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San Vincenzo de’ Paoli: da ‘Non uno di meno’ alla laurea. La storia di Rija ed il valore della solidarietà

Lei è Rija, 24 anni, pakistana. Nel 2024 ha conseguito la laurea in Scienze infermieristiche all’Università degli studi di Brescia. Ancora stenta a crederci e con soddisfazione stringe a sé la tesi, frutto di un duro lavoro che l’ha accompagnata per anni. Come avviene al termine di ogni traguardo che si rispetti, anche Rija tira le somme della sua vita e si lascia andare a momenti di riflessione che rafforzano la consapevolezza di aver raggiunto l’obiettivo grazie al sostegno dei genitori, della scuola e aggiunge un particolare.

Menziona un’occasione avuta da bambina: “Era un giorno di settembre e, nonostante la pioggia battente, con mio papà ci dirigemmo all’Oratorio di Ospitaletto per concludere l’iscrizione.  E, in Piazza San Rocco 13, la mia vita è cambiata. A soli sei anni ho avuto la possibilità di abbracciare il progetto Non uno di meno”. L’iniziativa della Società di San Vincenzo De Paoli, Consiglio Centrale di Brescia ODV, è nata nel 2003 per dare un contributo attivo all’inserimento sociale dei ragazzi in età compresa tra i 6 e i 14 anni, partendo dall’aiuto nei compiti scolastici.

“Non è stato un semplice doposcuola. I compiti sono stati solo un mezzo per prendersi cura di me. Arrivavo da un altro Continente e non parlavo la lingua italiana. La maestra Palmira e i volontari della Società di San Vincenzo De Paoli sono riusciti a far diventare il mio ‘problema’, come quello di tanti migranti, un’opportunità di crescita che mi ha permesso di diventare chi sono oggi” e continua: “Sarò immensamente grata a tutti coloro che permettono a tante persone, con storie simili alla mia, di avere l’opportunità di crescere e perseguire i propri sogni… D’altronde, se mi sono laureata è anche grazie a loro!”.

Oggi Rija si trova dall’altra parte e ripensando al progetto “Non uno di meno”: “Non vi nascondo che darei volentieri una mano”. D’altronde chi ha ricevuto tanto ha voglia di restituire in eguale misura. “In questo momento non posso dedicarmi ma ci pensa la mia mamma a sostituirmi!”. Qamar è diventata volontaria del progetto. E come lei tanti altri.

Negli anni i volontari sono arrivati a 40 e questo permette un sostegno continuativo a circa un centinaio di bambini e ragazzidi svariate età e con diverse attitudini e mansioni: “La principale attività che svolgiamo è il supporto dei ragazzi nello svolgimento dei compiti ma attraverso di essa raggiungiamo altre finalità. Volontari, educatori, utenti del Progetto prestiamo cura e attenzione alla crescita della persona nella sua complessità”, afferma Daniela Zanardini, coordinatrice del progetto.

L’iniziativa è stata possibile grazie alla nascita di una vera e propria rete di collaborazione tra molteplici enti Società San Vincenzo De Paoli, che è capofila del progetto, Comune di Ospitaletto, Istituto Comprensivo di Ospitaletto, Oratorio San Giovanni Bosco e Caritas Parrocchiale di Ospitaletto. “Ogni ente mette a disposizione del progetto specifiche risorse e competenze e così possiamo studiare un progetto individualizzato che sia il più possibile aderente alle esigenze, alle competenze e alla storia personale, familiare, scolastica, relazionale del singolo”, continua Daniela.

Per realizzare al meglio questi obiettivi è garantita la presenza costante di professionisti specializzati che si occupano dell’organizzazione generale del progetto, del supporto pedagogico di ragazzi e famiglie, della comunicazione con i docenti, della formazione dei volontari sui temi della relazione di aiuto, dell’immigrazione, dell’intercultura e della prevenzione della dispersione scolastica. L’iscrizione è gratuita e avviene con il consenso del ragazzo stesso e della famiglia:

“La sfida è stata prolungare il servizio anche nel periodo estivo invitando i bambini ed eventualmente anche le loro mamme a svolgere insieme a noi i compiti delle vacanze, continua Daniela e conclude: “È difficile racchiudere in queste poche righe la ricchezza di questa esperienza, con tutti i traguardi raggiunti, come quelli di Raja, le difficoltà affrontate, i sorrisi, le lacrime, le arrabbiature, le soddisfazioni e le storie dei bambini che in questi anni abbiamo incrociato. Vi assicuro che è bello aver potuto accompagnare, anche solo per un pezzetto della loro strada, questi ragazzi!”.

