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Tre giovani maceratesi raccontano la loro missione nelle Filippine

Nello scorso luglio tre giovani dell’Azione Cattolica Italiana della diocesi di Camerino – San Severino Marche (Marta Antognozzi di San Severino, Maria Lucia Sargolini e Lorenzo Lucarelli, entrambi di Sarnano), guidati dall’assistente diocesana dell’Azione Cattolica, suor Cinzia Fiorini, appartenente all’ordine delle Sorelle Missionarie dell’Amore di Cristo (S.M.A.C.) hanno trascorso un periodo missionario nella Casa ‘Providence home of Saint Joseph’ di Davao, nelle Filippine, che accoglie bambini disabili od abbandonati.
Alcuni giorni precedenti la ‘missione il card. Edoardo Menichelli ha affidato i ‘missionari’ alla protezione della Madonna dei Lumi, chiedendo loro di vivere l’esperienza in costante atteggiamento di ringraziamento, pronti a riportare nelle proprie comunità il senso profondo di quanto vissuto in quelle terre lontane.
Le suore missionarie a Davao sono impegnate nell’aiuto ai bambini abbandonati od orfani, che vivono nelle strade di quella città, popolata da oltre 1.500.000 di abitanti per un’estensione di più di 2.400 chilometri quadrati. Quest’opera è rivolta a migliorare la qualità della vita di questi minorenni attraverso l’istruzione, ridandogli la loro dignità di esseri umani e offrendogli un tetto sotto il quale vivere sentendo amore e cura. I bambini ricevono anche una formazione spirituale e valoriale che possa rafforzare il loro sviluppo personale.
A questi giovani abbiamo chiesto di raccontarci la ‘nascita’ di questa ‘missione’: “Dobbiamo sicuramente ringraziare suor Cinzia Fiorini, della Congregazione delle Sorelle Missionarie dell’amore di Cristo. Lei è la nostra assistente spirituale in Azione Cattolica dei Ragazzi, nella Diocesi di Camerino. La loro congregazione gestisce due missioni, una in Filippine ed una in Burundi. E’ sempre stata testimone di grande gioia e fede. Dopo nostre numerose domande e curiosità, ha detto che sarebbe ripartita per le Filippine, nell’orfanotrofio ‘Providence Home of Saint Joseph’ a Davao; noi non abbiamo potuto che accettare”.
Lorenzo Lucarelli ha rivelato il suo stato d’animo prima della partenza: “Non so quanta consapevolezza ci fosse. Sicuramente c’era tanta gioia e tanta curiosità, tanta voglia di scoprire un mondo così diverso da quello a cui eravamo abituati. Mi sono interrogato molto prima di partire per il viaggio, su me stesso, sulle mie speranze, aspettative e paure; non sono però mai riuscito ad andare troppo nel profondo, avendo pensieri vaghi e approssimativi. Ora, con il senno del poi, sono contento di non essere partito con preconcetti, perché anche quel poco che avevo ragionato è stato completamente stravolto, ma stravolto in positivo.
Invece Maria Lucia Sargolini ha raccontato la ‘giornata tipo’ a Davao: “Non è facile trovare un aggettivo per la vita dei ragazzi là. Alle difficili condizioni in cui versano i ragazzi non si può non contrapporre l’amore e la devozione delle sorelle che stanno nella struttura.
La vita in Filippine comincia molto presto, alle ore 5 della mattina suona la campana della sveglia. Tempo per prepararsi e poi si va a messa nella vicina chiesa dell’Ordine dei Carmelitani, dove i ragazzi animano con canti diverse volte a settimana. Si torna poi in struttura per fare colazione e si parte poi per andare a scuola. I 29 ragazzi della struttura frequentano quasi tutti la scuola posta nelle vicinanze alla casa, qualcuno è ancora troppo piccolo per andare scuola, qualcun altro sta frequentando già il college in città per fare il lavoro dei loro sogni. Dopo gli impegni quotidiani, nel tardo pomeriggio in struttura tutti i ragazzi pregano insieme un rosario, nelle cui intenzioni non dimenticano i benefattori della struttura.
