Rupnikgate. “Distruggere l’arte rupnikiana, ripristinare la fiducia e vivere il Vangelo” (Patrick Briscoe, OP)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.11.2023 – Vik van Brantegem] – La Santa Sede ha annunciato il 27 ottobre, che è stata riaperta l’indagine sulle accuse di abusi a carica di Don Marko Ivan Rupnik. Oggi ex gesuita, esternamente alla Chiesa Cattolica il suo nome potrebbe dire poco o nulla, ma all’interno del mondo ecclesiale, Padre Rupnik era un noto artista, per anni Direttore del Centro Aletti di Roma, con opere religiose installate in tutto il mondo. Inoltre, conosciuto come teologo e comunicatore dal forte carisma, era annoverato tra i più stretti consiglieri di Papa Francesco.
Riportiamo di seguito una riflessione pubblicata ieri sul sito statunitense Our Sunday Visitor dal redattore capo Padre Patrick Briscoe, OP. Insieme ai suoi fratelli domenicani, è conduttore del podcast Godsplaining (Spiegazione di Dio) e coautore di Lo stile di vita di San Domenico: un percorso per conoscere e amare Dio. È anche autore di My Daily Visitor, il devozionale stagionale di Our Sunday Visitor. In precedenza è stato redattore capo dell’edizione inglese di Aleteia.org, il sito web globale di notizie e spiritualità cattolica. È un predicatore eucaristico, un lavoro che ha intrapreso per sostenere il risveglio eucaristico guidato dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti.
Distruggere l’arte di Padre Rupnik, ripristinare la fiducia e vivere il Vangelo
di Padre Patrick Briscoe, OP
Our Sunday Visitor, 31 ottobre 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Lo scorso dicembre, quando iniziarono a venire alla luce notizie sulle accuse “altamente credibili” di abusi commessi dall’ex gesuita Padre Marko Rupnik, ho messo in guardia dal rimuovere la sua arte.
Di fronte all’indignazione che ho visto, ho sostenuto una risposta più misurata. Non conoscevamo ancora la portata dei fatti e delle accuse riguardanti Padre Rupnik.
Allora avevo cercato di articolare alcuni principi per preservare la sua arte. Stavo davvero cercando di essere paziente, imparziale e giusto. E mi sbagliavo.
Conoscendo ora la portata degli abusi di Padre Rupnik – e il suo desiderio di mantenere il potere sulle persone vulnerabili – la mia precedente posizione è a dir poco insostenibile.
È particolarmente sconvolgente apprendere che alcuni abusi si sono effettivamente verificati mentre Rupnik stava creando la sua arte. Immagina di pregare o contemplare davanti a un’immagine creata nel mezzo di atti malvagi conosciuti. Questo è un motivo fondamentale per cui l’arte di Padre Rupnik deve essere trattata diversamente rispetto alle opere di altri artisti cattolici che hanno commesso peccati anche gravi.
Come rispondere
I simboli contano, come molti buoni amici Cattolici hanno pazientemente sostenuto questo fatto con me. “Come si può vedere la sua opera d’arte se non come un simbolo del marciume e del decadimento morale che ha avvelenato la Chiesa negli ultimi decenni?”, hanno insistito i miei amici. Ho faticato ad accettarlo, dicendomi che la maggior parte dei Cattolici non saprà chi è Padre Rupnik. Ma è importante che gli venga detto, e ancora più importante che, quando lo faranno, vedano la Chiesa rispondere adeguatamente, con giustizia per le sue vittime e con un’azione intesa a guarire tutti noi.
L’arte di Padre Rupnik deve scomparire. Non può più essere utilizzato per i nostri spazi sacri. Non può apparire intatto nei libri o nei nostri media. Le diocesi e i ministeri cattolici non devono utilizzarlo per illustrare ritiri o eventi. È urgente strapparla dai nostri luoghi consacrati. E a tal fine, ci sono due punti su cui voglio ribadire.
L’arte deve essere rimossa pubblicamente
Innanzitutto, come le onde sonore o un sasso gettato in uno stagno, il male ha delle risonanze. L’arte rupnikiana, contaminata dal peccato, porta con sé la memoria dell’abuso e del disprezzo umano. Rimuovere l’arte non sarà mai sufficiente. Non può essere semplicemente dimenticato.
