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‘Doti di speranza’: un aiuto concreto per scegliere la vita

Un aiuto reale, umano e personalizzato per aiutare le donne in gravidanza che vivono in condizioni di grave vulnerabilità a scegliere la vita. È questo il significato profondo di ‘Doti Speranza’, il nuovo progetto promosso dalla Federazione Regionale Lombarda della Società di San Vincenzo De Paoli in collaborazione con Federvita Lombardia. L’iniziativa, presentata lo scorso maggio a Milano nel corso di una Conferenza Stampa con i vertici delle due associazioni.

L’obiettivo è semplice ma ambizioso: accompagnare le mamme più fragili lungo il percorso della maternità, offrendo ascolto, comprensione e un sostegno economico fino a 3.000 euro. Un gesto concreto, che non è solo assistenza, ma una vera e propria alleanza di fiducia. Un cammino condiviso finalizzato alla fuoriuscita dalla condizione di povertà.

Il progetto si rivolge in particolare alle donne incinte che si trovano in situazioni di forte marginalità, anche prive di documenti, presenti sul territorio lombardo. Spesso si tratta di storie segnate dal dolore, da solitudine, da speranze infrante. Come quella di Narjis (il nome è di fantasia, ma il racconto è vero), oggi al nono mese di gravidanza. Ha solo vent’anni, ma ha già attraversato l’inferno: fuggita dall’Africa, imprigionata in Libia, è riuscita a raggiungere l’Italia dopo un lungo e pericoloso viaggio.

A Lampedusa conosce il padre del suo bambino, che però la abbandona poco dopo. Rimasta sola, trova finalmente qualcuno che la ascolta: i volontari della Società di San Vincenzo De Paoli, che oggi la accompagnano con amore verso la nascita del suo piccolo, il 28 maggio. Ora accanto a Narjis c’è una rete che garantisce non solo aiuto materiale, ma anche relazioni, fiducia e prospettive di integrazione, come ha affermato Licia Latino, presidente della Federazione Regionale Lombarda della Società di San Vincenzo De Paoli:

“Noi dobbiamo portare speranza a queste madri e ai loro figli, perché non si sentano costrette ad abortire solo per povertà o solitudine”. ‘Doti Speranza’ agisce proprio nei momenti decisivi, quando una donna (spesso giovane, sola e impaurita) si trova davanti a una scelta difficile. A lei viene offerta la possibilità concreta di affrontare la gravidanza con maggiore serenità, grazie al contributo economico e a un progetto di accompagnamento su misura, costruito attorno alla sua storia, con rispetto e delicatezza.

“Non possiamo dare per scontato, ha annotato Marco Delvecchio, responsabile scientifico del progetto, che chi vive senza casa, senza lavoro e in forte emarginazione sia a conoscenza dei servizi. Spesso, anche se li conosce, ha paura di rivolgersi alle istituzioni per timore che le venga tolto il bambino o perché si trova in condizioni di irregolarità”. Ecco allora l’importanza di una rete di prossimità, che intercetti i bisogni nascosti e porti la carità là dove spesso non arriva nessuno”.

Nel segno di una ‘Chiesa in uscita’, ‘Doti Speranza’ rappresenta una risposta concreta e preziosa per tante donne che, nonostante tutto, scelgono di diventare madri, ha raccontato Paolo Picco, tra i fondatori: “In 43 anni di storia di Federvita Lombardia questo è uno dei progetti più significativi che abbiamo realizzato”; mentre Elisabetta Pittino, presidente di Federvita Lombardia, ha definito l’iniziativa ‘un guizzo geniale’, augurandosi “che sia solo l’inizio di una lunga collaborazione”.

Nelly Minardi, Presidente del Consiglio Centrale di Rho Magenta della Società di San Vincenzo De Paoli, ha coinvolto tutti gli spettatori raccontando la storia di Narjis, mentre Marina Cavallin, membro del Comitato Direttivo della Federazione Regionale Lombarda della Società di San Vincenzo De Paoli, ha sottolineato il valore della sinergia con i Centri di Aiuto alla Vita. Anna Taliente, Segretaria nazionale, ha ricordato che tutto è nato da una sollecitazione di Padre Francesco Gonella CM, Consigliere spirituale della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV.

Un piccolo seme, che può far sbocciare la vita. Una speranza che si fa dote, per ogni donna che sceglie di non arrendersi.

(Foto: Società San Vincenzo De Paoli)

Ricordando papa Francesco per una Chiesa aperta

Papa Francesco a Lesbo

Ieri mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha celebrato una messa di suffragio per papa Francesco, in cui è stato utilizzato il calice che papa Francesco donò alla diocesi in occasione della sua visita a Milano il 25 marzo 2017: “L’impatto emotivo della morte di papa Francesco ha suscitato molti discorsi, molte analisi, molte confidenze di esperienze. In questi giorni sono pervenuti a tutti noi parole, immagini e riflessioni. Questa sera noi non siamo qui per una commemorazione, per una rievocazione della figura e del pontificato di papa Francesco. Noi siamo qui questa sera a pregare per papa Francesco, a chiedere alle scritture che verranno proclamate di imparare ad ascoltare, a vivere e a celebrare la Pasqua che papa Francesco ha celebrato domenica e ha compiuto lunedì”.

Nell’omelia mons. Delpini ha sottolineato che il cristiano è ‘disturbante’: “Il cristiano che ha fatto Pasqua è irritante, mette a disagio, si rende antipatico perché annuncia in Gesù la risurrezione dei morti. Il cristiano che ha fatto Pasqua disturba perché prende la parola anche se non è autorizzato dalle autorità costituite. E’ fastidioso perché porta un messaggio sconcertante e mette in discussione le consuetudini pigre, la prepotenza dei potenti”.

