Carlo Alberto Dalla Chiesa ed Emanuela Setti Carraro: martiri per la giustizia

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Carlo Alberto Dalla Chiesa (Saluzzo, Cuneo, 27 settembre 1920 -Palermo, 3 settembre 1982)  ed Emanuela Setti Carraro (Borgosesia, 9 ottobre 1950 – Palermo, 3 settembre 1982) sono Sposi e martiri della giustizia, annoverati tra i Testimoni di Fede.

Sono rimasta impressionata dal servizio di RAI 1, dedicato al generale. Lì non si parlava solo del suo lavoro contro la mafia, bensì veniva raccontata la sua vita. Il racconto degli anni in cui il giovane Carlo Alberto ha lottato per la giustizia durante la guerra mondiale, mi hanno interessata molto. Sono sensibile a queste storie, ma questa volta c’era una componente in più, visto che non conoscevo questa parte della sua vita. Anche questa volta, il generale, ha mostrato il suo amore verso il prossimo, aiutando i cittadini e lottando contro i regimi totalitari che controllavano il paese.

Ora passiamo a cose più note, ma vi consiglio di informarvi su questa parte della sua vita. Il servizio, se ancora rintracciabile su RAI Play, è molto bello e pieno di testimonianze. Non è un docufilm, cosa che a me non piace perché mi destabilizza. Io dico: ‘O fai il film o mandi in onda un documentario’.  Ve lo consiglio vivamente.

Carlo Alberto Dalla Chiesa nasce a Saluzzo, Cuneo, il 27 settembre 1920. Dal 1966 al 1973 comanda la legione carabinieri di Palermo con il grado di colonnello, in un periodo di trasformazione di Cosa Nostra, che sta rafforzando i legami con le istituzioni. Dalla Chiesa riesce a individuare per la prima volta le aree di influenza delle 28 famiglie di Cosa Nostra a Palermo. Promosso al grado di generale, è nominato comandante della divisione Pastrengo a Milano.

Nel 1974 diviene comandante della regione Piemonte -Valle d’Aosta e crea una struttura antiterrorismo a Torino, che a settembre 1974 porterà alla cattura dei leader brigatisti Renato Curcio e Alberto Franceschini. Dopo essere stato nominato responsabile della sicurezza nelle carceri nel 1977, ad agosto 1978 è incaricato di coordinare la lotta contro il terrorismo, e si occupa con successo della caccia alle Brigate Rosse dopo l’omicidio di Aldo Moro.

A maggio 1982 è inviato in Sicilia come prefetto di Palermo per combattere la mafia. E’ lì che viene ucciso il 3 settembre 1982, insieme alla moglie e all’agente di scorta. La raccolta di ‘Nuovi Martiri’, redatta da Luigi Accattoli, relativa ai cristiani uccisi in Italia nel corso del Novecento, li ha inclusi tra i cosiddetti “martiri della giustizia”.

Sapevamo poco quanto fosse salda la sua fede fino a quando il figlio Nando non ha pubblicato, in un volume intitolato ‘In nome del popolo italiano’ (Rizzoli 1997), una parte del suo diario; esso contiene diverse pagine che ci raccontano la sua accorata preghiera nei mesi e negli anni seguiti alla morte improvvisa, per infarto, di Dora, la sua prima moglie.

Nando dalla Chiesa ha poi inviato ad Avvenire altre due pagine del diario del padre, che sono state pubblicate insieme a un’intervista apparsa il 14 dicembre 1997. Per comprendere appieno la fede del generale, basta valutare  la dedizione con cui egli compì la sua opera ‘nella fedeltà a Dio ed ai fratelli italiani fino alla morte’, come dice la ‘preghiera del carabiniere’ – che il generale tanto amava – dedicata alla ‘Virgo fidelis’, patrona dell’Arma.

La dedizione fu totale e lo portò al martirio. Egli era consapevole dei rischi, volle correrli presentandosi senza scorta alla gente di Palermo, per infondere fiducia mostrando e dando fiducia. Ad Enzo Biagi, che gli chiedeva se era ‘religioso’, in un’intervista del 7 marzo 1978 per ‘Telemond’ (allora tv della Mondadori) rispondeva: “Sì. Credo in Dio, nell’Immenso. Anche se, su questa terra, forse perché siamo piccini piccini, qualche volta diventa difficile”.

In quella stessa intervista, alla domanda se fosse ‘praticante’ rispondeva così: ‘Anche. Nei limiti che posso’. In realtà lo era con regolarità. Quando comandava la Legione di Palermo fece riaprire la ‘Cappella normanna’, monumento nazionale che si trova nei locali dell’Arma, per la messa domenicale, alla quale egli stesso presenziava regolarmente. Al momento della morte, gli trovarono nel portafogli un’immagine della Madonna che teneva sempre con sé.

La morte della prima moglie mise alla prova la sua fede. La preghiera a Dio e alla amata si fondono in una sola: per essere aiutato a credere. Il 31 marzo-1 aprile 1978 scrisse nel suo diario: “Sono sempre stato un credente (…). Oggi voglio avere quella fede; voglio avere più fede! (…). Vorrei tanto poter reagire, vorrei tanto tornare alla pienezza di un ‘Credo’, di quel Credo che è stata per me una cara, dolce costante”.

Emanuela Setti Carraro, invece, seguì l’impegno materno e si diplomò come infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana. Prestò servizio anche alla caserma ‘Santa Barbara’ di Milano, dove introdusse l’attività di ippoterapia con il sostegno del Reggimento Artiglieria a Cavallo.

Il 10 luglio 1982 sposò il generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Il matrimonio venne celebrato, in forma privata, nella chiesetta di Castel Ivano a Ivano-Fracena in Trentino. Ha ricevuto diverse onorificenze: la Medaglia d’oro per i benemeriti della Sanità Pubblica— Roma, 20 settembre 1985, con decreto del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, su proposta del Ministro della Salute Costante Degan.

Le è stata data anche la Medaglia d’oro al merito della Croce Rossa Italiana, con la motivazione: “[Emanuela] ha voluto stargli vicino in uno degli impegni certamente noto al generale come tra i più difficili e pericolosi della sua carriera. Emanuela Setti Carraro ha dato senso e continuità alla sua scelta di vita di essere crocerossina, cioè volontaria nel Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana, e quindi il suo sacrificio accanto al marito è il coronamento degli ideali per i quali ha vissuto”.

Fonti: www.pastoralefamiliare.itwww.Santi e beati.it – www. Wikipedia.it