con cinque pani ed alcuni pesci. Una presenza risolutiva; Gesù fa mettere tutti a sedere e poi opera il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Gesù chiede sempre la collaborazione dell’uomo in favore dell’uomo; Gesù chiede il coinvolgimento diretto: donare anche se i mezzi di cui si dispone sono modesti; è con questo ‘quasi niente’ che Gesù darà da mangiare alla folla. Dio ha creato tutto per tutti e laddove c’è piena determinazione di solidarietà, di condivisione, dell’apporto umano sincero e profondo, Gesù non nega mai il suo intervento, quell’intervento divino che ci fa obbligo di amare non a parole ma in chiave di vera concretezza. Ciò che Cristo Gesù chiede è sempre disponibilità, collaborazione, solidarietà: se tu puoi e vuoi dare l’uno, Gesù ti darà ‘cento’.
L’evento induce la folla a riflettere e si pone subito la domanda: chi è costui? È un uomo, un grande maestro, il grande profeta atteso? E’ forse il Messia predetto da secoli? Gesù non ha agito certo per farsi pubblicità e, avendo visto che volevano rapirlo per proclamarlo re, si ritirò subito, solo , sulla montagna. Egli non è venuto per avere poteri politici ma per servire ; non è venuto per comandare ma per insegnare ad amare; rifiuterà la sovranità temporale anche davanti a Pilato: ‘Il mio regno non è di questo mondo’. La sua missione è salvare l’uomo e aprire le porte del regno dei cieli.
La moltiplicazione dei pani offre anche la pista eucaristica: Gesù sa bene che l’uomo è corpo e spirito: se il corpo necessita del pane quotidiano, non meno necessario è il cibo dell’anima: ‘Non di solo pane vivrà l’uomo’; egli si nutre anche della parola di Dio, per la quale il popolo, la folla aveva dimenticato di tornare a casa per mangiare. Gesù, anche se sollecito ai bisogni materiali dell’uomo, guarda l’uomo integrale e, mentre offre il pane terreno, prepara la folla a ricevere l’altro pane, quello spirituale, l’Eucaristia; dirà espressamente: vi ho dato il pane che oggi lo mangi e poi torni ad aver fame; vi darò un altro pane e chi lo mangia avrà la vita eterna.
Il pane promesso è sacramento per l’uomo in viaggio (homo viator) perché possa raggiungere la meta del suo pellegrinaggio terreno: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno’. L’Eucaristia è il pane che nutre l’anima; quel pane che ci sostiene nel cammino verso il cielo. Questo pane è anche simbolo dell’amore, della solidarietà, della condivisione. La Vergine Maria, che ha detto il suo ‘sì’ al Signore, ci aiuti ad aprire il cuore agli altri.