… che il tuo Sogno sia più grande della tua paura. 57° viaggio di solidarietà in Perù. “L’Amicizia ha poco valore quando ha un vantaggio”

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.07.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi 18 luglio 2023, nel giorno del ritorno di Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami dal 57° viaggio di solidarietà in Perù, che segna il 10° anniversario dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus [*], riportiamo il Report 57/5. Jackelim ed una misteriosa lettera, che Don Gigi ha scritto ieri, durante il volto Lima-Madrid.

In questo report, Don Gigi racconta delle parole che Mons. Rino Fisichella ha scritto a nome di Papa Francesco 7 anni fa in una lettera a Jackelim, condannata a 19 anni per la tratta di persone – un grave problema in Perù – e incarcerata nel Centro Penitenziario Femminile di Lampa, sulle Ande del Perù. Ogni sera, con le parole di questa lettera Jackelim trova calma e serenità: “Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno ed in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”. Jackelim sarà il prossimo volto di speranza della Fondazione Santina.
Secondo l’insegnamento cattolico, ci sono sette opere di “misericordia corporale”, che tutti quanti noi, per quanto sia possibile, dovremmo praticare: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. Negli anni, Don Gigi durante i suoi viaggi di solidarietà e speranza in giro nel mondo, ha compiuti tutte queste opere di “misericordia corporale” e il racconto di oggi riguarda la sesta, la visita ai carcerati, con la visita al carcere femminile di Lampa, dopo quella al carcere di massima sicurezza di Challapalca il 12 luglio e al carcere di Yanamayo il 14 luglio. Riflettendo sulla loro vita, lo aiutano a comprendere cosa significhi essere carcerati, e apprezzare fin in fondo la propria libertà.
Diventare carcerati significa perdere la propria libertà. Come non sai cosa sia la luce, se non hai conosciuto il buio, non sai veramente cosa sia la libertà, se non l’hai mai persa (perché ci hai rinunciato o perché è stata tolta). Buio e luce percepiamo come contrari e contrapposti, per poi sperimentare con l’esperienza nella vita, che l’uno ha ragione di esserci, solo se esiste l’altro e ne consente la manifestazione con la propria assenza. È bene ricordarsi nei momenti di buio nella vita, che è solo un’assenza di luce temporanea.
Come interagiscono luce e buio l’ha espresso in modo molto efficace Salvatore Brizzi in Come la pioggia prima di cadere. Appunti di non-dualità (Antipodi 2016, 276 pagine) «Anche se una stanza è stata al buio per decenni, quando finalmente aprite la finestra non occorrono decenni perché il buio scompaia. Il buio scompare in un istante. E perché scompare? Non è scontato che quando aprite la finestra la luce invada la stanza, anziché essere il buio a invadere l’esterno. Pensateci bene. Perché non è il buio a uscire dalla stanza? In verità accade perché il buio in sé non ha alcuna consistenza, ma è solo assenza di luce. L’universo – così come voi stessi – non è fatto di luce + buio, bensì solo di luce, ma che in alcune zone non viene percepita finché non aprite la finestra. E quando aprite non è importante per quanto tempo è stato buio o quanto fosse profondo questo buio: in un attimo si fa luce in maniera completa».
Dopo la Santa Messa al Santuario Madonna dei Campi di Stezzano il 27 giugno, Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami è partito il giorno dopo per un nuovo viaggio molto impegnativo, il 57° viaggio di solidarietà e di speranza della Fondazione Santina in Perù. Ha detto, che dopo il trasloco si sentiva molto stanco e che questo viaggio gli ha colto forse impreparato: “Sono le sfide di Dio.
Il 30 giugno scorso abbiamo presentato il programma provvisorio del viaggio [QUI], con l’evento centrale: la visita al carcere di Yanamayo sulle Ande, dove il 14 luglio è stata inaugurata la cappella alla presenza del Vescovo di Puno.
Come siamo ormai abituato con Don Gigi, la partenza non è andato come previsto, come ci ha raccontato nel suo Report 57/1. Duemila dollari. Solo Don Gigi riesce a guadagnare soldi, dormendo in un albergo di lusso., che abbiamo pubblicato il 1° luglio scorso [QUI].
L’8 luglio è seguito il suo Report 57/2. La tragica vita nelle miniere di oro illegali dell’Amazonia peruviana [QUI], in cui Don Gigi ha raccontato il suo incontro a Puerto Maldonado con Candy e il suo bambino Azre, dopo l’incontro con le 10 famiglie del programma di adozione dei bambini a distanza 2021-2024. Candy gli spiega il lavoro massacrante nelle miniere di oro illegali nel luogo che si chiama Pedro Luna e dove cucina per i minatori.
