«”Ci hanno tradito tutti tranne Dio”. La fine dell’Artsakh (la fine?). L’esodo di un popolo»
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.10.2023 – Vik van Brantegem] – Segnaliamo un incontro sull’Artsakh che si terrà sabato 21 ottobre 2023 alle ore 10.30 presso il Teatro Rosetum in via Pisanello 1 a Milano, dal tema «Ci hanno tradito tutti tranne Dio». La fine dell’Artsakh (la fine?). L’esodo di un popolo. Organizzato da Tempi, Esserci, Centro Rosetum e associazione Le Vedette, vedrà la partecipazione di Rodolfo Casadei, giornalista di Tempi; di Renato Farina, giornalista; e di Massimiliano Salini, Europarlamentare di Forza Italia. Durante l’incontro verranno trasmessi due video: il primo di testimonianze di sfollati con la forza dall’Artsakh e il secondo della scrittrice Antonia Arslan.
«Gli sfollati del Nagorno-Karabakh non si sono ripresi dallo shock causato dalla “guerra di un giorno” e devono affrontare molti problemi sociali in Armenia. Bisognerebbe trovarsi in questa situazione per capire quello che dico. Non te lo auguro mai» (Marut Vanyan).
Se non volete credere alle testimonianze degli Armeni sfollati con la forza dall’Artsakh (con una visita turistica lampo in Artsakh, una missione di osservazione delle Nazioni Unite non può osservare niente, perché non ci sono più armeni rimasti) sui crimini di guerra e contro l’umanità, commessi dalle forze armate azere in Artsakh, e in Armenia (non stiamo qui a ripetere i dettagli, ampiamente documentati) e se per crederci pretendete che vi siano forniti dei video da parte di fonte “credibile”, fatevi un favore e rimanete con il dubbio che sia tutto falso, tutta messa in scena dalla narrazione propagandistica armena, come afferma Baku. Perché, in caso contrario, a furia di cercarli quei video, potreste trovarli, girati dai criminali di guerra stessi. E non si passa attraverso indenni visionandoli.
Il livello di malafede di certe persone, al primo posto certi “giornalisti” oltrepassa il minimo livello di sanità mentale. Questo è uno dei più gravi problemi del nostro Occidente: il dilagare di una malattia mentale che crea dubbi e disinformazione gratuiti.
Non sono passati indenni attraverso gli orrori della guerra i bambini dell’Artsakh, come riferisce l’UNICEF, che ci sono indicazioni di un acuto disagio psicologico tra i bambini dell’Artsakh sfollati con la forza che hanno trovato rifugio in Armenia.
Gli assistenti sociali, che lavorano con 300 bambini ogni giorno in due luoghi sicuri dell’UNICEF a Goris, hanno riferito che molti di questi bambini sono alle prese con sentimenti di ansia, paura e rabbia, che si manifestano in incubi, enuresi notturna e pianto inconsolabile. Alcuni bambini si isolano da tutti, diventano poco comunicativi e hanno difficoltà ad esprimere le proprie emozioni o a comprendere cosa è successo loro.
Più di 30.000 bambini Armeni dell’Artsakh hanno cercato rifugio in Armenia da quando sono iniziate le aggressioni dell’Azerbajgian nelle loro comunità d’origine. Questi bambini non solo hanno affrontato le sfide dello sfollamento, ma hanno anche sperimentato interruzioni nella loro istruzione. Hanno vissuto in condizioni pericolose e insicure, vivendo nel costante timore di ulteriori attacchi.
Christine Weigand, la rappresentante dell’UNICEF in Armenia, ha sottolineato che senza un sostegno costante, questi bambini porteranno le cicatrici di questi “tragici eventi” per gli anni a venire, evidenziando il profondo impatto delle aggressioni militari e dello sfollamento sforzato sulle loro vite, per tanti vissuti due volte nella loro vita. Il Fondo dell’UNICEF per l’infanzia chiede 12,6 milioni di dollari nei prossimi sei mesi per aiutare i bambini dell’Artsakh.
Dall’altro lato, alcuni bambini azeri molto piccoli (tra cui una classe di scuola elementare) guardano le nuove aggiunte al “Parco dei trofei militari” che Ilham Aliyev ha inaugurato a Baku dopo la guerra dei 44 giorni del 2020. Per quanto riguarda la “reintegrazione”, c’è il piano di portare in gita qui i bambini Armeni, che tornerebbero in Artsakh sotto dominio azero, in modo che possano imparare a odiare la loro etnia? Questa non è fantascienza, come prova la proposta fatta da Baku ai rappresentanti di Stepanakert (che poi si sono trasferiti in Armenia) durante le “trattative” dopo il 20 settembre, di organizzare visite nelle città dell’Azerbajgian.
