Presentazione a Bergamo del libro “Jackeline”

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Dopo aver presentato il 24 agosto scorso in anteprima [#Jackeline. La tratta di persone in Perù] il promo e l’introduzione (scritta dalla Dott.sa Iole Galasso, Viceprefetto Vicario e Coordinatore della Prefettura di Bergamo), del nuovo libro #VoltiDiSperanza N.43 Jackeline di Mons. Luigi (Gigi) Ginami, pubblicato della Fondazione Santina con Amazon Kindle Direct Publishing (105 pagine), ecco l’annuncio della presentazione.

Fondazione Santina – Promo #VoltiDiSperanza N. 43 Jackeline. La tratta di persone in Perù.

La presentazione del libro Jackeline, uscito il 28 agosto 2023, si svolgerà in occasione del X anniversario della nascita dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus e avrà luogo a Bergamo presso la chiesa  del Monastero di Santa Grata in via Arena, venerdì 20 ottobre 2023 alle ore 18.30.

Interverranno Dott.ssa Jole Galasso, Viceprefetto di Bergamo; Dott. Alberto Ceresoli, Direttore dell’Eco di Bergamo; e Don Roberto Trussardi, Direttore della Caritas di Bergamo. Seguiranno le comunicazioni dell’Avv. Paolo Amoroso e del Dott. Paolo Marchesi, del Consiglio di amministrazione della Fondazione Santina Onlus. Modera i lavori Dott. Emmanuele Berbenni.

Fondazione Santina – L’annuncio della presentazione del libro #VoltiDiSperenza N. 43 Jackeline di Mons. Luigi (Gigi) Ginami pubblicato con Amazon Kindle Direct Publishing –  Monastero Santa Grata a Bergamo, il 20 ottobre 2023 alle ore 18.30.

Di seguito riporto il ricordo di Don Gigi della vicenda di Jackeline – che abbiamo raccontato il 18 luglio 2023 [… che il tuo Sogno sia più grande della tua paura. 57° viaggio di solidarietà in Perù. “L’Amicizia ha poco valore quando ha un vantaggio”] – nella speranza che la lettura incoraggi la partecipazione alla presentazione del libro, venerdì 20 ottobre 2023 presso del monastero di Santa Grata a Bergamo.

Jackeline #VoltiDiSperanza N.43

57° Viaggio di Solidarietà e di Speranza
Perù, 28 giugno-18 luglio 2023
Che il tuo Sogno sia più grande della tua paura


Jackeline e la misteriosa lettera di 7 anni fa

“L’amicizia vale poco quando rappresenta un vantaggio”. Posto 51D, volo Lima-Madrid; scrivo, nel cuore la nostalgia dei 21 giorni trascorsi in Perù tra l’Amazzonia e le Ande, dal caldo umido e torrido della foresta al secco e freddo dei 5.000 metri del carcere di Challapalca. Ho nel cuore la famiglia di Olinda e la loro semplicità e bontà. In particolare la dolcezza di questa coppia tanto affiatata e semplice. Siamo in partenza per l’aeroporto e io torno in Italia con due valige; arriva il taxi, la valigia rossa nel bagagliaio e la blu sui sedili posteriori. Hernan sistema la valigia blu in modo che occupi lo spazio in larghezza. Lo spazio che rimane è decisamente poco e scomodo ma permette ai due sposi di stare vicini. “Hernan, scusa, lasciami sistemare meglio la valigia”. Tiro fuori il valigione blu e lo posiziono non in larghezza, bensì in lunghezza, in modo tale che occupi meno spazio, e di più lo pongo in mezzo. La valigia in lunghezza prende meno spazio, ma separa i due sposi! Cambiamo taxi, questo costa troppo. Olinda chiama una nuova auto; io rientro a prendere lo zainetto, esco e… sorpreso e commosso vedo la valigia blu messa per lungo e non per largo, ma non più in mezzo, bensì accanto al finestrino posteriore sinistro. Hernan con i suoi 70 anni sorride felice vicino alla sua sposa di 65 e mi dice: “Vamos, monseñor, a l’aeropuerto!”.  Sono felici, i loro grandi occhi neri dicono complicità. Mi siedo accanto all’autista e inforco gli occhiali da sole per nascondere la mia commozione. Mi dico: guarda che dolcezza, preferiscono stare più stretti ma vicini piuttosto che comodi però distanti!”. In queste tre settimane, Hernan ed Olinda sono stati per me una scuola di amore e di affetto. Sulle Ande del Perù vivono una vita povera, ma ricca di amore; amore che si respira nella loro famiglia. Amore delicato e timido ma pieno di forza! Forse è meglio un posto più stretto ma vicini che un posto ampio e più lontani. Nella mia vita di sacerdote, e penso che valga un po’ per tutti noi, preferiamo un posto più comodo e distante che scomodo ma vicino!

