Il ricordo del grande Maestro e Cardinale Domenico Bartolucci nel decimo anniversario della morte. Un grande futuro alle spalle

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.11.2023 – Vik van Brantegem] – La grande opera artistica del Maestro e Cardinale Domenico Bartolucci (Borgo San Lorenzo, 7 maggio 1917 – Roma, 11 novembre 2013) attende una valutazione da parte degli studiosi che tenga conto dell’apporto di questo grande protagonista nel campo della musica sacra cattolica. Fu un grandissimo compositore, un insegnante, un direttore di coro che fu alla testa per più di 40 anni di quella che era una delle istituzioni più gloriose della Chiesa Cattolica, la Cappella Musicale Pontificia detta Cappella Sistina.

Egli si trovò ad operare in un periodo di grandi turbolenze per la Chiesa Cattolica e per la sua liturgia, un periodo di grandi sconvolgimenti che ancora oggi non hanno trovato una soluzione accettabile. Egli soffrì molto per la decadenza della musica sacra a cui aveva dedicato tutta la vita e visse con grande dolore il suo allontanamento dalla guida della Cappella Musicale Pontificia nel 1997.

Nel libro Un grande futuro alle spalle. Domenico Bartolucci e la Scuola Romana (2022, 107 pagine [QUI]) Aurelio Porfiri presenta la figura del Cardinal Bartolucci in modo da fornire una introduzione alla sua vita e opera. Porfiri conobbe e frequentò questo grande musicista, di cui fu allievo e discepolo durante un arco di molti anni. Con lui ebbe molte conversazioni nella casa del cardinale a via Monte della Farina a Roma. Nel 2009 il Maestro gli concesse un’intervista sulla sua vita ed opera e questa intervista che è alla fine di questo libro, viene qui pubblicata per la prima volta.

Il secolo scorso è stato certamente un periodo di enormi cambiamenti sociali, culturali ed artistici. Questi cambiamenti si sono riflessi anche nel campo linguistico ed estetico in tutti gli ambiti pensabili dell’orizzonte culturale. Io credo che alcuni musicisti abbiano fatto un poco le spese, in termini di popolarità che forse gli sarebbe stata dovuta, in modo molto più sensibile per via dei dibattiti, spesso violenti, che riguardavano le scelte linguistiche da essi compiute. Scelte linguistiche che erano in contrasto con ciò che il politically correct imponeva se volevi avere affibbiato da “coloro che contano” nel tuo campo il titolo di artista al passo con i tempi e quindi degno di considerazione. Purtroppo questa etichetta a molti fa comodo e garantisce carriere, alcune fulgide, altre miserrime, ma comunque non pochi cercano approvazione per sentirsi importanti. Non molti sono coraggiosi e vanno contro corrente.

Per Porfiri uno di questi è stato Domenico Bartolucci. Sottolinea che egli sempre volle inserirsi nella gloriosa tradizione della Scuola Romana della musica sacra, a cui volle sempre ispirarsi. Quindi questo scontro con la modernità è stato certamente, ritiene Porfiri, frutto di una sua intransigenza nel proseguire sulla strada su cui altri avevano già tanto bene seminato, la strada della tradizione, ma anche il frutto di una intransigenza degli alfieri della modernità che non accettando che ci siano diversi modi di approdare all’avvenire, servendosi di moduli linguistici che non sarebbero compresi nel panorama da loro accettato della modernità (ma poi, chi lo dice?), si rendono protagonisti di ostracismi senza appello. Non vogliono comprendere, afferma Porfiri, che non c’è una lingua dell’avvenire ma ci sono lingue dell’avvenire, diverse e talvolta inconciliabili, se adottiamo un criterio meramente unidirezionale. Allora, conclude Porfiri, per poter comprendere veramente dove stiamo andando, forse varrà la pena ripensare da dove veniamo, cioè quali sono questi dati della Tradizione che dovremmo forse riconsiderare e non darli per persi o non più rilevanti.

Per fare questo Porfiri ha portato la sua testimonianza sul Maestro, nel riportare ciò che insegnava durante le sue lezioni al Pontificio Istituto di Musica Sacra o durante le sue prove con il coro della Cappella Sistina. O anche attraverso le tantissime conversazioni personali che ha avuto con lui nel corso degli anni, fino alla sua morte nel 2013. Questo libro è senz’altro un ricordo affezionato ma anche un tentativo di collocare questo Maestro nel contesto difficile e complicato del suo tempo.

In questo volume troverete tra l’altro:

  • Possiamo progredire senza tradizione?
  • I ricordi personali dell’autore sulla figura del Cardinale, una delle ispirazioni più importanti per la sua vita.
  • La vita musicale nella contadina Borgo san Lorenzo, terra natale del Maestro.
  • Come un Toscano doc seppe farsi Romano.
  • Perché il linguaggio modale è il linguaggio musicale del futuro.
  • L’opera del Maestro per la ristrutturazione della Cappella Sistina.
  • Un ricordo del grande Padre Catena, Maestro insuperato dei pueri cantores.
  • I tormenti del dopo concilio.
  • Una intervista inedita del 2009 in cui gustare i giudizi taglienti del Maestro su vari nomi “intoccabili”.

Insomma, si tratta di un testo importante che riporta al centro la questione della liturgia cattolica e della musica sacra. Un ricordo che è stato pubblicato nel giugno dell’anno scorso, ma che ben si adatta ad essere presentato a dieci anni dalla morte del Maestro. Un testo godibile e che sicuramente spingerà molti a cercare di approfondire la figura di questo gigante della musica sacra, che ha saputo cantare la fede in modo che lo accomuna ai grandi della tradizione musicale cattolica.

L’autore

Aurelio Porfiri è compositore, direttore di coro, educatore ed autore. Ha al suo attivo più di 60 libri tradotti anche in altre lingue, molti dedicati alla musica sacra. La sua musica è pubblicata in Italia, Francia, Stati Uniti, Cina e Germania. Vive fra l’Italia e la Cina.

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