Nonostante le condizioni di povertà in cui vivono, le suore non fanno mancare nulla a nessun bambino. Secondo le diete filippine, riso e frutta a volontà; un letto dove dormire e quella quota di affetto che purtroppo molti di loro non hanno mai provato. Sicuramente loro ci hanno insegnato a vivere di semplicità e a riderne. Ci hanno trasmesso una gioia rara, una gioia che viene dall’apprezzare le poche cose che si hanno, ma di esserne profondamente grati”.
Ed ha descritto la struttura della Casa: “La struttura ha ormai più di 25 anni e servono dei lavori per costruire il secondo piano, fino ad allora i ragazzi dormono in posti di fortuna, chi in cucina, chi sotto il terrazzo, molti in poche piccole stanze. Abbiamo deciso di far partire una raccolta fondi per velocizzare la fine dei lavori, affinché questi ragazzi possano avere uno spazio tutto loro sicuramente migliore di quello che avevano prima”.
Inoltre Marta Antognozzi ha riflettuto sulle parole ‘consegnate’ dal card. Menichelli (prendere, benedire, dare): “Prima di partire, il Cardinale Edoardo Menichelli ci ha consegnato tre verbi da custodire per il viaggio. Ci ha chiesto di prendere, rendere grazie e dare. Sicuramente abbiamo preso molto, relazioni, approccio alla vita, fede; sicuramente abbiamo reso grazie nella preghiera e nei gesti; ora stiamo cercando di dare qualcosa indietro”.
Ed ha descritto la Casa, che ospita ragazze e ragazzi, con il ‘lancio’ di una raccolta ‘fondi’: “La struttura ha ormai più di 25 anni e servono dei lavori per costruire il secondo piano, fino ad allora i ragazzi dormono in posti di fortuna, chi in cucina, chi sotto il terrazzo, molti in poche piccole stanze. Abbiamo deciso di far partire una raccolta fondi per velocizzare la fine dei lavori, affinché questi ragazzi possano avere uno spazio tutto loro sicuramente migliore di quello che avevano prima”
Nel messaggio per la Giornata missionaria di quest’anno papa Francesco ha invitato tutti al ‘banchetto’: cosa significa per Lorenzo?
“Penso che il papa abbia trovato le parole per spiegare la bellezza dell’andare in missione. Sento di essere un ragazzo che si è regalato una vacanza, che ha partecipato ad un banchetto, per tutto il cibo, non solo materiale, che ho ricevuto. Penso che sia nostro compito dover testimoniare con la nostra vita quello che abbiamo vissuto e dimostrare a tutti il bello del servire, del donarsi per il prossimo. Dobbiamo invitare più persone possibili a questo banchetto, affinché più persone possibili possano provare la gioia e la gratitudine che abbiamo provato noi”.
Maria Lucia: cosa vi ha lasciato questo viaggio?
“Questa esperienza è tra le migliori della nostra vita. Un insieme di meraviglia e gratitudine che ci portiamo nel cuore. Non possiamo non testimoniare la semplicità delle persone che abbiamo incontrato. Una semplicità che si fa accoglienza e condivisione, quando siamo andati nelle comunità in montagna. Lì le persone, pur non avendo nulla, hanno fatto il cibo da festa; molto diverso da noi, che a volte ci facciamo problemi nell’accogliere qualcuno in casa. Una semplicità che si fa genuinità nello stupore dei bambini, che si fa anche risata, e che si fa affidarsi a Dio”.
Marta: cosa avete fatto in quelle settimane?
“La prima settimana abbiamo organizzato attività e giochi che solitamente organizziamo ai campi scuola Acr, per iniziare a conoscere i bambini, e per lasciare che loro conoscessero noi. Abbiamo avuto la bellissima occasione di portarli al mare, un gesto che sembrerebbe scontato, ma a causa della difficoltà di raggiungere il posto con i mezzi e di quelle economiche per loro è un evento raro, ed è impressa nelle nostre menti la loro profonda felicità.
