La grande fatica del Natale fasullo
C’è il parroco che alcuni giorni fa dedica l’intera omelia a far comprendere ai bambini e ai ragazzi del catechismo il fatto che, facendo gli auguri di Natale, avrebbero dovuto ricordare e fare caso proprio al grande festeggiato del Natale. Come tutte le feste che si rispettino, non è possibile che ci si dimentichi proprio del festeggiato. Sarebbe come andare alla festa di compleanno di un conoscente solamente per mangiare e divertirsi, senza neppure degnare costui di un saluto o di un regalo. Questo prete, per tutta l’omelia, ricordava il “di Gesù” o quello “del Signore”, enfatizzando con la voce e il tono il concetto che era stato presentato ai ragazzi.
Al termine della messa, dopo la benedizione, quello stesso parroco pensava bene di salutar tutti con un “Buon Natale…”, pronunciato con tono sospensivo, come a chiedere loro, ai ragazzi e ai bambini presenti, di continuare la frase. E dunque, nelle sue intenzioni, di aggiungere “di Gesù” o “del Signore”. Natale di Gesù, Natale del Signore. Del resto, non s’era parlato d’altro per tutta la messa… E invece, tutti in coro, con voce possente, nessuno escluso, arrivava un: “E felice anno nuovo!”. Ci sarebbe stato da piangere, a pensarci su, ma hanno riso tutti. Anche Gesù probabilmente si è fatto una risata, a dirla tutta.
E’ davvero difficile resistere al delirio di ipocrisia che ci aspetta a Natale. Un lungo periodo fatto di addobbi, di luci, di colori, di renne, babbi natale, regali, negozi, melense pubblicità per venderti i panettoni e qualsiasi altra cosa capace di farti aprire il portafoglio. Il Natale spalmato di melensa bontà, di bimbi che cantando poetiche canzoncine azzannano una fetta di pandoro, di alberelli colorati messi sui balconi. Zuccheroso modo di festeggiare senza il festeggiato, di cantare e ballare senza neppure sapere il motivo della festa.
Il punto è forse che il messaggio originale, quello vero e autentico, del Natale è troppo originale e destabilizzante. E’ insostenibile alle nostre menti riempite di ipocrita bontà ricordare un Dio debole, fragile, povero. E’ insostenibile alle nostre menti pensare ad un Dio che si fa uomo, di un Dio che entra nella carne, nel corpo di un uomo, restandone prigioniero in tutte le sue fasi di vita. Un Dio che sta dentro le leggi del corpo e diventa fragile, accessibile, vicino. Un Dio che può essere incontrato, conosciuto, toccato. Uno scandalo al quale non ci si dovrebbe mai abituare e al quale invece molti di noi, buoni cristiani della domenica che si sentono al sicuro, fedeli diventati quasi dei professionisti del sacro, si sono invece abituati. Ci siamo abituati a tal punto che rischiamo anche noi di festeggiare senza neppure accorgerci del festeggiato. Pensiamo di avere in noi tutte le risposte, senza renderci conto che un Dio fragile che nasce può essere accolto solamente riconoscendo i propri limiti.