Come possono crescere sani i bambini azeri vedendo il “Parco dei trofei militari”? Su cinque ettari il parco espone gli elmi dei soldati Armeni caduti. Figure in cera a grandezza naturale che ritraggono Armeni morenti, su un letto d’ospedale, in un veicolo blindato, con tratti bestiali, volti emaciati, occhi fuori dalle orbite. Adesso il parco è “arricchito” con i trofei conquistati con l’aggressione terroristica del 19 e 20 settembre scorso.
«Negli ultimi 3 anni, 30.000 bambini Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sono stati testimoni di due guerre aggressive, di assedi, di fame e di innumerevoli crimini contro l’umanità, tutti equivalenti a un genocidio, per mano dell’Azerbajgian e della Turchia. Durante la guerra di 44 giorni del 2020 lanciata da Azerbajgian e Turchia, le scuole e gli asili dell’Artsakh sono stati presi di mira indiscriminatamente. Le forze armate dell’Azerbajgian hanno agito con la chiara intenzione di danneggiare la vita e la salute della popolazione civile, compresi i bambini. Decine di scuole e asili hanno subito danni materiali a causa dei bombardamenti, dei razzi e degli attacchi aerei delle forze armate azere. Per 44 giorni quei bambini furono testimoni dell’inferno sulla Terra. Dal dicembre 2022 alla fine di settembre 2023, sono stati esposti alla fame e all’assedio per mano dell’Azerbajgian. Sono rimasti affamati per 10 mesi a causa del blocco illegale imposto all’Artsakh dal governo genocida dell’Azerbajgian. Il 19 settembre l’Azerbajgian ha bombardato e invaso l’Artsakh. La maggior parte di questi bambini erano a scuola quando l’esercito Azerbajgiano ha iniziato l’attacco, quindi sono stati separati dalle loro famiglie. Alcuni di questi bambini sono ancora dispersi. Il resto ha dovuto fuggire con le proprie famiglie per salvarsi la vita. Hanno perso le loro case e la loro terra ancestrale. All’Azerbajgian non dovrebbe essere permesso di farla franca torturando questi bambini» (Uzay Bulut).
«Mika, 4 anni, un rifugiato che vive in un ristorante a Bambakashen con altre 30 persone, mi ha sentito parlare nel dialetto Artsakh oggi, mentre eravamo con il programma AGBU a fornire cibo. I suoi occhi si riempirono di speranza mentre chiedeva: “Sei venuto a riportarci a casa?”» (Siranush Sargsyan).
Per ulteriori informazioni su come l’Azerbajgian ha preso di mira e traumatizzato i bambini Armeni nell’Artsakh durante la guerra dei 44 giorni del 2020, si può consultare il Rapporto ad hoc sui diritti dei minori colpiti dagli attacchi dell’Azerbajgian contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh del Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh del 9 novembre 2020 [QUI].
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa in Armenia in un post su Twitter dell’11 ottobre 2023 ha scritto: «Le nostre squadre continuano a cercare le persone lasciate indietro, inclusi anziani, malati e disabili. Durante le visite distribuiamo pacchi alimentari e igienici. I nostri medici sono presenti anche per aiutare a soddisfare qualsiasi esigenza medica. E stiamo lavorando per ripristinare i legami familiari». Supponiamo che stiano parlando dell’Artsakh, anche se non lo menzionano nel post:
Secondo l’agenzia di stampa statale azero Trend, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, Jeyhun Bayramov, ha ricevuto Toivo Klaar, il Rappresentante speciale per il Caucaso meridionale dell’Unione Europea, svegliatosi per l’occasione dall’ibernazione, ed «è stata discussa l’agenda di pace»: «Secondo le informazioni fornite dal Ministero a Trend, durante l’incontro le parti si sono scambiate opinioni sulle prospettive del progetto di accordo di pace tra Azerbajgian e Armenia, sulle questioni della normalizzazione tra i due Paesi, sull’attuale situazione nella regione e sulle misure adottate per il reinserimento della popolazione armena locale della regione del Karabakh in Azerbajgian. Il Ministro Jeyhun Bayramov ha sottolineato che la parte azera è interessata al risultato positivo degli incontri svoltisi attraverso la mediazione dei partner internazionali, compresa l’Unione Europea, e che dopo 30 anni si è presentata un’opportunità storica per garantire la pace e la stabilità nella Regione. A questo proposito è stata richiamata l’attenzione sull’importanza di evitare affermazioni e dichiarazioni che potrebbero portare al revanscismo dell’Armenia, nonché alla cosiddetta campagna diffamatoria contro il nostro Paese. Durante l’incontro, il Ministro Jeyhun Bayramov ha informato la controparte del lavoro svolto per la reintegrazione dei residenti armeni locali della regione del Karabakh in Azerbajgian, e ha detto che il processo di registrazione dei residenti Armeni locali sta proseguendo attraverso il sistema elettronico portale creato da noi. Inoltre, è stato sottolineato che la partenza dei residenti Armeni dal territorio dell’Azerbajgian non è collegata ad alcuno spostamento forzato, e le recenti visite dei funzionari delle Nazioni Unite nella regione e le dichiarazioni rilasciate dopo la visita ne sono un chiaro esempio».
