La Curia romana e la ristrutturazione culturale del potere

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.08.2023 – Andrea Gagliarducci] – Il viaggio in Portogallo per la Giornata Mondiale della Gioventù e l’incontro con i giornalisti in aereo, sono le notizie vaticane con la maggiore visibilità mediatica. Eppure, la scorsa settimana, una voce, una nomina e un punto dati, hanno mostrato come Papa Francesco stia dando un definitivo cambio di passo, accentrando ancora una volta su di sé il controllo.

Il primo è la nomina, il 1° agosto, del nuovo Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense. Come nel caso della nomina del Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, la notizia non sta nella persona scelta, Padre Alfonso Amarante, C.SS.R., ma nella lettera che il Papa ha inviato per accompagnare la nomina. Inoltre, Padre Amarante sarà Arcivescovo. Questa decisione dimostra come Papa Francesco utilizzi l’episcopato come forma di governo. In pratica, non è necessario che i capi dicastero della Curia romana siano vescovi, ma devono esserlo coloro che il Papa considera suoi diretti collaboratori, e coloro che devono essergli fedeli.

La lettera al nuovo Rettore dell’Università Lateranense include diversi dettagli che fanno riflettere.

In primo luogo, la nomina di un direttore gestionale, che aiuti il nuovo rettore «nella gestione amministrativa ed economica, e nell’elaborazione di un piano di sviluppo che renda l’Università Lateranense protagonista del sistema universitario ecclesiastico e civile».

In pratica, il Papa scinde dal rettore la gestione amministrativa dell’università, ne prende il controllo, e chiede al rettore di coinvolgere «gli organi universitari competenti» perché «sostengano le modifiche didattiche e gestionali che si renderanno necessarie».

Ma – ed è questo il tema – il rettore sarà «supportato anche dal Consiglio Superiore di Coordinamento, da me costituito con Rescritto del 21 agosto 2021, in cui, oltre alle figure già previste, saranno inseriti altri qualificati esponenti della Curia Romana e del mondo universitario, per esprimere anche istituzionalmente il peculiare legame tra l’Università Lateranense e la Sede Apostolica». Papa Francesco, con la lettera, attua il rescritto, aggiunge la presenza di rappresentanti della Curia romana nel Consiglio, e sottolinea la necessità di esprimere in modo concreto che questa è l’università del Papa.

Significa, in breve, che tutto passa sotto il controllo diretto del Papa. E questo nel contesto – spiega ancora Papa Francesco – del «processo, da me voluto e coordinato dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione, in vista della riorganizzazione delle Istituzioni Accademiche Pontificie Romane».

Dunque, il Papa annuncia una sorta di “rivoluzione” per l’organizzazione delle università pontificie a Roma. Da stabilire è se questo significherà un cambio di rotta e di obiettivi, una rottura radicale con il passato, un adeguamento alle nuove sfide della cultura, o addirittura un adeguamento alla cultura stessa come la vede il Papa.

Infine, nel 2018, Papa Francesco ha promulgato una Costituzione apostolica, la Veritatis gaudium, che già delineava quattro criteri per una rivoluzione culturale. L’approccio, secondo Papa Francesco, deve essere multidisciplinare [QUI]. L’idea è di abbandonare l’idea di una “guerra culturale” e avere invece un nuovo approccio al dialogo con il mondo.

Nel 2018, questa idea si era riflettuta nei nuovi dicasteri della Santa Sede, già istituiti nel processo di riforma della Curia romana (il Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale e il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita). Cinque anni dopo, Papa Francesco vuole renderlo effettivo, tanto che non condannare ma dialogare è anche una delle regole di ingaggio date al nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede [QUI].

Quella che arriva adesso, dunque, è la fine di un lungo cammino, a cui Papa Francesco sta pensando da qualche tempo. Prima le nomine non arrivavano con lettere del Papa, ma ora lo fanno, segnalando che il Papa ha preso il processo di riforma personalmente in mano. Tutto deve essere riferito al Papa, che ha i suoi confidenti fidati.

