Papa Francesco e Maria, Regina della pace: “i segni di un rapporto filiale”

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Padre Salvatore M. Perrella, dell’ordine dei Servi di Maria, è dal 2011 preside della Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, dove è titolare delle cattedre di dogmatica e mariologia. È membro del Consiglio direttivo della Pontificia Accademia Mariana Internationalis e, dal 2012, presidente della Associazione Mariologica Interdisciplinare Italiana. Dal marzo 2010 è membro, come perito teologo, della Commissione Vaticana incaricata da Benedetto XVI di esaminare il “caso Medjugorje”. Lo abbiamo intervistato, in due tappe, sulla Regina della pace, sul rapporto tra papa Francesco e Maria e sulle questioni rimaste ancora “aperte” nel dibattito teologico sulla Vergine.

Padre Perrella, papa Francesco ha indetto per la vigilia della festa Natività della Beata Vergine Maria una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero. Il contesto di una ricorrenza mariana ha una specificità nella preghiera per la pace?

“Il grande raduno orante che Papa Francesco ha voluto strenuamente e convintamente per la pace in Siria, ma che abbraccia idealmente tutti i paesi e le situazioni in cui c’è violenza, sofferenza e ingiustizia, è per sua stessa volontà marcato dal grande segno materno-sororale di Maria, regina pacis, perché madre e serva di Cristo, re della pace. L’iniziativa e l’invocazione non sono nuove per la Chiesa cattolica; si pensi, ad esempio, a ciò che ha fatto negli ultimi decenni del secolo XX il beato Giovanni Paolo II in ordine alla pace! Le iniziative ecclesiali non sono mai state alla ricerca del facile consenso; esse sono sempre state improntate dall’amore della Chiesa e dei Vescovi di Roma per l’intera umanità e per l’inestimabile bene della pace, anche se la storia ci dice che non sempre tali richiami e preghiere per la pace hanno trovato concrete e permanenti adesioni da parte dei Responsabili delle nazioni! Il noto grido di Pio XII – «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra!» – papa Francesco lo ha fatto riverberare nel mondo in questi giorni di penosa e speranzosa attesa affinché  finalmente «scoppi la pace»! I Pontefici del secolo XX, il “secolo delle guerre” hanno lavorato tanto, sia con la diplomazia, sia con l’insegnamento, sia con la costante preghiera, a favore del bene inestimabile della pace, che la Chiesa, esperta in umanità, alla luce del Vangelo della Pace annuncia, serve e propone a tutta l’umanità, confidando sempre nella preghiera e nell’aiuto di Maria, Regina pacis”.

Come si caratterizza l’azione di Maria per la pace nel mondo?

“Oltre alla categoria dell’intercessione, che intende esprimere il ‘modo misterico’ dell’azione della Vergine nel mondo sociale e reale, si può proporre e sottolineare la cogenza della categoria di ‘ispirazione’ per intendere questa azione nel suo ‘modo storico’. In questo caso, cioè, la figura della Vergine non è solo motivazione per l’agire, ma anche modello d’azione o regola di vita. Al seguito di Cristo, libero e liberatore degli uomini (Lc 4, 16-21) e nel contesto dell’azione della Chiesa a favore di un mondo non lacerato da lotte, da divisioni e da “inutili stragi” (Benedetto XV), Maria appare come umile e allo stesso tempo stimolante icona di liberazione. La figura di Maria personifica l’utopia ma anche la forza dirompente del Regno di Dio che tende, nonostante le ataviche frustrazioni a cui va incontro a motivo della “durezza” del cuore dell’uomo – tante volte denunciata e stigmatizzata dallo stesso Gesù nel Vangelo –, alla costruzione di una comunità umana animata dallo Spirito Santo come principio di una civiltà fondata sull’amore, sulla comunione, sulla fraternità, sulla giustizia,  e quindi sulla pace e la libertà. Ispirarsi e invocare Santa Maria per realizzare la Civiltà dell’amore, significa adoperarsi con la fermezza dell’Evangelium vitae a superare e/o trasformare le molteplici strutture di peccato in cui sono prigionieri molti stati e popolazioni del nostro tempo, impegnandosi in prima persona, come si può e come si deve, a favore della riconciliazione”.