Con questo episodio, semplice e nascosto, inizio il racconto del report su Jackeline – da lei, infatti, prende il nome questo nuovo libretto. Lei è detenuta nella prigione di Lampa per tratta di persone. Quando arrivo al carcere, la nuova direttrice mi dice: “Padre, ho un problema che mi tormenta in questi giorni. In questo carcere femminile il prossimo lunedì dovrò dire a una prigioniera che l’anno prossimo, scontata la sua prima condanna di nove anni, dovrà scontarne una di altri 10 anni e che quindi uscirà di qui nel 2034! Mi aiuti, Gigi? Vorrei che tu la incontrassi e le parlassi, prendendoti un po’ di tempo per trasmetterle valori cristiani. La detenuta già soffre di crisi depressive, e temo che a questa notizia potrebbe compiere gesti sconsiderati…”.  Accetto volentieri, senza immaginare chi mi sarei trovato di fronte. E così arriva lei, Jackeline. In un primo momento non la riconosco, perché dal 2016 sono passati ben 7 anni e con tutte le persone che incontro nel mondo, nella testa ho una macedonia di Africani, Colombiani, Vietnamiti, Iracheni e Messicani. “Ciao, Gigi, sapevo che saresti tornato a salutarmi!”. I suoi occhi brillano e con la loro luce accendono nei miei occhi una scintilla! Questa donna io l’ho già incontrata, ma chi è? La lascio parlare nella speranza che le sue parole risveglino il ricordo…

“Le altre tre mie compagne sono uscite e se Dio vuole io uscirò il prossimo anno”. Nella mia testa ancora nebbia! “Ti ricordi che da Roma mi hai portato una lettera a nome del Papa e a firma di un vescovo? Papa Francesco mandò a me e alle mie compagne anche un aiuto economico…”. Piano piano la nebbia si dirada: inizio a ricordare e i fatti si delineano chiaramente: “Certo, Jackeline! Ora ricordo tutto: era l’anno del Giubileo della Misericordia. A dicembre del 2015 ero venuto al carcere e tu e le tue tre amiche mi avevate dato una lettera per il Papa. Io ho fatto avere al Papa le lettere, lui si è commosso e ha incaricato Mons. Rino Fisichella, responsabile del Giubileo della Misericordia, di farvi avere un piccolo regalo e una lettera di risposta a quanto avevate scritto. Vero?”. Jackeline, che oggi ha 35 anni, sorride: “Sai, Gigi, quella lettera ce l’ho ancora e la custodisco come una reliquia! Nei momenti bui di depressione, in cui piango e sento angoscia, quella lettera è come un balsamo che mi calma; la rileggo lentamente e quelle parole tolgono l’angoscia”.

Ci guardiamo, la direttrice e io, e pensiamo alla brutta notizia che dobbiamo dare alla donna. “Direttrice, vuoi permettere a Jackeline di andare a prenderla nel dormitorio?”. La nuova responsabile della prigione femminile acconsente di buon grado e dopo alcuni minuti Jackeline ritorna festante con la sua lettera in mano, quasi fosse sacra. La apro; porta la data del 6 giugno 2016, porta la firma di mons. Fisichella e risponde a una lettera di Jackeline del 16 dicembre 2015. Lei neppure sa chi sia, pensa solo che è un uomo molto importante e vicino a Papa Francesco. La lettera è in spagnolo; la leggo ad alta voce, lentamente e mi sorprendo: mai avrei pensato che sette anni dopo proprio questa lettera mi avrebbe aiutato a preparare la giovane alla nera e angosciante notizia di altri 10 anni di carcere. La lettera fu scritta 7 anni fa ed era funzionale a ringraziare la donna delle devote parole al Pontefice. Mai Rino Fisichella né Papa Bergoglio avrebbero pensato al valore profetico di quello scritto. Così sono le cose di Dio: noi mettiamo una motivazione buona nelle nostre azioni e Dio estrae capolavori di bene e di consolazione inaspettati. Mentre leggo la lettera ad alta voce, arrivo a un passaggio che sembra scritto proprio per questa nuova situazione di baratro. Ecco la frase che parla in modo totalmente nuovo ed efficace rispetto alla situazione per cui era stata scritta: “Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno e in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”. Jackeline non conosce ancora la brutta notizia che la aspetta tra qualche giorno.