Durante la seconda settimana i bambini sono tornati a scuola, così noi abbiamo fatto visita alle diverse comunità base aiutate dalle Sorelle Smac in montagna nelle quali abbiamo portato i materiali della raccolta fondi effettuata a San Severino Marche prima della nostra partenza. Nella terza settimana siamo stati nella casa-famiglia, trascorrendo la maggior parte del tempo con le Sorelle ed i ragazzi, vivendo giornate tipiche filippine. L’ultima domenica abbiamo partecipato ai sacramenti di battesimo e comunione dei bambini”.
Ora siete nelle vostre città: come pensate di ‘agire’ per aiutare quei bambini?
“Per provare a ricambiare almeno una parte di tutto il bene ricevuto, abbiamo organizzato una raccolta fondi su GoFundMe (link: https://www.gofundme.com/f/providence-home-of-saint-joseph) per finanziare la costruzione della casa dove dormono i 30 ragazzi, ora sistemati in letti di fortuna. Per questo ci appelliamo alla comunità, chiedendo un contributo, che seppur piccolo, può fare una grande differenza”.
(Tratto da Aci Stampa)
Assisi ricorda il beato Carlo Acutis

“La violenza e la guerra, incredibilmente ancora praticate su così vasta scala, sembrano dirci che la cultura della morte abbia la meglio nel mondo. In realtà, nonostante tutto, l’uomo ha un bisogno irresistibile di vita. Desidera una vita piena, soprattutto piena di gioia. E non si accontenta di tempo limitato: vuole vivere per sempre”: sabato 12 ottobre nel Santuario della Spogliazione di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, ha presieduto la Messa nella memoria liturgica del Beato Carlo Acutis, evidenziando che lui ha scelto la vita eterna”.
Infatti la domanda che il giovane ricco ha posto a Gesù è stata la stessa di Carlo Acutis: “Se pensiamo che anche Carlo era figlio di genitori facoltosi, viene spontaneo sentire riecheggiare questa domanda sulle sue labbra. Egli amava la vita in tutti i sensi. Tutto gli era caro, dalla natura allo sport, dalla musica al computer.
Aveva però compreso che le cose della terra, pur belle, sono passeggere. La risposta di Gesù al giovane ricco gli era entrata nel cuore: se vuoi la vita eterna, osserva i comandamenti. E Carlo i comandamenti di Dio li osservava. Li sentiva, quali sono, non catene che imprigionano, ma una segnaletica che assicura alla nostra vita un orizzonte e una meta”.
Il beato Carlo Acutis si lascia prendere dallo sguardo di Gesù, che non era stato colto dal ‘giovane ricco’: “Che cosa ci fu in quello sguardo è impossibile dirlo. Dovette essere uno di quegli sguardi che ti stringono come un abbraccio facendoti sentire unico al mondo, amato più di tutti, guarito fin nell’intimo, pieno di cielo.
Di fronte a quello sguardo, che certamente anche Carlo ha sperimentato, le vie si divaricano: il giovane del Vangelo si fa scuro in volto e volge le spalle, intrappolato dai suoi molti beni: Carlo, sceglie Gesù. Si innamora di quello sguardo intenso e divino, vedendolo nell’Eucaristia, sentendo che l’Ostia santa è veramente Gesù, da incontrare, adorare, mangiare, diventando una sola cosa con lui”.
Ecco il modo di guardare da altra angolazione la vita: “Quando si incontra Gesù, tutta la vita cambia. Non cambiano le cose che fai, cambia come le fai. Le cose restano le stesse, ma profumano di cielo. Possono essere, come fu nella vita di Carlo, i compiti di scuola o una partita di calcio, una melodia suonata al sassofono o una passeggiata in montagna, la realizzazione di un video clip o il prendere parte a una discussione, portare i cani a passeggio o accompagnare la mamma a fare la spesa, e mille altre cose proprie del quotidiano”.
