Ruini e D’Alema presentano il cristianesimo dell’Europa secondo Marcello Pera

Perché dobbiamo dirci cristiani? Marcello Pera recupera la frase storica di Benedetto Croce e la rivolta. Il “battesimo” dell’Europa non può essere rinnegato quando si parla di valori su cui fondare la convivenza nel nostro continente e l’accoglienza di chi viene a vivere da noi. E’ la sfida dell’ identità.
Il professore universitario ex presidente del Senato in una affollata serata romana ha riunito il cardinale Camillo Ruini e Massimo D’Alema per presentare il suo libro. “Perché dobbiamo dirci cristiani. Il liberalismo, l’ Europa e l’etica”, edito da Mondadori e appena arrivato in libreria sull’onda di un polemica giornalistica nata dalla lettera che introduce il saggio firmata da Benedetto XVI.
Avevano scritto insieme “Senza Radici”, proprio sull’ identità cristiana dell’ Europa, e la loro amicizia intellettuale si è andata rafforzando nel tempo. “ E’ l’ unico che mi ha intellettualmente costretto a riflettere sui valori cristiani”, ha detto il senatore Pera del papa. “Non mi ha chiesto se credevo o no. Sarebbe bastato un monosillabo per rispondere e sarebbe finito tutto. Mi ha chiesto come giustificavo i valori che considero fondamentali e se ero disposto a confrontarli con gli altri.” Il filosofo Pera ancora a confronto con la laicità molteplicità culturale. All’evento di giovedì pomeriggio a Palazzo Wedekind , la sede de “ Il Tempo” a Roma tra i molti ospiti, politici e religiosi, anche Gianni Letta seduto a fianco a Georg Gaenswein. Ma anche Rino Fisichella, Pierferdinando Casini, May Ann Glandon, Giulio Andreotti, e il teorico dei neo-con Nowak all’ amministratore delegato di Finmeccanica. Nella sua relazione Camillo Ruini ha riletto le pagine del libro.
“Un libro a tesi, in senso positivo, in quanto sostiene una posizione dichiarata con chiarezza fin dall’inizio e poi argomentata attraverso tutte le pagine. Già nell’introduzione Marcello Pera scrive: “La mia posizione è quella del laico e liberale che si rivolge al cristianesimo per chiedergli le ragioni della speranza”. La conclusione di tutto il percorso, e anche di ciascuno dei tre capitoli in cui il libro si articola, è quindi che “dobbiamo dirci cristiani”: una conclusione forte e in buona misura contro corrente, cosa di cui l’Autore è ben consapevole. Il libro si colloca pertanto dentro al grande dibattito riguardo al cristianesimo che attraversa da alcuni anni, con nuovo vigore, tutto l’Occidente. Un dibattito che si muove tra due poli: quello di coloro che vorrebbero espungere il cristianesimo dalla nostra cultura pubblica, o almeno ridimensionare la sua presenza, e quello di coloro che cercano invece di mantenere e rimotivare questa presenza, ritenendola oggi particolarmente necessaria e benefica.” ”Essere cristiani per cultura ha poi detto il cardinale nel dibattio, non significa che ogni cittadino debba essere cristiano ma che la cultura a cui fa riferimento e’ quella di matrice cristiana”, una cultura che, per sua natura, ”e’ inclusiva”.
”Quando parliamo del cristianesimo – ha detto Ruini a braccio dopo aver letto un discorso scritto – non parliamo per nulla di una religione esclusivista, parliamo di una religione che fa riferimento a Gesu’ Cristo come unico salvatore e che e’ la religione dell’amore e quindi dell’inclusione. E’ proprio questo il nucleo importante dell’annuncio cristiano cioe’ l’amore universale, fino all’amore per il nemico”. Massimo D’Alema nella sua presentazione ha spiegato che la laicità “non è un problema, è una straordinaria risorsa ma non deve diventare negazione di valori, un tema su cui è giusto che ci sia un confronto tra laici e cattolici”.Il presidente della fondazione Italianieuropei ha detto: “Io continuo a preferire il titolo di uno straordinario scritto di Benedetto Croce ‘Perchè non possiamo non dirci cristiani’, si riferiva al peso della rivoluzione cristiana nella formazione del pensiero moderno, ancorchè per affermarsi quel pensiero ha dovuto combattere contro l’oscurantismo clericale.” Insomma, suggerisce D’Alema, le diverse culture devono interagire attraverso la “mediazione del confronto laico”.
E anche a questo proposito torna utile l’esempio di Obama: “Nei discorsi del nuovo presidente americano – osserva l’ex vicepremier – e’ contenuta una delle critiche piu’ significative dell’uso politico della religione negli Stati Uniti e ai leader conservatori” che hanno cavalcato la frattura e “la diffidenza reciproca che esiste fra America religiosa e America laica”. Insomma l’ Europa cristiana deve recuperare la sua identità per poter accogliere le altre culture e confrontarsi realmente. Anche per per questo tutti sembravano d’ accordo su una certa prudenza all’ ammissione della Turchia nell’ UE. Prima almeno bisognerà capire chi siamo.