Ci guardiamo, la direttrice e io, con uno sguardo complice di meraviglia e benevolenza. E così inizio il mio discorso: “Quando Mons. Fisichella a nome di Papa Francesco ha scritto questa lettera, nessuno di loro poteva immaginare che tu e io avremmo riletto questo foglio sette anni dopo: tu lo hai conservato per me e io te l’ho riletto come feci allora. Ricorda sempre questo passaggio nei momenti duri che ti si presenteranno nella vita. Senti, Jackeline, ma raccontami nuovamente la tua storia, non me la ricordo e ti confesso che con tutti i detenuti che incontro non sempre la memoria mi aiuta. Dimmi, Jackeline”. La donna inizia a piangere, segno della depressione in cui è caduta. Mi spavento: sarà in grado di sostenere la notizia tremenda di altri 10 anni di carcere oltre ai nove che già sta scontando? Inizia così il suo racconto: “Padre, sono nata il 10 marzo 1987 e sono di Juliaca; ero piccola quando mia madre, Janet, si ammala e mi affida a suor Carolina, la sorella che mi accudisce per alcuni anni nella sua casa religiosa. Dopo qualche anno mia madre si mette con un uomo, Jaime, che mi toglie dalla casa religiosa e mi porta a Lima; a 15 anni inizio a uscire e a frequentare discoteche e in un locale notturno mi innamoro di Marcelo: il peggior errore della mia vita!

Con lui ho due figli: il primo, Jordan, compirà 17 anni il 17 luglio, e il secondo, Carlos, di 11 anni, che ho lasciato a soli pochi mesi di vita, quando sono entrata in carcere”. Scendono copiose le lacrime sulle sue guance e, con un gesto che mi è divenuto abituale in tutti i Paesi del mondo, con i pollici asciugo le guance e porto alla mia bocca le sue lacrime… come faccio sempre, dall’Iraq, al Kenya, al Messico e al Vietnam: le lacrime sono salate e amare. La ragazza mi abbraccia e ora le sue lacrime scendono sulle mie spalle.

Pian piano si calma; le offro il mate di coca dalla mia tazza: non avevo ancora bevuto; beviamo insieme e ci fa bene quella tazza di mate di coca, mi avvicina a lei, toglie “la valigia che stava tra me e lei”; mi fa stare scomodo essere vicino a lei senza “alcuna valigia in mezzo” ma mi riempie di gioia profonda, quella della condivisione, quella della consolazione. Jackeline continua: “La sorella di Marcelo ci invita a lavorare in una miniera della Rinconada, nella regione di Juliaca, e ci manda ben 2000 soles (500 euro) per il viaggio; si tratta di gestire un locale, la “Jarra Negra” (“La brocca nera”), vicino alle miniere, in cui si vendono gli alcolici. I soldi ci affascinano e così lasciamo Lima per fare ritorno a Juliaca. Per vendere alcolici occorrono ragazze giovani, meglio se minorenni. Marcelo mi persuade a svolgere il lavoro di trovare ragazzine che lavorino tre mesi nel nostro locale. Io accetto”. Mi incuriosisco: a Puerto Maldonado, Sol era stata vittima di tratta da parte di donne di questo genere: “Quindi, in cosa consisteva il tuo lavoro?”, chiedo.