Non può essere rimosso col favore dell’oscurità o nascosto dietro teli. Questo è ciò che temo di più: una ristrutturazione silenziosa in cui non si dice nulla. Sarebbe troppo come incardinare silenziosamente Rupnik in Slovenia mentre continua la sua vita come se nulla fosse accaduto – esattamente la pratica miserabile che ha creato e nascosto centinaia di migliaia di vittime in tutto il mondo. La rimozione deve essere pubblica, con immagini delle demolizioni e decostruzioni pubblicate e spiegate. Dovrebbero esserci eventi e conversazioni per spiegare la situazione. Dovrebbero essere scritti libri sull’argomento e prodotti documentari, spiegando a tutti che quando il peccato permea le opere d’arte, quell’opera non ha posto nella Chiesa.
E dovremmo pregare. Oh, quanto abbiamo bisogno di pregare!
Il riscatto è possibile
In secondo luogo, spero che ci possa essere una redenzione. Spero che la salvezza eterna di Padre Rupnik non vada perduta. Ma ciò richiede il pentimento e una vita di penitenza lontana dagli occhi del pubblico.
La giustizia esige riparazioni pubbliche. E qualcosa di quella speranza cristiana potrebbe essere trasmessa attraverso ciò che facciamo quando l’arte viene rimossa. Maciniamo le tessere del mosaico, esorcizziamole e benediciamo. Facciamo allora qualcosa di nuovo, qualcosa per le vittime degli abusi sessuali da parte del clero, che nessuno di noi potrà mai dimenticare. Qualcosa per guarire. Qualcosa per la speranza.
Con la sua arte in tutto il mondo, il caso di Padre Marko Rupnik richiede un’azione costruttiva. Forse solo un simile sforzo può dimostrare alle vittime di tutto il mondo che la Chiesa è seriamente al loro fianco. Ripristinare la fiducia e vivere il Vangelo lo richiedono.
Il Rupnikgate
Violenza sessuale, abusi psicologici e manipolazione: sono queste le pesanti accuse a carica di Padre Rupnik da parte di numerose suore della Comunità Loyola, fondata a Lubiana in Slovenia da Suor Ivanka Hosta, di cui Rupnik era amico e padre spirituale. I fatti sarebbero accaduti sin dai primi anni ’90 e il caso ha messo in dubbio la trasparenza e la tolleranza zero invocata da Papa Francesco. Forte della sua fama di artisti religioso di successo, di fine teologo e grande comunicatore, con la protezione di cui godeva in alto loco, per circa tre decenni non ha mai dovuto render conto dei crimini compiuti che gli sono stati imputati.
Le prime denunce di violenza sessuale e psicologica risalgono agli anni 1992-93 e la soluzione che viene trovata in accordo con il Vescovo di Lubiana è quella di allontanare Rupnik dalla Comunità. Tutto torna come prima, come se non fosse successo nulla. La situazione va avanti così per quasi tre decenni, fino a quando a seguito delle denunce di molte delle circa 50 suore, la Santa Sede ha avviato una procedura di commissariamento nei confronti della Comunità fondata da Ivanka Hosta, affidato al gesuita Daniele Libanori, Vescovo ausiliare della Diocesi di Roma per il Settore Centro. che deve approfondire come mai negli anni molte suore siano uscite dalla comunità e valutare le accuse di dinamiche settarie, con abusi di potere, psicologici e spirituali nei confronti della fondatrice e di alcune sue fedelissime nei confronti delle sorelle. Con l’indagine del Commissario, intorno al 2020 riemergono più preciso le sofferenze dei primi abusi e riemerge per la Santa Sede il caso Rupnik che dal 1993 era insabbiato. Il commissariamento non viene reso pubblico, onde evitare che emergesse il nesso causale diretto tra la sofferenza psicologica vissuta dalle suore della Comunità Loyola e la sua storia confusa e settaria, con le violenze di cui fu accusato Rupnik. Poi, il caso è esploso in ambiente pubblico.