Il Consiglio Centrale di Brescia, oltre al sostegno educativo, promuove numerose iniziative, progetti a favore delle persone in difficoltà e offre una gamma di servizi come le visite a domicilio, la distribuzione di beni di prima necessità e sostengo morale e spirituale, l’assistenza burocratica e amministrativa. “Questo impegno è reso possibile grazie al lavoro dedicato dei nostri volontari, che offrono supporto in vari ambiti”, dichiara la Presidente del Consiglio Centrale, Elena Bissolotti.

Attraverso le 31 Conferenze attive nel territorio viene garantita assistenza quotidiana a un migliaio di persone bisognose in tutte le aree del disagio: “Ogni giorno riceviamo un numero elevato di richieste di assistenza e le fragilità che affrontiamo sono molteplici: povertà culturale, solitudine, povertà economica”, dichiara e conclude:

“Siamo consapevoli che, trovandosi in situazioni di vulnerabilità, è spesso difficile per gli individui superare le difficoltà da soli. Per questo, offriamo un supporto che non solo risponde ai bisogni immediati, ma mira anche a fornire gli strumenti necessari per una maggiore autonomia. Lavoriamo per migliorare la qualità della vita delle persone fragili e questo è possibile grazie al forte senso di comunità e di dedizione che caratterizza ogni componente della nostra Associazione”.

Papa Francesco: sentinelle per promuovere protezione ai minori

Papa Francesco saluta

“Cari fratelli e sorelle, vi mando di cuore il mio saluto e alcune indicazioni per il vostro prezioso servizio. Esso, infatti, è come ‘ossigeno’ per le Chiese locali e le comunità religiose, perché dove c’è un bambino o una persona vulnerabile al sicuro, lì si serve e si onora Cristo. Nella trama quotidiana del vostro operato (soprattutto negli ambiti più disagiati), si concretizza una verità profetica: la prevenzione degli abusi non è una coperta da stendere sulle emergenze, ma una delle fondamenta su cui edificare comunità fedeli al Vangelo. Per questo vi esprimo la mia gratitudine”.

Ancora convalescente papa Francesco ha inviato un messaggio ai partecipanti alla plenaria della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, ricordando che le pratiche di prevenzione sono la promessa e l’impegno di un ambiente sicuro per ogni bambino e per ogni persona vulnerabile, con la sottolineatura delle caratteristiche di questo ‘lavoro’:

“Il vostro lavoro non si riduce a protocolli da applicare, ma promuove presidi di protezione: una formazione che educa, dei controlli che prevengono, un ascolto che restituisce dignità. Quando impiantate pratiche di prevenzione, persino nelle comunità più remote, state scrivendo una promessa: che ogni bambino, ogni persona vulnerabile, troverà nella comunità ecclesiale un ambiente sicuro. Questo è il motore di quella che dovrebbe essere per noi una conversione integrale”.

Ed ecco gli ‘impegni’ a cui tale Commissione è chiamata: “Crescere nel lavoro comune con i Dicasteri della Curia romana. Offrire alle vittime e ai sopravvissuti ospitalità e cura per le ferite dell’anima, nello stile del buon samaritano. Ascoltare con l’orecchio del cuore, così che ogni testimonianza trovi non registri da compilare, ma viscere di misericordia da cui rinascere. Costruire alleanze con realtà extra-ecclesiali (autorità civili, esperti, associazioni), perché la tutela diventi linguaggio universale”.

E’ un invito ad essere ‘sentinelle’: “In questi dieci anni avete fatto crescere nella Chiesa una rete di sicurezza. Andate avanti! Continuate a essere sentinelle che vegliano mentre il mondo dorme. Che lo Spirito Santo, maestro della memoria viva, ci preservi dalla tentazione di archiviare il dolore invece di sanarlo”.

