Aldo Moro: un politico ‘domenicano’

(Maglie, Lecce, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978), è un Terziario domenicano, testimone della fede e martire della giustizia, oltre che statista italiano. Ora, io non sapevo chi fossero esattamente i terziari domenicani. Non ne avevo mai sentito parlare. Non ho mai avuto questa informazione riguardo ad Aldo Moro, perciò, invece di dedicarmi solo alla sua vita, ho pensato di concentrarmi su questa sua parte cattolica. Moro è stato una persona da seguire per molti credenti come, ad esempio, Vittorio Bachelet.
Aldo Moro – statista ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978, docente di diritto penale – infuse i principi del vangelo nella sua vita di giurista e politico. Egli aderì al Terzo Ordine domenicano.
Iscritto all’Ordine dei Predicatori come laico che vive nel mondo, inizia il legame con la famiglia domenicana a Bari, nel 1939. Moro è amico di molti domenicani e ne conosce il carisma. Decide di aderirvi e compie il noviziato. Dal 1940, emette la professione solenne. Gli impegni dell’appartenente al Terz’Ordine di San Domenico sono l’amore per lo studio, la diffusione del vangelo e della verità, la preghiera personale, la vita di fraternità ed una filiale devozione a Maria. Il terziario vive nel mondo in modo quotidiano. Il predicare rappresenta il punto principale della spiritualità del terziario.
Fra Gregorio – il nome scelto da Moro – in tutto il proprio cammino è fedele a questi principi sia nella vita di cattolico sia nell’azione politica. L’ordine conta altre personalità di spicco come Il beato Bartolo Longo, il venerabile Giorgio La Pira e Luisa Piccaretta. Moro è stato anche nella Federazione degli Universitari Cattolici e, per lui, i valori cristiani si manifestano nella missione giuridica attraverso l’attenzione al concetto di persona inserita all’interno dell’ordinamento statale.
Il professor Moro partecipò all’Assemblea costituente insieme a Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Giovanni Leone, essi pure giuristi cattolici. L’articolo 2 della costituzione riguardante il pieno riconoscimento dei diritti inviolabili della persona conferma ciò: esso si ispira a Jacques Maritain, e alla teologia di San Tommaso d’Aquino, il quale mette la persona al centro del proprio cammino per accostarsi a Dio.
Ma oggi, come si fa ad essere terziari? Chi sono e cosa fanno attualmente? Hanno degli obblighi e, se sì, quali? I Terziari domenicani, attualmente, sono conosciuti anche con il nome di laici di san Domenico. Si tratta di persone sposate o celibi, le quali oltre a lavorare come tutti gli altri cittadini, si impegnano a conseguire la propria salvezza e quella del prossimo seguendo le idee di san Domenico e una Regola approvata dall’Ordine e dalla Chiesa.
Nella Costituzione fondamentale dei Laici domenicani, essi si contraddistinguono in modo peculiare nella Chiesa, sia per la propria vita spirituale, sia per il servizio di Dio e del prossimo. In quanto membri dell’Ordine, svolgono la missione apostolica con lo studio, la preghiera e la predicazione, pur essendo laici.
Per essere ammessi alla Fraternita laica di S. Domenico bisogna avere questi requisiti: desiderio di progredire nella perfezione evangelica secondo il proprio stato; maturità psicologica e morale; consapevolezza della propria vocazione come chiamata dello Spirito a vivere nel mondo, la vita laica secondo il progetto di S. Domenico; interesse per l’acquisizione dello stile di vita, della mentalità e della spiritualità dell’Ordine, e per il carisma di S. Domenico; la devozione alla Beata Vergine Maria, secondo la tradizione dell’Ordine, al S. Padre Domenico e a S. Caterina da Siena; la partecipazione ai ritiri spirituali periodici; età minima di anni 18, salvo dispensa; non appartenenza attuale ad altro Ordine e intenzione analoga per il futuro.
Invece, gli obblighi per chi vuole partecipare alla vita domenicana sono: l’ascolto della Parola di Dio e la lettura della Sacra Scrittura (soprattutto del Nuovo Testamento); la partecipazione, possibilmente quotidiana, alle celebrazioni liturgiche e al sacrificio eucaristico; confessarsi spesso; la celebrazione della liturgia delle ore, con tutta la Famiglia Domenicana e la preghiera personale (ad esempio la meditazione e il Rosario); la conversione del cuore secondo lo spirito della penitenza evangelica; lo studio assiduo della verità rivelata e la costante riflessione sui problemi del proprio tempo alla luce della fede.
Ma chi era Aldo Moro, fuori dalla vita domenicana? Diciamo due parole per chi, ancora, non lo conoscesse. Aldo Moro è nominato capo del governo due volte. Egli è anche docente di Diritto penale – ex membro dell’Assemblea costituente nel 1946 e deputato dal 1948. Ha una carriera politica importante che, però, lo mette contro a organizzazioni pericolose.
Il 16 marzo 1978, come ogni mattina, esce dal suo appartamento e sale in auto con la scorta. Arriva in via Mario Fani, una strada solitamente tranquilla di un quartiere residenziale di Roma. Lì si ferma perché, un commando composto da cinque uomini, affianca le auto e spara.
Due carabinieri e tre poliziotti vengono uccisi. Moro è l’unico sopravvissuto alla strage. Questo per poterlo rapire e per confondere le acque; le rivendicazioni del sequestro avvengono contemporaneamente a Roma, Milano e Torino. Le Brigate Rosse comunicarono di aver rapito il presidente della Democrazia Cristiana.
A due giorni di distanza dal rapimento, giunge il loro ‘comunicato numero uno’ da una cabina telefonica del centro di Roma: ‘Aldo Moro è detenuto in una prigione del popolo e sarà giudicato da un tribunale del popolo’. Passano 55 giorni di silenzi e comunicati delle Brigate Rosse, i quali attivano il dibattito interno alla DC: accettare o rifiutare la trattativa con i terroristi.
Durante la prigionia, Aldo Moro scrive molte lettere al governo, alla sua famiglia e al Papa. Supplica lo stato di dialogare con le BR, anche accettando le loro rivendicazioni che per la sua liberazione chiedevano il rilascio di alcuni terroristi rinchiusi in carcere. Al segretario della DC, Benigno Zaccagnini, lascia intendere che finirà male: ‘Il mio sangue ricadrebbe su di voi, sul partito, sul paese…’.
Alla DC, nonostante ciò, passa la linea dura. Il partito, Andreotti e il ministro dell’Interno Francesco Cossiga, rifiutano ogni trattativa con le Br. Alcuni decenni dopo, Eleonora, la vedova, accusa: ‘Coloro che erano ai differenti posti di comando del governo lo volevano eliminare’.
Il 5 maggio, i terroristi inviano l’ultimo comunicato, il numero nove, nel quale annunciano la conclusione del processo popolare a carico di Aldo Moro, affermando: ‘Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo, eseguendo la sentenza’. Aldo Moro scrive alla moglie: ‘Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza, giunge incomprensibilmente l’ordine di esecuzione’. Quattro giorni dopo, il suo corpo viene ritrovato in via Caetani. La strada è scelta con cura, in quanto situata alla stessa distanza dalle sedi del PCI e della DC.
Fonti: https://www.acistampa.com/story/lispirazione-domenicana-nella-vita-di-aldo-moro-21253;
https://www.lavocedellemarche.it/2013/06/terziari-domenicani/#:~:text=I%20requisiti%20per%20essere%20ammessi,secondo%20il%20progetto%20di%20S e https://www.lifegate.it/aldo-moro-morte-biografia