Oggi rimane la domanda cruciale nel Rupnikgate: «Perché Papa Francesco nel giro di pochi giorni, oltre due anni fa, levò a Padre Rupnik la scomunica?»
La domanda sulla responsabilità del Santo Padre fu posta con chiarezza, quasi un anno fa, dall’aggregatore para-vaticano Il Sismografo. Quindi, da un sito che non può essere definito anti-Papa e certamente non può essere sospettato di essere contro il Papa regnante in particolare: «Anzi, in questo caso c’è una parte non piccola e molto delicata di responsabilità che riguarda il Papa direttamente, che sino ad oggi non ha chiarito la questione della rimozione della scomunica sancita dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Si racconta addirittura che il Prefetto, il gesuita Luis Ladaria, voleva, dopo i processi e accertamenti dei fatti da parte del Dicastero, che Rupnik – a capo di un vero piccolo grande impero economico – fosse riportato allo stato laicale. È stato Papa Francesco a rimuovere questa sanzione estrema per un delitto fra i più gravi. Come è noto il Pontefice è l’unica autorità legittimata a decidere in questa materia. In questo caso, nel mese di maggio 2020, Francesco prese la decisione per procedere a rimuovere la scomunica in pochissimi giorni. Una nota ufficiale dei gesuiti del 19 dicembre scorso diceva in una sommaria cronologia sul caso: “Maggio 2020: La CDF [Congregazione per la Dottrina della Fede] emette un decreto di scomunica; la scomunica viene revocata da un decreto della CDF più tardi nello stesso mese”. Più chiaro di così, impossibile! Quindi, è il Papa e solo il Papa colui che deve spiegare, se vorrà, quali sono le ragioni ultime di questa sua decisione a dir poco insopportabile. Per ora, in attesa di conoscere, se possibile, la verità, il precedente di rimuovere la scomunica ad un amico, colpevole accertato di delitti gravissimi, impunito da molti anni, sarebbe rovinoso».
La copertura precedente
Il costo del silenzio del Papa e della Santa Sede sulla remissione della scomunica di Padre Rupnik – 13 gennaio 2023
Sul caso del gesuita-artista Padre Marko Ivan Rupnik, il sito Messa in Latino – in un suo aggiornamento Papa Francesco e il suo terribile silenzio sulla miserabile vicenda del gesuita, osserva che la Santa Sede «deve dare contezza della subitanea remissione della scomunica a Padre Rupnik – scomunica tolta su ordine diretto del Papa -, degli abusi sessuali, del fatto che il gesuita ha continuato tranquillamente a girare il mondo e celebrare Messa e, da ultimo, il fatto che continui tranquillamente a vivere al Centro Aletti, tra i collaboratori (e consacrate?)» e riferisce le parole di un vaticanista: «Se questa vicenda orrenda e ripugnante non sarà chiarita potrebbe diventare una zavorra pesante nella storia del pontificato. Tra l’altro, già oggi scredita seriamente l’impegno della Chiesa contro gli abusi di autorità, di coscienza e sessuali».
Confusione e ambiguità del Papa nell’intervista per AP. Seri dubbi sulla smentita nel caso Rupnik – 26 gennaio 2023
Tornando ancora una volta sul caso Rupnik, con un articolo dal titolo Bergoglio: non sapevo nulla del caso Rupnik, non ho fatto nulla. Smentita credibile? sul suo blog Stilum Curiae del 25 gennaio 2023, Marco Tosatti presenta tre diversi documenti, alcuni commenti, che riportiamo di seguito. Inoltre, sulla confusione e l’ambiguità su diversi temi (tra cui l’omosessualità, il caso Rupnik e gli abusi sessuali del clero, il cammino sinodale tedesco) nell’intervista concessa da Papa Francesco a Nicole Winfield per The Associated Press del 24 gennaio 2023, sempre nella traduzione a cura di Tosatti, l’analisi di Philip F. Lawler per Catholic Culture del 25 gennaio 2023.
