inGiustizia Vaticana. Un’inchiesta giornalistica partendo dal caso Salonia su In Sicilia Report – Parte 7

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.12.2023 – Ivo Pincara] – Presentiamo di seguito la settima e ultima parte dell’inchiesta giornalistica dal titolo inGiustizia Vaticana che parte dal caso Salonia, a cura di Angelo Di Natale, pubblicata sul sito InSiciliaReport.it dal 14 ottobre scorso a cadenza settimanale. È indicato il link per leggere il testo integrale.
Prosegue dalla Parte 6 [QUI]

Settima parte: inGiustizia Vaticana. Sesso facile del clero, una lobby di predatori comanda nella Chiesa – In Sicilia Report, 25 novembre 2023 [QUI]
In questa settima e ultima parte, Angelo Di Natale giunge al focus finale della sua inchiesta: lobbies basate sull’orientamento sessuale degli aderenti (che siano diaconi, sacerdoti, vescovi o cardinali) e capaci di muovere il potere, determinare gli atti amministrativi o giudiziari, influenzare istituzioni, corrompere organismi. Il cemento di tali aggregazioni è l’interesse concreto verso relazioni e incontri sessuali, scrive Angelo Di Natale, che spiega che nella realtà di vita quotidiana la violazione degli obblighi del celibato è prassi corrente. Il problema non è (soltanto, eventualmente) di coscienza individuale, ma di sistema. Il bisogno dell’ipocrisia e della finzione impone la menzogna la quale, a cascata, produce e rende necessari l’inganno, l’intimidazione, la violenza, l’intrigo, l’abuso: strumenti che propagano i loro effetti su tutti i piani della vita della comunità, dai vertici ai fedeli. La “lezione” del caso Salonia con l’intero portato dei tanti atti, anche istituzionali, piegati a logiche private e di parte.
In questa puntata finale della sua inchiesta, Angelo Di Natale porta le notizie relative ad aspetti che non aveva ancora trattati e, soprattutto, alcuni elementi da fissare conclusivamente per la migliore comprensione delle vicende che s’intrecciano in un unico grande-affaire: la cosiddetta InGiustizia Vaticana, che proscioglie il colpevole, condanna l’innocente, protegge i membri del clero condannati o accusati di violenza sessuale – spesso in danno di minori – perseguita le vittime e punisce con la ritorsione e la vendetta i testimoni di verità, osserva Angelo Di Natale.
Nell’articolo precedente Angelo Di Natale ha lungamente trattato le dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria da Giovanni Salonia – il sacerdote e frate cappuccino “quasi vescovo”, imputato di violenza sessuale aggravata in danno di una suora e poi prosciolto per querela tardiva della vittima – e le ha analizzate in relazione alla denuncia e ad altre risultanze investigative poi vanificate dallo stop al processo.
Questo è il nodo centrale della vicenda culminata anni dopo nella condanna canonica, il 19 giugno 2023, di Nello Dell’Agli, sacerdote-psicoterapeuta testimone nel procedimento ecclesiastico (definito ad aprile 2017 dalla commissione guidata dal Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana) e in quello penale imbastito nel 2018 dalla proccura di Roma nei confronti del francescano e conclusosi il 28 febbraio 2020 con sentenza del tribunale di non luogo a procedere per la ragione spiegata.
Partiti proprio dalla condanna canonica recente, mero atto di sopruso e d’arbitrio, osserva Angelo Di Natale, perché in totale contrasto con le evidenze processuali sulle quali la sentenza dovrebbe fondarsi, l’autore dell’inchiesta si è imbattuto in diverse altre vicende collegate e ora raggiunge le conclusioni, terminando con le seguenti parole: «Una comunità è data dai suoi membri, non – solo – dal proprio vertice. Basterebbe una voce, forte e corale, dal basso e dall’interno, per mettere in crisi e picconare un sistema ipocrita e ambiguo che genera menzogna e favorisce abuso. Ma questa voce non si sente affatto. Noi, nel nostro piccolo, con questa inchiesta, dal basso e dall’esterno, abbiamo dato un contributo».
- La querela della suora per violenza sessuale, il termine di legge e la sua interpretazione: l’arretratezza delle norme italiane e l’errore del giudice.
- Ancora oggi, pur con il “Codice rosso”, leggi ordinarie molto indietro rispetto alla Costituzione. Ecco perché in Italia non può esserci alcun Metoo.