In questo modo l’eternità entra nella vita quotidiana: “Ma nel passeggero puoi mettere l’eterno, e la vita si trasfigura. Si illumina persino su un letto di ospedale, mentre si muore. Può succedere quello che avvenne qui, dove Francesco passò, alla fine della sua vita, molti giorni prima di scendere alla Porziuncola incontro a ‘sorella Morte’. Qui, ai frati che lo attorniavano, chiese di cantare senza sosta il Cantico di Frate Sole. Anche Carlo, spogliato dalla leucemia di tutti i suoi sogni, si abbandonò all’abbraccio di Gesù”.
Ed il beato Acutis si lasciò ‘spogliare’ da Gesù come fece san Francesco: “Al Santuario della Spogliazione ricordiamo che Francesco si spogliò fino alla nudità, per dire che Gesù era il suo ‘tutto’ e compiere, leggero e nudo, la missione che gli era stata affidata di ‘riparare la Chiesa’. A Carlo è stato chiesto di lasciarsi spogliare addirittura della vita e della giovinezza, per fare con Gesù, non su questa terra, ma dal cielo, un lavoro che ha dell’incredibile, come influencer della santità, della gioia, della vita piena”.
Inoltre ha sottolineato l’imminente canonizzazione: “La Provvidenza ha voluto che la proclamazione della sua santità (la ‘canonizzazione’) avvenisse nell’anno del Giubileo che tra qualche mese comincerà. Sarà l’anno in cui dovremo recuperare, stando al tema indicato dal Papa, la speranza fondata su Gesù. Carlo è ancora beato. Ma ormai il segno dal cielo è arrivato, perché egli possa essere dichiarato Santo.
Un segno arrivato con la guarigione di una ragazza del Costa Rica, come tra qualche ora proprio un cantante del Costa Rica, Martin Valverde, ci ricorderà. Carlo sarà dunque presto ‘san’ Carlo. Ma questo titolo non lo sbalzerà ad un’altezza irraggiungibile. Al contrario, continueremo a sentirlo, proprio come si sente un amico, semplicemente, Carlo!”
Quindi per tale ricorrenza mons. Sorrentino ha composto una nuova preghiera, che potrà essere recitata da subito: “Carlo, sorriso di cielo per questa terra ferita e senza pace, noi lodiamo Dio per la tua vita semplice, gioiosa e santa. Tu hai accolto con fiducia di essere spogliato della tua giovinezza
per dedicarti in cielo, con Gesù e Maria, a una missione di amore senza confini. Riposando col tuo corpo mortale dove Francesco d’Assisi si spogliò d’ogni bene terreno, tu gridi con lui al mondo che Gesù è tutta la nostra gioia. Giovane pieno di sogni, attratto dalla natura, dallo sport, da internet, ma ancor più rapito dal miracolo di Gesù realmente presente nell’Ostia Santa, aiutaci a credere che egli è lì vivo e vero, mistica ‘autostrada’ che conduce al cielo, e insegnaci a contemplarlo con Maria,
nei misteri del Santo Rosario. Spiegaci, Carlo, che, al di là delle mode, solo Gesù, unendoci a sé, ci rende ‘originali e non fotocopie’, liberi davvero. Ottienici di saperlo incontrare in ogni creatura, ma soprattutto nei poveri, perché l’umanità sia più giusta e fraterna, ricca di bellezza e di speranza, a gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen”.