“So di aver commesso cose cattive, in otto anni di carcere ho avuto modo di riflettere molto: io svolgevo questo mestiere per compiacere Marcelo, lo vedevo felice quando arrivavo con tre o quattro ragazzine. Non mi dava tempo, non mi lasciava entrare neppure nel locale, ma mi mandava subito a casa – e io neppure sapevo cosa succedeva alle ragazze. Partivo in pullman e giravo il Perù, soprattutto sulle Ande, adescando, attraverso agenzie, ragazze disponibili a fare le cameriere. Le agenzie mi chiedevano il 5% del loro salario. Viaggiavamo insieme fino alla Rinconada e poi non le rivedevo più: era il mio uomo a trattare con loro”. Provo ribrezzo per questo triste lavoro di “tratta di persone”: “Jackeline, quante persone hai portato alla Jarra Negra?” – “Più o meno 80 ragazze!”. I miei occhi si spengono e Jackeline percepisce tutta la mia disapprovazione e quasi per scusarsi continua: “Le cose tra me e Marcelo andavano sempre peggio; mi picchiava, mi insultava e mi umiliava sempre più spesso, finché un giorno scappai con i miei due figli. E lui cosa fa per vendetta? Parla con quattro ragazzine minorenni, due di Arequipa e due di Huancayo: ‘Non facciamo del male alla cattiva Jackeline, semplicemente denunciatela!’. Le minorenni – ancora bambine, praticamente – obbediscono e così partono due processi contro di me: uno da Arequipa e uno da Huancayo. Nel giro di alcune settimane mi trovo in carcere per il processo di Arequipa, con una pena di nove anni. Tale pena, Gigi, finirò di scontarla il prossimo anno e sono così felice di uscire: il mio avvocato mi assicura che i due processi sono per un unico capo d’accusa”. Nuovamente si incrocia lo sguardo mio con quello della direttrice, ancora lo sguardo complice ma triste, perché noi ormai sappiamo che le cose non stanno così. Jackeline chiede di andare in bagno e la direttrice ne approfitta: “Monsignore, proprio per il processo di Huancayo la donna sconterà altri 10 anni; è vero che è lo stesso capo d’accusa, ma secondo la legge lo ha ripetuto due volte. Non so come darle questa lunedì questa sciagurata notizia: padre, aiutami, preparala …”. Jackeline rientra con il volto rinfrescato, io bevo dalla mia tazza un sorso e lei in modo naturale prende dalla mia mano la tazza e con un grande sorso termina la bevanda. Questo gesto mi scende nel cuore; seduti vicino, ho tolto la grande valigia che ci separava e Jackeline si sente a suo agio. Quanto mi trovo bene quando la gente mi regala il suo cuore, e quanto tutto ciò fa bene al mio cuore e lo rafforza nel mio vivere per Dio! Suona il telefono: è Olinda che mi chiede di rientrare a Juliaca per la cena. La avviso che farò ritardo. Riprendo tra le mani la frase della lettera e la leggo in modo deciso e fermo: “‘Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno e in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”.

Jackeline, sai che facciamo tu e io ora? Prendiamo la biro blu e tu scrivi sul mio braccio destro la frase e io la scrivo a te. La scriviamo sul braccio destro quasi a dire che essa deve guidare tutte le nostre scelte e ci promettiamo a vicenda di non pulirla dal braccio per tutta la prossima settimana, lasciando che l’inchiostro si scolori da solo… così tu sarai vicino a me nel volo di ritorno, e io sarò vicino a te nei tuoi prossimi giorni e ogni giorno ripeti questa frase per 100 volte, come fosse un mantra”. Sorride divertita, Jackeline, e mi dice: “Padre, te le inventi proprio tutte. Non sai che piacere mi fa questa cosa: mi sentirò qualcuno più vicino nei prossimi giorni”. Prendo la biro e lentamente scrivo la frase in caratteri grandi e leggibili, poi Jackeline prende la penna e scrive la frase, con scrupolo e in bella calligrafia. Mentre lei scrive, guardo la giovane donna e penso al tormento che presto la toccherà. Prego in silenzio nel cuore una Ave Maria alla Madonna Calpestata perché la Vergine irachena la aiuti nel momento difficile in cui la notizia di altri 10 anni in carcere la calpesterà brutalmente. Scattiamo una foto alle nostre due braccia e con commozione ci salutiamo, dandoci l’arrivederci al prossimo anno. Con una carezza le ripeto lentamente la frase che ormai entrambi abbiamo imparato a memoria: “Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno e in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”. Jackeline esce e la direttrice mi accompagna dal suo ufficio alla porta di ingresso del carcere di Lampa: “Grazie, Gigi, quella frase ha fatto del bene anche a me; gliela ripeterò dopo averle dato la brutta notizia e insieme guarderemo al tuo scritto sul suo braccio; e tu prega per lei in questi giorni, rimaniamo in contatto. Ti farò sapere come è andata!”. Salgo in macchina e parto per Juliaca. Ora, mentre scrivo dall’aereo, nel mio volo di ritorno a casa, fotografo il mio braccio; tra sei ore sarò a Madrid: proprio in queste ore la direttrice sta comunicando a Jackeline la ferale notizia. Le parole che mons. Fisichella ha scritto a nome di Papa Francesco accompagnino con forza le tristi ore di questa povera delinquente, che in una lettera di 7 anni fa ogni sera trova calma e serenità.

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«Come aiutare questa giovane donna che durante la detenzione ha compreso la gravità del male commesso? Don Gigi, con la sua straordinaria sensibilità, elimina ogni distanza, le asciuga le lacrime, le offre da bere e le propone di scriverle sul braccio la frase di una lettera di Mons. Fisichella che Jackeline ha conservato per anni: “Aggrappati a Dio perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno ed in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”. Anche Jackeline scriverà la stessa frase sul braccio di Don Gigi, per dargli forza nel viaggio di rientro in Italia. Un legame che sicuramente sosterrà entrambi, uniti nella preghiera» (Dott.ssa Iole Galazzo, Viceprefetto di Bergamo).

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