Il 13 luglio abbiamo presentato il Report 57/3. In viaggio verso la luna [QUI], in cui Don Gigi ha scritto come è fortunato a vivere le grandi esperienze durante questi viaggi di solidarietà e speranza: «Ogni giorno ringrazio Dio di questo tempo di grazia e di conversione. Vivo davvero una esperienza particolare e forte che mi deve rendere più umile e piccolo, aumentare nell’umiltà e nell’incontro profondo con Dio, perché non sono un assistente sociale».
Don Gigi il 12 luglio, nella festa della Madonna dei Campi, ha fatto una meravigliosa festa per i 10 anni dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli nel carcere di massima sicurezza di Challapalca chiamato di castigo, a 5.050 m.s.l.m. sulle Ande del Perù. Il 14 luglio abbiamo pubblicato il Report 57/4. Challapalca: io ti assolvo dai tuoi peccati [QUI], in cui Don Gigi ci racconta che in questa incredibile festa a Challapalca, mai immaginata, c’è stato anche un “regalo di compleanno”. Dopo aver festeggiato un ragazzo gli si avvicina: ”Padre mi puoi confessare?” Don Gigi si illumina di gioia e risponda: “Sono prete per questo! Sono prete per questo! Sono prete per questo!” Il giovane ha fatto uscire dal suo cuore un male nero, pesante, profondo. Il ragazzo ha vomitato i suoi crimini e Don Gigi adoro nel cuore il pentimento di un uomo che riceve il perdono di Dio. Piange il ragazzo, piange nell’anima il male fatto. Dopo l’assoluzione lo abbraccio forte forte e nel suo cuore dice “Se è vero che questa è la carne di Gesù, è anche vero che questo uomo ha ricevuto il perdono di Dio, perché in quel momento un sacerdote pieno di peccati ha pronunciato parole tremende di perdono, e quel sacerdote sono io, e per questo sono nato e vivo.

Report 57/5. Jackelim ed una misteriosa lettera. “L’Amicizia ha poco valore quando ha un vantaggio”
Posto 51D volo Lima–Madrid. Scrivo con la nostalgia nel cuore dei 21 giorni trascorsi in Perù tra l’Amazonia e le Ande… dal caldo umido e torrido della foresta al secco e freddo dei 5.050 m.s.l.m. del carcere di Challapalca. Ho nel cuore la famiglia di Olinda e la loro semplicità e bontà. In particolare la dolcezza di questa coppia tanto affiatata e semplice.
Ieri dobbiamo partire per l’aeroporto e io torno in Italia con 2 valigie. Arriva il taxi, la valigia rossa va nel bagagliaio e la blu nei sedili posteriori. Hernan sistema la valigia blu in modo che in larghezza occupi spazio. Lo spazio che rimane è decisamente poco ed incomodo ma permette ai due sposi di stare vicini. “Hernan, scusa, lasciami sistemare meglio la valigia”. Estraggo la valigiona blu e la rimetto, ma non in larghezza, ma in lunghezza, in modo tale che occupi meno spazio, e di più lo pongo in mezzo; la valigia in lunghezza va ad occupare meno spazio, ma divide i due sposi.
Però, cambiamo taxi, costa troppo. Olinda chiama una nuova auto. Io rientro a prendere lo zainetto, esco e… sorpreso e commosso vedo la valigia blu messa per lungo e non per largo, ma non più in mezzo, ma al lato del finestrino sinistro posteriore. Hernan con i suoi 70 anni sorride felice vicino alla sua sposa di 64 e mi dice: “Vamos monseñor a l’areopuerto!” Sono felici. I loro grandi occhi neri dicono complicità. Salto nel sedile anteriore e mi metto gli occhiali da sole per non mostrare la mia commozione. Mi dico: guarda che dolcezza, preferiscono stare più stretti ma vicini che comodi ma distanti!”
In queste tre settimane Hernan ed Olinda sono stati per me una scuola di amore e di affetto. Sulle Ande del Perù vivono una vita povera, ma ricca di amore; amore che si respira nella loro famiglia. Amore delicato e timido ma pieno di forza.
Forse è meglio un posto più stretto ma vicini, che un posto ampio e più lontani. Nella mia vita di sacerdote, e penso un po’ tutti noi, preferiamo un posto più comodo e distante che scomodo ma vicino. Con questo semplice e nascosto fatto, inizio la narrazione del report su Jackelim.
