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Riunione dei Ministri degli Affari Esteri del G7: il Civil7 esorta i G7 a maggiore chiarezza e azione per la pace

Il 26 novembre si è conclusa a Fiuggi la riunione dei Ministri degli Affari Esteri del G7, ospitata dall’Italia nell’anno di presidenza che sta per concludersi. Un contesto internazionale sempre più conflittuale e pericoloso richiede uno sforzo globale senza precedenti per ristabilire un sistema multilaterale che promuova percorsi di pace e diritto internazionale, anziché derive verso ulteriori guerre. Come il C7 ha più volte affermato, il G7 può essere parte del problema, se promuove unilateralmente gli interessi delle economie più sviluppate, o parte della soluzione, se difende i diritti umani e gli interessi comuni dell’umanità e del pianeta.
Le drammatiche violazioni, flagranti e impunite, del diritto internazionale umanitario provocano enormi sofferenze ai civili. Il G7 e gli altri Stati dovrebbero evitare questa complicità silenziosa che permette alla guerra continue devastazioni. Essi dovrebbero invece rispettare e far rispettare il diritto internazionale umanitario e i suoi principi di distinzione, proporzionalità e precauzione, condannando tutte le violazioni del diritto internazionale umanitario da parte di qualsiasi attore in ogni conflitto e guerra. Assistiamo ad un’inquietante contraddizione tra gli appelli dei governi alla pace e ai cessate il fuoco e il trasferimento di armi, parti e munizioni alle parti in conflitto.
Ribadiamo quindi la necessità di rafforzare e utilizzare il sistema di regole delle Nazioni Unite, chiedendo ai governi di aderire e impegnare tutti i partner e gli alleati nei trattati internazionali per prevenire la guerra e sul disarmo, nel rispetto delle Risoluzioni delle Nazioni Unite e per proteggere le istituzioni dell’ONU, inclusa la particolare situazione dell’UNRWA.
La fragilità della pace globale, il persistere dei conflitti armati e l’aumento del rischio di uso delle armi nucleari richiede la massima urgenza e azioni concrete, che ancora non vediamo. È necessario un più forte impegno politico per implementare soluzioni sostenibili che affrontino le sfide strutturali e sistemiche. Chiediamo di spostare le risorse finanziarie dal settore militare alla diplomazia, alla sicurezza umana e alla spesa sociale per promuovere il dialogo e combattere le cause sistemiche di disuguaglianze, povertà e vulnerabilità.
Un sistema multilaterale più forte, un impegno condiviso per la tutela dei diritti umani, un sistema finanziario ed economico equo sono i presupposti per una pace sostenibile. Il C7 chiede pertanto ai Paesi del G7 di assumersi urgentemente le proprie responsabilità in questa prospettiva per un futuro più pacifico, giusto e sicuro.
(Foto: Ministero degli Esteri)
C’è sempre una prima volta

Difficile dire quanto di vangelo c’è in questa presenza e quanto di diplomazia vaticana che, com’è noto, appare tra le più rodate e lungimiranti. Ciò che nondimeno stupisce è anzitutto il fatto stesso che il papa, rappresentante della Chiesa Cattolica, sia stato invitato a questo tipo di vertice che mette assieme alcuni tra i ‘potenti’ della politica e dell’economia del mondo.
L’invito del papa, per motivi che non è poi difficile discernere, è già un segno e un messaggio la cui tragica scelta non potrà non lasciare tracce nel presente e il futuro del papato e della Chiesa stessa. Essere invitati al vertice di alcuni tra i Paesi più ricchi e potenti del globo significa dare sufficienti ‘garanzie’ al sistema perché esso possa perpetuarsi o quantomeno continuare a legittimarsi.
Aver accettato l’invito ( o allora la proposta è giunta dal vaticano e accolta dalle diplomazie del vertice), come il papa ha fatto, non è che l’ennesimo e patetico tentativo di accompagnare, da ‘cappellano di corte’, il sistema attuale che, come il capitalismo di cui è l’espressione, è nato e cresciuto senza cuore. Non dovremmo dimenticare che i membri di questo vertice sono corresponsabili o sostenitori della produzione, vendita e uso di armi in zone di guerra. Si tratta dunque di persone che hanno le mani macchiate di sangue.
D’altra parte sembra tipico di questo insondabile e ambiguo pontificato giocare su tutti i fronti con la stessa spudorata disinvoltura. Incontrare e valorizzare i movimenti sociali. Assumere i poveri come elemento trasformatore del sistema (secondo le lezioni latinoamericane ben assimilate). Proteggere i migranti nella loro ricerca di futuro e parlare di ‘periferie’ dalle quali dovrebbe sgorgare un mondo nuovo e una Chiesa che ascolta. Questo e molto altro all’ordine del giorno, senza dimenticare le innumerevoli volte nelle quali è stato necessario precisare, rettificare, contraddire quanto affermato il giorno precedente in uno dei tanti discorsi letti o improvvisati.
Allo stesso tempo, lo stesso pontefice (vero ponte tra sponde diverse) accompagna e celebra un’alleanza vaticana col ‘Capitalismo Inclusivo’ che vede tra i suoi membri e promotori i più quotati magnati del capitalismo globalizzato. Con la manipolata crisi del Covid poi, l’attuale papa, ha toccato quanto di peggio ci si sarebbe potuto attendere da un qualunque politico da strapazzo. L’obbligo per tutto il personale dello Stato Vaticano alla vaccinazione pena il licenziamento in tronco, il fermo invito fatto ai fedeli cristiani di vaccinarsi ‘come gesto d’amore’ e gli incontri più o meno ‘segreti’ con boss dell’industria delle vaccinazioni, Bourla.
Malgrado i danni occasionati e accertati, l’aumento della mortalità nei Paesi che più hanno somministrato i ‘vaccini’, non è mai sfuggita al papa una sola parola di attenzione per quanti hanno sofferto a causa delle suo fermo invito a vaccinarsi e tantomeno la richiesta ufficiale di perdono per essersi sbagliato di bersaglio. Mai ha domandato venia per la mancanza di rispetto dei diritti dei dipendenti che avrebbero potuto scegliere o meno di vaccinarsi in tutta libertà di coscienza come i documenti della Chiesa e della medicina ufficiale sottolineano da tempo.
La parvenza ‘democratica’ di questo papato è poi contraddetta da protagonismi nella vita pubblica quotidiana che si esibisce in modo asfissiante fino a domandarsi se esiste ancora una conferenza episcopale italiana degna di questo nome. Dappertutto e su ogni tema ci si aspetta una parola, un’allusione e soprattutto una conferma. Persino nelle trasmissioni televisive seguite da largo pubblico dove si ha il diritto e il piacere di ascoltare quanto papa Bergoglio afferma, sostiene, propone e soprattutto allude.
Ed, infine, la partecipazione anche fisica al vertice del G7 che ha annoverato altri invitati di marca, ma non la Russia e la Cina ad esempio. Invitato, accolto e infine assimilato ai potenti, tra coloro che hanno diritto di presenza, ascolto e udienza. Per parlare dell’intelligenza artificiale di cui, sembra, il vaticano ha assunto un ruolo non trascurabile e naturalmente apprezzato. Una Chiesa segno di contraddizione per gli imperi di oggi sembra essere passata di moda. Accomodarsi accanto al potere di turno e allo stesso tempo prendere le difese dei poveri desta sospetto sull’autenticità e sincerità di chi gioca a dare spettacolo per il pubblico.
Al vertice citato nessun povero è stato invitato. In un non lontano passato, ad esempio il G8 di Genova, si presentava come un vanto del summit quello di invitare persone di alcuni Paesi che aiutassero a non dimenticare che c’è anche e soprattutto un altro mondo. Quello a cui spesso il papa allude e che diventa visibile nelle guerre, le migrazioni e le terre rare … da sfruttare per motivi ecologici ben ricordati dall’ultima esortazione, al soldo anch’essa di una sola versione del mondo.
La presenza del papa tra i ‘grandi’ del sistema addolora, preoccupa e fa vergognare chi pensava che scegliere i poveri e la loro strada non fosse per farsi strada tra i potenti per diventarne il ‘cappellano’ e in definitiva il garante. Si tratta dell’esibizione di un tradimento nell’usare i volti e il silenzio dei poveri per poi accomodarsi alla mensa dei ricchi e dei potenti.
Papa Francesco: l’intelligenza artificiale non è neutrale