Anche questo fa parte del suo modo di governare. Per il Vicariato di Roma, il suo punto di riferimento è il Vicegerente, Baldassarre Reina, chiamato dalla Sicilia come vescovo ausiliare, che il Papa utilizza per scavalcare il suo Vicario, il Cardinale Angelo De Donatis, che la nuova Costituzione apostolica Ecclesia in Urbe equipara ad un vescovo ausiliare. Altro punto di riferimento sarà un altro sacerdote dall’esterno, Michele Di Tolve, che Papa Francesco ha chiamato a diventare rettore del seminario romano e nominato vescovo, con gli stessi criteri con cui il rettore della lateranense sarà arcivescovo.

In breve, tutto cade sotto il Papa, il che può significare solo una cosa: il Papa non si fida di intermediari. Vuole persone fidate ma vuole controllare tutti i processi. È tempo per Papa Francesco di implementare un cambiamento culturale e può farlo solo distruggendo ciò che andava prima. Possiamo discutere se questo è buono o cattivo. Nella storia della Chiesa non c’è mai stato una rottura con il passato, perché tutto fa parte di un continuum. Papa Francesco, invece, ha un approccio opposto.

E se questa è la notizia concreta, una voce che circola da qualche giorno, se confermata, sarebbe un’ulteriore prova di questa svolta nel pontificato. A proposito dell’assenza di Monsignor Leonardo Sapienza, Reggente della Casa Pontificia, alle ultime udienze pontificie, si vocifera che lo stesso Sapienza sia destinato a lasciare la Casa Pontificia, dopo avervi prestato servizio per diversi decenni, per far posto ad una nuova generazione.

La Casa Pontificia è attualmente senza Prefetto. Per anni, però, è stata governata dal Reggente perché Papa Francesco aveva messo da parte l’Arcivescovo Georg Gânswein, il precedente Prefetto, senza però mai rimuoverlo dall’incarico, salvo poi mandarlo via con decisione retroattiva appena due mesi fa.

All’inizio del pontificato, si pensava che il Papa volesse eliminare la Casa Pontificia [QUI], considerata un’istituzione anacronistica da alcuni. In realtà, la Casa Pontificia organizza le visite di Stato e private al Papa, secondo un’antica tradizione in cui il Papa riceve i Capi di Stato non con il protocollo della Segreteria di Stato ma con la sua famiglia. Infatti, nelle visite di Stato, l’Elemosiniere della Casa Pontificia sedeva alla sinistra del Papa, a testimonianza che il Papa considerava parte della sua famiglia anche coloro che compivano la carità in suo nome.

Adesso non c’è più l’Elemosineria, perché è accorpata in un Dicastero della Curia romana e quindi “secolarizzata”, equiparata a un ministero. Potrebbe non esserci più nemmeno la Prefettura come la intendiamo oggi. È improbabile che il Papa affiderà tutto al Protocollo della Segreteria di Stato, che invece lavora su altre visite ufficiali e sui rapporti con le Ambasciate. È più probabile che il Papa creerà la sua struttura leggera, affidi tutto al neo eletto Segretario particolare argentino e abbandoni l’idea di visite ufficiali al Papa.

Papa Francesco è attento a non apparire come un politico, anche se molte delle sue dichiarazioni sono politiche. E Papa Francesco ci tiene a mostrare che vuole rompere con il passato della Santa Sede, che vuole togliere tutte le sovrastrutture, a rendersi disponibile oltre la corte papale.

Tuttavia, la corte papale era lì per proteggere il Papa, non per creare privilegi. E non capirlo significa non conoscere la storia della Chiesa. Ma, soprattutto, creerà un paradosso: il Papa che vuole mettere da parte l’istituzione è il Papa che vuole mostrare un modo di fare le cose nel dialogo, e poi è anche il Papa che, più di tutti, ha accentrato ogni potere su di lui.

Così, la ristrutturazione delle università potrebbe andare di pari passo con la riorganizzazione della Casa Pontificia. E forse, successivamente, anche dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, considerando che anche il Maestro delle Cerimonie Liturgiche Pontificie, Diego Ravelli, è stato fatto vescovo dal Papa e gli è stato assegnato un (per ora) leggero ruolo amministrativo.

Papa Francesco sta smantellando la corte papale. Ma, mettendo tutto sotto il suo controllo, sta creando una corte del Papa. Anzi, una corte di Papa Francesco. La sua immagine potrebbe trarne beneficio. Certo, l’organizzazione della Santa Sede dovrà ricostruirsi, con un nuovo pontificato, per non perdere due millenni di storia.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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