«I denari della “banda dei buoni”» su La Verità. «Il business dell’accoglienza» su Il Giornale. E il controcanto

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.12.2023 – Ivo Pincara] – La Verità continua in prima pagina con il proseguimento dell’inchiesta I denari della “banda dei buoni”, di cui in questa rubrica offriamo quotidianamente una sintesi, a titolo di rassegna. Riportiamo di seguito a sommi capi il contenuto de La Verità oggi in edicola. Anche Il Giornale è tornato sull’inchiesta della Procura di Ragusa, con un articolo di Lodovica Bulian e Luca Fazzo a pagina 7: «Il business dell’accoglienza. La Finanza voleva arrestare Casarini. Le misure cautelari suggerite nella richiesta di rinvio a giudizio per gli illeciti della Ong». Poi c’è anche il “Controcanto”, da cui riportiamo due voci, che protestano, soprattutto per quanto riguarda le intercettazioni pubblicate da La Verità, Panorama, Il Giornale e Il Tempo.

«Conoscere verità è un diritto», ha dichiarato il deputato abruzzese di Fratelli d’Italia, Guerino Testa: «Credo che conoscere la verità sull’affaire Casarini e Ong sia un diritto di tutti i cittadini Italiani. Fermo restando l’indiscutibile principio che ogni vita umana è sacra e va salvata non è ammissibile, così come espresso in aula dal Presidente Tommaso Foti, che nessuno ci spieghi se effettivamente ci siano stati trasferimenti di notizie riservate a Ong, tra cui quella di Casarini, al solo scopo lucrativo. Su questo non possiamo tacere così come non dovrebbe farlo il Pd».

Su Piazza Pulita de La7 di oggi, in 3’28’’ Casarini, solidarietà o business? Cosa racconta La Verità, la ricostruzione del caso di Linda Giannattasio: «Finanziamenti, dichiarazioni, intercettazioni. Luca Casarini, tra i fondatori della Ong Mediterranea, è al centro di una vicenda su alcuni finanziamenti provenienti dalla Chiesa alla Ong e sul presunto uso di questi fatto da Casarini. Le intercettazioni, pubblicate da Panorama e La Verità, sono emerse nell’ambito di un’inchiesta che vede Casarini e altri imputati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina».

E sempre su Piazza Pulita de La7 di oggi, lo scontro Borgonovo-Casarini: «Ha risposto malamente». «Ci vediamo in tribunale» [QUI].

Inoltre, Francesco Borgonovo nel suo programma Orso Bruno su Byobly, nella puntata I migranti e i falsi buoni dichiara che «l’inchiesta della Verità su Casarini mostra che è ora di farla finita con la superiorità morale. Bisogna ammettere che dietro gli sbarchi ci sono fin troppi interessi».

A Ragusa Luca Casarini e altri cinque membri di equipaggio della Mare Jonio sono accusati di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” (di cui parla Il Giornale di oggi, con nuove rivelazioni) e dalle carte dell’inchiesta escono gli appoggi ecclesiali. Il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinal Zuppi ha ammesso i finanziamenti: “150mila € solo lo scorso anno” e gli aiuti della Sinistra (ammissioni di Orfini e Fratoianni).

Inoltre, La Verità rivela, che dalle chat agli atti dell’inchiesta spuntano anche i contatti con Haftar in Libia. Casarini voleva un casus belli con l’Italia, scrive La Verità, rivelando i contatti per trasferire sulla Mare Jonio decine di immigrati clandestini e mettere in difficoltà il governo del Conte mentre tratta proprio con i libici.

Al Direttore della società panamense Dragonet Sg Inc., proprietaria della Nivin, un cargo che – rivela La Verità – tra il 7 e l’8 novembre 2018, aveva recuperato decine di migranti naufraghi ed era stata costretta a riparare nel porto di Misurata, dove i migranti, pur di non tornare in Libia, avevano preso in ostaggio l’equipaggio, Caccia fece una proposta “indecente” al direttore della società panamense, Omran Alame, scrive La Verità: “Alcune fonti di Tripoli ci hanno detto che sarebbe possibile che le autorità libiche vi autorizzino a salpare da Misurata. Se voi poteste navigare in acque internazionali, noi potremo organizzare l’assistenza per voi e lo sbarco di tutti i migranti dalla vostra nave, li porteremo a bordo della nostra e poi presso un porto sicuro (Pos) europeo”. Ma la risposta dell’altro armatore fu netta: “Noi le regole internazionali non le infrangiamo”. Ma si scopre molto di più, Caccia era in contatto direttamente con il portavoce di Haftar, mentre il governo M5S-Lega con Conte premier cercava di portare avanti una difficile trattativa con i libici.