Mentre in occasione del XXX° Anniversario della Lettera enciclica ‘Evangelium vitae’ di san Giovanni Paolo II il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha pubblicato un sussidio su come avviare processi ecclesiali per promuovere una Pastorale della Vita umana al fine di difenderla, custodirla e promuoverla nei vari contesti geografici e culturali, in questo tempo di gravissime violazioni della dignità dell’essere umano, intitolato ‘La Vita è sempre un bene. Avviare processi per una Pastorale della Vita umana’, come scrive nell’introduzione il prefetto del Dicastero, card. Kevin Farrell:

“In un tempo di gravissime violazioni della dignità dell’essere umano, in tanti Paesi tormentati da guerre e da ogni genere di violenza (specialmente su donne, bambini prima e dopo la nascita, adolescenti, persone con disabilità, anziani, poveri, migranti) è necessario dare forma ad una vera e propria Pastorale della Vita umana, per mettere in pratica quanto ribadito anche dalla recente Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede… La vita di ogni uomo e di ogni donna va, pertanto, sempre rispettata, custodita, difesa. Questo principio, riconoscibile anche dalla sola ragione, va attuato in ogni Paese, in ogni villaggio, in ogni casa”.

Tale sussidio è stato realizzato grazie anche al contributo dei vescovi: “Al servizio di questo processo, il sussidio è una proposta che suggerisce, altresì, come applicare il metodo sinodale del discernimento nello Spirito riguardo ai numerosi temi legati alla vita umana e alle modalità per difenderla, custodirla e promuoverla nei vari contesti geografici e culturali”.

Il volume è disponibile gratuitamente sul sito del Dicasteri e propone un metodo aggiornato per animare la pastorale della vita in maniera capillare nelle diverse diocesi del mondo.  A tal fine, il Dicastero auspica che “ogni vescovo, sacerdote, religioso, religiosa e laico leggano il Sussidio e si adoperino per sviluppare una Pastorale della Vita umana organica e strutturata, che possa formare in modo adeguato operatori, educatori, insegnanti, genitori, giovani e bambini al rispetto del valore di ogni vita umana”.

A San Paolo fuori le Mura la Comunità di Sant’Egidio ha festeggiato 57 anni

Nella basilica di San Paolo fuori le Mura la Comunità di Sant’Egidio ha ‘festeggiato’ 57 anni di ‘vita’, nata nel 1968, a conclusione del Concilio Vaticano II, per iniziativa di Andrea Riccardi, in un liceo del centro di Roma. Con gli anni è divenuta una rete di comunità che, in più di 70 paesi del mondo, con una particolare attenzione alle periferie e ai periferici, raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace.

Per questa occasione il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, è stato ricevuto da papa Francesco, che ha ringraziato per l’impegno negli anni a favore dei poveri e, in particolare, in questo tempo difficile, per l’accoglienza e l’integrazione offerta ai migranti attraverso i corridoi umanitari, rallegrandosi, in modo particolare, per l’ultimo arrivo, in salvezza, di circa 140 profughi dalla Libia.

Nell’omelia della celebrazione eucaristica il card. Baldassarre Reina, vicario generale della diocesi di Roma, commentando le letture della liturgia, ha affermato: “In un tempo in cui sperimentiamo una solitudine, che è fonte di angoscia e sofferenza per tanti, è importante ribadire che non è bene che l’uomo sia solo, non è bene lasciare nessuno indietro: non possiamo accettare che nessuno sia schiacciato dalla povertà, dalla sofferenza, dalla malattia o da qualsiasi forma di disagio”.

Commentando il capitolo della Genesi sulla creazione il vicario generale ha riletto l’impegno della Comunità: “E rileggo in questa espressione l’impegno, il cammino, lo sforzo, la profezia della Comunità di Sant’Egidio, che ha creduto fortemente, e crede, nelle relazioni. Che vive nel promuovere queste relazioni, a tutti i livelli. E diventano relazioni di pace laddove ci sono i conflitti, purtroppo ancora oggi assai presenti e sanguinanti. Diventano relazioni diplomatiche, diventano relazioni tra le diverse fedi, tra le diverse sensibilità, tra le diverse religioni”.