Tradotto: Bayramov e Klaar si sono incontrati per discutere della “reintegrazione” dei mino di 50 Armeni rimasti nell’Artsakh. Bayramov ha ribadito che oltre 100.000 Armeni in fuga dalla loro patria non hanno nulla a che fare con le azioni dell’Azerbajgian e le due visite delle Nazioni Unite per vedere i meno di 50 Armeni in Artsakh lo dimostrano.
L’Assemblea Parlamentare del Consiglio Europeo (PACE) terrà oggi pomeriggio «un dibattito urgente sulla situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh». Hanno aspettato abbastanza per essere assolutamente sicuri che non ci siano più Armeni in Artsakh per tenere questo dibattito “urgente”. Sono in ritardo da almeno 10 mesi, il genocidio armeno 2023 di Artsakh è già un dato di fatto.
Il Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan sul blocco totale israeliano della Striscia di Gaza: ogni guerra che si basi sul taglio di acqua, elettricità e strade e sulla distruzione di infrastrutture, luoghi di culto e scuole è chiamata massacro. Un funzionario turco qualche settimana fa, parlando dei 10 mesi di blocco dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian: le critiche internazionali sul continuo blocco sono “ingiuste”.
Dopo la preghiera del venerdì in una moschea di Istanbul nell’ottobre 2019, Erdoğan ha detto ai fedeli: «Il nostro Dio ci comanda di essere violenti con i kuffar (infedeli). Ovviamente, quando i kuffar reagiscono con doppia intensità, ciò diventa violazione dei diritti umani e islamofobia. Riportiamo di seguito una nota al riguarda di Uzay Bulut, nella nostra traduzione italiana dall’inglese.
«Erdoğan: “Il nostro Dio ci comanda di essere violenti con i kuffar”. La parola kuffar/kafir indica il trattamento politico comune riservato a Cristiani, Ebrei, Indù, Buddisti, animisti, atei e umanisti. Dovrebbe essere usato al posto di “non credente”, un termine neutro. Il Corano definisce il kafir e kafir non è una parola neutra.
Il 25 ottobre 2019, il leader di un Paese membro della NATO ha apertamente incitato alla violenza contro i non musulmani. Quel giorno, il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha partecipato alla preghiera del venerdì presso la Grande Moschea di Çamlıca a Istanbul. Era accompagnato dal Governatore di Istanbul, Ali Yerlikaya, dal Sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, dal Capo della polizia di Istanbul, Mustafa Çalışkan e dal Capo della sezione di Istanbul del Partito Giustizia e Sviluppo (AKP) al potere, Bayram Şenocak.
Dopo le preghiere, l’hafiz della moschea ha recitato il versetto coranico Al-Fath, che in inglese significa “vittoria, trionfo, conquista”. Poi Erdoğan ha preso il microfono, recitando una parte del versetto in arabo e poi in turco. Ha detto ai congregati: “Il nostro Dio ci comanda di essere violenti verso i kuffar [infedeli]. Chi siamo noi? La ummah [nazione] di Maometto. Quindi [Dio] ci comanda anche di essere misericordiosi gli uni verso gli altri. Quindi saremo misericordiosi gli uni con gli altri. E saremo violenti con i kuffar. Come [è detto] in Siria”.
Erdogan ha poi fatto riferimento a un altro versetto coranico, As-Saff-13, in arabo: “Inshallah, Dio ci ha promesso in Siria: ‘Nasrun minallahi ve fethun karib ve beşşiril mu’minin’ [Vittoria di Allah e conquista imminente; e dare la buona novella ai credenti]. Vediamo che sta accadendo proprio adesso. Con il permesso di Allah, lo vedremo ancora di più… Oggi incontrerò alcuni Presidenti di paesi stranieri al Palazzo Dolmabahçe. Chiedo il vostro permesso ora per andarci”.
I fedeli hanno applaudito poi Erdoğan, gridando “Allahu Akbar” [Allah è il più grande].
Il fatto che l’opposizione politica del Paese non abbia sollevato alcuna seria obiezione a queste affermazioni è allarmante per diverse ragioni.