Il caso Rupnik. L’ennesima applicazione dell’adagio peronista: “Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia” – 5 dicembre 2022
“Il Dicastero per la Dottrina della Fede ha ricevuto una denuncia nel 2021 nei confronti di p. Marko Ivan Rupnik riguardante il suo modo di esercitare il ministero. Non era coinvolto alcun minorenne”. A comunicarlo è nel pomeriggio di oggi la Curia generalizia della Compagnia di Gesù, in merito al caso del teologo e artista gesuita di origine slovena Padre Marko Ivan Rupnik, S.I., accusato di presunti abusi psicologici e sessuali riferiti da alcune suore.
Caso Rupnik, imbarazzante, penoso e sconcertante. O cchiù pulit ten’ a rogn’ – 15 dicembre 2022
Ieri, 14 dicembre 2022 si è svolto presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù a Borgo Santo Spirito in Roma l’incontro per lo scambio degli auguri natalizi. Fra i vaticanisti presenti (foto sotto di Silere non possum, che ha riferito il fatto) solo Nicole Winfield, corrispondente a Roma per The Associated Press, ha chiesto al Preposito Generale dei gesuiti, Padre Arturo Sosa Abascal, spiegazioni in merito al caso Rupnik.
Rupnikgate. I gesuiti fanno retromarcia. Il Consiglio Episcopale della Diocesi di Roma si spacca. Il devastante copione del Papa regnante su preti, sesso e abusi – 22 dicembre 2022
Ritorniamo sulla vicenda del gesuita Marko Ivan Rupnik, portata alla luce da Silere non possum e da Messa In Latino, con la dichiarazione del Delegato del Preposito Generale della Compagnia di Gesù e Superiore Maggiore per Case e Opere Internazionali di Roma (DIR), Padre Johan Verschueren, S.I., con una Cronologia delle indagini sulle accuse a Rupnik e come funziona il sistema di risposta della DIR alle denunce di vittime e sopravvissuti ad abusi. Segue poi un articolo di Silere non possum, sull’aria pesante che si respira in San Giovanni in Laterano e il presbiterio della Diocesi di Roma che è smarrito. Inoltre, da Stilum Curiae una serie di riflessioni gravi e tristi di Marco Tosatti, in particolare sulla fiducia, o la sua crescente mancanza, che i cattolici possono avere nel Pontefice regnante, e nel suo modo di gestire abusi e scandali legati all’attività sessuale dei presbiteri, dei vescovi e dei cardinali. E nel Postscriptum, un commento di Messa in Latino e di Lucetta Scaraffia su La Stampa.
Rupnikgate. Il Papa regnante chiarisca: perché protegge l’amico gesuita e gli ha tolto la scomunica, creando scandalo? – 23 dicembre 2022
La domanda cruciale nel Rupnikgate – “perché Papa Francesco nel giro di pochi giorni, oltre due anni fa, levò a Padre Rupnik la scomunica” – viene posta oggi con chiarezza dall’aggregatore para-vaticano Il Sismografo. Quindi, da un sito che non può essere definito anti-Papa e certamente non può essere sospettato di essere contro il Papa regnante in particolare.
Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede
27 ottobre 2023
Nel mese di settembre la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha segnalato al Papa gravi problemi nella gestione del caso di P. Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime. Di conseguenza il Santo Padre ha chiesto al Dicastero per la Dottrina della Fede di esaminare il caso e ha deciso di derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di un processo. Il Papa è fermamente convinto che se c’è una cosa che la Chiesa deve imparare dal Sinodo è ascoltare con attenzione e compassione coloro che soffrono, soprattutto coloro che si sentono emarginati dalla Chiesa.
Il popolo di Dio esige di un’indagine completa e trasparente su Don Marko Rupnik
La recente decisione di Papa Francesco di sospendere i termini di prescrizione relativi alle accuse di abusi contro Don Marko Rupnik, ex gesuita, è uno sviluppo nuovo e gradito nel caso. Il Santo Padre ha anche avviato un’indagine formale tramite il Dicastero per la Dottrina della Fede in seguito alla rabbia pubblica per l’incardinazione di Rupnik nella Diocesi di Capodistria in Slovenia.
Ricordiamo che Don Marko Rupnik, il famoso artista gesuita e fondatore della comunità di artisti a Roma, il Centro Aletti, era stato scomunicato per aver assolto in confessione un complice in un peccato contro il Sesto Comandamento. Rupnik era incorso nella scomunica per un reato commesso nel 2015, imposta formalmente nel 2020 dall’allora Congregazione per la Dottrina della Fede e poi revocata nel giro di qualche giorno.