- La suora che denuncia violenze sessuali subisce poi anche quelle “legali”. Norme sbagliate, prassi inadeguate e ritardi culturali: i rimedi necessari.
- Abusi sessuali del clero: “Non si può accettare nessun silenzio, né l’occultamento”. Parole del Papa che però, al tempo stesso, difende il “vescovo buono” Rosario Gisana, insabbiatore seriale di denunce.
- Termine di querela, la norma è chiara: decorre “dal momento della conoscenza completa, precisa e certa del fatto delittuoso”. Sentenza incomprensibile.
- La Procura di Roma, il Tribunale del Vaticano e la carriera di Giuseppe Pignatone: dall’archiviazione del dossier mafia-appalti caro a Falcone e Borsellino, a quella delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ai rapporti con Montante, al trojan intelligente che fa saltare Palamara, al sistema sempre vivo di lobby&logge.
- La campagna di travisamento della sentenza: lodato il presunto stupratore, non giudicato solo per il termine temporale della querela, denigrata la vittima. Stampa subalterna e false dichiarazioni dell’Arcivescovo Corrado Lorefice.
- Dopo lo stop giudiziario scatta la reazione ritorsiva finale: soppressione della fraternità di Nazareth e condanna in sede canonica di Nello Dell’Agli
- Lorefice e la fuga dalle telecamere quando scoppia il caso dell’Opera pia Ruffini.
- Carballo, Lorefice, Gisana, Salonia, Farì e gli altri. Sopra di loro il Papa che dispensa solidarietà pubbliche ma alla vittima solo scuse private.
- Per Lorefice, suo paziente, Salonia è “campione d’umanità”. La rete degli interessi e la claque a sostegno del vescovo mancato. Gisana e la donna a lui vicina.
- La difesa d’ufficio di Fra’ Gaetano, successore di Salonia al vertice provinciale dei frati Cappuccini, e le pressioni sull’ex suora-amante perché ritratti la verità.
- Tribunale ad hoc, sentenza inappellabile con firma del Papa e l’espediente di Carballo per averla: “Rivalità di colleghi psicoterapeuti, Dell’Agli e Becciu”. Vero il contrario: se Salonia diventasse vescovo dovrebbe lasciare la professione.
Uno degli aspetti più eclatanti della prova di forza del potere vaticano e del conseguente sopruso, giuridico e morale, compiuto contro la verità e in difesa della menzogna pro Salonia, è quella sorta di combinato disposto costituito dal tribunale ad hoc allestito per giudicare e punire il testimone Dell’Agli e dal sigillo papale d’inappellabilità della relativa sentenza. Espedienti caldeggiati dal potente Carballo (abbiamo visto le sue gesta): soprattutto e con insistenza quest’ultimo, recepito e deciso dal Papa con l’effetto di impedire il riesame di una sentenza ingiusta e assurda. Per indurre a tanto, spingere e convincere il Pontefice, l’amico Carballo utilizza l’argomento che segue e al Papa la racconta così: Salonia è vittima di un complotto orchestrato da suoi colleghi mossi da invidia e interessi di competizione professionale.
Costoro sarebbero gli psicoterapeuti Nello Dell’Agli e Mario Becciu, fratello peraltro del Cardinale Giovanni Angelo Becciu, al centro di un clamoroso caso internazionale e di un’inchiesta giudiziaria che andrebbero analizzati in ogni loro piega ma ciò richiederebbe apposita trattazione. Qui per la cronaca rileviamo solo che volge alla conclusione il processo intentato dal Tribunale di prima istanza del Vaticano, su citazione, il 3 luglio 2021, del Presidente Giuseppe Pignatone. Dal 24 settembre 2020 il porporato-imputato non ha più alcun incarico nella Curia romana di cui, cardinale dal 2018, era Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi.
Tornando all’argomento di Carballo, sempre in sintonia e in costante contatto con Lorefice nell’intera strategia da noi ricostruita come documentano gli atti dei procedimenti, una considerazione elementare s’impone. A scatenare contro il vescovo mancato, subito dopo la sua nomina, i colleghi psicoterapeuti dell’Agli, e addirittura Mario Becciu, secondo Carballo sarebbe la loro rivalità professionale nei confronti di Salonia e quindi l’interesse economico ad avere più clienti. Ma se così fosse, proprio la nomina a vescovo, una volta ordinato e quindi insediatosi, avrebbe impedito a Salonia di esercitare l’attività retribuita di psicoterapia e di pastoral counselling.