Il Dottor Bill Warner, Presidente del Centro per lo studio dell’Islam politico (CSPI), spiega il concetto di “kafir” nell’Islam: “L’Islam divide il mondo in musulmani e non credenti, kafir. L’Islam politico ha sempre due modi diversi di trattare i kafir: l’etica dualistica. I Kafir possono essere maltrattati nei modi peggiori o trattati come buoni vicini. I Kafir devono sottomettersi all’Islam in tutta la politica e nella vita pubblica. Ogni aspetto della civiltà kafir deve sottomettersi all’Islam politico. L’Islam politico è la dottrina che si riferisce al non credente, al kafir… La Trilogia [Il Corano, la Sira (la biografia di Maometto) e gli Hadith (le tradizioni di Maometto)] non solo sostiene una superiorità religiosa sui kafir: i kafir vanno a l’inferno mentre i Musulmani vanno in Paradiso, ma la sua dottrina richiede anche che i Musulmani dominino il kafir in tutta la politica e in tutta la cultura. Questa dominazione è politica, non religiosa”.
Il Dottor Warner prosegue fornendo esempi di come le scritture islamiche si riferiscono al “kafir”: “Il linguaggio dell’Islam è dualistico. Ad esempio, non c’è mai alcun riferimento all’umanità nel suo insieme. Invece c’è una divisione in credente e kafir (non credente). L’umanità non è vista come un corpo unico, ma è divisa a seconda che la persona creda o meno che Maometto sia il profeta di Allah. Il Corano definisce il kafir e dice che il kafir è odiato (40:35), deriso (83:34), punito (25:77), decapitato (47:4), confuso (6:25), complottato contro ( 86:15), terrorizzato (8:12), annientato (6:45), ucciso (4:91), crocifisso (5:33), fece guerra a (9:29), ignorante (6:111), malvagio (23:97), disonorato (37:18), maledetto (33:60), derubato (Bukhari 5,59,537), violentato (Ishaq 759) e un Musulmano non è amico di un kafir (3:28). Cristiani ed Ebrei sono infedeli, ma anche gli infedeli sono kafir. I politeisti sono Indù, ma sono anche kafir. I termini infedele e politeista sono parole religiose. Solo la parola “kafir” mostra il trattamento politico comune riservato a Cristiani, Ebrei, Indù, Buddisti, animisti, atei e umanisti. La parola kafir dovrebbe essere usata al posto di ‘non credente’, la parola standard. Non credente è un termine neutro. Il Corano definisce il kafir e kafir non è una parola neutra. Un kafir non è semplicemente qualcuno che non è d’accordo con l’Islam, ma un kafir è malvagio, disgustoso, la forma di vita più bassa. I kafir possono essere torturati, uccisi, ingannati e traditi. Quindi la solita parola ‘non credente’ non riflette la realtà politica dell’Islam”.
Sembra che una delle ragioni principali dietro la continua e grave persecuzione contro e, in molti casi, la completa distruzione delle vite e delle civiltà non Musulmane in quello che oggi è chiamato “mondo Musulmano” sia questo intenso odio e la disumanizzazione dei kafir.
Il Dottor Andrew Bostom, l’autore di The Legacy Of Jihad: Islamic Holy War And The Fate Of Non-Muslims, ha analizzato in dettaglio le parole di Erdoğan secondo le fonti islamiche e ha osservato: “Autorevoli commenti coranici – classici e moderni – così come gli hadith canonici, tradizioni del profeta dell’Islam Maometto, sostengono le opinioni odiose e predatorie di Erdoğan nei confronti dei non Musulmani. Quindi, non solo le invocazioni coraniche di Erdoğan che sanciscono la durezza nei confronti dei non Musulmani e la loro conquista nella jihad, si adattano alle loro autoritarie glosse, ma lo stesso Presidente turco è venerato dal mainstream Umma Musulmana globale”.
Il fatto che queste parole siano state pronunciate dal Presidente di una nazione che è un apparente alleato della NATO e candidata all’adesione all’Unione Europea è un importante avvertimento per tutte le nazioni non Musulmane così come per i Musulmani che non sono d’accordo con la visione del mondo di Erdoğan» (Uzay Bulut).
Il Nagorno Karabakh Observer ieri sera ha riferito che secondo rapporti non ufficiali l’ex Ministro della Difesa della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, il Tenente Generale Levon Mnatsakanyan, sarebbe deceduto (o ucciso) durante la detenzione illegale in Azerbajgian. Non c’è nulla di confermato al momento, ha sottolineato il Nagorno Karabakh Observer, e che sta lavorando per verificare le informazioni.
Il Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian Ilham Aliyev ha ricevuto l’11 ottobre 2023 a Baku i partecipanti alla 53ª riunione del Consiglio dei Capi delle Agenzie di Sicurezza e dei Servizi Speciali dei Paesi membri della Comunità degli Stati Indipendenti. La quasi totalità del suo discorso, Aliyev ha dedicato alle questioni Armenia-Azerbajgian, iniziando con il solito excursus di falsificazione storica azera, partendo dall’Impero russo nel 1805, sostenendo che «un’entità chiamata Nagorno-Karabakh non è mai esistita nella storia» e che il territorio da sempre è terra dell’Azerbajgian.