Lei è nel carcere di Lampa per la tratta di persone. Arrivando al carcere la nuova Direttrice mi dice: “Padre, ho un problema che mi tormenta in questi giorni. In questo carcere femminile il prossimo lunedì dovrò dire ad una prigioniera che l’anno prossimo, scontata la sua prima condanna di nove anni, dovrà scontare una di altri 10 anni ed uscirà di qui nell’anno 2034! Mi aiuti Gigi? Vorrei che tu la incontrassi e parlassi con lei un po’ di tempo dando a lei dei valori cristiani. La prigioniera già soffre di crisi depressive, immaginati quali gesti sconsiderati potrebbe compiere”.
Accetto volentieri, senza immaginare chi avrei trovato davanti a me. E così arriva lei, Jackelim. Non subito la riconosco, perché dal 2016 sono passati ben 7 anni e con le tante persone che incontro nel mondo, nella testa ho una macedonia di Africani, Colombiani, Vietnamiti, Iracheni e Messicani.
“Ciao Gigi, sapevo che saresti tornato a salutarmi!” I suoi occhi brillano, e la loro luce accendono nei miei occhi una scintilla. Questa donna ho già incontrato, ma chi è? La lascio parlare nella speranza di ricordare qualche cosa dalle sue parole.
“Le altre tre mie compagne sono uscite e se Dio vuole io uscirò il prossimo anno”. Nella mia testa ancora nebbia. “Ti ricordi che da Roma mi hai portato una lettera a nome del Papa ed a firma di un vescovo? Il Papà Francesco ha inviato a me ed alle mie compagne anche un aiuto economico”.
Inizio a ricordare e piano piano i fatti si delineano con lucidità: “Certo Jackelim! Ora ricordo tutto, era l’anno del Giubileo della Misericordia. A dicembre del 2015 ero venuto al carcere e tu e le tue tre amiche mi avevate dato una lettera per il Papa. L’ho fatto avere al Papa le lettere, Lui si è commosso ed ha incaricato Mons. Rino Fisichella, Responsabile del Giubileo della Misericordia, farvi avere un piccolo regalo e una lettera di risposta a quanto avevate scritto”.

Jackelim sorride: “Sai Gigi, che quella lettera l’ho ancora e la custodisco come una reliquia. Nei momenti bui di depressione in cui piango e sento angoscia, quella lettera è come un balsamo che mi calma, la rileggo lentamente e quelle parole tolgono l’angoscia”.
Ci guardiamo io e la direttrice, pensando implicitamente alla brutta notizia che attende la donna di 35 anni. “Direttrice, puoi permettere a Jackelim di andare a prendere la lettera nel dormitorio?” La nuova responsabile della prigione femminile volentieri acconsente e dopo alcuni minuti Jackelim ritorna festante con la sua lettera in mano, quasi fosse sacra. La apro. Porta la data del 6 giugno 2016 in risposta ad una lettera di Jackelim del 16 dicembre 2015 ed è a firma di Mons. Fisichella. Lei neppure sa chi sia, pensa solo che è un uomo molto importante e vicino a Papa Francesco.

La lettera è in spagnolo la leggo lentamente ad alta voce e la sua lettura mi sorprende, perché mai avrei pensato che sette anni dopo la lettera mia avrebbe aiutato a preparare la giovane ad una nera e angosciante notizia di altri 10 anni di carcere. Quando la lettera fu scritta erano 7 anni fa, ed era funzionale a ringraziare la donna delle devote parole al Pontefice. Mai Rino Fisichella e Bergoglio avrebbero pensato al valore profetico di quello scritto. Così sono le cose di Dio, noi mettiamo una motivazione buona nelle nostre azioni e Dio estrae capolavori di bene e consolazione inaspettati.
Nella mia calma lettura giungo ad un passaggio che sembra scritto proprio per questa nuova situazione di baratro, ecco la frase che parla in modo totalmente nuovo ed efficace rispetto alla situazione per cui era stata scritta, ascoltate il passaggio: “Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno ed in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”.
Jackelim non sa la brutta notizia che la attende tra alcuni giorni. Ci guardiamo io e la direttrice con uno sguardo complice di meraviglia e benevolenza. E così inizio il mio discorso: “Quando Mons. Fisichella a nome di Papà Francesco ha scritto questa lettera nessuno dei due avrebbe mai immaginato che noi due avremmo riletto questo foglio 7 anni dopo: tu lo hai conservato per me ed io te lo ho riletto come ho fatto sette anni fa: ricorda sempre questo passaggio nei momenti duri che ti si presenteranno nella vita. Senti Jackelim, ma raccontami nuovamente la tua storia, non me la ricordo e ti confesso che con tutti i prigionieri che incontro non sempre la memoria mi aiuta”.