Inoltre venerdì 11 ottobre nella città è stata inaugurata la mostra sui miracoli eucaristici realizzata dal beato Carlo Acutis, già stata presentata in 5 continenti e in 10.000 parrocchie, compresi alcuni santuari mariani come Fatima, Lourdes, Guadalupe, alla presenza di Andrea Acutis, padre del giovane beato millennial, che ha ricordato la passione del figlio per il tema dei miracoli in un’epoca in cui internet non era così diffuso ed anche viaggiare non si poteva fare con la stessa facilità di oggi:
“Se uno scopre che il Paradiso è la cosa più bella che si possa desiderare e che la nostra vita è destinata a questo, le altre cose si ‘ordinano’ in modo diverso… Carlo volle fare una mostra che aiutasse le persone a capire questi segni: non ci dovrebbe essere bisogno di segni, ma il Signore conosce la nostra debolezza e ogni tanto ci aiuta a fare attenzione a queste cose”.
(Foto: Diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino)
XXVIII Domenica Tempo Ordinario: la vera sapienza è di lasciare che Gesù ci guardi e ci ami!

Scrive san Paolo: gli Ebrei chiedono miracoli; i Pagani invocano la sapienza umana che si chiama ‘filosofia’; per i Cristiani la vera sapienza è Cristo, che è amore ed ha dato la vita per la salvezza di tutti (cfr. 1 Cor. 1, 22-24). Il brano del Vangelo ci presenta l’incontro di un Giovane con Gesù: Nell’incontro possiamo distinguere tre momenti: a) una domanda del Giovane; b) Gesù aiuta quel giovane a scoprire il volto vero di Dio, che è amore; c) un invito di Gesù: vai, vendi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Gesù invita a conseguire la vera Sapienza che è quella che guida a raggiungere il fine ultimo; la meta per la quale siamo stati creati.
La creazione è il grande atto di amore di Dio nei riguardi dell’uomo: conseguire la vita eterna. Il peccato aveva distolto l’uomo dal suo fine ultimo; ma il cuore dell’uomo è inquieto sino a quando non riposa in Dio. Per conseguire la vita eterna è necessario camminare nella via tracciata da Gesù, l’unico che poté dire: ‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’. Dio ha scritto due libri. la natura con la molteplicità delle cose create, la Bibbia o sacra scrittura: Antino e Nuovo Testamento; se impariamo a leggere questi libri, se camminiamo nella via tracciata da Dio si arriva alla vita eterna. A causa del peccato l’uomo intravede solo la speranza terrena, frutto della sapienza terrena limitata e fragile.
Nella pienezza dei tempi Dio interviene con la rivelazione: dà all’uomo i dieci comandamenti e lo invita a guardare avanti , all’opera redentrice di Cristo Gesù. Il giovane, che si era presentato a Gesù, aveva osservato i dieci comandamenti amando Dio e i fratelli ma il suo cuore era rimasto sempre sulla terra e per la terra. Aveva accumulato molti beni sulla terra e il suo cuore era legato ad essi. Si era ora presentato a Gesù per conoscere la sua vera identità e cosa fare per assicurarsi la vita eterna.
Gesù amò subito questo giovane e gli addita i veri valori, la vita eterna; Gesù evidenzia che per seguirlo non basta l’osservanza dei dieci comandamenti, ma occorre dargli il cuore amandolo più dei beni terreni, dei parenti, della stessa vita perchè solo Dio è il Bene sommo. Lo invita perciò: vai, vendi tutto, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi ‘vieni e seguimi’! Il giovane se ne partì triste: era legato ai suoi beni terreni. Da qui il messaggio di Gesù: ‘Beati i poveri di spirito perchè di essi è il regno dei cieli” infatti dove c’è il tuo tesoro, là c’è il tuo cuore’!
Non dimenticare, amico che leggi, che i beni terreni hanno sempre un limite, viceversa il desiderio dell’uomo è sempre inappagato, non ha limiti: se hai poco non sei beato perchè cerchi ancora; se hai molto non sei beato perchè vuoi di più e temi di perdere quello che hai. Se sei ricco la tua vita è solo una bolgia ansiosa. Finché sei insoddisfatto non sei ricco ma solo povero e vivi nell’angoscia che presto dovrai lasciare tutto.