Alcuni punti degni di nota:
1. Come è sua abitudine, l’autocrate di Baku ha rilasciato ancora una volta delle false dichiarazioni senza alcuna prova, sostenendo che sulle montagne e nelle foreste dell’Artsakh si nasconderebbero dei gruppi armati. In realtà lì non c’è nessuno gruppo armato e nascosto, se non i terroristi dell’Azerbajgian. Il numero di persone rimaste nell’Artsakh non dovrebbe supera i 40.
Nel suo discorso, Aliyev ha sostenuto che dopo l’aggressione terroristica delle forze armate dell’Azerbajgian il 19 e 20 settembre 2023, anche se «l’Azerbajgian non ha più alcuna minaccia interna», nel Nagorno-Karabakh resterebbero ancora delle «bande» e che sono in corso operazioni per la “eliminazione” e “ripulire” il territorio. Forse Aliyev vuole che fuggano anche i restanti meno di 40 civili Armeni? Nella sua paranoia armenofoba vede fantasmi ovunque, tiene alta la tensione e magari si prepara a qualche operazione “antiterrorismo” oltre il confine con l’Armenia. Aliyev probabilmente ha bisogno di una narrazione per mantenere la pressione della comunità internazionale lontana dall’Artsakh.
Ha dichiarato: «Oggi è in corso il processo di pulizia dei territori dalle bande di banditi. Secondo le nostre informazioni in questo territorio si nascondono ancora alcuni gruppi. Dopo il 20 settembre ci sono state provocazioni armate in Karabakh. Il territorio è piuttosto vasto, con montagne e foreste, quindi avremo bisogno di tempo per ripulire completamente il territorio da queste bande. Questa è fondamentalmente la storia del problema».
2. «È stato lanciato un appello alla popolazione armena affinché rimanga nelle proprie case perché la nostra operazione era molto mirata. Le infrastrutture civili, le strutture civili e i civili non sono stati danneggiati».
Questa è una doppia menzogna, perché, dopo massicci bombardamenti delle strutture e proprietà civili, le forze armate sono entrati nei villaggi, sparando, uccidendo dei civili e intimando la popolazione di lasciare le proprie sotto la minaccia di morte.
3. «L’Azerbajgian ha rispettato tutte le norme umanitarie durante l’occupazione, durante la seconda guerra del Karabakh e durante l’operazione antiterrorismo. A proposito, ciò è dimostrato da esperti internazionali, inclusa la missione delle Nazioni Unite, che hanno visitato i territori liberati proprio di recente, ieri e prima ancora, circa una settimana fa, due volte, e hanno notato che tutte le norme umanitarie erano state osservate».
L’Azerbajgian ha violato sempre e sistematicamente tutte le norme del diritto umanitario internazionali, come è ampiamente stato documentato. Per quanto riguarda le due visite turistiche di un giorno scarso della missione di osservazione delle Nazioni Unite sotto guida e tutela dell’Azerbajgian, facciamo riferimento a quanto pubblicato al riguardo [QUI]. È sufficiente ricordare qui soltanto, che la missione ha potuto osservare niente, perché è stata fatta entrare quando tutti la popolazione armena aveva già lasciato l’Artsakh e ha potuto vedere solo quello che l’Azerbajgian ha permesso di vedere.
4. «L’Azerbajgian è descritto come un aggressore, mentre l’Armenia è descritta come una vittima».
In mezzo al cumolo di menzogne, involontariamente Aliyev dice una verità. Quanto descritto è la realtà. E non si tratta di tentativi di screditare l’Azerbajgian ma della descrizione dei crimini con cui l’Azerbajgian si scredita da sola.
5. «Analizzeremo tutte le altre piattaforme, tenendo conto dell’atteggiamento di quei paesi che offrono i loro servizi alla verità – non all’Azerbajgian, ma alla verità e al diritto internazionale».
Anche questo argomento abbiamo trattato ampiamente in passato. L’Azerbajgian accetta piattaforme esclusivamente secondo le proprie condizioni e interesse, secondo la sua “verità” a dispetto del diritto internazionale.
Alla riunione erano presenti il Direttore del Servizio di Sicurezza Federale della Federazione Russa, Presidente del Consiglio dei Capi di Sicurezza Agenzie e servizi speciali dei paesi membri della CSI Alexander Bortnikov; il Direttore dei Servizi Segreti Esteri della Federazione Russa, Sergei Naryshkin; il Presidente del Comitato per la Sicurezza dello Stato della Bielorussia, Ivan Tertel; il Presidente del Comitato per la Sicurezza Nazionale del Kazakistan, Yermek Sagimbayev; il Vice Primo Ministro e Presidente del Comitato Statale per la Sicurezza Nazionale del Kirghizistan, Kamchybek Tashiev; il Presidente del Servizio di Sicurezza Statale dell’Uzbekistan, Abdusalom Azizov; il Presidente del Comitato Statale per la Sicurezza nazionale del Tagikistan, Saimumin Yatimov; il Capo del Centro Antiterrorismo della CSI, Yevgeny Sysoyev.
