Papa Francesco manda un messaggio per la beatificazione del Cura Brochero, un “vagabondo della fede” pioniere delle periferie esistenziali
Qualcuno già pensa che, una volta santo, sarà proclamato patrono dei sacerdoti argentini. E un po’ lo lascia pensare la lettera che Papa Francesco, già Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, ha inviato per la beatificazione del Cura Gaucho, ovvero il sacerdote gaucho. In una parola, José Gabriel Brochero.
Una lettera in cui Papa Francesco rispolvera tutto il suo vocabolario riguardo la vita sacerdotale. Un vocabolario che conosciamo bene, tante volte lo ha declinato da quando è diventato pontefice. C’è tutto, in questa breve e intensa lettera di Papa Francesco: dal sacerdote che non pettina le pecore al sacerdote che va alle periferie esistenziali fino al sacerdote che tocca la carne del povero. Tutto questo era, per Papa Francesco, il cura Brochero.
E che ci tenesse moltissimo a questa beatificazione lo ha testimoniato il cerimoniere argentino Guillermo Karcher, argentino, che è partito alla volta di Villa Cura Brochero (la cittadina argentina che ha preso il nome del nuovo beato) insieme al card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, per celebrare la beatificazione.
“Prima di venire – ha detto Karcher ad un giornale argentino – sono andato a salutare il Papa. Gli ho detto: ‘Santità, io sto andando’. E lui ha risposto: ‘Dai un abbraccio grandissimo a tutti, e che sia questo un momento privilegiato, di grande grazia per tutti, per la patria. Che sentano che io sono presente, e che gli accompagno con i miei sentimenti e con il mio cuore”.
Chi è dunque il Cura Brochero per Papa Francesco? È – si legge nel messaggio – “un pioniere nell’andare verso le periferie geografiche ed esistenziali, per portare a tutti l’amore e la misericordia di Dio. Non si è chiuso nella parrocchia, si è messo sopra la mula e si è persino ammalato di lebbra a forza di uscire a cercare la gente, come un sacerdote callejero (vagabondo) delle fede. Questo è quello che Gesù ci chiede oggi: di essere discepoli missionari, vagabondi della Fede”.
Del Cura Brochero (ordinato sacerdote nel 1866) cominciarono a parlare i giornali quando arrivò a Cordoba con un gruppo di parrocchiani. Aveva compiuto a cavallo i “caminos de herradura” [cammini di ferro da cavallo] che a volte raggiungono i 2000 metri di altezza. Di fronte alle difficoltà del viaggio e il gran numero di giorni che gli esercitanti devono lasciare le loro case e mestieri, Brochero decide di costruire una Casa di Esercizi Spirituali nel villaggio di transito “Villa del Tránsito” (attuale “Villa Cura Brochero”). Lo fa disposto ad ottenere una maggiore partecipazione e inizia così la sua grande opera.
Un’opera che porta alla Costruzione di una Casa degli Esercizi nel 1877, di una casa per le bambine nel 1880. E poi, la cura dei malati, che porterà il cura Brochero ad essere contagiato dalla lebbra. In ogni sua opera non manca la lettura della Parola, la riflessione del Vangelo, la riflessione. La sua figura in Argentina è popolarissima, e ha influito anche sulla spiritualità di Jorge Mario Bergoglio. E molto si sarebbe potuto capire di Papa Francesco visitando la mostra sul Cura Brochero allestita negli scorsi mesi nel Braccio di Carlo Magno.
Nel suo messaggio, Francesco dice che “gli piace immaginare oggi Brochero parroco sulla sua mula malandata, che percorre le larghe strade aride e desolate dei 200 chilometri quadrati della sua parrocchia, cercando casa per casa i bisnonni e i trisnonni di ciascuno, per chiedere loro se hanno bisogno di qualcosa e per invitarli a fare gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. Conosceva tutti gli angoli della sua parrocchia. Non si era chiuso in sacrestia a pettinare le pecore”.
Il dato degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio è forse quello che avvicina di più Papa Francesco alla spiritualità del Cura Brochero. Questa passione per il metodo ignaziano venne al giovane José Gabriel del Rosario quando entrò nell’Universidad de San Carlos, a Cordoba. Era il 1858. I sacerdoti gesuiti erano rientrati dall’espulsione, e avevano avviato lì la pratica degli Esercizi Spirituali di San Ignazio di Loyola. E Brochero, che si distingue subito come un sacerdote che sa parlare al cuore della gente, prende da lì tutta la sua carica spirituale.
“El Cura Brochero – prosegue il Papa – era una visita dello stesso Gesù ad ogni famiglia. Portava con sé l’immagine della Vergine, il libro di orazioni con la parola di Dio, le cose per celebrare la Messa del giorno. Lo invitavano a prendere il mate, a parlare, e Brochero parlava in un modo che tutti potevano comprendere perché gli veniva dal cuore, dalla fede e dall’amore che aveva per Gesù”.
Il Papa ricorda di Brochero le lunghe preghiere davanti al crocifisso, il fatto che tutti ricevevano i sacramenti durante gli esercizi spirituali e con questi “la forza e la luce della fede per essere buoni figli di Dio, buoni fratelli, buoni padri e madri di famiglia, in una grande comunità di amici compromessi per il bene di tutti, che si rispettavano ed aiutavano gli uni con gli altri”.
Insomma, la figura del Cura Brochero “ci invita alla preghiera, all’incontro con Gesù che ci libera dalle durezze della vita per uscire in strada a cercare il fratello, a toccare la carne di Cristo che soffre e che ha bisogno dell’amore di Dio. Solo così potremo gustare l’allegria che sperimentò il Cura Brochero, anticipo della felicità di cui lui gode ora come beato in cielo”.