Dopo lo sfollamento forzato del popolo armeno dell’Artsakh. C’è del Buono in questo mondo del Male. È giusto combattere per questo
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.10.2023 – Teresa Mkhitaryan] – Durante la mia vita ho visto il popolo armeno attraversare molte difficoltà – diverse guerre, continui attacchi dai Turchi, dagli Azeri, il terremoto, tantissime fragilità. Ma questa volta ho la sensazione che il Male sia troppo grande, la ferita è troppo profonda. Mi viene in mente il libro di Tolkien Il Signore degli Anelli, quando la cattiveria che esce fuori dagli orchi, diventa sempre più agghiacciante, terrificante, schifosa. Il Male fa male e il Male fa paura. E poi ci sono questi piccoli Hobbit – Frodo e Sam – e la loro bellissima compagnia d’amicizia. Adesso ogni angolo dell’Armenia racconta della tragedia che sta vivendo tutto il suo popolo. I preti piangono insieme con la loro gente.
Un amico prete mi ha chiamato e mi ha detto: «Io non so cosa dire domani durante la predica». Sento centinaia di racconti dalle persone deportate, i racconti sono così tristi che causano un dolore fisico. Tanti, troppi, sono morti durante la fuga. A diversi gli si è fermato il cuore. I nostri preti e i diaconi dell’Artsakh raccontano delle persone che sono morte tra le loro braccia durante la fuga, il loro cuore si fermava per la paura, per la disperazione, per la tristezza di dover lasciare la propria casa, per l’infarto. Anche ad un bambino si è fermato il cuore per la paura.
La strada dall’Artsakh verso l’Armenia è lunga 70km: le persone dell’Artsakh l’hanno attraversata impiegando 2, 3, fino a 4 giorni. Era un’esperienza infernale. La gente non aveva acqua, i bambini svenivano per strada. Succedeva di tutto su quella strada. Una donna ha partorito in un camion, pieno di gente.
I Turchi prima hanno bombardato con i droni, con l’artiglieria pesante, con tutti tipi di armi moderne. Poi, quando sono riusciti a generare un terrore totale, hanno cominciato ad entrare nei villaggi con i carri armati. Tanta gente scappava senza riuscire a prendere neanche i propri documenti.
Poi gli Azeri hanno cominciato a togliere le croci. Nella città di Stepanakert c’era una croce grandissima, alta 30-40 metri, su una collina, è stata subito demolita. Si sono messi a distruggere le antiche chiese armene, subito, prima di ogni altra cosa. Non perdono tempo.
C’era caos e panico totale. Tutti cercavano la benzina per fuggire. Avevano già sentito che gli Azeri avevano ammazzato dei bambini, delle persone anziane, hanno distrutto le case, le croci nel villaggio vicino. E allora scoppiava il panico, perché sapevano che erano venuti per ucciderli.
Una signora anziana racconta che era a casa da sola quando sono entrati 6 soldati azeri, l’hanno picchiata prima sulla testa con i fucili, poi su tutto il corpo. Poi hanno chiesto al loro capo: «La ammazziamo?» E quello per qualche miracolo ha detto di no. L’hanno rapita e portata non so dove, l’hanno tenuta per 6 giorni, l’hanno picchiata e torturata, le davano solo poche gocce d’acqua al giorno. Poi l’hanno rilasciata. E la Croce Rossa l’ha riportata nella parte armena del Paese. (Forse riusciamo ad intervistare questa signora con un giornalista italiano).
Un’altra signora era in auto con la sua famiglia: mentre stavano scappando le si è fermato il cuore ed è morta quando un Azero, con un fucile in mano, ha fermato la loro auto: appena ha aperto la porta, la signora è morta dalla paura. Oggi in Armenia hanno seppellito due bambini, Mikayel e Nver, 8 e 10 anni, uccisi dagli Azeri. Stavano correndo per nascondersi e gli Azeri li hanno uccisi. Ci sono tanti civili morti. Mi chiamano amici armeni da tutto il mondo: «Possiamo parlare almeno due minuti?» E nella voce sento disperazione e profonda tristezza. Si sentono persi. Tutti vogliono sapere: «Cosa sarà di tutto questo?»