Seguono ampi stralci dal discorso di Aliyev, nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
«Come risultato delle attività condotte tre settimane fa, la sovranità dell’Azerbajgian è stata completamente ripristinata e, naturalmente, ciò apre opportunità per rafforzare la sicurezza e raggiungere la pace nella nostra regione. Ci siamo impegnati in questo senso e crediamo che non ci siano alternative. Partendo dal fatto che gli eventi delle ultime settimane vengono interpretati in modo diverso nei media, in primis in quelli occidentali, direi in modo sbilanciato e parziale e non riflettono la storia della questione o il presente. realtà quotidiane, vorrei informarvi brevemente su quanto è accaduto negli ultimi tre anni.
Ma per rendere più completa la mia informazione, vorrei fare una piccola escursione storica. Inizierò col dire che un’entità chiamata Nagorno-Karabakh non è mai esistita nella storia. (…)
Il Trattato di pace di Kurekchay fu firmato a nome dell’Azerbajgian da Ibrahim Khalil – il Karabakh Khan, il cui titolo era chiamato Khan di Karabakh e Shusha. (…)
L’Unione Sovietica creò la Regione Autonoma del Nagorno-Karabakh, nemmeno una repubblica, ma una regione all’interno della SSR dell’Azerbajgian. Era esattamente cento anni fa. Quando in Unione Sovietica iniziarono ad emergere tendenze centrifughe, il separatismo armeno e l’estremismo aggressivo erano aumentati. Alla fine degli anni ’80 furono create organizzazioni estremiste informali. (…) Tutto ciò ha portato al fatto che le tradizionali relazioni di pace, amicizia e armonia tra i popoli azerbajgiano e armeno sono state interrotte, è stata introdotta un’ideologia dannosa di esclusività e superiorità nazionale e sono stati fatti tentativi per giustificare le rivendicazioni sulla terra del Karabakh dell’Azerbajgian. Queste tendenze si sono trasformate in aperta aggressione dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’occupazione delle terre dell’Azerbajgian. (…) L’Azerbajgian ha cercato di risolvere la questione pacificamente in ogni modo possibile. (…)
Abbiamo aspettato a lungo. Avevamo speranze. Sono stato coinvolto nei negoziati in diverse fasi a partire dal 2004, ma sfortunatamente tutte le speranze sono svanite nel 2019. Il primo ministro armeno ha affermato che “Il Karabakh è Armenia, punto”, ponendo così fine a tutti i negoziati e rendendoli completamente privi di significato. (…) Quindi, questo passo provocatorio, sconsiderato e direi addirittura suicida, come si è scoperto, della leadership armena, così come altre azioni provocatorie, comprese quelle di natura militare, hanno portato alla Seconda Guerra del Karabakh nel settembre 2020, che durò 44 giorni e si concluse con la completa sconfitta dell’esercito armeno e il ripristino dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian. (…) Questa è una breve storia del problema. E potrebbe sorgere la domanda: cosa è successo tre settimane fa? (…) I ripetuti appelli dell’Azerbajgian a rinunciare alle azioni provocatorie, purtroppo, non sono stati presi sul serio. La situazione si è ulteriormente aggravata quando, il 2 settembre, il primo ministro armeno ha inviato una lettera di congratulazioni per l’anniversario della fondazione della cosiddetta “Repubblica del Nagorno-Karabakh”. Si è trattato del superamento della linea rossa che, naturalmente, l’Azerbajgian non poteva tollerare. Era un’evidente rivendicazione del nostro territorio. Il 9 settembre, le cosiddette autorità del cosiddetto Nagorno-Karabakh hanno tenuto le elezioni, hanno scelto un nuovo “leader”, che rappresentava un totale disprezzo per le realtà esistenti, e non hanno lasciato all’Azerbajgian altra scelta se non quella di condurre un’operazione antiterrorismo sul territorio 19 settembre e ripristinare completamente la sua sovranità. Come risultato dell’operazione, durata meno di un giorno, l’esercito armeno in Karabakh fu completamente disarmato, (…) e fu stabilito il pieno controllo sul territorio.
Allo stesso tempo, abbiamo già pubblicato un piano per il reinserimento della popolazione armena del Karabakh, disponibile anche su Internet. È stato lanciato un appello alla popolazione armena affinché rimanga nelle proprie case perché la nostra operazione era molto mirata. Le infrastrutture civili, le strutture civili e i civili non sono stati danneggiati e, come ho detto, l’intera operazione è durata meno di 24 ore. È stato sufficiente che le formazioni armate illegali dell’Armenia fossero completamente demoralizzate e, di fatto, si arrendessero.