Maria, insomma, è anche un modello “accessibile” di impegno per la pace. E sembra che gli ultimi pontificati abbiano dato a questo aspetto speciale attenzione..     

“Al termine del discorso in chiusura del terzo periodo conciliare, Paolo VI si rivolgeva alla Vergine con accorate e oranti parole: «O tempio della luce senza ombra e senza macchia, intercedi presso il tuo Figlio Unigenito, Mediatore della nostra riconciliazione col Padre (cfr. Rom 5, 11), affinché conceda misericordia alle nostre mancanze e allontani ogni dissidio tra di noi, dando agli animi nostri la gioia di amare. Al tuo Cuore Immacolato, o Maria, raccomandiamo infine l’intero genere umano; portalo alla conoscenza dell’unico e vero Salvatore Cristo Gesù, allontana da esso i flagelli provocati dal peccato, dona al mondo intero la pace nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore»  (Discorso di chiusura  della terza sessione del Concilio del 21 novembre 1964, in EV, 1,  325). Sulla scia di Paolo VI, anche Giovanni Paolo II ha insegnato che il cristiano, sostenuto dalla fede, non rimane neutro, inattivo, ma si impegna per creare le condizioni di una pace vera che è la pratica delle opere della giustizia, perché senza di essa  la pace non può esistere e non può per converso alimentare il doveroso anelito al progresso integrale delle persone. Papa Benedetto XVI, da parte sua, nel paventato “scontro fra civilità e religioni”, tante volte ha sussurrato all’umanità litigiosa e violenta che è credibile solo una religione che è frutto dell’amore e non della violenza!”.

Quali sono le dimensioni dell’azione mariana?

“Tutti, credenti e non credenti, siamo chiamati a costruire e a sostenere sentieri di pace e di stabilità della pace. Il “prendersi cura” dell’umanità da parte di Maria è, quindi, un’azione che non esclude nessun uomo e nessuna donna e si esprime con il “farsi voce” di chi non ha voce; il “farsi voce” di Colui che ha voce definitiva e potente; “essere profezia” del parlare con franchezza e amabilità di fronte al mondo. Il suo non è un modello di denuncia irresponsabile ad ogni costo, ma è lo schierarsi per valori condivisi senza incertezze e senza ambiguità, senza riserve mentali, senza standardizzazioni e senza forzature. La Madre del Signore, donna dallo sguardo previdente e provvidente – su questo ha imparato dal Dio d’Israele e dal Cristo, e tale sguardo chino sul mondo continua incessantemente sino alla Parusia, come più volte ha insegnato recentemente Giovanni Paolo II – accoglie e rinvia al Padre comune il gemito delle tante persone che agognano e hanno diritto alla pace senza condizioni e a una vita degna di essere vissuta all’insegna della dignità e della prosperità per tutti”.

Veniamo a papa Francesco e Maria. Dagli inizi del suo pontificato, il papa ha più volte mostrato i segni della sua  devozione mariana. Come possiamo leggere questo rapporto e quale significato hanno i gesti di papa Bergoglio verso la Vergine?