La chat del 14 novembre 2018 – continua La Verità – fa capire tante cose sulle mosse del gruppo Casarini, Caccia riesce tramite il parlamentare di Sinistra Erasmo Palazzotto, che risulta centrale in questa vicenda, ad ottenere di parlare direttamente con Mohamed Ghunaim, portavoce del generale Haftar, che detiene una parte della Libia militarmente. Ghunaim parla proprio del parlamentare del Pd: “Quello che ho detto a mister Palazzotto è che abbiamo molte prove che il governo italiano sta trattando con le persone sbagliate in Libia. A volte con Al Qaeda! Quindi dobbiamo organizzare un incontro”. Poi Caccia, ormai in confidenza, va oltre: “Noi siamo contro questo governo italiano, possiamo organizzare una evacuazione umanitaria della nave Nivin ferma a Misurata?”. Ghunaim lo delude e replica indispettito: “Misurata è sotto le milizie, non sotto l’Lna. Quella che il governo italiano sostiene!”. Caccia: “Esattamente la situazione che vogliamo cambiare”.

Titolone in prima pagina de La Verità in edicola oggi, 15 dicembre 2023, per l’articolo di Giacomo Amadori: «Il Viceministro Bignami chiede indagini alle Capitanerie. Alleati col signore della guerra per mettere le mani sui migranti. Mentre l’esecutivo Conte tratta sulla Libia, il clan Casarini contatta il portavoce di Haftar per trasferire da un cargo, fermo a Misurata, decine di clandestini sulla Mare Jonio. Obiettivo: un casus belli contro l’Italia. Anche la casa del no global era pagata dall’Ong ma lui chiedeva altro».

Con rimando a pagina 2: «Per imbarcare più migranti Casarini & C. facevano il filo al generale libico. In una chat del 2018 Caccia tratta con il portavoce Ghunaim, contrapponendosi al governo. E prova a farsi dare decine di rifugiati bloccati sulla nave Nivin a Misurata. L’ex assessore non rivela il suo ruolo in Mediterranea e si presenta come aiutante di Palazzotto (Liberi e uguali), offrendo “soluzioni pacifiche alla crisi”. L’armatore della Mare Jonio capisce che il suo interlocutore non è contento dell’operato di Roma. E si sbilancia: “È quello che vogliamo cambiare noi”» [QUI].

Occhiello in prima pagina de La Verità del 15 dicembre 2023 per l’editoriale di Maurizio Belpietro: «Sansonetti censore. L’eversione della realtà degli ex rivoluzionari imbolsiti. Nella mia carriera da direttore mi è capitato di scoprire molti altarini: dal bacio in fronte che Fiorani promise al governatore della Banca d’Italia fino all’«Abbiamo una banca» di Fassino. Però, tra tutte le accuse che mi sono tirato addosso per aver semplicemente fatto il mio mestiere, che è quello di dare le notizie e non di nasconderle per compiacere qualcuno, mai ero stato accusato di essere un eversore». Con rimando a pagina 3: «L’unica eversione la fa “L’Unità”: quella del reale» [QUI].

A pagina 3 de La Verità del 15 dicembre 2023 l’articolo di Giorgio Gandola: «”Intercettateci”… solo se ascolta la sinistra. I compagni si scandalizzano per le inchieste sui taxi del mare. Ma godevano per i dialoghi piccanti rubati a Berlusconi, compreso il famoso insulto alla Merkel, totalmente inventato. E quando nella pesca a strascico finivano Lotti, Guidi e Lupi nessuno fiatava» [QUI].

A pagina 5 de La Verità del 15 dicembre 2023 l’articolo di Fabio Amendolara: «La casa pagata da Med non bastava. “Facciamo qualche magheggio. Mediterranea sborsava soldi anche per l’abitazione di Casarini, il quale però chiedeva il rimborso delle altre uscite (pure il cinema). Caccia: “Mi metti in imbarazzo”. L’ex tuta bianca nega: “Il contratto è a mio nome”» [QUI].

Il corsivo di Fabio Amendolara a pagina 5: “La Guardia costiera chiarisca”. Dopo le rivelazioni de La Verità, il Viceministro Galeazzo Bignami scrive alla Capitaneria di porto per avere spiegazioni in merito alle notizie passate dai dem» [QUI].