Oggi è in corso il processo di pulizia dei territori dalle bande di banditi. Secondo le nostre informazioni in questo territorio si nascondono ancora alcuni gruppi. Dopo il 20 settembre ci sono state provocazioni armate in Karabakh. Il territorio è piuttosto vasto, con montagne e foreste, quindi avremo bisogno di tempo per ripulire completamente il territorio da queste bande. Questa è fondamentalmente la storia del problema.Cosa sta succedendo intorno a noi? Penso che sarai interessato anche a sentire la nostra valutazione di ciò che sta accadendo da noi. Bene, vorrei iniziare dicendo che l’Azerbajgian ha rispettato tutte le norme umanitarie durante l’occupazione, durante la seconda guerra del Karabakh e durante l’operazione antiterrorismo. A proposito, ciò è dimostrato da esperti internazionali, inclusa la missione delle Nazioni Unite, che hanno visitato i territori liberati proprio di recente, ieri e prima ancora, circa una settimana fa, due volte, e hanno notato che tutte le norme umanitarie erano state osservate. Tuttavia, i sostenitori dell’Armenia in Occidente hanno lanciato una campagna sporca, provocatoria e falsa contro l’Azerbajgian, accusandoci di tutti i possibili peccati. La Francia suona qui il primo violino, e questo si riflette nelle dichiarazioni dei funzionari di questo paese, nei tentativi di screditare l’Azerbajgian. L’Azerbajgian è descritto come un aggressore, mentre l’Armenia è descritta come una vittima. (…)
Concludendo i miei commenti, vorrei spendere alcune parole sulla normalizzazione delle relazioni tra Azerbajgian e Armenia. Siamo pronti per questo. Siamo pronti a continuare a lavorare sul trattato di pace. Nel caso in cui la mediazione della Federazione Russa venisse respinta dalla parte armena, penso che i negoziati diretti tra i ministri degli Esteri dell’Azerbajgian e dell’Armenia potrebbero rappresentare un’alternativa. Analizzeremo tutte le altre piattaforme, tenendo conto dell’atteggiamento di quei paesi che offrono i loro servizi alla verità – non all’Azerbajgian, ma alla verità e al diritto internazionale».
«L’Azerbajgian minaccia la pace. È così che Baku si prepara a una nuova guerra, parlando di pace. L’Azerbajgian desidera assicurare alla comunità internazionale che non ha intenzione di iniziare una nuova guerra contro l’Armenia. Elchin Amirbekov, Rappresentante con incarichi speciali del Presidente dell’Azerbajgian, afferma che l’Azerbajgian mira a riprendere i negoziati con l’Armenia per raggiungere la pace: “Naturalmente, se l’Armenia ci attacca, non staremo a guardare. Tuttavia, non credo che sia nell’interesse dell’Armenia. Dobbiamo ritornare sulla via dei negoziati. Dobbiamo discutere della delimitazione dei confini e delle linee di comunicazione. Se l’Armenia si unirà ai nostri sforzi per stabilire la pace e la stabilità, saremo pienamente pronti a contribuire. Charles Michel ha svolto un lavoro encomiabile come Presidente del Consiglio Europeo, agevolando la ripresa dei negoziati. Siamo ancora una volta pronti per i negoziati con l’Unione Europea in formato trilaterale. Il nostro obiettivo è porre fine a questa inimicizia che persiste da circa trent’anni. Le affermazioni dell’Armenia secondo cui l’Azerbajgian si sta preparando per una nuova guerra sono del tutto infondate. Rispettiamo l’integrità territoriale dell’Armenia”.
Ora, per quanto riguarda la falsa affermazione: avete sentito qualche dichiarazione di Ilham Aliyev in cui riconosce l’integrità territoriale dell’Armenia, specificando un’area di 29.800 chilometri quadrati? Il Primo Ministro armeno ha dichiarato esplicitamente di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, che copre un’area di 86.600 chilometri quadrati.
Non avete sentito una simile dichiarazione da Aliyev perché in realtà mira a catturare nuovi territori dall’Armenia. È sincero. Non riconosce il territorio armeno di 29.800 chilometri quadrati perché intende provocare una nuova guerra con il pretesto di catturare enclavi e il “Corridoio di Zangezur”. Di conseguenza, l’Azerbajgian non prevede di restituire all’Armenia l’enclave Artsvashen/Bashkyand e altri territori occupati.
Non importa quanto Amirbekov cerchi di correggere la minaccia diretta lanciata recentemente dal Presidente Aliyev all’Armenia, la verità rimane immutata. In una conversazione telefonica con Charles Michel, Aliyev ha ricordato otto villaggi azeri presumibilmente “occupati” dall’Armenia e ha sottolineato la necessità di “liberarli”. Questa è una minaccia molto diretta che l’Armenia si impadronisca del territorio con la guerra, etichettandola come la “liberazione delle enclavi azere”. L’Azerbajgian non ha alcuna giustificazione legale per l’esistenza di enclavi azere sul territorio armeno.