Quindi se fosse vero quanto da Carballo rappresentato al Papa (il movente della competizione professionale e dell’interesse economico) i rivali di Salonia avrebbero tutti i motivi per festeggiare la sua nomina episcopale e non per boicottarla. In proposito appare superfluo richiamare vicende già riferite, in quanto lettrici e lettori di quest’inchiesta conoscono il fitto intreccio di fatti e situazioni che determinano gli eventi, compreso il filo delle ritorsioni contro Dell’Agli: nel 2015 dopo la sua rottura con Salonia con il quale si trova in dissenso perché vuole la vita della fratenità di Nazareth separata dagli affari professionali; nel 2018 dopo le dichiarazioni rese alla procura di Roma nel procedimento che vede Salonia indagato per violenza sessuale. Peraltro chi mostrerebbe acredine compulsiva e incontrollabile, a leggere alcuni atti che rimandano a Carballo, contro Nello Dell’Agli e contro Mario Becciu sarebbe proprio Lorefice il quale con il potente Segretario del Dicastero per gli istituti di vita consacrata concerta passo passo la strategia.
- Il Papa, il clero e le donne. L’abbandono di Lucetta Scaraffia dopo le denunce di violenze ai danni di alcune religiose e una dichiarazione precisa: “Sono certa che il Cardinale Becciu ha pagato per avere osato aprire la questione Salonia”.
Per chiudere la parentesi dell’accenno al caso Becciu, da rilevare le parole di Lucetta Scaraffia, scrittrice e opinionista de L’Osservatore Romano fino a marzo 2019, quando lascia la direzione del mensile della testata Donna Chiesa Mondo con un forte gesto di critica e di denuncia. Scrive Scaraffia il 26 settembre 2020 su Il Sismografo riferendosi, dopo l’analisi di una lunga sequenza di scandali e inchieste, al Cardinale Giovanni Angelo Becciu: “Personalmente sono certa che ha pagato anche per avere osato aprire la questione del cappuccino Salonia, che stava per diventare vescovo, accusato di abuso sessuale su alcune religiose. Delitto per il quale il frate non è stato condannato solo perché erano trascorsi i termini stabiliti per la denuncia. Come si vede il coraggio e la sincerità non pagano nella Chiesa, ma forse agli occhi dei fedeli sono virtù che ancora vengono apprezzate”.
Per la cronaca, un anno e mezzo prima, il 27 marzo 2019, Lucetta Scaraffia tronca la collaborazione con L’Osservatore Romano e lascia la direzione del mensile femminile, segnalando un clima di sopraffazione soprattutto dopo la denuncia dello scandalo degli abusi sessuali sulle suore. Dice a la Repubblica: “Me ne vado insieme a tutta la redazione dell’inserto femminile. Sul quotidiano siamo scomparse e ci hanno delegittimato. Evidentemente la nostra linea dà fastidio. Per questo ci facciamo da parte”.
Con lei si dimette tutto lo staff del mensile nato sette anni prima con Papa Ratzinger. La clamorosa rottura appena tre mesi dopo l’inizio della direzione, in capo a L’Osservatore Romano, di Andrea Monda che Bergoglio chiama in sostituzione del predecessore Giovanni Maria Vian. In una lettera al Pontefice, Scaraffia spiega ulteriormente: “Caro Papa, si conclude, o meglio si spezza, un’esperienza nuova ed eccezionale per la Chiesa: per la prima volta un gruppo di donne, che si sono organizzate autonomamente e che hanno votato al loro interno le cariche e l’ingresso di nuove redattrici, ha potuto lavorare nel cuore del Vaticano e della comunicazione della Santa Sede, con intelligenza e cuore liberi, grazie al consenso e all’appoggio di due Papi. Ma adesso ci sembra che un’iniziativa vitale sia ridotta al silenzio e che si ritorni all’antiquato e arido costume della scelta dall’alto, sotto il diretto controllo maschile, di donne ritenute affidabili. Si scarta in questo modo un lavoro positivo e un inizio di rapporto franco e sincero, un’occasione di parresia, per tornare all’autoreferenzialità clericale. Proprio quando questa strada viene denunciata da Lei come infeconda”.
