Papa Francesco incontra Maria Voce. Che gli presenta l’utopia di un mondo unito

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Papa Francesco incontra l’utopia del Mondo Unito. Che è poi quella che, in questi giorni di tensioni, ha fatto moltissimo nel tessuto sociale giordano e mediorientale, diffondendo quell’idea di dialogo (tra religioni, tra culture, tra persone) di cui in Medio Oriente si sente molto bisogno. E così, Maria Voce è andata a riferire a Papa Francesco degli esiti del suo viaggio in Giordania, programmato due anni fa, che è andato a cadere in un momento difficilissimo per la regione. Lì ha incontrato il re di Giordania, che si è proclamato suo “fratello”. Lì è stata a parlare al Royal Institute for Interfaith Dialogue. E lì ha incontrato 560 esponenti del movimento provenienti da ogni parte del Medioriente (giovani, famiglie, sacerdoti, religiosi, impegnati nella vita sociale come il direttore di Caritas Giordania). A testimoniare, in fondo, che il mondo unito è possibile.

Qualcuno l’ha chiamata “la diplomazia parallela”. Che il lavoro di dialogo e di raccordo tra religioni e comunità possa essere una diplomazia, è cosa certa. Ma non si tratta certo della diplomazia delle feluche, dell’incontro con i grandi capi. Nel caso del Movimento dei Focolari, è successo piuttosto che sono stati i politici, gli intellettuali, a cercare l’incontro, consapevoli in fondo che di questa diplomazia meno “protocollare” e più di vita c’è un gran bisogno.

Anche di questo Maria Voce ha parlato con Papa Francesco, che l’ha incontrata al termine di un viaggio in Giordania che è durato dal 29 agosto al 10 settembre, sulle orme di quello che la fondatrice del movimento Chiara Lubich fece in quel territorio alle soglie del 2000, nel 1999.

Francesco e Maria Voce – secondo il comunicato del Movimento dei Focolari – hanno parlato di moltissimi argomenti: dall’azione capillare, materiale e spirituale, in favore delle famiglie e dei giovani in molte località della Siria, alle iniziative culturali promosse in Cina; dal dialogo interreligioso con esponenti buddisti, musulmani ed ebrei al coinvolgimento nel progetto “Amazzonia” lanciato dalla Conferenza episcopale del Brasile per l’evangelizzazione di quell’immensa area; dalle testimonianze di perdono e di riconciliazione in diversi Paesi dell’Africa feriti dalla guerra al rivitalizzarsi di rapporti di fraternità e di reciprocità nei quartieri anonimi di diverse metropoli d’Occidente, all’intraprendere iniziative nella sfera sociale, come l’Economia di Comunione.

Maria Voce – riferisce il comunicato – ha raccontato che Papa Francesco  “parlando dell’una o dell’altra situazione, diceva quanto è importante che ci siano i movimenti a sostenerle. Si sente che il Papa vi riconosce la capacità  di rimettere in primo piano la radicalità della vita evangelica”.

Una radicalità che è stata al centro delle parole della presidente del Movimento nei vari incontri. Al Rosary di College di Amman, ha incontrato uno spaccato della realtà ecclesiale del Paese. C’erano mons. Giorgio Lingua, Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq; mons. Selim Sayegh, vescovo emerito latino, Mons. Yasser Ayash, vescovo greco-cattolico, e Mons. Salomone Warduni, vescovo ausiliare caldeo di Baghdad. Ma c’erano anche archimandriti, religiosi, religiose, laici della Chiesa cattolica (latina, melchita e caldea) e delle Chiese ortodossa, luterana e anglicana.

A queste oltre 300 persone, Maria Voce ha voluto sottolineare che grazie alla spiritualità di comunione “abbiamo visto fiorire la comunione all’interno della Chiesa fra i vari Movimenti che la arricchiscono; fra i vari carismi antichi e nuovi. Inoltre abbiamo visto quanto essa contribuisce all’unità dei cristiani e anche ad aprire quel dialogo con persone di altre religioni, che rappresenta una delle frontiere più impegnative e urgenti del terzo millennio.”

E ne sono arrivati in 560 per incontrare Maria Voce e il co-presidente del Movimento Giancarlo Faletti ad Amman, presso la scuola Terra Santa dei Padri francescani. Vero è che la scelta di andare in Giordania a vedere le comunità focolarine è nata due anni fa (Maria Voce sta andando ad incontrare tutti, uno per uno). Ma è anche vero che la scelta si è dimostrata in qualche modo profetica.

In un momento di straordinaria difficoltà (anche di spostamenti) per la regione, i giovani ci hanno tenuto a far sentire la loro presenza. Non ce l’hanno fatta ad arrivare da Libia e Tunisia, ma in fondo l’arco meridionale del Mediterraneo dalla Grecia fino all’Algeria era rappresentato. E c’erano anche persone anche dal Marocco e, poi, dalla Siria, dall’Iraq e da alcuni Paesi del Golfo Persico, dagli Emirati Arabi.