L’Azerbaigian non vuole affrontare la questione delle enclavi durante i lavori della commissione di demarcazione perché non può giustificare la presenza di enclavi azere in Armenia. Dalle dichiarazioni di Ilham Aliyev si deduce che l’Azerbajgian intende lanciare nel prossimo futuro un attacco militare sul territorio armeno per “liberare le enclavi dall’occupazione”.
Se l’Azerbajgian delegasse la questione della demarcazione dei confini al lavoro della commissione, questa sarebbe costretta a restituire l’enclave di Artsvashen/Bashkyand all’Armenia, insieme alle terre conquistate nei quattro villaggi di Tavush.
Negli anni ’90, l’Azerbaigian occupava porzioni significative dei territori di quattro villaggi a Tavush, come il 70% della terra arabile nel villaggio di Berkaber, il 70% nel villaggio di Parabakar, così come la terra arabile dei villaggi di Aygehovit e Vazashen. Ilham Aliyev, che chiede la restituzione di otto villaggi dall’Armenia, dovrebbe specificare un giorno particolare in cui le unità dell’esercito armeno entreranno e stabiliranno il controllo sull’enclave occupata di Bashkyand/Artsvashen e sui territori dei quattro villaggi di Tavush.
Inoltre, l’Azerbajgian dovrebbe fornire una scadenza chiara per il ritiro delle sue truppe dal territorio di 150 kmq che ha occupato in Armenia. Anche l’Unione Europea e gli USA hanno documentato l’occupazione dei territori armeni da parte dell’Azerbajgian. Gli osservatori dell’Unione Europea sono stati schierati in Armenia nell’autunno del 2022 dopo che l’Azerbajgian ha riconosciuto l’occupazione dei territori armeni.
Dato il continuo comportamento distruttivo e le ambizioni aggressive dell’Azerbajgian, l’Armenia dovrebbe rendere il ritiro delle forze di occupazione azerbajgiane dall’Armenia una precondizione per un trattato di pace. Solo a tali condizioni l’Armenia dovrebbe prendere in considerazione la firma di un trattato di pace.
Che tipo di pace si potrà raggiungere se l’Azerbajgian continua ad occupare un territorio di 150 kmq dell’Armenia, l’enclave di Artsvashen/Bashkyand e le terre coltivabili dei quattro villaggi di Tavush?
La Francia presenterà un progetto di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, obbligando l’Azerbajgian a creare le condizioni per il ritorno degli Armeni nel Nagorno-Karabakh. Fino al ritorno degli Armeni nel Nagorno-Karabakh sotto il mandato delle forze di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, si dovrebbe escludere la firma di un trattato di pace con l’Azerbajgian.
L’Azerbajgian, con il pretesto di “stabilire la pace”, ha occupato il Nagorno-Karabakh, ha deportando con la forza 100.000 Armeni e ha occupato almeno 150 chilometri quadrati di territorio dall’Armenia. Oltre alle enclavi, l’Azerbajgian, insieme a Turchia e Russia, ha chiamato la sua rivendicazione territoriale sull’Armenia il “Corridoio di Zangezur”.
In sostanza, l’Azerbajgian etichetta la sua politica di occupazione come “pace” e continua a fuorviare e ingannare gli Stati Uniti e l’Unione Europea, sostenendo che intende negoziare la pace con l’Armenia.
Invece, l’Azerbajgian adotta una dura politica basata sul ricatto politico-militare nei confronti dell’Armenia. Aliyev usa l’intenzione dell’Armenia di acquistare armi dalla Francia come scusa per iniziare una nuova guerra contro l’Armenia. L’Armenia si sta armando per proteggere il proprio territorio dall’occupazione in corso da parte dell’Azerbajgian. La ratifica dello Statuto di Roma è una garanzia giuridica che l’Armenia non ha intenzione di iniziare una guerra.
Infatti, Amirbekov ha dichiarato candidamente che un attacco contro l’Azerbajgian non è nell’interesse dell’Armenia.
Tuttavia, l’Azerbajgian è stato costantemente la parte attaccante, accusando l’Armenia di aver sparato per prima. Oggi gli osservatori dell’Unione Europea sono di stanza in Armenia e dovrebbero intensificare i loro sforzi per registrare eventuali nuovi attacchi da parte dell’Azerbajgian.
Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e le altre potenze occidentali non dovrebbero dimenticare che l’Azerbajgian ha promesso di non iniziare una guerra contro il Nagorno-Karabakh, ma come ha affermato il ministro degli Esteri tedesco Annalena Bärbock, l’Azerbajgian ha infranto quella promessa. Non è offensivo che l’Occidente si lasci ingannare dall’Azerbajgian?» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).