Ado Hasanovic, il predestinato di Srebrenica
Se nasci e cresci a Srebrenica, in Bosnia, devi essere o un maledetto o, forse, un predestinato. Ado Hasanovic è un giovane regista bosniaco di 27 anni. Fresco di laurea all’Accademia del Cinema di Sarajevo (Sfa) il suo lavoro finale, il corto “Mama”, è stato presentato in prima assoluta alla 19esima edizione del Sarajevo Film Festival, riscuotendo un buon successo di pubblico e critica (www.adohasanovic.com). Hasanovic, che in questi giorni è a Reggio Emilia ospite del Reggio Film Festival (2-7 ottobre) partecipa alla rassegna cinematografica sarajevese dal 2008, quando presenziò per la prima volta attraverso un progetto chiamato Sarajevo Talent Campus come regista emergente.
Essere giovane, oggi nella ex repubblica jugoslava, non è per niente facile e neppure costruirsi un futuro. Ma Ado ha le idee chiare: vuole fare il regista e lo vuole a tutti i costi. Il suo sogno, adesso, è venire a Roma per specializzarsi in regia. Per sé ha scelto una delle scuole migliori del Paese (Sarajevo Film Academy), e lui solo sa i sacrifici compiuti per mantenersi gli studi. Gli stessi, poi, che lo hanno costretto, sin da bambino, ad una vita di rinunce dopo che, nel 1993, lasciò Srebrenica salendo sull’ultimo convoglio delle Nazioni Unite che lo portò a Tuzla. E’ qui che Ado muove i primi passi con la telecamera grazie ad una felice intuizione del padre il quale, scampato al massacro, proprio a Tuzla si ricongiunge con la famiglia e ai figli regala videocamera e computer. Da allora, Ado, quella telecamera non l’ha più lasciata.
Al Sarajevo Film Festival (16-24 agosto), importante rassegna di cinema dell’Europa Orientale, hai presentato il tuo ultimo lavoro dal titolo “Mama”. Si tratta del lavoro finale per la tua tesi, di cosa parla il cortometraggio?
E’ un cortometraggio di 15 minuti circa, presentato in anteprima alla rassegna. Si tratta del lavoro per la mia tesi di laurea, all’Accademia del Cinema di Sarajevo. Ho ricevuto il tema del film proprio dalla scuola. Il corto ha come tema la violenza familiare, il compito era raccontare la storia di una persona che esce di prigione e gli eventi che accadono 24 ore dopo il suo rilascio. Ho trovato per caso un articolo di giornale su una donna che aveva ucciso suo marito, e la stessa storia mi è stata raccontata nei dettagli da un conoscente. Così ho tratto ispirazione per la sceneggiatura che ho scritto con Mohammadrez Farzad, un amico anche lui studente di cinema a Sarajevo.
Il film parla di Gordana Boban, una madre che ha subito una condanna di 13 anni per avere ucciso suo marito. Uscita di galera torna a casa dal figlio, in procinto, però, di partire per l’Australia in cerca di una nuova vita insieme alla sua ragazza.
Molti dei tuoi film parlano della tua città, Srebrenica. Perchè? I tuoi film possono essere considerati anche un atto di amore per la tua città e un messaggio di pace?
Degli undici film che ho girato, quattro di loro riguardano la mia città Natale. Sono film diversi ma hanno lo stesso obiettivo: promuovere, spronare i giovani di Srebrenica affinchè siano loro il futuro di questa città. Inoltre creare una maggior consapevolezza sui fatti del genocidio avvenuto nel 1995. Si potrebbe girare un film su ciascuna persona di Srebrenica, ognuno ha una storia o un fatto da raccontare. Il mio obiettivo principale è che Srebrenica non venga dimenticata. La porto sempre nel cuore.
“L’angelo di Srebrenica”: uno dei più importanti progetti che tu abbia realizzato. Cosa rappresenta l’angelo?
E’ il mio primo film girato da professionista con cui sono, tra l’altro, stato ammesso alla Sarajevo Film Academy. E’ un film diverso dagli altri perché riguarda il legame emotivo con la mia città Natale, e i tanti giovani innocenti che vi sono stati uccisi. L’angelo, la cui proiezione è una ballerina, rappresenta il passato e il futuro, descrive persone che vivevano prima e che vivono oggi. L’angelo rappresenta Srebrenica e la sua sofferenza. E’ un cortometraggio muto, senza dialogo, fatto solo di immagini e musica per far sì che tutti mi capissero. Emerge la grazia dei gesti della ballerina in contrasto con la brutale distruzione intorno a lei.
Quali sono le difficoltà maggiori che hai dovuto superare nel tuo lavoro?
Le difficoltà sono tante. Ma la cosa più importante è avere una un gruppo di lavoro valido. Perché senza il supporto di amici e persone creative non potrai mai fare niente.
Nonostante i problemi che hai incontrato nella tua vita sei un ragazzo pieno di gioia, sei un simbolo di speranza per molti giovani bosniaci…
Ci sarà sempre un futuro per i giovani che lavoreranno sodo e avranno pensieri positivi gli uni verso gli altri. In altra maniera, per loro non vi sarà speranza.