Il business dell’accoglienza
La Finanza voleva arrestare Casarini
Le misure cautelari suggerite nella richiesta di rinvio a giudizio per gli illeciti della Ong
di Lodovica Bulian e Luca Fazzo
Il Giornale, 15 dicembre 2023


Hanno rischiato ben più che un processo a piede libero Luca Casarini e gli altri indagati dell’inchiesta della Procura di Ragusa sull’attività di Mediterranea, la ong fondata dall’ex antagonista e dall’ex assessore veneziano (in quota Verdi) Beppe Caccia. A conclusione delle indagini che hanno portato alla richiesta di rinvio a giudizio per favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina nei confronti di Casarini e degli altri indagati, le «fiamme gialle» hanno indicato esplicitamente la possibilità che nei confronti del gruppo dirigente di Mediterranea venissero emanate «misure cautelari personali». Alla fine la magistratura del capoluogo ibleo ha deciso che gli arresti fossero superflui. Ma le argomentazioni della Gdf danno bene il senso della gravità degli elementi raccolti a carico di Casarini & compagni, a partire dall’elemento più marcato: l’inclinazione a delinquere, con la possibilità concreta che – se lasciati in circolazione – i capi di Mediterranea avrebbero potuto commettere di nuovo altri reati simili.

A poter chiedere mandati di cattura è unicamente la magistratura, e nel loro rapporto informativo gli investigatori della Finanza lasciano ovviamente la decisione ai pm Fabio D’Anna e Santo Fornasier. Ma fin dalla seconda riga, con l’intestazione dell’informativa, il concetto è chiaro: «Esito indagini. Richiesta misure cautelari».

Quali siano le misure necessarie lo si capisce bene 266 pagine dopo: pagine che gli autori del rapporto dedicano a ricostruire nel dettaglio le attività della ong, la sua trasformazione – nelle mani del duo Caccia-Casarin – in una macchina da soldi, pronta a farsi pagare per togliere dall’imbarazzo navi commerciali costrette a imbarcare profughi. Sono i dettagli che da giorni sono diventati noti, compresi quelli sui rapporti con la Chiesa cattolica e sui suoi finanziamenti a Mediterranea. Davanti a quanto sta emergendo, la Conferenza episcopale continua a difendere la ong e parla di «presunte» accuse a carico di Casarini.

Per la Gdf, invece, gli elementi ci sono tutti. «Alla luce degli elementi raccolti appaiono emergere tutte le condizioni riferibili ad una potenziale reiterazione dei comportamenti antigiuridici precedentemente posti in essere dagli indagati nonché dalla sussistenza di una indole volta a violare il corpus normativo nazionale e internazionale acclarato da numerosi precedenti penali e di polizia». Parole pesanti, come si vede. Tali da rendere poco più che una clausola di stile la frase successiva: «pertanto si rimanda alle autonome valutazioni delle Signori Loro circa l’applicazione di idonee misure cautelari personali in capo a Caccia Giuseppe, Caraini Luca, Metz Alessandro e Marrone Pietro».

Insieme alle misure cautelari contro il quartetto la Finanza suggerisce il sequestro della Mar Jonio, la nave usata per trasbordare i profughi, e dei 125mila euro incassati dalla Maersk, il colosso danese dei trasporti marittimi, per liberare la sua nave Etienne dai 27 profughi. Il sequestro della nave viene disposto, invece Casarini e gli altri indagati restano a piede libero.