“Il rapporto tra Papa Francesco e Maria Santissima è un rapporto sincero, intimo, filiale. E’ il rapporto tra una madre e un figlio: Papa Bergoglio si sente figlio della Vergine e ha nei suoi riguardi un affetto filiale di grande tenerezza e di trasporto. La sua marianità popolare comunica, attraverso i gesti, una relazione sistematica esemplare con la Madre di Dio. Il papa tocca l’icona, si segna con il segno della croce, le fa la reverenza: sono tutti atteggiamenti di pietà mariana nobile. Popolare, ma non popolana. Dal punto di vista mariano, è interessante che questo papa abbia, verso la Vergine, atteggiamenti semplici, cordiali, quotidiani, che sono stati propri del popolo cristiano. Bacia la Vergine: in tanti lo facevano. Noi abbiamo vergogna di segnarci, il papa no. Non ostenta il segno, lo fa con naturalezza, come gli è connaturale la dimensione mariana della fede. Questa è una cosa straordinaria. Si riconosce, in papa Francesco, il principio della “nobile semplicità”, caro a Paolo VI e anche agli inizi di Giovanni Paolo II”.

Un altro papa “mariano”..

“Nella Chiesa cattolica è tradizionale la marianità dei pontefici. Abbiamo l’esempio di Giovanni Paolo II, “totus tuus”, ma pensiamo a Pio IX, Pio XII, Paolo VI. Guarda caso, questi papi sono tutti di grande caratura mariana: hanno compreso che Maria è veramente utile alla strategia pastorale della Chiesa. E papa Francesco ne è consapevole, perché sa che la gente ha grande devozione a Maria. Lo sa perché è un pastore, per anni superiore dei gesuiti e vescovo in una città molto grande, piena di contraddizioni, in cui ha mostrato il volto del Buon Pastore. Nella strategia pastorale della Chiesa papa Francesco vede anche la strategia mariana. Maria che porta a Cristo: è la sua funzione. Infatti, nell’omelia al Santuario di Aparecida dice: «siamo venuti a bussare alla porta della casa di Maria. Lei ci ha aperto, ci ha fatto entrare e ci mostra suo Figlio. Ora Lei ci chiede: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 5). Sì, Madre, noi ci impegniamo a fare quello che Gesù ci dirà! E lo faremo con speranza, fiduciosi nelle sorprese di Dio e pieni di gioia». Il Santo Padre ci richiama all’irriducibilità del Vangelo. E mi sembra che sia, questa, una delle caratteristiche più qualificanti di questo inizio di pontificato”.

Ha parlato di una “funzione” di Maria. Quale funzione papa Francesco riconosce alla Vergine?

“Questo è importantissimo: per papa Bergoglio Maria non è un qualcosa dello “straordinario”, non è – per così dire – la “ciliegina sulla torta”. Maria è strutturalmente vista dal papa nell’ambito della totalità della fede. Cioè, la Vergine è nella struttura, nell’ordinarietà della fede e della vita cristiana. Parafrasando una definizione di Romano Penna, potremmo dire che Maria è nel DNA della fede. Il Papa questo lo sa. Ma non solo: lo mostra, lo predica. Nella meditazione del 31 maggio scorso, ci ha detto che Maria sa ascoltare, decidersi e agire: sono i tre verbi attivi della testimonianza cristiana. Maria è una donna abituata all’ascolto della Parola, sa decidersi per Dio e non ha avuto timore. Agisce con una libertà responsabile di cui oggi abbiamo bisogno. Perché viviamo il dramma di una crisi educativa e anche formativa, che si riverbera nella famiglia e anche nella stessa Chiesa”.

Cosa è possibile dire, guardando a questi primi mesi di pontificato, della predicazione di papa Francesco su Maria?

“Riguardo quello che il Santo Padre ha detto sinora su Maria, non abbiamo una articolazione completa, una sua riflessione mariologica. Ma abbiamo saggi di teologia mariana, personale, che sono interessanti. Per esempio, il pontefice vede Maria sotto l’aspetto non solo della madre, ma anche dell’educatrice alla fede. E’ una madre tenera e provvidente, che ha le qualità di Dio e del Figlio: la misericordia, la tenerezza, la cordialità, la passione per noi, l’amore per noi. Gli insegnamenti mariani di papa Francesco sono molto calibrati. Maria è madre ed è una madre esemplare: impariamo da lei a vivere Cristo. E dobbiamo guardare a Maria in ogni momento della vita: non esclusivamente nei momenti di sofferenza, ma anche nella gioia del quotidiano. Sono, questi, messaggi molto persistenti di papa Bergoglio. Dobbiamo attenderci una riflessione mariana più completa, ma il pontificato è appena cominciato. E certamente, non c’è mai, nelle parole del Papa, qualcosa che possa far confusione di un sincretismo inopportuno. Si vede che la sua devozione mariana non soltanto è espressa col cuore, ma è anche pensata. E queste sono qualità che hanno anche una ricaduta pastorale notevole”.

