Il fondamento evangelico della giurisdizione ecclesiastica: distinzione fra foro interno e foro esterno’

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Per Tommaso il forum poenitentiale non riguarda l’ambito giuridico ma solamente le relazioni che ciascun fedele ha coram Deo. Sebbene egli non negò che la potestas clavium attribuita da Cristo ai suoi apostoli contenesse la potestas iurisdictionis ( foro esterno), il suo pensiero contribuì a mettere in secondo piano il carattere giuridico proprio della potestas clavium quando esercitata nell’ambito del sacramento della penitenza. Viene evidenziato che il forum poenitentiale si poteva suddividere in due ambiti, un forum conscientiae, più ampio, che opera extra sacramentum poenitentiae ed un secondo, più ristretto, comprendente il forum sacramentalis iudicij poentientiae129.

Si viene così a determinare una distinzione nel foro interno tra il foro della coscienza ed il foro penitenziale, nel primo si concedono favori per il bene dei fedeli, mentre nel secondo si presuppone l’esistenza di una colpa che necessita di essere rimessa dal sacerdote nel sacramento della confessione per porre rimedio ad un vincolo contratto apud Deum.

Sarà solamente con il Concilio di Trento e con la nascita del concetto di foro interno extrasacramentale che si inizierà a riflettere sul fatto che il forum conscientiae non coincide perfettamente con il sacramento della confessione e dunque è in questo periodo che «Si affermò così l’idea che il f. internum (rispett. f. conscientiae) non si identifica con il f. poenitentiale, bensì designa un operato dell’autorità sia in sacramento che extra sacramentum; in tal modo la peculiarità di un atto posto nel campo interiore veniva ravvisata nel fatto che ad esso mancava l’efficacia pro foro externo».

Differenti sono anche i criteri che vengono utilizzati per il giudizio nel foro interno. Mentre infatti nel foro esterno la valutazione dovrà effettuarsi sulla base delle leggi, in quello interno il rigore delle leggi o della giustizia dovrà lasciare spazio all’aequitas, considerando le questioni nell’ottica del giudizio di Dio e secondo ciò che un uomo giudica buono ed equo.

A ciò si aggiunga che le indicazioni date nel foro interno non obbligano mai il fedele nel foro esterno1. Si comincia quindi a sviluppare una sorta di procedura peculiare per la trattazione dei casi di foro interno, in parte differente rispetto a quella utilizzata per il foro esterno, che contribuirà a fornire ulteriori elementi per distinguere i casi da trattarsi nell’uno piuttosto che nell’altro foro (perfezionati e codificati nel vigente sistema a cui ho già fatto cenno).

Pertanto, ribadisco le mie congratulazioni all’autore (con cui sono in contatto epistolare tramite mail dal 17/9/23) per le sue originali intuizioni e per la sua preziosa, ricostruttiva opera giuridico-teologica, da me già citata alla quale rinvio i lettori per acquisire altri aspetti storici della materia della quale l’ultimo Concilio concluso nel 1965 nei documenti prodotti (4 Costituzioni, 9 Decreti e 3 Dichiarazioni) ha sviluppato completi approfondimenti su importanti, ulteriori, collegate tematiche non ancora integralmente attuate oggi dagli organi ecclesiastici, come qui confermato (“Bisogna valorizzare la coscienza ed il metodo del discernimento e non ci sono soluzioni eterne ma bisogna mettersi in ascolto dei segni dei tempi per elaborare risposte sempre nuove e più adeguate.

L’esercizio della coscienza, retta e formata, non ha facilitato le cose ma richiede una possibilità di decidere da solo in modo maturo e non superficiale” cfr. Le Costituzioni del Concilio “https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&cad=rja&uact=8&ved=2 ahUKEwjq5anU6KmBAxVMQ_EDHaw3D5U4HhAWegQIBBAB&url=https%3A%2F%2Fdiocesibg.it%2Fwp-content%2Fuploads%2Fsites%2F2%2F2019%2F01%2F3INCONTRO_EZIOBOLIS. doc&usg=AOvVaw0R6LcfcJBBVePWJdp245cI&opi=89978449 “).