Il momento più toccante dell’incontro è stata la lettura di una lettera arrivata dalla Siria, da dove i giovani non si sono potuti muovere. “Sapete che viviamo un tempo difficile – dicevano quelli che non hanno potuto muoversi – tempo di guerra con la sua crudeltà, pieno d’odio e di conflitti, un tempo dove prevale l’ingiustizia […] Ma in mezzo a questo dolore […] continuiamo nonostante tutto a costruire ponti di amore e di unità con gli altri […] seminiamo la speranza nell’umanità sofferente attorno a noi, riempiamo i cuori tristi con la presenza di Dio, facciamo di tutto per portare l’amore agli altri. […] Preghiamo oggi con voi  per la Pace tanto minacciata nel mondo e nel Medio oriente, soprattutto in Siria, Egitto, Libano ed Iraq e perché trionfi l’amore di Dio nel mondo”.

L’utopia del mondo unito ha avuto anche momenti di difficoltà nei Paesi mediorientali. D’altronde, portare il dialogo come via della pace non è un obiettivo semplice. I focolarini hanno iniziato in Algeria e Turchia, dove hanno sviluppato il dialogo con i musulmani e quello ecumenico con gli ortodossi. E oggi uno dei grandi traguardi del dialogo è che i focolari di Algeria siano popolati proprio da persone di religione musulmana, cresciuti quindi al di fuori dell’ambito cristiano in cui si è sviluppato il movimento.

E lo sa bene anche re Abdullah II di Giordania, che ha fatto del dialogo interreligioso uno degli obiettivi principali del suo regno. Ha voluto incontrare personalmente Maria Voce, perché i focolarini sono quelli che più di tutti hanno dato sul territorio impulso al dialogo interreligioso.

Erano passati pochi giorni dalla visita di Abdullah a Papa Francesco. Maria Voce ha sottolineato al re di Giordania che è stato proprio lo spirito di apertura e tolleranza che caratterizzano il Paese ad aver reso possibile una serie di incontri. E Abdullah – racconta Maria Voce – ha chiesto di rimando: “E noi cosa possiamo fare per continuare questo lavoro?”. E poi – continua la presidente del movimento – “ha espresso la sua preoccupazione per la situazione nella Regione, per le grandi sfide e non ha nascosto la sua preoccupazione riguardo le comunità cristiane. Soprattutto, però, mi ha detto che dobbiamo affrontare insieme questa crisi e queste incertezze”.

Tra le tappe del viaggio in Giordania c’è stata la visita al Royal Faith Institute for Inter-Faith Studies di Amman. Fondato 1994 sotto l’alto patronato di Sua Altezza, il Principe El Hassan bin Talal, il RIIFS, infatti, mira a promuovere valori etici ed umani comuni, nello sforzo di eliminare stereotipi fuorvianti riguardo all’ ‘altro’. Gli studi dell’istituto sono focalizzati soprattutto sul rapporto tra Islam e cristianesimo nel mondo arabo. E negli ultimi due anni l’impegno dell’istituto è stato centrato sulla  ‘Promozione del Messaggio di Amman’, ovvero del discorso tenuto nella Moschea degli Hashemiti davanti a re Abdullah dallo Sheikh Izz-Eddine Al-Khatib Al-Tamimi, Consigliere di Sua Maestà il Re Abdullah II per gli arabi islamici, Presidente della Corte Suprema del Regno Hashemita di Giordania. Era il 9 novembre 2004, Laylet Al Qader (La notte del destino), e il discorso era una dichiarazione di impegno al dialogo da parte del mondo musulmano giordano ed un incoraggiamento a lavorare per esso sulle basi dialogiche del Corano.

Maria Voce ha parlato dell’esperienza del dialogo del Movimento, e riconoscendo anche i tentativi di dialogo di grande rilievo, uno dei quali è proprio quello della Giordania. Un Paese – ha sottolineato la presidente del movimento – dove musulmani e cristiani vivono da centinaia di anni fianco a fianco, offrendo una grande testimonianza di buona coesistenza. Esprimo quindi la mia stima per la famiglia Hashemita che ha saputo sostenerla e svilupparla con saggezza e lungimiranza lungo gli anni.” Maria Voce ha manifestato anche grande apprezzamento per “le innumerevoli iniziative promosse da Sua Altezza il Re Abdullah II Ibn Al-Hussein per rinforzare la coesistenza, tra cui il Messaggio di Amman del 2004, la “Kalimat Sawa” (parola comune tra noi) del 2007 e la sua importante iniziativa internazionale del 2010, accolta dall’ONU, di indire ogni anno una settimana dedicata alla concordia tra le persone di differenti fedi.”

Ma il dialogo è una via difficile, costellata di difficoltà, che vengono anche da ferite del passato mai rimarginate.  Abd Alsalam Alabbadi , già Ministro degli Affari Religiosi, Dr. Abd Alsalam Alabbadi, ha affermato: “Abbiamo gioito di questo discorso. Il punto è come possiamo mettere in pratica quanto Maria Voce ha detto, soprattutto in certe situazioni. Il Corano insiste sulla giustizia. A parte l’amore è necessario anche fare programmi per la giustizia e per assicurare i diritti umani. Qui noi sentiamo che l’occidente non si è sempre comportato con giustizia con noi”.

Per costruire un mondo di pace, si devono allora superare le reciproche diffidenze. Maria Voce ha lasciato in Giordania i suoi “fratelli e sorelle Focolari”, e ha riferito ieri dei contenuti del viaggio a Papa Francesco. Gli ha messo davanti l’utopia del mondo unito. E in fondo non è detto che le utopie non debbano realizzarsi, con il contributo di tutti.

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