“Mi rivolgo oggi a Voi, leader del Forum Intergovernativo del G7, con una riflessione sugli effetti dell’intelligenza artificiale sul futuro dell’umanità. ‘La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano ‘saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro’ (Es. 35,31’. La scienza e la tecnologia sono dunque prodotti straordinari del potenziale creativo di noi esseri umani. Ebbene, è proprio dall’utilizzo di questo potenziale creativo che Dio ci ha donato che viene alla luce l’intelligenza artificiale”: con la citazione dell’ultimo messaggio per la Giornata mondiale per la pace papa Francesco ha iniziato il discorso al G7, riunito in Puglia, sottolineando il valore della dignità umana.
Il tema centrale del discorso del papa ha riguardato, infatti, la dignità umana che si deve confrontare con l’intelligenza artificiale: “Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. A questo proposito si può dire che tutti noi siamo, anche se in misura diversa, attraversati da due emozioni: siamo entusiasti, quando immaginiamo i progressi che dall’intelligenza artificiale possono derivare, ma, al tempo stesso, siamo impauriti quando constatiamo i pericoli inerenti al suo uso”.
Il pensiero del papa non è un atto di condanna nei confronti dell’intelligenza artificiale: “Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire. A questo proposito si può dire che tutti noi siamo, anche se in misura diversa, attraversati da due emozioni: siamo entusiasti, quando immaginiamo i progressi che dall’intelligenza artificiale possono derivare, ma, al tempo stesso, siamo impauriti quando constatiamo i pericoli inerenti al suo uso”.
E ne ha sottolineato i vantaggi pur richiamandone i ‘pericoli’ di creare una più larga ingiustizia: “Non possiamo, del resto, dubitare che l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione cognitivo-industriale, che contribuirà alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali. Ad esempio, l’intelligenza artificiale potrebbe permettere una democratizzazione dell’accesso al sapere, il progresso esponenziale della ricerca scientifica, la possibilità di delegare alle macchine i lavori usuranti; ma, al tempo stesso, essa potrebbe portare con sé una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi, mettendo così in pericolo la possibilità di una cultura dell’incontro a vantaggio di una cultura dello scarto”.
Quindi il papa ha chiesto di ridare rilievo alla dignità della persona: “Oltre la complessità di legittime visioni che caratterizzano la famiglia umana, emerge un fattore che sembra accomunare queste diverse istanze. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana. Sembra che si stia perdendo il valore e il profondo significato di una delle categorie fondamentali dell’Occidente: la categoria di persona umana..
Non dobbiamo dimenticare infatti che nessuna innovazione è neutrale. La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata”.
Ed ha rimesso al centro la necessità dell’azione politica: “Non possiamo, quindi, nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi.
Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di ‘paradigma tecnocratico’. Non possiamo permettere a uno strumento così potente e così indispensabile come l’intelligenza artificiale di rinforzare un tale paradigma, ma anzi, dobbiamo fare dell’intelligenza artificiale un baluardo proprio contro la sua espansione”.
(Foto: Santa Sede)