Ricordati non sei mai quello che credi di essere, nè quello che la gente pensa di te o quello che appari davanti al pubblico; sei solo quello che ami; ma amare è servire incondizionatamente. Non vali per i titoli che possiedi, per i tuoi anni o per le tue forze: tu vali solo per quello che effettivamente ami: se il tuo amore è fango, rimani infangato; se ami Dio e vedi l’immagine di Dio nei fratelli, diventerai simile a Dio. Scegli cosa ti conviene fare; la risposta non dovrebbe essere difficile.
Seguire Gesù è la vera sapienza; è la cosa più importante ma comporta rinnegare se stesso e prendere la croce ogni giorno. Conoscere Gesù e seguirlo è la vera sapienza: non è un atto di intelligenza ma del cuore, di tutta la persona, come ci insegna il Padre. Amare il Regno di Dio più della salute e della bellezza fisica è lasciare che Gesù ci guardi e ci ami.
Cristiano vero non è colui che si affanna per i beni terreni ma chi riscopre se stesso e la meta verso la quale è diretto; cristiano vero è chi ha veramente fede, speranza e carità e sperimenta ogni giorno la presenza di Gesù nella propria vita. Questa è la vera sapienza. Fare esperienza di Gesù significa fare esperienza della sapienza divina che non è un atto dell’intelletto ma del cuore, di tutta la persona.
Dio è amore e ti insegna solo ad amare nella duplice dimensione orizzontale e verticale: amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore , con tutte le forze; amerai il prossimo tuo come te stesso. Ama e sarai veramente sapiente e saggio. La Vergine Maria, che ha detto il suo “Sì” al Signore, Lei, madre di Gesù e nostra , ci aiuti a scoprire il vero senso della vita, ci aiuti ad amare e a scoprire la bellezza di fare della vita un dono prezioso a Dio, creatore e padre.
In Calabria sulle tracce di san Francesco di Paola

‘Il Cammino di San Francesco di Paola’, curato da Angelina Marcelli, Vincenzo Astorino e Alessandro Mantuano propone un’esperienza escursionistica, culturale e spirituale plasmata sulla memoria storica del santo patrono della Calabria, alla scoperta degli aspetti umani e religiosi del frate, profondamente legato alla sua gente e al rispetto della natura. Un percorso che porta a conoscere l’affascinante storia del santo e a ripercorrere i suoi passi tra foreste secolari di faggi e il folklore di paesi dalle tradizioni antichissime; che si arricchisce con la visita a borghi di antica bellezza e con i sapori e l’ospitalità tipici delle tradizioni calabresi.
Alla coautrice della guida, prof.ssa Angelina Marcelli, docente di storia economica all’Università degli studi eCampus e responsabile della comunicazione e cultura dell’associazione ‘Il Cammino di San Francesco di Paola’, abbiamo chiesto di raccontare in cosa consiste tale cammino: “Il Cammino nasce nel 2017 con l’intenzione di proporre un’esperienza escursionistica e allo stesso tempo culturale e spirituale, plasmata sulla memoria storica e sulle tradizioni locali legate alla figura di Francesco di Paola (1416-1507).
Il patrono della Calabria era un eremita, fondatore dell’Ordine dei Minimi, che ha finito i suoi giorni in Francia, presso la corte del re più potente del suo tempo. Noi sintetizziamo il senso del cammino definendolo una ‘biografia su mappa’, perché vogliamo ricostruire i viaggi compiuti da Francesco in diversi momenti della sua vita. Ogni Via, dunque, è accompagnata da una narrazione che vuole mettere in evidenza motivazioni, luoghi e protagonisti di ogni viaggio. Attualmente sono attive tre Vie; a breve inaugureremo la Via per la Francia e speriamo di poter mettere mano presto sia alla Via per la Sicilia che al Pellegrinaggio ad Assisi”.
Perché è la ‘via del giovane’?