«L’Artsakh è una terra sacra, che abbiamo ricevuto dal Signore. Se Dio vuole ci ritorneremo». «Anche se un giorno ritorneremo, non troveremo più il nostro Artsakh di prima, perché dove passano i Turchi, c’è la devastazione e disperazione». Mi risponde la gente di Artsakh, rispondono e piangono.
Anche la mia mamma, che è una donna forte e in tutte le circostanze della vita ha sempre speranza, anche contro ogni logica, ora piange in continuazione. «Mamma, perché piangi?» «Piango per il destino di questa gente. Perché non li hanno lasciati vivere nella loro terra? Hanno resistito millenni: sono venuti i Persiani, i Mongoli, gli Arabi, i Russi a conquistare l’Artsakh. Ma gli Armeni dell’Artsakh hanno sempre combattuto e non hanno mai lasciato la loro terra. Come mai, proprio adesso, con il mondo che è apparentemente preoccupato per ogni polipo che muore nell’oceano, può essere perpetrata un’atrocità del genere verso uno dei popoli più antichi del mondo, gente che non vuole nient’altro che vivere in pace sulla sua terra?»
Ieri ho letto un titolo di un giornale tedesco. Il titolo era: «L’Armenia è il Paese più solo al mondo». È vero. E forse questa totale solitudine serve perché il popolo armeno capisca di nuovo che l’Unica Salvezza viene dal Signore, non dai Russi, non dagli Americani, dai Francesi, dagli Iraniani, ma solo dal Signore.
Ogni tanto mi vengono fatte delle “obiezioni”. «Teresa, stai attenta, quando dici che l’unica salvezza viene dal Signore, perché la gente può pensare che è meglio sedersi sul divano, senza fare niente e aspettare la Salvezza di Dio». «Ma sono due cose distinte». Gli rispondo: si siedono sul divano e aspettano la “salvezza”, non quelli che credono in Dio, ma quelli che credono nella fortuna. Per loro è come giocare al Lotto. Le persone che sono convinte che la Salvezza viene dal Signore lavorano più di tutti. Sanno che davvero poco dipende da loro, ma quello che dipende da loro, lo fanno. Tutti i Cristiani con Cristo che io conosco lavorano più di tutti.
E così in Artsakh c’erano numerosi poster, dappertutto (sotto vi metto una foto come esempio di un poster affisso alla fermata del bus), dove c’era scritto in russo «Карабах, живи спокойно»: Karabakh vivi tranquillamente/vivi in pace, perché il soldato russo è con te.
Vivi in pace, perché il soldato Russo è con te. Nel 2020 c’erano 45.000 mila soldati Armeni dall’Armenia che difendevano le frontiere dell’Artsakh. Nel 2020 hanno firmato un accordo tra la Russia, l’Armenia e l’Azerbajgian dopo l’ultima guerra, secondo il quale l’Armenia avrebbe dovuto ritirare questi 45.000 soldati e al loro posto sarebbero entrati in Artsakh le forze di mantenimento della pace russe, a garantire la sicurezza della popolazione.
La popolazione dell’Artsakh si è fidata completamente dei soldati russi, erano tutti sicuri che anche se l’esercito armeno era uscito, c’erano lì i 2.000 soldati russi che li avrebbero difesi, e questo li faceva sentire al sicuro. Sentivo in continuazione questa frase dalle persone: «Finché i Russi sono qua, nessun Turco oserà toccarci».
Secondo l’accordo che hanno firmato la Russia, l’Azerbajgian e l’Armenia, in Artsakh rimaneva soltanto l’esercito locale, formato da 3.000/5.000 soldati residenti dell’Artsakh e da un paio di migliaia di volontari, uomini di diverse età, che a turno vigilavano sulla frontiera.
E poi è successo quello che è successo. Tanti analisti politici Azeri dicono che questo attacco è una grande vittoria sui Russi, dicono che i Russi sono stati umiliati come mai prima dall’Azerbajgian. E l’Azerbajgian in questo ha tutto il sostegno dell’Occidente. Veramente l’Armenia si è trovata da una parte e l’Azerbajgian, la Turchia, Israele, l’Inghilterra, USA, l’Unione Europea, la Russia e anche il governo armeno dall’altra.
