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Papa Francesco: la stella indica la via

“Oggi la Chiesa celebra la manifestazione di Gesù, e il Vangelo si concentra sui Magi, che al termine di un lungo viaggio giungono a Gerusalemme per adorare Gesù. Se facciamo attenzione, scopriamo una cosa un po’ strana: mentre quei sapienti da lontano arrivano a trovare Gesù, quelli che erano vicini non muovono un passo verso la grotta di Betlemme.
Attirati e guidati dalla stella, i Magi affrontano spese ingenti, mettono a disposizione il loro tempo, accettano i tanti rischi e le incertezze che a quei tempi non mancavano mai. Eppure superano ogni difficoltà per arrivare a vedere il Re Messia, perché sanno che sta avvenendo qualcosa di unico nella storia dell’umanità e non vogliono mancare all’appuntamento. Avevano l’ispirazione dentro e l’hanno seguita”.
Nella solennità dell’Epifania papa Francesco ha sottolineato che i Magi hanno fatto di tutto per andare ad adorare Gesù, mentre coloro che risiedevano a Gerusalemme non hanno sentito la ‘curiosità’ della ricerca: “Invece quelli che vivono a Gerusalemme, che dovrebbero essere i più felici e i più pronti ad accorrere, rimangono fermi. I sacerdoti, i teologi interpretano correttamente le Sacre Scritture e forniscono indicazioni ai Magi su dove trovare il Messia, ma non si spostano dalle loro ‘cattedre’. Sono soddisfatti di quello che hanno e non si mettono alla ricerca, non pensano che valga la pena di uscire da Gerusalemme”.
In conclusione il papa ha raccontato la storia del quarto re mago: “Secondo una storia, un quarto re mago arriva tardi a Gerusalemme, proprio durante la crocifissione di Gesù (è una storia bella questa, non è storica, ma è una bella storia), perché si è fermato per la strada ad aiutare tutti i bisognosi dando loro i preziosi doni che aveva portato per Gesù. Alla fine, arriva ormai vecchio e Gesù dalla croce gli dice: ‘In verità ti dico, tutto quello che hai fatto per l’ultimo dei fratelli, lo hai fatto per me’. Il Signore sa tutto quello che noi abbiamo fatto per gli altri”.
Anche nell’omelia della celebrazione eucaristica papa Francesco ha sottolineato il cammino dei Magi: “I Magi testimoniano di essersi messi in cammino, dando una svolta alla loro vita, perché nel cielo hanno visto una luce nuova. Possiamo allora fermarci a riflettere su questa immagine, mentre celebriamo l’Epifania del Signore nel Giubileo della speranza; e vorrei sottolineare tre caratteristiche della stella di cui ci parla l’evangelista Matteo: è luminosa, è visibile a tutti e indica un cammino”.
Essi si sono messi in cammino, perché hanno visto una stella: “Anzitutto la stella è luminosa. Molti sovrani, al tempo di Gesù, si facevano chiamare ‘stelle’, perché si sentivano importanti, potenti e famosi. Non è stata però la loro luce (quella di nessuno di loro) a svelare ai Magi il miracolo del Natale. Il loro splendore, artificiale e freddo, frutto di calcoli e di giochi di potere, non è stato in grado di rispondere al bisogno di novità e di speranza di queste persone in ricerca.
Lo ha fatto invece un altro tipo di luce, simboleggiata dalla stella, che illumina e scalda bruciando e lasciandosi consumare. La stella ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore. Quella è l’unica luce che ci farà felici”.
E’ stato un invito ad essere stelle ‘luminose’: “Prima di tutto l’amore di Dio, che facendosi uomo si è donato a noi sacrificando la sua vita. Poi, di riflesso, quello con cui anche noi siamo chiamati a spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, un segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita. Possiamo pensare a questo: noi siamo luminosi nella speranza? Siamo capaci di dare speranza agli altri con la luce della nostra fede?”
Infatti ciascuno può diventare una stella: “Come la stella, col suo brillare, ha guidato i Magi a Betlemme, così anche noi, col nostro amore, possiamo portare a Gesù le persone che incontriamo, facendo loro conoscere, nel Figlio di Dio fatto uomo, la bellezza del volto del Padre ed il suo modo di amare, fatto di vicinanza, compassione e tenerezza. Non dimentichiamo mai questo: Dio è vicino, compassionevole e tenero.
Questo è l’amore: vicinanza, compassione e tenerezza. E possiamo farlo senza bisogno di strumenti straordinari e di mezzi sofisticati, ma rendendo i nostri cuori luminosi nella fede, i nostri sguardi generosi nell’accoglienza, i nostri gesti e le nostre parole pieni di gentilezza e di umanità”.