Quando parla di sincretismo pensa ad un ruolo di Maria che potrebbe sminuire quello di mediazione unica di Cristo?

“Esatto. Il Papa dice, sa e propone una mariologia che è la mariologia della Chiesa. Nulla c’è di contrasto con ciò che è la dottrina ufficiale della Chiesa. Da uomo latinoamericano, ha una cordialità che non è svenevolezza nei contenuti: ha quei gesti di “affettività credente” a cui ci richiamava lo stesso Benedetto XVI. Il papa tedesco, così sobrio, credeva molto a questa dimensione. Perché la fede non è soltanto un assenso cerebrale, ma è prima un atto divino che diventa atto umano, atto ecclesiale, ed ha bisogno di due componenti: la ragione e il cuore. E questo si vede nelle manifestazioni esterne a cui papa Francesco ci ha abituato.”

Nel recente viaggio in Brasile, ad Aparecida Papa Francesco ha pronunciato un atto di consacrazione a Maria. A ottobre consacrerà il mondo al suo Cuore Immacolato. Che cos’è la “consacrazione”?

“E’ un atto antico, medievale. L’oblatio, la tuitio, la consacrazione secondo il modello di Grignion  de Montfort o secondo la spiritualità di Massimiliano Kolbe: il papa l’ha fatta anche lui ad Aparecida, personalmente. Scriveva Stefano De Fiores che la  consacrazione a Maria «non può essere intesa come consacrazione parallela o competitiva con quella di Dio, perché derivante da essa e finalizzata ad essa, né può essere considerata identica a quella dovuta a Dio in quanto riconosce il livello creaturale di Maria. Ma neppure può essere classificata come solo funzionale, che ridurrebbe Maria ad un semplice strumento della salvezza. L’unico modo per applicare un termine a Dio e alla creatura è di ricorrere all’analogia che si basa appunto sulla somiglianza nella differenza». E’ interessante che ad Aparecida papa Francesco non abbia utilizzato la parola “affidamento”, ma consacrazione, per tre volte: “io consacro a te il mio intendimento”, “la mia lingua”, “il mio cuore”. Il papa chiede alla Vergine veramente di essere l’immagine conduttrice del suo ministero pastorale”.

Giovanni Paolo II usava parlare di “affidamento”. In cosa differisce dalla “consacrazione”?

Nel linguaggio giuridico dei sacramenti il verbo consecrare è destinato al Battesimo, alla Cresima, all’Ordine Sacro, che sono azioni divine. Però viene utilizzato, ad esempio, per la vita religiosa: vita “consacrata”. Papa Giovanni Paolo II utilizzava i due termini, anche se ha preferito parlare di affidamento, sulla base del Vangelo di Giovanni: “Ecco tua madre, ecco tuo figlio”. Papa Bergoglio invece ha scelto il linguaggio classico, che era proprio della spiritualità monfortana e della spiritualità kolbiana: consacrarsi a Maria, consacrarsi a Cristo per mezzo di Maria. Con questa antica pratica devozionale, compiendo un atto volutamente e verbalmente personale, papa Francesco ha utilizzato un glossario tradizionale, nel senso che ha esplicitamente adoperato per tre volte la parola consacrazione piuttosto che affidamento. Si tratta, comunque, di sinonimi che sono, secondo il Direttorio su Pietà popolare e Liturgia, mutuabili”.

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