Un’altra volta racconterò cosa vogliono i padroni del mondo dall’Armenia, cosa ha portato alla rivoluzione colorata del 2018 e perché i soldati russi alla fine non hanno garantito “la vita in pace’’ degli Armeni dell’Artsakh. Sono cose che di sicuro non scriverà la grande stampa internazionale. Ma come dice Platone: «Per capire il tutto, bisogna capire il dettaglio. Per capire il dettaglio, bisogna capire il tutto».
Il Regista è sempre lo stesso, quello che scrive la sceneggiatura uguale per tutti Se si capisce quello che è successo nel piccolo Artsakh, si potranno capire tante altre cose che avvengono nel mondo. Nel Signore degli Anelli ci sono gli orchi che vanno in giro a distruggere, uccidere, spaventare e ci sono quelli che stanno dietro questi orchi, quelli che danno gli ordini a questi orchi, I Morgoth, i Saruman,… Anche nella vita reale è così, Tolkien è un genio. Anche quando descrive come i buoni diventano cattivi, quando cominciano ad usare gli strumenti dei cattivi (come nel caso di Saruman).
Quando cerco di consolare gli amici, i conoscenti, che sono terrorizzati, spaventati dal Male, gli dico: «Il Male diventa sempre più evidente, toglie la maschera e lo si vede meglio in faccia, non perché noi ci spaventiamo, ma perché noi possiamo scegliere il Bene, perché noi possiamo essere più certi nella nostra scelta del Bene, più perseveranti nella ricerca del Bene». Io non vedo un’altra spiegazione a questo crescente Male.
Alcuni amici mi hanno chiesto se la pace con i Turchi è possibile. No, non è possibile la pace con quelli che ti vogliono uccidere, sterminare, eliminare dalla faccia della terra, con questi la pace non è possibile.
Il diavolo, finché viviamo, non ci lascia mai in Pace. Gli Azeri o i Turchi (che è lo stesso) non agiscono a caso, come per sbaglio; quando trattano gli Armeni così, loro hanno un PROGETTO CATTIVO. È un progetto, non è ignoranza. E per questo cominciano dall’asilo ad insegnare ad odiare e ad ammazzare gli Armeni.
Durante i tempi dell’Unione Sovietica, mia nonna lavorava come dottoressa in Azerbajgian. Lei e il nonno, che era un militare, erano stati mandati in Azerbajgian a lavorare. Quando è caduta l’Unione Sovietica, gli Azeri hanno cominciato ad ammazzare gli Armeni, come a Sumgait, dove hanno compiuto dei massacri. Io ero piccola, ma mi ricordo che imploravamo la nonna di lasciare l’Azerbajgian e di venire in Armenia. E lei rispondeva: «Ma figuratevi se gli Azeri mi toccano, ho curato migliaia di loro in questi 30 anni, mi chiamano Vardush xala (Zia Vardush)». Sono andati a prendere lei e la famiglia dello zio di notte. Grazie a Dio, un vicino azero l’ha nascosta nella sua cantina, così poi lei è riuscita a scappare in pigiama e ciabatte e a raggiungere la Georgia.
A quel tempo stava cadendo l’Unione Sovietica, e i Turchi si sono dati subito da fare. Vardush xala non ci ha creduto fino alla fine. Quando poi è arrivata in Armenia, aveva sempre nostalgia della sua casa, del suo giardino, mia nonna che si chiamava Varduhi (Rosa), la mamma della mia mamma. Era una grande donna, molto onesta, pulita, curava ogni dettaglio, carina con tutti… E di grande fede.
Da qualsiasi dolore può nascere la gioia. La gioia per me era il fatto che la nonna era vicina, a Yerevan. La vedevo quasi ogni giorno. Ero piccola, mi davano dei soldini per comprare la merenda a scuola, ma io li tenevo e dopo scuola andavo nel negozio a prendere qualcosa per la nonna rifugiata, il più delle volte ricotta e panna acida che le piacevano molto. Correvo da lei, era sempre felice di vedermi, mi sedevo vicino a lei e mi raccontava tantissime storie della sua vita. Di come pregava di nascosto durante il comunismo, di come suo padre scambiava montagne d’oro per avere la farina durante la carestia. Mangiavamo quello che c’era in casa, mi accarezzava, mi sorrideva e poi correvo a casa. Gli incontri con la nonna rifugiata mi facevano tanto felice.