Un’altra caratteristica della stella è la sua visibilità: “I Magi non seguono le indicazioni di un codice segreto, ma un astro che vedono splendere nel firmamento. Loro lo notano; altri, come Erode e gli scribi, non si accorgono nemmeno della sua presenza. La stella però resta sempre là, accessibile a chiunque alzi lo sguardo al cielo, in cerca di un segno di speranza. Io sono un segno di speranza per gli altri?”
Infatti i Magi rappresentano la rivelazione di Dio a tutti: “E questo è un messaggio importante: Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, Dio offre la sua compagnia e la sua guida a chiunque lo cerchi con cuore sincero. Anzi, spesso previene le nostre stesse domande, venendo a cercarci prima ancora che glielo chiediamo.
Proprio per questo, nel presepe, raffiguriamo i Magi con caratteristiche che abbracciano tutte le età e tutte le razze (un giovane, un adulto, un anziano, con i tratti somatici dei vari popoli della terra) per ricordarci che Dio cerca tutti, sempre”.
La stella offre a tutti la rivelazione di Dio: “La stella, che in cielo offre a tutti la sua luce, ci ricorda che il Figlio di Dio, è venuto nel mondo per incontrare ogni uomo e donna della terra, a qualsiasi etnia, lingua e popolo appartenga, e che a noi affida la stessa missione universale. Ci chiama, cioè, a mettere al bando qualsiasi forma di selezione, di emarginazione e di scarto delle persone, e a promuovere, in noi e negli ambienti in cui viviamo, una forte cultura dell’accoglienza, in cui alle serrature della paura e del rifiuto si preferiscano gli spazi aperti dell’incontro, dell’integrazione e della condivisione; luoghi sicuri, dove tutti possano trovare calore e riparo”.
Quindi la stella indica il cammino verso Dio: “La stella ci parla del sogno di Dio: che tutta l’umanità, nella ricchezza delle sue differenze, giunga a formare una sola famiglia viva concorde nella prosperità e nella pace. E questo ci porta all’ultima caratteristica della stella: quella di indicare il cammino. Anche questo è uno spunto di riflessione, specialmente nel contesto dell’Anno santo che stiamo celebrando, in cui uno dei gesti caratteristici è il pellegrinaggio”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: educare per combattere le ideologie

“A questo proposito, ricordo quel film ‘L’attimo fuggente’: lì si racconta l’arrivo in un rinomato collegio di un insegnante con un metodo molto originale. E questo professore di letteratura inizia la prima lezione con un “colpo di scena”: invita gli studenti a salire sui banchi e a guardare la classe da un altro punto di vista. L’episodio rivela che cosa dovrebbe essere l’educazione: non solo trasmissione di contenuti (questo è solo un aspetto) ma trasformazione della vita. Non solo ripetizione di formule (come i pappagalli) ma addestramento a vedere la complessità del mondo. Questo deve essere l’educazione”: con queste parole papa Francesco ha iniziato l’incontro con i partecipanti al V Simposio Universitario ‘Service-Learning e Patto Educativo Globale’, promosso e organizzato dall’Università Lumsa e Scuola di Alta Formazione ‘Educare all’Incontro e alla Solidarietà – Eis’, in accordo con il team di coordinamento Uniservitate di Buenos Aires e con il sostegno del Dicastero per la Cultura e l’Educazione.
Infatti Gesù parlava in parabole per educare: “Nella pedagogia di Gesù, questo stile è molto chiaro: lo si ritrova in una delle sue forme d’insegnamento più ricorrenti, cioè le parabole. Raccontandole, il Signore non parla in modo astratto, che può essere compreso solo da un’élite, bensì in modo semplice, accessibile a tutti, e tutti capiscono, tutti. La parabola è un racconto che permette a chi ascolta di entrare nella narrazione, coinvolgendosi e confrontandosi con i personaggi. Gesù mira a far sì che l’ascoltatore non rimanga solo destinatario del messaggio, ma si metta in gioco in prima persona”.
Ed ha avvertito riguardo al rischio dell’appiattimento educativo: “Rispetto a questo stile, la globalizzazione attuale comporta un rischio per l’istruzione, cioè l’appiattimento su determinati programmi spesso asserviti a interessi politici ed economici. Questa uniformità nasconde forme di condizionamento ideologico, che falsificano l’opera educativa, rendendola strumento per fini ben diversi dalla promozione della dignità umana e dalla ricerca della verità. L’ideologia ‘rimpicciolisce’ sempre, non ti permette di svilupparti. Sempre rimpiccolisce. Per questo state attenti a difendervi dalle ideologie di turno”.