Quindi è necessario ‘sentire’ la carne: “Sentire nostra la carne di tutta l’umanità, sentire nostra la fatica e la gioia di ogni essere che è sulla faccia della terra. Poter dire: questa è carne della mia carne. Non lo dice soltanto il marito alla moglie, l’uomo alla donna, ma lo dice ogni persona ritrovandosi davanti una creatura che gli è simile. Ed è il comandamento simile al primo: ama il prossimo tuo perché è come te stesso, perché è te stesso. Non è bene che l’uomo sia solo. Finalmente questa è carne della mia carne”.

Ed affrontando il tema giubilare ha citato don Tonino Bello: “Diceva don Tonino Bello: la speranza va organizzata. Ci vuole pazienza nel saper organizzare la speranza. Perché servono decisioni ferme, delle risposte puntuali, ma serve anche la pazienza di saper costruire futuro. Questo è un tempo che ha bisogno di persone, di uomini e donne che costruiscono futuro. Quella donna ha saputo aspettare.

Avrebbe potuto dire a se stessa: non ce la faccio, anche il Messia, anche il Signore mi ha girato le spalle, me ne vado. Ha saputo aspettare con pazienza, sotto la tavola. Ed è stata premiata: Per questa tua parola la tua figlioletta è guarita. Ed è, la parola di questa donna, una parola di fede e di pazienza, una parola coraggiosa, una parola umile, una parola forte”.

Infine un ringraziamento ma anche un invito a ‘guardare avanti’: “Ma l’anniversario nella logica cristiana è sempre l’occasione per guardare avanti. Perché la nostra non è una fede del passato, ma semmai una esperienza che getta lo sguardo sul futuro. Allora vogliamo chiedere al Signore, in questa celebrazione eucaristica, che continui ad accompagnare i passi della Comunità di Sant’Egidio, che continui a benedire questa Comunità così come ha fatto in questi 57 anni.

A tutti voi la gratitudine della nostra Chiesa, della Chiesa di Roma e, attraverso le mie parole, la gratitudine del Santo Padre. Ed è una gratitudine che vi responsabilizza, che vi chiede un impegno ancora maggiore”.

Al termine della celebrazione eucaristica il presidente di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha sottolineato la ‘responsabilità’ della speranza, fondata sull’ascolto della Parola di Dio: “Sentiamo la responsabilità di portare ‘la speranza che non delude’ e siamo consapevoli che solo con la forza dell’amicizia e del sostegno di tutti voi potremo essere all’altezza di questo compito. In questi anni abbiamo sempre cercato, in ascolto della Parola di Dio, ‘lampada ai nostri passi’, di non coltivare visioni di parte o ideologiche della vita e della vicenda storica”.

E la Parola di Dio si associa alla parola della libertà: “Abbiamo cercato di essere liberi dal guardare le situazioni in modo binario e contrapposto (come capita spesso nelle vicende dei conflitti) e dalla cultura del nemico, che vede tutto il male nell’altro. E di scoprire così risorse ed energie insospettate, liberandoci da un pessimismo scontato, nella riscoperta dei legami tra uomo e donna, tra i popoli, tra gente diversa. Con la convinzione di dover costruire giorno dopo giorno un destino comune da cui nessuno si senta escluso”.

Al termine della celebrazione è iniziata la festa con tutti i partecipanti: anziani in difficoltà, a cui Sant’Egidio è particolarmente vicino, persone senza dimora, alcuni dei quali usciti dalla strada grazie al sostegno della Comunità, persone con disabilità, molte delle quali inserite in percorsi artistici e lavorativi, i ‘nuovi italiani’ oggi integrati nel nostro paese e i rifugiati venuti con i corridoi umanitari. Ma anche un gruppo di profughi ucraini, toccati da un conflitto che proprio in questo mese sta arrivando dolorosamente ai suoi tre anni. La festa di Roma è stata la prima di tante altre che ci saranno negli oltre 70 Paesi in cui è presente Sant’Egidio, dall’Europa all’Africa, dall’Asia all’America Latina.

