Tragedia a Lampedusa: è una vergogna!
A mezzo miglio dall’isola dei Conigli, a largo di Lampedusa, si è consumata una immane tragedia umana; il naufragio, l’incendio a bordo causato dal tentativo di segnalare la propria presenza dando fuoco, pare, a una coperta. E’ stato l’inizio di una tragedia senza precedenti: circa 500 migranti, in gran parte di origine somala ed eritrea, erano ammassati su un barcone, raccontano i sopravvissuti, tutti alla ricerca di un futuro. Il bilancio , terribile, potrebbe arrivare a 300 vittime.
Ed a conclusione del suo discorso ai partecipanti alle Giornate commemorative del 50° della Pacis in Terris papa Francesco ha elevato forte il suo grido di dolore: “Parlando di pace, parlando della inumana crisi economica mondiale, che è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l’uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi al largo di Lampedusa. Mi viene la parola vergogna! E’ una vergogna! Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita: uomini, donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano simili tragedie! Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle”.
Il presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Savino Pezzotta, ha espresso profondo dolore, che si unisce a profonda preoccupazione e indignazione: “Non ho più parole di fronte al naufragio e a una delle più gravi tragedie del mare che si è verificata a Lampedusa. Da mesi sto insistendo come Presidente del Consiglio italiano rifugiati che bisognava tenere conto che, le turbolenze in corso nel nord africa e nel corno d’Africa e la guerra in Siria, stavano cambiando le rotte migratorie e che le persone che fuggivano dalla guerra, dalle tensioni politiche, dalla dittature e dai regimi autoritari avrebbero cercato rifugio presso da noi e in Europa…
Il Papa ha detto che ci si deve vergognare e credo abbia ragione, ma dalla vergogna ci si può riscattare agendo. Non è possibile che gli stati europei si dichiarino portatori di civiltà, abbiano firmato trattati internazionali che riconoscono come fondamentali i diritti umani e poi di fronte a una vera emergenza umanitaria, non mettano in campo uno sforzo per dare una prima accoglienza a migliaia di persone che cercano rifugio”.
Alla responsabile delle relazioni esterne e comunicazioni del CIR, Valeria Carlini, abbiamo chiesto alcune indicazioni affinchè non si ripetano più tali tragedia: “Prima di tutto è ormai ora di agire, non possiamo più limitarci a contare e compiangere i morti del mediterraneo. Dall’inizio dell’anno almeno 200 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia e dal 1988 si contano più di 19.000 vittime. Quest’anno abbiamo visto un fortissimo intensificarsi degli sbarchi e l’aprirsi di nuove rotte migratorie, come quelle che stanno portando nel nostro paese i siriani.
Rotte pericolose e percorse con barche inadeguate, guidate da trafficanti senza scrupoli. E la maggior parte di chi sta arrivando a Lampedusa, sulle coste della Sicilia e della Calabria sono persone in fuga da guerre e conflitti, sono eritrei, somali e siriani. Ormai è chiaro: o continuiamo ad assistere a questa carneficina o per evitare che i rifugiati continuino a mettere a rischio la loro vita per arrivare in Europa dobbiamo dare loro delle alternative di ingresso protetto. Altrimenti l’unica possibilità che diamo loro è quella di attraversare un mare che continua a inghiottire vite. E non credo che questa sia una posizione ancora sostenibile per paesi democratici e civili. Crediamo che questo sia il tempo per queste azioni di tutela”.
Sembra che i migranti abbiano chiesto aiuto, ma nessuna imbarcazione si sia fermata: se fosse provato come si spiegherebbe questo gesto?
“Stiamo leggendo accuratamente le ricostruzioni di queste ore, e anche a noi stupisce il fatto che una barca che trasportava 500 persone, così come appare dalle ricostruzioni, non sia stata notata. Molte testimonianze dicono che la tragedia è scaturita perchè i migranti non riuscivano a collegarsi tramite telefoni satellitari per chiedere soccorso.
Erano a pochissime miglia dalla costa e i motori si sono spenti e la nave ha cominciato a imbarcare acqua. Per attirare l’attenzione sembrerebbe che abbiano cominciato a bruciare dei vestiti. E da qui il passo verso la tragedia è stato brevissimo. Non sappiamo se realmente delle navi commerciali non si siano fermate, vedremo se verrà aperta un’inchiesta quali saranno i risultati. Ma vogliamo ricordare che nel corso degli anni l’Italia si è sempre contraddistinta per una forte tradizione di ricerca e soccorso in mare e che le nostre forze hanno salvato la vita di migliaia di migranti”.
Papa Francesco ha espresso il suo dolore: perchè è difficile ascoltarlo?
“Il modo in cui sono governate le migrazioni risponde a logiche troppo spesso esclusive e non inclusive. Per poter gestire le migrazioni si dovrebbero infatti proporre misure di ingresso e politiche diverse da quelle che i Paesi sono spesso disponibili a mettere in atto. E perchè purtroppo, molto spesso, è più facile parlare di ‘emergenza migrazione’ che di un fenomeno ormai strutturale che, in quanto tale, deve essere gestito e governato con regolarità. Soprattutto nel nostro Paese la logica emergenziale ha sovrastato troppo spesso quella di un approccio sistemico che permetterebbe di avere un clima sociale e culturale diverso”.
Quali potrebbero essere gli impegni dell’Italia e dell’Europa?
“I flussi di chi è costretto a fuggire dalle persecuzioni non si possono fermare, per questo è indispensabile gestirli. La possibilità di richiedere asilo in Italia e nell’Unione Europea ad oggi dipende dalla presenza fisica della persona nel territorio di uno Stato Membro. Ma le misure introdotte nell’ambito del regime dei visti e delle frontiere dell’UE hanno reso praticamente impossibile per quasi tutti i richiedenti asilo e rifugiati raggiungere i territori dell’UE in modo legale. Ci sono diverse modalità con cui i richiedenti asilo e rifugiati potrebbero entrare in Europa in modo regolare, ma sono poco utilizzate dagli stati europei: il re- insediamento di rifugiati da un paese di primo asilo, le operazioni di trasferimento umanitario attivate nel contesto di emergenze umanitarie, l’uso flessibile dei visti e le procedure di ingresso protetto che consentono ad un cittadino di uno stato terzo di poter chiedere asilo già nel paese di origine o di transito.
L’Italia e l’Europa devono dotarsi di questi strumenti: è un passaggio indispensabile per cercare di dare alternative alla lotteria della morte del Mediterraneo. Perchè non consentire a una persona Eritrea, somala di chiedere asilo all’ambasciata di Tripoli invece di costringerli ad arrivare fisicamente in Italia prima di poter cercare la loro giusta protezione? Perchè una famiglia di siriani deve pagare dagli 8.000 ai 12.000 dollari per arrivare in Italia con un pericolosissimo viaggio via mare dall’Egitto, dopo aver attraversato Giordania, Libano ed Egitto e non gli diamo la possibilità di ottenere un visto umanitario? In Siria, Eritrea, Somalia non si può vivere nè con dignità nè con sicurezza. Queste persone hanno il diritto e il bisogno di essere protette, l’Italia e l’Europa devono fare di tutto per renderlo possibile”.