Il controcanto

Dall’account Twitter di Luca Casarini, apprendiamo l’intervento della scrittrice attivista Sarita Fratini sul suo sito Saritalibre.it [QUI], con un articolo dal titolo Allora pubblico le MIE chat con Luca Casarini: «Da settimane, ogni giorno, puntualmente, ILLEGALMENTE, giornaletti e giornalacci pubblicano stralci delle chat private e delle intercettazioni telefoniche di Luca Casarini, Beppe Caccia e Don Mattia Ferrari. Prelevano parole dopo una minuziosa ricerca in una massa enorme di altre parole, le estrapolano dal contesto, le cuciono ad altre parole mai dette e scritte e compongono una pozzangheretta di fango mediatico che insozza i social network. Quali sono i giornaletti e giornalacci? Panorama, Il Tempo, Il Giornale e La Verità. Come sono uscite queste chat e intercettazioni? Nell’ambito dell’assurdo processo Maersk [QUI] la Procura di Ragusa ha sequestrato telefoni, acquisito chat e intercettato per mesi (se non anni) Beppe Caccia, Luca Casarini, Alessandro Metz e non so quanti altri. Tutta questa massa di parole era in un fascicolo. Il fascicolo è finito illegalmente nelle mani di Panorama e La Verità. In pratica qualcuno ha fatto uscire illegalmente il materiale dalla Procura di Ragusa. Per questo, che è un reato, una denuncia contro ignoti è già nelle mani dei PM di Palermo [QUI].
Gli argomenti delle intercettazioni trafugate. Gli stralci di conversazione pubblicati illegalmente da Panorama e La Verità NON hanno alcuna attinenza con il processo Maersk. Riguardano invece: i rapporti tra Luca Casarini e la Chiesa, i donatori di Mediterranea, i rapporti con giornalisti e parlamentari e perfino i rapporti interni tra gli attivisti, compresi gli screzi. Il tutto viene usato e manipolato subdolamente. Per chi ha trafugato illegalmente queste intercettazioni si profila anche un secondo illecito per aver “ricettato” e pubblicato anche comunicazioni personali di membri del Parlamento italiano [segue].
Perché questo accanimento contro Luca Casarini e contro Mediterranea? Perché è successo qualcosa di straordinario: il Vaticano ha deciso di impegnarsi contro il sistema di cattura in mare e deportazione in Libia di manodopera schiava su base razziale. Sistema che l’Europa – Italia in primis – sta gestendo in contrasto con le proprie leggi. Il Vaticano, storicamente sordo, stavolta ha deciso di denunciare pubblicamente la situazione e Papa Francesco è andato in televisione a parlare di lager libici [QUI].
«Casarini è diventato il ghost writer di Papa Francesco» si legge su Panorama. In realtà TUTTI gli attivisti che si occupano di rotta libica hanno scritto al Papa. Gli attivisti hanno scritto a tutti: a politici, a magistrati, all’ONU, alla Corte Penale dell’Aja e al Papa. Il Papa finora è stato l’unico a rispondere davvero.
La mia lettera a Papa Francesco la scrissi il 20 agosto 2021, come portavoce del JLProject. (…) La lettera conteneva storie, foto, prove provenienti dai lager libici finanziati dal governo italiano. Sono stata anche io “la ghost writer del Papa”?
La destra teme un Papa buono? Sì, tantissimo. La pacchia adesso è finita per tutti quei politicanti di destra che godevano di privilegi ecclesiastici e usavano il conservatorismo cattolico per giustificare la propria ideologia intollerante e per incassare voti. Papa Francesco si è espresso molto chiaramente a favore dei diritti umani e contro chi li viola. Scrive: “Il razzismo è un virus che muta facilmente e invece di sparire si nasconde, ma è sempre in agguato. Le espressioni di razzismo rinnovano in noi la vergogna dimostrando che i progressi della società non sono assicurati una volta per sempre”.
Il Papa ascolta attivisti come Luca Casarini e non politici come Pillon, Salvini, Meloni. Un evento storico, quasi incredibile. Immaginiamo adesso la faccia dei politici di destra davanti a questi tweet di Papa Francesco. (…)
Se tutti noi attivisti pubblicassimo le nostre chat con Luca Casarini, la pozzangheretta fangosa creata dai giornalacci scomparirebbe all’istante sotto una nuvola smisurata e luminosa di Amore per gli esseri umani».

La Verità processa Casarini e viola le chat dei deputati
Migranti, agli atti dell’indagine sulle Ong anche le conversazioni con Orfini, senza l’autorizzazione della Camera. E sui giornali finiscono atti coperti da segreto
di Rocco Vazzana
Il Dubbio, 13 dicembre 2023