(Foto: Comunità di Sant’Egidio)

Cucina nuova per la locanda della fraternità per la mensa della Caritas di Tricase

La Mensa sociale ‘Locanda della fraternità’, sita a Tricase in via Galvani,44 presso Maior Charitas (lungo la strada provinciale che da Tricase conduce a Montesano Salentino, a circa 800 metri dall’Ospedale ‘Card. G. Panico’) si dota di una cucina più moderna e accessoriata grazie ad un finanziamento a fondo perduto ottenuto nell’ambito del PSR Puglia 2014/2020 – Misura 19 – Sottomisura 19.2 – Azione 3. Servizi per la popolazione rurale nel Capo di Leuca – Bando Intervento 3.2. ‘Mense Collettive’ – Piano di Azione Locale ‘il Capo di Leuca e le Serre Salentine’ e attuato dal GAL Capo di Leuca.

Le somme destinate hanno permesso l’acquisto di elettrodomestici tecnologicamente più avanzati. E’ stato installato un nuovo forno elettrico completo di cappa in acciaio inox, con motore, un abbattitore di temperatura un’affettatrice a gravità con trasmissione a cinghia, un armadio refrigerato BT capacità 700 lt e un tagliere in polietilene.

L’ammodernamento della cucina della mensa permetterà di offrire un servizio migliore alle persone che frequentano la locanda che, negli ultimi mesi, ha incrementato le presenze. “Vengono a trovarci circa 30 persone al giorno” afferma don Lucio Ciardo, direttore della Caritas diocesana di Ugento – Santa Maria di Leuca. “Non sono necessariamente persone bisognose e sole. Condividere il pranzo con volontari, utenti del servizio e famigliari di lungo degenti dell’ospedale è un’esperienza umana e spirituale che ci congiunge concretamente con Dio” conclude il don.

La ‘Locanda della fraternità’ è aperta a pranzo dal lunedì al venerdì. Non è solo una mensa nel senso letterale della parola, ma vuole essere un luogo di promozione di relazioni, un punto di ascolto privilegiato dei bisogni e di osservazione. Il progetto ‘Locanda della Fraternità’ di ammodernamento della mensa, oltre alla Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca-Caritas Diocesana, coinvolge altri due soggetti partner: I.P.A.D. Mediterranean – Cooperativa Sociale di Tipo B e  Banco delle Opere di Carità Puglia – Onlus.

L’IPAD. Mediterranean – Cooperativa Sociale di Tipo B –L’acronimo I.P.A.D. (Integration, Peace And Development) vanta nel come il termine ‘Mediterranean’ come richiamo diretto a questa terra che da sempre è crocevia di culture. La cooperativa opera principalmente in campo agricolo partendo dalla valorizzazione di una cultivar tipica del territorio: la pestanaca ‘Sant’Ippazio’. IPAD fornirà prodotti ortofrutticoli alla Locanda della Fraternità ‘Maior Charitas’ come garanzia di genuinità dei prodotti offerti.

Il Banco delle Opere di Carità Puglia opera sul territorio salentino con l’obiettivo di contrastare la povertà alimentare promuovendo una cultura contro lo spreco e la promozione di uno stile sobrio e attento ai bisogni dei più poveri. L’attività istituzionale è rappresentata dalla raccolta di derrate alimentari, provenienti principalmente dall’AGEA, attraverso il Programma europeo FEAD, ma anche da donazioni di aziende ed organizzazioni di produttori agricoli e dalla relativa distribuzione agli enti convenzionati, i quali si occupano di elargire tali derrate ai propri assistiti, alle persone ed ai nuclei familiari in condizioni di indigenza.

Il Banco, in tutti questi anni, ha dato vita ad una rete di solidarietà che conta sull’adesione di circa 145 enti, ovvero associazioni, Caritas parrocchiali, confraternite, comuni, etc. tutti impegnati nel contrastare la povertà di natura alimentare. Indicativamente, questa rete è in grado di aiutare circa 26.000 persone in condizione di disagio economico sul territorio salentino.