“All’età di 13 anni, Francesco Martolilla si reca a San Marco Argentano per adempiere un voto fatto dai genitori, che di fronte alla malformazione ad un occhio del loro bambino, avevano promesso che lo avrebbero concesso come oblato per un anno in una comunità francescana. Abbiamo quindi pensato di tracciare il percorso da San Marco Argentano a Paola (49 km in tre tappe) per fare memoria del ritorno a casa, un viaggio contrassegnato da una parte dalla certezza di essere chiamato a servire il Signore, ma dall’altra dall’inquietudine di non sapere esattamente come”.
In cosa consiste la ‘via dell’eremita’?
“Lungo la Via dell’Eremita (62,7 km in tre tappe) accompagniamo frate Francesco ormai maturo (aveva circa 56 anni) verso Paterno dove fonda il suo secondo romitorio dopo quello di Paola. Si tratta di un viaggio importante per diversi aspetti. E’, infatti, un passo che compie solo dopo che la Chiesa aveva formalizzato la nascita della sua congregazione eremitica, ma soprattutto segna il tempo dell’affermazione di un’identità comunitaria basata sull’osservanza del suo stile di vita. Per diversi anni, Francesco (curava personalmente la costruzione dei romitori) fece la spola tra Paola e Paterno e per questa ragione abbiamo pensato di tracciare la Via in modo bidirezionale”.
Ed infine come si sviluppa la ‘via dei monasteri’?
“Più che un singolo viaggio, è un andirivieni che frate Francesco compie per congiungere i romitori fondati in Calabria dopo quello di Paola, cioè Paterno (1472), Spezzano (1474) e Corigliano (1476). Questo viaggio ideale, segno di maturità spirituale, sigilla il forte legame tra Francesco e la sua terra, ma anche della intensa relazione con i suoi confratelli, che si assumono la responsabilità di guidare le nuove comunità. Da Paterno, il percorso si dirige verso l’Area MaB UNESCO della Pre-Sila e arriva nel Golfo di Corigliano (135 km in 6 tappe)”.
Perché san Francesco da Paola fondò l’Ordine dei Minimi?
“Nonostante il divieto imposto dal Concilio Lateranense IV, Francesco di Paola ottenne l’approvazione della regola dell’Ordine dei Minimi, sintesi della natura e del carisma impressi alla sua famiglia religiosa. L’umiltà del Fondatore è incisa in questo nome che sembra voler indicare ai frati una strada di continua conversione per diventare piccoli, semplici, minimi appunto”.
Per quale motivo il viandante si mette in cammino?
“Le ragioni sono tante e una non esclude l’altra. Quasi sempre c’è una motivazione personale di natura spirituale. Molti, infatti, lo fanno a mo’ di pellegrinaggio. Tanti, soprattutto quelli proveniente da altre regioni, invece, sono attratti dalla natura, dalla varietà di paesaggi, dalla bellezza e dalle tradizioni culturali dei borghi attraversati e solo dopo entrano in contatto con la spiritualità dell’eremita paolano. Tutti, poi, finiscono per apprezzare il volto più bello della Calabria, che è l’accoglienza”.
Quale è la spiritualità del cammino?
“Percorrere il cammino significa un po’ vestirsi dell’abito di Francesco, fatto di sobrietà ed essenzialità, di contemplazione del creato e di amore per il prossimo e per la natura. Si tratta di un abito che in qualche modo si trasmette di più con l’esperienza stessa che con le parole”.
Per qualsiasi informazione: info@ilcamminodisanfrancesco.it
(Tratto da Aci Stampa)
Mons. Trevisi mostra ai giovani san Giusto come modello

“San Giusto lo penso come un giovane, che ha dato la vita, che è stato legato a grosse pietre ma che è vivo”: lo ha detto il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, nella solenne celebrazione in cattedrale del patrono di Trieste, san Giusto, concelebrata anche dall’arcivescovo emerito, mons. Giampaolo Crepaldi, ringraziando i fedeli per l’accompagnamento di questi primi mesi: “A tutti dico grazie per come mi state accompagnando in questi miei primi passi e a tutti chiedo scusa per i miei limiti e la mia inesperienza”.