Per questo è sorta l’Universitate: “A tale riguardo, Uniservitate risponde con coerenza alle intenzioni del Patto Educativo Globale, coltivando itinerari formativi coinvolgenti per tutti. Ho ripetuto questo tante volte: un proverbio africano afferma che per educare un bambino serve un intero villaggio; costruiamo dunque un ‘villaggio dell’educazione’, dove condividere l’impegno a promuovere relazioni umane positive e culturalmente valide”.
E’ stato un invito a ‘coltivare’ l’istruzione: “L’istruzione, infatti, non è un’attività che finisce una volta usciti dalle aule scolastiche o da una biblioteca: l’istruzione continua nella vita, continua negli incontri e sulle strade che percorriamo ogni giorno. Ascoltare l’altro, riflettere sul dialogo: questa è la strada dell’istruzione.
L’alleanza che vi invito a coltivare dovrà essere generatrice di pace, giustizia e accoglienza tra tutti i popoli, espandendo i propri effetti salutari in collaborazioni sempre più intense. E questa alleanza potrà favorire il dialogo fra le religioni e la cura della nostra casa comune. Siamo consapevoli che il compito non è facile, ma è appassionante! Educare è un’avventura, è una grande avventura”.
E’ stato un invito a promuovere una ‘cultura della curiosità’: “Sosteniamo i giovani in questa esplorazione di sé e del mondo, senza ridurre la conoscenza all’abilità della mente, anzi, completandola con la destrezza di mani operose e con la generosità di un cuore appassionato. L’educazione non è solo con la mente: si fa con la mente, con il cuore, e con le mani.
Dobbiamo imparare a pensare quello che sentiamo e facciamo, a sentire quello che facciamo e pensiamo, a fare quello che sentiamo e pensiamo. Questa è l’educazione: il triplo linguaggio… Oggi il nemico, forse il più grande, nel cammino di maturazione, sono le ideologie. Le ideologie non ci fanno crescere, ideologie di qualsiasi segno; sono nemiche della maturazione”.
Mentre ai rappresentanti dei donatori di sangue (Fidas) ha evidenziato la gioia del dono: “Gioia e positività sono caratteristiche frequenti negli ambienti del volontariato e più in generale tra le persone impegnate per il bene degli altri. Lo si sente anche qui, tra voi, e non è un caso… Il dono dà gioia, perché in esso tutta la nostra vita cambia e fiorisce, entrando nella dinamica luminosa del Vangelo, in cui ogni cosa trova il suo senso e la sua pienezza nella carità. Il dono dà gioia, ti rende più felice questo gesto [dare] che questo gesto [prendere] Questo gesto [dare] ci fa felici. Voi gratuitamente date agli altri una parte importante di voi stessi, il vostro sangue, e certamente conoscete la felicità che viene dalla condivisione”.
In prima mattinata papa Francesco aveva incontrato Mar Awa III, Catholicos Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente, per il trentesimo anniversario della Dichiarazione cristologica comune tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira ed il quarantesimo della prima visita a Roma di un Patriarca assiro: “Santità, caro Fratello, è proprio questo stesso ‘desiderio di unità’ che ci anima oggi, mentre commemoriamo il trentesimo anniversario della Dichiarazione cristologica comune tra le nostre Chiese, che ha posto fine a 1500 anni di controversie dottrinali riguardanti il Concilio di Efeso.
Tale storica Dichiarazione ha riconosciuto la legittimità e l’esattezza delle varie espressioni della nostra comune fede cristologica, così come è stata formulata dai Padri nel Credo niceno. Tale approccio ‘ermeneutico’ era reso possibile da un principio fondamentale affermato dal Decreto conciliare, cioè che la stessa fede, tramandata dagli Apostoli, è stata espressa e accettata in forme e modi diversi a seconda delle diverse condizioni di vita (‘Unitatis redintegratio’). E questo è stato un principio importante”.
Tale unità si raggiunge grazie ai santi: “Quell’unità nella fede è già raggiunta dai santi delle nostre Chiese. Sono loro le nostre guide migliori sulla via verso la piena comunione. Per questo, con l’accordo di Vostra Santità e del Patriarca della Chiesa Caldea, e incoraggiato anche dal recente Sinodo della Chiesa Cattolica sulla sinodalità, che ha ricordato che l’esempio dei santi di altre Chiese è ‘un dono che possiamo ricevere, inserendo la loro memoria nel nostro calendario liturgico’, sono lieto di annunciare che il grande Isacco di Ninive, uno dei Padri più venerati della tradizione siro-orientale, riconosciuto come un maestro e un santo da tutte le tradizioni, sarà introdotto nel Martirologio Romano”.
(Foto: Santa Sede)