A Milano celebrata la Giornata nazionale dei disturbi del comportamento alimentare

Nei giorni scorsi si è svolto l’incontro dell’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, con gli studenti del Collegio San Carlo di Milano nella Giornata nazionale dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Un’iniziativa promossa dalla Diocesi attraverso la Fondazione Oratori Milanesi (FOM) in collaborazione con Auxologico e con lo stesso Collegio San Carlo, per lavorare sulla prevenzione di patologie sempre più diffuse tra adolescenti e preadolescenti (maschi e femmine) con la presentazione di un percorso formativo online a disposizione di educatori, società sportive e associazioni.

All’evento sono intervenuti anche l’assessore al Welfare di Regione Lombardia Guido Bertolaso, il presidente di Auxologico, Mario Colombo, ed esperti del Centro DCA e del Servizio di Psicologia Clinica di Auxologico: lo psichiatra Leonardo Mendolicchio, lo psicologo Gianluca Castelnuovo, l’endocrinologo Leila Danesi. Infine, hanno portato la loro testimonianza Martina Colombari, attrice e conduttrice televisiva, e Viola Sella, ginnasta di punta della nazionale italiana di ritmica che sarà tra le protagoniste del Circuito della World Cup 2024.

Il percorso formativo, elaborato in collaborazione con Auxologico, dal titolo “Come ti nutri?”, disponibile da oggi sulla piattaforma online della FOM (www.oramiformo.it), si propone di aiutare gli educatori a riconoscere i sintomi che conducono ai disturbi del comportamento alimentare, anche quelli meno noti come l’ARFID (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder), l’ortoressia o la vigoressia.

Il percorso si concentra sull’importanza dell’educazione alimentare per promuovere scelte sane e prevenire i disturbi. Offre uno sguardo di carattere culturale e sociale e di sostenibilità legato alle scelte del cibo e competenze per definire il ruolo dell’educatore e della comunità. Il compito essenziale di un educatore potrà consistere nel riconoscere, prevenire e gestire tali situazioni, intervenendo nella comunicazione efficace con i minori e favorendo la collaborazione tra famiglia, scuola, sanità, oratorio, sport.

“Sono preoccupato per la sofferenza lancinante e silenziosa di tanti ragazzi e ragazze, ha dichiarato l’Arcivescovo, un dolore interiore, che invade e imprigiona il corpo, privandolo di gioia, di speranza e infine anche della vita. La Chiesa naturalmente non è una comunità terapeutica ma siamo qui per dire che, in particolare attraverso la Fondazione Oratori Milanesi, abbiamo una preoccupazione educativa, desideriamo prenderci cura di questa situazione e dire ai ragazzi che ciascuno è amabile così com’è, che non ha bisogno di assomigliare ad altri, è che è capace di amare”.

 “Il disagio giovanile è per noi una priorità assoluta, ha spiegato Guido Bertolaso. In particolare i disturbi alimentari e il disagio mentale sono un’emergenza silenziosa, esplosa dopo il Covid, e la dobbiamo affrontare usando gli strumenti propri delle emergenze. Quindi più stanziamenti (e Regione Lombardia solo per quest’anno stanzia 6 milioni di euro), reparti specializzati, un lavoro sul territorio molto capillare insieme a scuole, associazioni, centri sportivi e soprattutto con le famiglie per potenziare la prevenzione”.

“I disturbi del comportamento alimentare rappresentano non solo una sfida per la ricerca scientifica e per l’intervento clinico, ma anche un ambito dove misurare l’efficienza e l’efficacia di risposta della nostra organizzazione sanitaria in uno con la sensibilità del nostro sistema educativo, ha affermato Mario Colombo. La tempestività con la quale viene riconosciuto nell’adolescente e nel giovane il disagio che potrebbe determinare il disturbo del comportamento alimentare è fattore di successo per sua prevenzione e cura, ha continuato Colombo, spiegando il senso della collaborazione con la FOM, rivolta a creare consapevolezza su questo fenomeno, in crescita esponenziale, e aiutare gli educatori e le famiglie nel rivolgersi, senza paura ed indugi, a centri specialistici. Ogni anno i DCA causano 4.000 morti tra i nostri giovani: un segno che deve spronarci a fare ancora di più e in stretta sinergia, istituzioni, strutture sanitarie, educatori, famiglie e mass media”.