Quando ci sono i migranti di mezzo, i giornali garantisti spesso vacillano e quelli manettari possono esultare liberamente con la forca in mano. Succede così che gli atti dell’inchiesta giudiziaria della procura di Ragusa su Luca Casarini e altri esponenti della Ong Mediterranea, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per il trasbordo di 27 persone – avvenuto nel settembre del 2020 – salvate dalla nave mercantile Maersk Etienne, finiscano spiattellati in prima pagina senza alcun ritegno. Una fuga di notizie così imponente da non risparmiare nemmeno intercettazioni che forse non sarebbero dovute finire nel fascicolo dell’inchiesta, come quelle tra Casarini e un deputato della Repubblica: Matteo Orfini.
Per La Verità, il giornale che insieme a Panorama pubblica da settimane stralci del brogliaccio d’indagine, quelle conversazioni Whatsapp messe agli atti sarebbero la dimostrazione non della contiguità del Pd con i “no global” di Mediterranea, ma dell’aiuto fornito da alcuni parlamentari dem alla «grande pesca dei migranti in mare». Ma, scelte stilistiche ed editoriali a parte, l’acquisizione di corrispondenza con un parlamentare ritrovata sul cellulare sequestrato a Casarini era legittima? Secondo la sentenza 170 del 2023 della Corte costituzionale, no.
Perché se già la Cassazione ha stabilito che l’acquisizione dei tabulati gode delle tutele accordate ai parlamentari dagli articoli 15 e 68, terzo comma, della Costituzione, «è impensabile che non ne fruisca, invece, il sequestro di messaggi elettronici, anche se già recapitati al destinatario: operazione che consente di venire a conoscenza non soltanto dei dati identificativi estrinseci delle comunicazioni, ma anche del loro contenuto, e dunque di attitudine intrusiva tendenzialmente maggiore», recita il verdetto della Consulta. Per acquisire quelle “prove” gli inquirenti avrebbero dunque dovuto, con ogni probabilità, chiedere l’autorizzazione alla Camera d’appartenenza dell’eletto.
Non siamo infatti di fronte a una captazione casuale, occasionale, di una conversazione di un indagato con un deputato estraneo alle indagini, come può accadere nel caso delle intercettazioni telefoniche (il cui utilizzo resta comunque fortemente limitato dalla legge). Davanti a una chat è difficile ignorare che si tratti di comunicazioni con un parlamentare, soprattutto se sei consapevole che l’indagato ha contatti con la politica e con quel politico in particolare, che si è fatto garante con le banche, insieme ad altri, per l’acquisto della nave da soccorso.
La casualità, in questo caso, è difficile da sostenere. «Mettiamo che vengano acquisite tutte le chat da un telefonino sequestrato», spiega l’avvocato Luigi Antonio Paolo Panella, giurista esperto della materia. «Se vedi che ci sono conversazioni con parlamentari, per poterle utilizzare in qualsiasi modo, devi necessariamente andare alla Camera d’appartenenza e dire: guardate abbiamo ritrovato chat con un parlamentare su questo telefono, possiamo usarle? L’autorizzazione preventiva è indispensabile, perché io so che se continuo a leggere quei messaggi accedo alla sfera di comunicazione di un parlamentare. E questo non è possibile. Quelle comunicazioni non potevano finire in un fascicolo». Né tanto meno finire sui giornali.
Il diretto interessato, Matteo Orfini, ha già presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per chiedere chiarimenti. «Spero che il ministro competente risponda», spiega al Dubbio l’esponente dem, per «capire come sia possibile che ci sia una fuga di notizie di questo tipo e se si intende approfondire quanto accaduto per evitare che succeda di nuovo». Il problema non sono solo le sue intercettazioni, spiega Orfini, «perché tutto appariva abbastanza improprio già prima che uscissero sui giornali i miei messaggi. Ci sono intercettazioni che nulla hanno a che fare con l’inchiesta che riguardano altra gente». Sul contenuto delle conversazioni, invece, il parlamentare del Pd non ha dubbi: i fatti raccontati dalla Verità sono «ampiamente noti e diciamo abbastanza ridicoli. Sì, è vero, quando c’erano barche in difficoltà nel Mediterraneo tutti ci attivavamo per convincere i governi di turno a intervenir per evita che affondassero. Stiamo parlando cioè di persone che si attivavano per evitare tragedie tipo Cutro».
Ma le probabili anomalie di questa inchiesta sembrano non finire qui. «Sono due settimane che assistiamo pubblicazioni quotidiane», dice l’avvocato Fabio Lanfranca, difensore, insieme a Serena Romano, di Luca Casarini. «Sono stati sottratti illecitamente da questa indagine. Sottratti illecitamente nella misura in cui qualcuno ha fatto avere a una testata giornalistica degli atti non pubblicabili, in quanto coperti da un divieto previsto dall’articolo 114 e il codice procedura penale». Non solo. Il reato contestato si sarebbe consumato nel settembre 2020. E allora perché il fascicolo è pieno di documentazione precedente a questo periodo, come nel caso dei messaggi di Orfini? «Gli atti utilizzabili sono quelli che fanno riferimento a fatti anche riguardanti l’episodio per cui mi devo difendere in tribunale», spiega ancora l’avvocato Lanfranca. Invece in questo caso abbiamo assistito alla pubblicazione di tutta una serie di scambi sostanzialmente privati, che attengono addirittura anche a convinzioni religiose di alcuni indagati. Qui c’è una violazione dei diritti personali gravissimi».
Eppure La Verità esulta. Davanti alla notizia, alla soffiata di una notizia, le garanzie possono passare in secondo piano. Il processo si fa sulla stampa.

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