Il gesto clamoroso, un trauma nell’esperienza del mensile femminile, giunge a fine marzo 2019 dopo che l’inserto denuncia lo scandalo degli abusi sessuali e di potere sulle suore commessi da preti e vescovi. Una piaga riconosciuta dallo stesso Pontefice, a febbraio, sul volo di ritorno dagli Emirati Arabi Uniti, ma… E qui viene in mente la misteriosa dicotomia tra parole e atti che, lungo i fatti documentati, non ci lascia fin dall’inizio di quest’inchiesta.
Marzo 2019 è anche un mese d’intensa attività investigativa della procura di Roma sul dossier Salonia, tant’è che il 7 luglio successivo viene depositata la richiesta di rinvio a giudizio. E Scaraffia sul fenomeno delle violenze del clero, soprattutto contro minori e contro donne religiose, impegna il suo prestigio e l’intera redazione da lei formata.
- Il Tribunale ad hoc formato a Napoli: ecco chi ne fa parte. La firma papale che blinda la sentenza contrasta con le parole dello stesso Pontefice.
(…) Il divieto papale d’appello è un atto eccezionale, abnorme, straordinario, peraltro in contrasto con le parole stesse pronunciate dagli ultimi tre pontefici, in continuità.
In proposito abbiamo già conosciuto il pensiero del “condannato” appunto senza appello, Dell’Agli: “È terribile pensare che proprio nella Chiesa, il luogo dell’amore, della giustizia e del servizio dell’uomo, si arrivi a negare il diritto fondamentale all’appello”.
Del resto già 34 anni fa Giovanni Paolo II ammonisce così la Rota romana: “Ius defensionis semper integrum maneat” (Il diritto della difesa rimanga sempre integro).
Inoltre è nella storia l’omelia in cui Benedetto XVI chiarisce che la Chiesa non è una monarchia assoluta, che il rispetto degli elementi essenziali del giusto processo rientra tra gli istituti che la recta ratio impone a ogni ordinamento giuridico, e che il Vescovo di Roma non può operare scevro da vincoli giuridici di sistema. In particolare, in relazione al processo riguardante Paolo Gabriele, l’aiutante di camera della famiglia pontificia, sorpreso a trafugare documenti riservati, Ratzinger osserva: “Per me era importante che proprio in Vaticano fosse garantita l’indipendenza della giustizia, che il monarca non dicesse ‘adesso me ne occupo io’. In uno Stato di diritto la giustizia deve fare il suo corso. Il monarca poi può concedere la grazia. Ma questa è un’altra storia”.
Anche Papa Francesco a parole (ai religiosi in Sud Sudan il 4 febbraio 2023) è sulla stessa linea: “Se vogliamo essere pastori che intercedono, non possiamo restare neutrali dinanzi al dolore provocato dalle ingiustizie e dalle violenze perché, là dove una donna o un uomo vengono feriti nei loro diritti fondamentali, Cristo è offeso”. E ancora, il 18 febbraio 2023 nel discorso ai partecipanti al corso di formazione per gli operatori del diritto, promosso dal tribunale della Rota romana: “Il vostro lavoro si occupa delle norme, dei processi e delle sanzioni, ma – ammonisce Papa Francesco – non deve mai perdere di vista i diritti… Questi diritti non sono pretese arbitrarie, bensì beni oggettivi, finalizzati alla salvezza, da riconoscere e tutelare… Come cultori del diritto avete una responsabilità particolare: far risplendere la verità della giustizia”.
- L’ultima mossa di Carballo: una lettera di scuse a Salonia per evitare la condanna, Ma Dell’Agli rifiuta: il servizio alla verità non può essere qualcosa di cui scusarsi.
- Una lobby, basata sull’orientamento sessuale dei suoi membri, alla base dei soprusi del potere in Vaticano. Lobby d’interessi: non per ideale affermazione di un’identità di genere, ma per l’ordinario appagamento di uomini di Chiesa
- Il clero e il sesso: la finzione ipocrita dell’astinenza e la verità sfrontata dell’intemperanza. Non è solo questione morale di superficie, ma infezione profonda dell’intero corpus della Chiesa: la necessità della menzogna produce intrigo, abuso, inganno, ricatto, violenza, corruzione degli atti e delle istituzioni.
Fine.
Foto di copertina: a sinistra Giovanni Salonia e a destra Nello Dell’Agli.