Papa Francesco: “Oggi non abbiamo compreso la lezione della Pacem in Terris” E poi ricorda l’ultimo naufragio di profughi a Lampedusa.

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Pronuncia tutto il discorso, parlando davanti ai partecipanti all’incontro sui cinquanta anni della Pacem in Terris. E poi Papa Francesco alza gli occhi dal foglio, e parla a braccio. “Parlando di pace e parlando dell’inumana crisi economica mondiale – dice – un sintomo grave della mancanza di rispetto dell’uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto oggi a largo di Lampedusa. Mi viene la parola: vergogna! È una vergogna!  Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita, uomini donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano queste tragedie. Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle!”

Il fuori programma di Papa Francesco arriva al termine di un discorso in cui il Pontefice si era chiesto se davvero la lezione dell’enciclica di Giovanni XXIII è stata compresa. La Pacem in Terris chiedeva a tutti gli uomini di costruire la pace, praticando la giustizia con “verità e amore” e contribuire “ognuno secondo le sue possibilità, allo sviluppo umano integrale, secondo la logica della solidarietà”. Ma, aggiunge Papa Francesco, “guardando alla nostra realtà attuale, mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della Pacem in Terris. Mi chiedo se le parole di giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario e tutti operiamo perché divengano realtà”.

Papa Francesco incontra (anticipando l’appuntamento di una buona mezzora) i partecipanti dell’incontro promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace per i cinquanta anni della Pacem in Terris. L’utopia di Papa Giovanni è ancora attuale, anche se il mondo è cambiato da allora. Lo ricorda Papa Francesco: “I più anziani tra noi ricordano bene l’epoca  dell’enciclica Pacem in terris. Era l’apice della cosiddetta Guerra Fredda. Alla fine del 1962 l’umanità si era trovata sull’orlo di un conflitto atomico mondiale, e il Papa elevò un drammatico e accorato appello di pace rivolgendosi a tutti coloro che avevano la responsabilità del potere”.

Quello di Papa Giovanni “era un grido agli uomini, ma era anche una supplica rivolta al Cielo”. E “il dialogo che faticosamente iniziò tra i grandi blocchi contrapposti ha portato poi, durante il pontificato di un altro Beato, Giovanni Paolo II, al superamento di quella fase e all’apertura di spazi di libertà di dialogo”.

È anche questo, in fondo, che lega Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, che saranno canonizzati insieme il prossimo 27 aprile.

Papa Francesco ricorda che la Pacem in Terris ricorda il fondamento della costruzione della pace, che è poi “l’origine divina dell’uomo, della società e dell’autorità stessa”, che “impegna i singoli, le famiglie, i vari gruppi sociali e gli Stati a vivere in rapporti di giustizia e solidarietà”.

Se però l’enciclica ci ricorda che “non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli”, è anche vero che ci si deve chiedere se gli obiettivi dell’enciclica, ormai acquisiti nel nostro modo di pensare, lo siano “realmente nella realtà”.

Questi obiettivi riguardano non solo i principali diritti civili e politici, ma anche la possibilità di accedere ai mezzi essenziali di sussistenza, come il cibo, l’acqua, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione e la possibilità di formare e sostenere una famiglia. Da questi temi “dipende una pace duratura per tutti”.

Il Papa però ci tiene anche a sottolineare che “la Pacem in Terris non intendeva affermare che sia compito della Chiesa dare indicazioni concrete su temi che, nella loro complessità, devono essere lasciati alla libera discussione”. Insomma, “non è il dogma a indicare le soluzioni pratiche” nelle materie economiche, politiche e sociali, ma “sono piuttosto il dialogo, l’ascolto e la pazienza, il rispetto dell’altro, la sincerità e anche la disponibilità a rivedere la propria opinione”.

La Pacem in Terris è comunque così attuale che i suoi “principi fondamentali possono guidare con frutto lo studio e la discussione sulle res novae” di cui si sta occupando il convegno: dall’emergenza educativa alle comunicazioni di massa, dall’accesso delle risorse al buono o cattivo uso delle ricerche biologiche, l’utopia del disarmo integrale ma anche il progetto di riforma delle Nazioni Unite.

“La Pacem in Terris traccia una linea che va dalla pace da costruire nel cuore degli uomini – dice il Papa – ad un ripensamento del nostro modello di sviluppo e di azione a tutti i livelli, perché il nostro mondo sia un mondo di pace. Mi domando se siamo disposti ad accoglierne l’invito”.

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