Nel luglio 2023 Rupnik è stato espulso per disobbedienza dalla Compagnia di Gesù, che ha anche confermato di ritenere che le accuse di abusi sessuali a carica di Rupnik siano “altamente credibili” (sono note più di 20 accuse di abusi sessuali, psicologici e spirituali).
Il Centro Aletti ha difeso Rupnik, parlando di “una campagna mediatica basata su accuse diffamatorie e non provate”. Dopo un’indagine, la Diocesi di Roma ha dichiarato che nel corso delle precedenti valutazioni si erano verificate “procedure gravemente anomale”. La Diocesi di Capodistria ha difeso la decisione di incardinare Don Marko Rupnik, citando la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo dell’ONU: “Ogni persona accusata di un atto criminale ha il diritto di essere considerata innocente finché non sarà giudicata colpevole ai sensi della legge, in un procedimento pubblico nel quale gli siano offerte tutte le occasioni necessarie per la sua difesa”.
La speranza è che l’annuncio della Santa Sede, secondo cui Papa Francesco ha revocato i termini di prescrizione sulle accuse di abusi contro Rupnik sia un segno positivo della voglia di stabilire ciò che è realmente accaduto. Questa decisione però non cancella l’angoscia causata dall’incardinazione di Rupnik nella Diocesi di Capodistria prima che quella verità fosse accertata con giustizia. Le preoccupazioni delle vittime di Rupnik devono essere prese sul serio e – insieme alla ricerca della verità e della giustizia – il loro benessere dovrebbe avere la massima priorità.
In passato abbiamo visto come la protezione e il reinserimento dei sacerdoti abusatori abbiano eroso l’autorità morale della Chiesa Cattolica. È scoraggiante osservare che diocesi, ordine religiosi o entità ecclesiastiche sembrano essere più preoccupati di risolvere i problemi o l’immagine pubblica della Chiesa Cattolica piuttosto che il benessere delle vittime e la credibilità della Chiesa stessa. L’attenzione deve essere sempre rivolta alla verità e alla giustizia, alla responsabilità degli abusatori e al sostegno ai sopravvissuti. Qualsiasi tentativo di nascondere gli abusi sessuali da parte del clero è niente di meno che riprovevole e complicità nel reato.
Non va mai sottolineato abbastanza l’importanza dell’ascolto chi ha sofferto, soprattutto chi si è sentito non accolto dalla Chiesa. La compassione e la comprensione dei sopravvissuti deve avere la priorità. Se non vengono ascoltati le vittime degli abusi sessuali del clero e se le loro preoccupazioni non trovano risposta tempestiva e giusta, non ci sarà mai guarigione e il male non verrà sradicato.
Nel 2023, a più di 20 anni da quando la Chiesa ha dovuto affrontare per la prima volta gli abusi sessuali sistemici del clero, è insondabile pensare che qualcosa del genere possa ancora accadere. Eppure, a Don Marko Rupnik è stato permesso di ritornare al ministero senza restrizioni mentre procede un’indagine. Il motivo per questo non è stato reso noto, ma ciò che è certo che è profondamente preoccupante. Pare che Rupnik sia riuscito ad andare avanti così a lungo proprio perché era protetto dalle sue doti intellettuali e artistiche. Inoltre, ha abusato del suo sacro ministero di sacerdote per depredare delle suore vulnerabili. Consentire continue azioni predatorie è vergognoso che deve essere condannato e sradicato.
Invece, la Chiesa Cattolica deve dimostrare con i fatti – non con solo parole – il suo impegno per la giustizia, la verità, la trasparenza, la responsabilità e la compassione. È imperativo che l’indagine approfondita che è stata annunciata, trova una risoluzione che sostenga questi principi, ponendo gli interessi delle vittime in prima linea nelle azioni della Chiesa. E che venga annunciata e spiegata pubblicamente, con parole chiare che dissolvano la cortina di fumo che troppo spesso avvolga le decisioni.



