 “La situazione dei DCA in Italia è abbastanza in stallo, ha spiegato Leonardo Mendolicchio,«nel senso che ormai i servizi presenti sul territorio hanno messo in campo tutte le risorse possibili su una popolazione che aumenta sempre di più dal punto di vista degli indici epidemiologici. Questo ha già prodotto una saturazione del sistema che fa fatica a dare risposte rapide e capillari sul territorio.

In un contesto come questo la prevenzione è fondamentale, occorre ridurre il numero delle persone che si ammalano e in questo senso fare attività di formazione agli allenatori e agli insegnanti, ovvero agli educatori principali, è fondamentale in quanto possiamo ridurre l’impatto di alcuni fattori di rischio o fare una prevenzione secondaria accelerando i tempi di diagnosi e di presa in carico.

Tutto ciò è quanto sta accadendo con il grosso impegno di Auxologico nelle scuole milanesi e nel territorio lombardo: questo crea una sensibilizzazione che si traduce in un rapporto molto stretto tra il mondo della sanità e il mondo dove i ragazzi vivono una parte importante della loro giornata, ovvero le scuole”.

“I social media funzionano come un grande specchio sociale, ha detto Martina Colombari, che raddoppia la questione, sempre problematica, che una donna soprattutto si trova ad affrontare con la propria immagine riflessa. In particolare essi propongono spesso un ideale di perfezione femminile, dato dal connubio magrezza/bellezza che in soggetti fragili può favorire l’insorgere di un sintomo alimentare come identificazione possibile ad un’insegna femminile sempre un po’ fragile. 

Non dobbiamo però confondere la portata sociale di un sintomo con la dimensione individuale dello stesso. Se da un lato la società capitalistica in cui viviamo concorre alla proliferazione di sintomi alimentari, cosiddetti alla moda, dall’altro non bisogna dimenticare la dimensione soggettiva di ogni sofferenza. I giovani hanno bisogno di essere ascoltati e visti nella loro singolarità che nessuna immagine ideale può rappresentare.

Un disturbo alimentare nella sua forma meno grave dal punto di vista strutturale è sempre un appello paradossale all’altro: ‘Se sparisco mi vedi? Puoi perdermi?’ Si tratta in questi casi di una domanda, certamente problematica, d’amore. Il consiglio che possiamo dare ai giovani è di ascoltarsi, di parlarsi, di parlare delle loro difficoltà. E di fare un buon uso dei social. Farne un buon uso significa saper giocare con il virtuale senza confonderne il piano con la realtà, fatta di figure umane la cui imperfezione sottolinea al tempo stesso l’unicità di ciascuno”.

Palermo e Caivano: chi insegna ai giovani ad amare? Un libro per educare all’affettività

‘Amore, sesso, verginità. Le risposte (e le domande) che cerchi’ è un libro edito da Punto famiglia, dedicato soprattutto ai giovani. Il testo si presenta come un itinerario laico (che tuttavia parte da una antropologia cristiana) per riflettere su tematiche riguardanti l’affettività e la sessualità umana.

Sotto la punta dell’iceberg

Tra vacanze, tempi di sosta e relax, la notizia di due donne e un uomo che si uccidono in carcere nel giro di due giorni, alle soglie del ferragosto, non possono essere ‘passate’ tra i tanti fatti di cronaca: meritano attenzione, rispetto, e preghiera.

Giornata internazionale contro le droghe o contro il malessere?

Oggi non è più il tempo di pensare a quali servizi, quali professionisti per dare risposta al bisogno di riabilitazione. I servizi appropriati non nascono a tavolino ma dalle situazioni che si incontrano, nascono in strada dalla strada.

26 giugno: giornata mondiale contro le droghe

Dobbiamo iniziare ad interrogarci su quanto sia utile continuare a fare giornate contro e non giornate pro, quando sia importante staccarci dalla mentalità che si focalizza solo su ciò che non va invece di iniziare a pensare e promuovere il positivo.

Istat: italiani più poveri e più creduloni

“L’irrazionale ha infiltrato il tessuto sociale. Per il 5,9% degli italiani (circa 3.000.000) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile. E poi: il 5,8% è convinto che la Terra è piatta, per il 10% l’uomo non è mai sbarcato sulla Luna, per il 19,9% il 5G è uno strumento sofisticato per controllare le persone”.

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