Quando è andata in Cielo, raramente ho pregato per lei, ero così sicura che sarebbe andata subito in Paradiso. Ha trovato la Casa, la Casa vera. Finalmente non avrà più la nostalgia di quella che ha dovuto lasciare su questa terra.
Quando è cominciata la guerra in Ucraina, sapevo benissimo che un’occasione così gli Azeri non l’avrebbero persa di sicuro.
Ho viaggiato tantissimo nella mia vita, e non ho mai visto un Paese che abbia fondato un Museo della Barbarie, come invece ha fatto nel 2021 lo Stato dell’Azerbajgian. Qui mostrano pupazzi grotteschi che rappresentano soldati Armeni morenti, mettono in mostra migliaia di elmetti appartenuti agli Armeni morti. E Aliyev si fa fotografare mentre cammina per il museo tutto orgoglioso, vantandosi di aver ucciso così tanti Armeni. L’hanno chiamato il Museo dei Trofei.
«Un membro del Parlamento Europeo, il Greco Nikos Andrulakis, ha definito l’esposizione “un memoriale della barbarie” che “insulta la memoria dei soldati armeni”. Andrulakis ha invitato le organizzazioni internazionali a rispondere adeguatamente a queste “usanze medievali” che disonorano l’umanità». «L’odio sponsorizzato dallo Stato è la ragione per cui i militari delle forze armate azere hanno torturato e ucciso brutalmente i militari e i civili Armeni, con particolare cinismo e senza nemmeno coprire i loro volti, senza pensare alla responsabilità, convinti che per tali azioni saranno solo premiati ed elogiati» [QUI e QUI].
Come è possibile convivere con loro? Non è possibile. L’unico modo è contenere l’indole barbarica che hanno dentro. Infatti, i loro antenati Tartari erano saccheggiatori e seminatori di terrore.
«Racconta una leggenda molto antica, presente anche nella tradizione di alcuni popoli di lingua turca, che i Tartari discendono dal lupo, perché in tempi lontanissimi un loro antenato avrebbe diviso con un branco di lupi una caverna e da questo incontro sarebbe nata la loro progenie. Tra lupi e creature infernali, insomma, c’era di che aver paura!»
«Fu proprio nel corso del 13° secolo, dopo il terribile impatto con le incursioni, che il nome Tatari, subì una significativa trasformazione e divenne Tartari, con una chiara allusione a creature infernali e diaboliche. Il Tartaro, infatti, è l’inferno, il luogo dove sono rinchiusi coloro che per la loro crudeltà scontano pene eterne».
Ci sono tantissimi modi per contenere questa natura barbarica, ma quando Ursula von der Leyen nel suo discorso con Aliyev in 5 minuti dice 5 volte che l’Azerbajgian è un partner molto affidabile per l’Europa e questo nel 2022, (cioè dopo che Aliyev aveva costruito questo Museo dei Trofei) questo sì che è dare carta bianca alla barbarie atavica di questo popolo.
E tornando al Signore degli Anelli’, c’è un passaggio bellissimo che voglio attaccare sul mio frigo: «Sam: “È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte; ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so: le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto; andavano avanti, perché loro erano aggrappati a qualcosa”. Frodo: “Noi a cosa siamo aggrappati Sam?”. Sam: “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo: è giusto combattere per questo!”» (Il Signore degli anelli – Le due torri).
Anche io come Sam, sono convinta che: ’’C’è del BUONO in questo mondo: è giusto combattere per questo!»
Un abbraccio forte e grazie per la vostra Amicizia.
Postscriptum
Mi chiedevano come si può aiutare gli Armeni di Artsakh. Si potrebbe fare tramite la nostra associazione Il Germoglio. O con la carta di credito tramite il sito Germoglio.ch o con un bonifico al conto bancario/conto postale:
Intestato a Associazione il Germoglio
Banca: PostFinance
Iban: CH2909000000690569590
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