Conclusivamente confermo che la coscienza debba essere considerata l’elemento fondante del foro interno e del foro esterno, a tal uopo ritengo utile riportare sinteticamente una delle tesine in Teologia morale da me elaborate sul tema.Com’ è noto, Il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo parla poco di morale, ma ha dato ledirettive metodologiche nel Decreto ‘Optatam Totius’ e nella Dichiarazione ‘Dignitatis Humanae’ ed i saggi nelle Costituzioni LG e GS.

Il Decreto, sulla formazione dei futuri sacerdoti (n. 16d), basandosi sui principi posti dalla Costituzione DV (n. 24) sull’uso della Scrittura in Teologia, dà le direttive per la elaborazione di una morale centrata sul mistero di Cristo e sulla storia della salvezza (p. 331 Libro di testo del Corso STB).

La Dichiarazione (n. 14c) mette in luce come la teologia morale, biblicamente vivificata,viene completata dalla filosofia morale perché il fondamento ultimo dei diritti della coscienza sta nella dignità della persona umana in quanto gli elementi razionali sono assunti nella fede.

La Costituzione (dogmatica) LG (39-42) presenta una morale della carità integrale invitando tutti, ognuno secondo i propri doni ed uffici, ad avanzare senza indugi verso la via della fede viva la quale accende la speranza ed opera per mezzo della carità. La Costituzione (pastorale) GS, superando un’etica individualistica, traccia i principi fondamentali di una morale sociale a livello planetario, proponendo (n. 16) in forma sistematica ed autorevole una riflessione sulla coscienza morale, la quale occupa un posto centrale nell’antropologia (i cui principi fondamentali in‘Antropologia criminale’ ho insegnato all’Università di Palermo e successivamente in altre 10 collegate discipline giuridiche, dal 1983 al 2013, elaborando 30 pubblicazioni, esercitando anche il ruolo di Dirigente c/o la Procura della Magistratura di controllo ex artt. 100 e 103 Cost. F.Trombettahttps://www.facebook.com/groups/1793231040908299/permalink/1816818285216241) e si pone in continuità con l’intelligenza, tesa alla ricerca del vero, e con la libertà, tesa alla ricerca del bene.

Pertanto, l’uomo ha una legge scritta da Dio dentro il suo cuore secondo la quale sarà giudicato in quanto la coscienza è il nucleo più segreto ed il sacrario dell’uomo dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria; tramite la coscienza si fa conoscere, in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo. Quanto più prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali (abbiamo l’esempio del nostro gruppo “Il buon Pastore) si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità.

Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l’uomo poco si cura di cercare la verità ed il bene e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato (e del reato), essa è pure portavoce della legge naturale che tende ad attuarsi come legge dell’amore verso Dio ed il prossimo. Il problema della ‘coscienza invincibilmente erronea’ (cioè non ancora in grado di superare l’errore) viene esaminato sotto 3 aspetti in quanto si colloca:

a)alla base di tutti i presupposti di natura sociale; b)a livello di ragionamento morale (per una sbagliata deduzione dei principi etici); c) sul piano pratico (l’uomo sbaglia per debolezza di carattere o per leggerezza o per consapevoli situazioni conflittuali, cioè opzione fra bene e male, fra comportamenti leciti ed illeciti).

In definitiva la coscienza, determinante in foro interno ed in foro esterno, ha 3 funzioni: -Intellettiva (quando realizza il processo che porta alla formulazione del giudizio morale); -Parenetica (quando assume il ruolo di spronare la volontà a fare sempre il bene potenziale); -Volitiva (quando è considerata come la facoltà che attua la scelta morale fondamentale che nel Diritto è riferita all ‘elemento psicologico degli illeciti).

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