E’ disturbante perché va al cuore del problema: “Il cristiano che ha fatto Pasqua tocca il cuore di quelli che hanno ascoltato la Parola e credono, ma suscita l’ostilità di coloro che non vogliono più sentir parlare di Gesù. Il cristiano che ha fatto Pasqua sa che la Pasqua sarà motivo di irritazione e di persecuzione dappertutto per coloro che l’annunciano e motivo di gioia indicibile per coloro che credono”.

In questo senso papa Francesco ha ‘fatto’ Pasqua: “In questi giorni si dice molto, si analizzano gli aspetti complessi del suo ministero da Vescovo di Roma, come servo dei servi nella Chiesa universale, come un uomo che si è fatto voce di coloro che non hanno voce, come un profeta che ha invocato ostinatamente (e a quanto pare inutilmente) la pace.

Si può dire molto di papa Francesco, questa sera però io credo che si possa dire semplicemente così: papa Francesco è un cristiano che ha fatto Pasqua e ha sperimentato il timore e la gioia grande e si è dedicato a sostenere la fede e la perseveranza dei fratelli. Ed è stato fastidioso, irritante per la sua parola che, in nome del Vangelo, ha proposto uno stile di vita, una attenzione ai più poveri, un doveroso cammino di conversione. E’ stato fastidioso, però così sono i cristiani che fanno Pasqua: lieti, timorosi, zelanti e irritanti”.

Per questo suo attaccamento alla Parola di Dio la ‘Casa della Carità’ ambrosiana ha ripercorso brevemente il pontificato del papa: “In questi 12 anni, a partire da quel semplice ‘Buonasera’ con cui ha salutato il mondo dopo la sua elezione, Papa Bergoglio ha cambiato il volto della Chiesa e ha saputo parlare a credenti e non credenti. Dalla prima visita a Lampedusa al suo invito a essere ‘Chiesa in uscita’, dalle sue encicliche allo sguardo verso gli ultimi, gli scartati, al costante richiamo a perseguire la pace, ci ha insegnato a vivere il Vangelo nel presente. Per noi di Casa della Carità, le sue parole e i suoi gesti sono stati una guida, in continuità con gli insegnamenti del card. Carlo Maria Martini”.

Il presidente della ‘Casa della Carità’, don Paolo Solmi, ha ripercorso il magistero di papa Francesco: “Attraverso i suoi scritti (come l’esortazione ‘Evangelii Gaudium’ e le encicliche ‘Laudato Sì’ e ‘Fratelli tutti’) papa Francesco ha saputo parlare non soltanto ai cattolici, ma anche ai credenti di altre religioni e ai non credenti, offrendo all’umanità intera un dono prezioso di riflessione e speranza.

In questi dodici anni di pontificato ha incessantemente esortato tutte e tutti a partire dai margini, dalle periferie ‘geografiche ed esistenziali’, ad accogliere le fragilità e a contrastare ogni esclusione sociale, da lui definita ‘cultura dello scarto’. Bergoglio ha posto i poveri al centro della sua riflessione teologica”.

Anche don Virginio Colmegna ha ricordato il suo messaggio per una ‘Chiesa aperta’: “Il suo messaggio ci lascia in eredità una missione: proseguire su questo solco tracciato, con fede, ascolto, umiltà. Un grazie profondo che si trasforma in preghiera e impegno. La sua scomparsa, avvenuta in tempo pasquale, dentro l’annuncio della resurrezione, ci ricorda che la speranza è il centro della nostra fede”.

Una spiritualità aperta alla comunione: “Ci ha affidato un compito che va oltre l’impegno sociale: vivere una spiritualità che apra la Chiesa al dialogo, alla comunione, alla gioia del Vangelo vissuto nella concretezza delle relazioni. In un tempo in cui sembra prevalere il delirio di onnipotenza, papa Francesco ci ha lasciato in dono la coscienza della fragilità e della debolezza come luogo in cui si rivela il senso del nostro cammino”.

Una comunione che porta la gioia della riconciliazione: “Ha riportato al centro la gioia della riconciliazione e del perdono, come ci ha ricordato nella Evangelii gaudium, e ha dato nuova energia alla Chiesa anche attraverso esperienze come il Convegno ecclesiale di Firenze. Ha spronato tutti noi a essere testimoni e pellegrini, Chiesa viva e in movimento”.

Mentre il  giornalista e scrittore Biagio Maimone, direttore della comunicazione dell’associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui presidente è mons. Yoannis Lazhi Gaid, già segretario personale di papa Francesco, ha paragonato papa Francesco al santo di Assisi: “Il suo esempio storico è stato Francesco d’Assisi, il quale ha chiamato tutte le creature fratelli e sorelle, sorretto da un forte sentimento di amore cristiano che considera uguali tutti gli esseri viventi. Papa Francesco, avvinto dalla testimonianza evangelica di Francesco d’Assisi, ha voluto  riproporre la sua grandiosa magnificenza in quanto espressione di autentica fede in Dio.

Così ha dato corso al discorso sulla pace, che egli lega ad un nuovo concetto di giustizia. Ne scaturisce un altro binomio indissolubile, che è il binomio ‘Pace-Giustizia’, da cui dovrà sgorgare uno scenario di trasformazioni sociali, economiche, giuridiche, umanitarie e spirituali davvero sorprendenti.  Papa Francesco ha interpellato le nostre coscienze quando ha  sottolineato che la giustizia vera, senza difetti, che va oltre il giudizio soggettivo, oltre le faziosità che conducono ai conflitti, è solo quella fondata sulla misericordia”.

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