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Papa Francesco apre la porta santa nelle carceri: la speranza è un’àncora

“Ho voluto spalancare la Porta, oggi, qui. La prima l’ho aperta a San Pietro, la seconda è vostra. E’ un bel gesto quello di spalancare, aprire: aprire le porte. Ma più importante è quello che significa: è aprire il cuore. Cuori aperti. E questo fa la fratellanza. I cuori chiusi, quelli duri, non aiutano a vivere. Per questo, la grazia di un Giubileo è spalancare, aprire e, soprattutto, aprire i cuori alla speranza. La speranza non delude, mai! Pensate bene a questo. Anche io lo penso, perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente. Ma la speranza non delude mai”.
Dopo la basilica di san Pietro, il papa ha compiuto il rito per il Giubileo nella chiesa del ‘Padre Nostro’ nel penitenziario romano di Rebibbia, accompagnato da mons. Ambarus, da detenuti e agenti, perché anche nel carcere può nascere la speranza: “A me piace pensare alla speranza come all’àncora che è sulla riva e noi con la corda stiamo lì, sicuri, perché la nostra speranza è come l’àncora sulla terraferma. Non perdere la speranza. E’ questo il messaggio che voglio darvi; a tutti, a tutti noi. Io il primo. Tutti. Non perdere la speranza. La speranza mai delude. Mai. Delle volte la corda è dura e ci fa male alle mani … ma con la corda, sempre con la corda in mano, guardando la riva, l’àncora ci porta avanti. Sempre c’è qualcosa di buono, sempre c’è qualcosa che ci fa andare avanti”.
E’ stato un invito a spalancare le porte: “La corda in mano e, secondo, le finestre spalancate, le porte spalancate. Soprattutto la porta del cuore. Quando il cuore è chiuso diventa duro come una pietra; si dimentica della tenerezza. Anche nelle situazioni più difficili (ognuno di noi ha la propria, più facile, più difficile, penso a voi) sempre il cuore aperto; il cuore, che è proprio quello che ci fa fratelli. Spalancate le porte del cuore. Ognuno sa come farlo. Ognuno sa dove la porta è chiusa o semichiusa. Ognuno sa”.
E’ stato un augurio per vivere il giubileo anche nelle carceri: “Due cose vi dico. Primo: la corda in mano, con l’àncora della speranza. Secondo: spalancate le porte del cuore. Abbiamo spalancato questa, ma questo è un simbolo della porta del nostro cuore. Vi auguro un grande Giubileo. Vi auguro molta pace, molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Davvero. Non è un modo di dire. Penso a voi e prego per voi. E voi pregate per me”.
Mentre al termine della recita dell’Angelus papa Francesco ha ricordato l’apertura della porta giubilare a Rebibbia: “Stamattina ho aperto una Porta Santa, dopo quella di san Pietro, nel carcere romano di Rebibbia. E’ stata come, per così dire, la cattedrale del dolore e della speranza”.
Ha anche ricordato ch giubileo consiste anche nella remissione del debito: “Una delle azioni che caratterizzano i Giubilei è la remissione dei debiti. Incoraggio pertanto tutti a sostenere la campagna di Caritas Internationalis intitolata ‘Trasformare il debito in speranza’, per sollevare i Paesi oppressi da debiti insostenibili e promuovere lo sviluppo”.
Prima della conclusione il papa ha levato la sua voce contro il mercato delle armi: “La questione del debito è legata a quella della pace e del ‘mercato nero’ degli armamenti. Basta colonizzare i popoli con le armi! Lavoriamo per il disarmo, lavoriamo contro la fame, contro le malattie, contro il lavoro minorile. E preghiamo, per favore, per la pace nel mondo intero! La pace nella martoriata Ucraina, in Gaza, Israele, Myanmar, Nord Kivu e in tanti Paesi che sono in guerra”.
Mentre prima della recita dell’Angelus ha sottolineato la testimonianza di santo Stefano: “Oggi, subito dopo il Natale, la liturgia celebra Santo Stefano, il primo martire. Il racconto della sua lapidazione si trova negli Atti degli Apostoli e ce lo presenta mentre, morendo, prega per i suoi uccisori. E questo ci fa riflettere: infatti, anche se a prima vista Stefano sembra subire impotente una violenza, in realtà, da uomo veramente libero, continua ad amare anche i suoi uccisori e ad offrire la sua vita per loro, come Gesù; offre la vita perché si pentano e, perdonati, possano avere in dono la vita eterna”.
Santo Stefano è un testimone del perdono di Dio: “Stefano è testimone di quel Padre – il nostro Padre – che vuole il bene e solo il bene per ciascuno dei suoi figli, e sempre; il Padre che non esclude nessuno, il Padre che non si stanca mai di cercarli, e di riaccoglierli quando, dopo essersi allontanati, ritornano pentiti a Lui ed il Padre che non si stanca di perdonare. Ricordate questo: Dio perdona sempre e Dio perdona tutto”.
Infine ha ricordato i martiri cristiani: “Torniamo a Stefano. Purtroppo anche oggi ci sono, in varie parti del mondo, molti uomini e donne perseguitati, a volte fino alla morte, a causa del Vangelo. Anche per loro vale quello che abbiamo detto di Stefano. Non si lasciano uccidere per debolezza, né per difendere un’ideologia, ma per rendere tutti partecipi del dono di salvezza. E lo fanno in primo luogo per il bene dei loro uccisori: per i loro uccisori … e pregano per loro. Ce ne ha lasciato un esempio bellissimo il Beato Christian de Chergé, che chiamava il suo uccisore amico dell’ultimo minuto”.
(Foto: Santa Sede)
Presentato il logo del Giubileo del 2025

Mancano meno di tre anni al prossimo Giubileo ed i preparativi si susseguono e nei giorni scorsi è stato presentato il logo, che rappresenta quattro figure stilizzate per indicare l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra. Sono una abbracciata all’altra, per indicare la solidarietà e fratellanza che deve accomunare i popoli; mentre l’apri-fila è aggrappato alla croce.