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CEI: la Colletta nazionale per sostenere la Terra Santa

La Presidenza della CEI indice per domenica 18 febbraio (prima di Quaresima) una colletta nazionale in tutte le chiese italiane, quale segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni colpite dal conflitto in Terra Santa.
Le offerte raccolte, da inviare a Caritas Italiana entro venerdì 3 maggio, renderanno possibile una progettazione unitaria degli interventi anche grazie al coordinamento con la rete delle Caritas internazionali impegnate sul campo, come ha precisato il direttore della Caritas Italiana, don Marco Pagniello:
“Caritas Italiana è in costante contatto con la Chiesa locale: dopo aver sostenuto, nella fase iniziale dell’emergenza, gli interventi di Caritas Gerusalemme, continua a seguire l’evolversi della situazione, accompagnando le Chiese locali nell’organizzazione delle diverse iniziative per far fronte ai bisogni dei più poveri e favorire un clima di pace e riconciliazione”.
Nel materiale informativo Caritas Italiana delinea sei finalità specifiche a ricostruire un tessuto sociale e urbano ridotto in macerie: ristrutturare ed equipaggiare la clinica di Caritas Jerusalem a Gaza City; fornire attrezzature mediche alla clinica di Caritas Jerusalem a Taybeh, in Cisgiordania; garantire assistenza sanitaria a chi ne ha bisogno nelle aree interessate dal conflitto; fornire aiuti nel campo della salute mentale alle persone traumatizzate dalla guerra (in particolare donne e bambini); fornire aiuti economici alle famiglie vulnerabili; collaborare con la rete internazionale nei progetti di ricostruzione (nella Striscia) una volta raggiunto il cessate il fuoco.
L’iniziativa non sostituisce, ma integra, la ‘Colletta pro Terra Sancta’, che per volontà del papa si svolge nelle Chiese di tutto il mondo il Venerdì Santo e che serve a sostenere i bisogni ‘ordinari’ delle comunità cristiane in quella regione, che riguardano anche la manutenzione e la custodia dei santuari e Luoghi Santi affidati ai francescani; ad assicurare il regolare funzionamento delle scuole gestite dalla Chiesa (istituti in cui si formano, crescendo fianco a fianco, allievi palestinesi cristiani e musulmani); il pagamento degli stipendi del personale docente e non docente; il sostegno alle famiglie che traggono il proprio reddito dal settore del turismo e pellegrinaggi.
Nel frattempo alcune settimane fa un gruppo di intellettuali ebrei ha scritto una lettera per prendere posizione contro la guerra condotta da Netanyahu a Gaza, in cui hanno deplorato l’attacco terroristico di Hamas: “Siamo un gruppo di ebree ed ebrei italiani che, dopo la ricorrenza del Giorno della Memoria e nel vivere il tempo della guerra in Medio Oriente, si sono riuniti e hanno condiviso diversi sentimenti: angoscia, disagio, disperazione, senso d’isolamento. Il 7 ottobre, non solo gli israeliani ma anche noi che viviamo qui siamo stati scioccati dall’attacco terroristico di Hamas e abbiamo provato dolore, rabbia e sconcerto”.
Però al contempo sono stati sconvolti dalla posizione del governo israeliano: “E la risposta del governo israeliano ci ha sconvolti: Netanyahu, pur di restare al potere, ha iniziato un’azione militare che ha già ucciso oltre 28.000 palestinesi e molti soldati israeliani, mentre a tutt’oggi non ha un piano per uscire dalla guerra e la sorte della maggior parte degli ostaggi è ancora incerta. Purtroppo sembra che una parte della popolazione israeliana e molti ebrei della diaspora non riescano a cogliere la drammaticità del presente e le sue conseguenze per il futuro”.
I firmatari hanno concluso l’appello con l’invito a costruire dialoghi di pace: “Per combattere l’odio antiebraico crescente in questo preciso momento, pensiamo che l’unica possibilità sia provare a interrogarci nel profondo per aprire un dialogo di pace costruendo ponti anche tra posizioni che sembrano distanti… Sappiamo bene che cosa sia l’antisemitismo e non ne tolleriamo l’uso strumentale. Vogliamo preservare il nostro essere umani e l’universalismo che convive con il nostro essere ebree ed ebrei. In questo momento, quando tutto è difficile, stiamo vicino a chi soffre provando a pensare e sentire insieme”.