La Santa Sede chiede di dare nuovo vigore al processo di disarmo nucleare
Bisogna “dare nuovo vigore al processo di disarmo nucleare, compreso un progresso autentico nello smantellamento delle armi nucleari”. L’appello è di Dominique Mamberti, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, intervenuto alla 57esima conferenza generale dell’AIEA (Agenzia Internazionale di Energia Atomica).
Quando l’AIEA fu fondata, nel 1957, la Santa Sede fu chiamata ad esserne parte e ne fu uno degli Stati fondatori. Questo perché la comunità internazionale aveva bisogno di una autorità morale super partes che prendesse parte al dibattito sulle modalità di utilizzo dell’energia atomica, promuovendone gli usi per la cooperazione e lo sviluppo a discapito di quelli bellici.
È in veste di Stato fondatore che la Santa Sede è stata chiamata ad intervenire alla 57esima conferenza generale dell’Agenzia.
Da sempre, la Santa Sede si impegna per il disarmo integrale. Giovanni XXIII, nella sua enciclica Pacem in Terris (di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario) aveva ricordato che “gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze”. E poi puntava al disarmo degli spiriti, perché si potesse procedere al disarmo integrale, e perché una pace vera fosse possibile.
Mamberti ricorda l’enciclica di Giovanni XXIII e la definisce incredibilmente attuale. E coglie l’occasione per “rinnovare il nostro invito ai leader delle nazioni a porre fine alla produzione di armi nucleari e a dirottare il materiale nucleare dagli scopi militari alle attività pacifiche”. Il “ministro degli Esteri vaticano” sottolinea che c’è bisogno di una “adesione universale e incondizionata all’attuazione del Trattato di non proliferazione, come anche del Trattato di bando complessivo dei test nucleari, che è uno strumento importante per raggiungere questo obiettivo, al di là della sua potenziale applicazione civile e scientifica attraverso il suo sistema di monitoraggio internazionale”.
Non solo. La Santa Sede ha firmato un protocollo aggiuntivo, uno strumento legale “volto a garantire una maggiore trasparenza internazionale”.
L’umanità si trova in un “difficile crocevia” caratterizzato da “una sempre maggiore interdipendenza”, e per questo ci si deve domandare se “l’uso della forza costituisce una soluzione sostenibile nel tempo”.
In questo difficile crocevia si inseriscono anche i recenti tragici sviluppi in Medio Oriente. Papa Francesco aveva – nell’Angelus del 7 settembre che aveva seguito la veglia di preghiera per la pace – sottolineato che la decisione “forte e coraggiosa di rinunciare al male” comporta, tra l’altro “dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve, alla violenza in tutte le sue forme, alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale.”
E la Santa Sede era stata tra gli Stati che avevano protestato e stigmatizzato il mancato rinnovo dell’embargo dell’invio di armi ai ribelli in Siria lo scorso agosto, sostenendo che “la pace non si raggiunge con l’invio di nuove armi”.
Davanti all’assemblea generale dell’AIEA, Mamberti sottolinea ancora una volta la “profonda preoccupazione della Santa Sede per i recenti tragici sviluppi in Medio Oriente” e sostiene con forza “gli sforzi per istituire una zona mediorientale libera da armi nucleari e da tutte le altre armi di distruzione di massa”.
Questo perché “le zone libere da armi nucleari sono l’esempio migliore di fiducia e di sicurezza, e l’affermazione che la pace e la sicurezza sono possibili senza il possesso di armi nucleari. Inoltre, la conclusione, da parte di tutti gli Stati di quella regione, dell’Accordo comprensivo di salvaguardia e dei Protocolli, costituirebbe un grande contributo alla sicurezza dell’intera regione”.
Mamberti parla anche dei negoziati sul programma nucleare dell’Iran. Il momento sembra difficile, si parla di uno stallo. Ma Mamberti ribadisce che “la Santa Sede è fermamente convinta che le difficoltà attuali possono e devono essere superate attraverso i canali diplomatici, facendo uso di tutti i mezzi a disposizione della diplomazia, e reputa necessario superare i diversi ostacoli che oggettivamente impediscono la fiducia reciproca”.