Jackelim qui inizia a piangere e mi mostra la depressione in cui è caduta. Mi spavento. Questa donna sarà in grado di sostenere la notizia buia di dieci anni di carcere in più, oltre ai nove che sta scontando?
“Padre, sono nata il 10 marzo 1987 e sono di Juliaca. Quando ero piccola, mai madre si ammala e mi affida a Suor Carolina, la sorella che mi accudisce per alcuni anni nella sua casa religiosa. Dopo alcuni anni, mia madre Janet si mette con un uomo di nome Haime, che mi toglie dalla casa religiosa e mi porta a Lima. A 15 anni inizio a uscire ed a frequentare discoteche. In un locale notturno mi innamoro di Marcelo, il peggiore errore della mia vita. Con lui ho due figli, il primo di nome Jordan compirà 17 anni il 17 luglio (proprio oggi mentre in aereo rientro in Europa) ed il secondo Carlos di 11 anni che ho lasciato per il carcere a soli pochi mesi”.
E qui la ragazza piange con forza. Scendono copiose le lacrime sulle sue guance e con un gesto abituale in tutti i Paesi del mondo, con i due pollici asciugo le guance e porto alla mia bocca le sue lacrime. E come sempre, dall’ Iraq, al Kenya, al Messico e al Vietnam le lacrime sono salate ed amare.

La ragazza mi abbraccia e sulle mie spalle scendono le sue lacrime. Piano piano si calma. Le offro il mate di coca dalla mia tazza: non avevo ancora bevuto; beviamo insieme e ci fa bene. Quella tazza di mate di coca mi avvicina a lei, toglie la valigia che stava tra me e lei, mi fa stare scomodo essere vicino a lei senza “alcuna valigia in mezzo”, ma mi riempie di gioia profonda, quella della condivisione, quella della consolazione.
Jackelim continua: “La sorella di Marcelo ci invita a lavorare in una miniera della Rinconada nella regione di Juliaca e ci invia per il viaggio ben 2.000 soles (500 euro). Si tratta di gestire un locale vicino alle miniere in cui si vendono alcolici, di nome La Jarra Negra. I soldi ci affascinano e così lasciamo Lima per fare ritorno a Juliaca. Per vendere alcolici occorrono ragazze giovani e meglio se minorenni. Marcelo mi persuade a svolgere il lavoro di trovare ragazzine che lavorino tre mesi nel nostro locale. Io accetto”.
Mi incuriosisce, a Puerto Maldonado Sol (il volto di speranza 33) era stata vittima di tratta da parte di donne di questo genere [QUI e QUI]: “Spiegami: in cosa consisteva il tuo lavoro?” “So di avere commesso cose cattive, in 8 anni di carcere ho avuto modo di riflettere molto. Svolgevo questo mestiere per compiacere Marcelo. Lo vedevo felice quando giungevo con 3 o 4 ragazzine. Non mi dava tempo, non mi lasciava entrare neppure nel locale ma mi mandava subito a casa e io neppure sapevo cosa succedeva alle ragazze. Partivo in pullman e giravo il Perù soprattutto sulle Ande adescando attraverso agenzie ragazze disponibili a fare da cameriere. Le agenzie mi chiedevano il 5% del loro salario. Viaggiavamo insieme fino alla Rinconada e poi non le rivedevo più: era il mio uomo a trattare con loro”.
Provo ribrezzo per questo triste lavoro di “tratta di persone” e domando: “Jackelim, quante persone hai portato al locale La Jarra Negra?” “Gigi, più o meno 80 ragazze!” I miei occhi si spengono e Jackelim percepisce tutta la mia disapprovazione e quasi per scusarsi continua: “Le cose tra me e Marcelo andavano sempre peggio; mi picchiava, mi insultava ed umiliava sempre più frequentemente finché un giorno scappai con i miei due figli. E lui cosa fa per vendetta? Parla con 4 ragazzine minorenni, due di Arequipa e due di Huancayo: “Non facciamo del male alla cattiva Jackelim, semplicemente denunciatela!” Le minorenni obbediscono e così partono due processi contro di me: uno da Arequipa ed uno da Huankayo. E così, nel giro di alcune settimane mi trovo in carcere per il processo di Arequipa per una pena di 9 anni. Tale pena Gigi, la finirò di scontare il prossimo anno e sono così felice di uscire perché il mio avvocato mi assicura che i due processi sono per un unico reato”.
Ci guardiamo nuovamente con la direttrice con il medesimo sguardo complice, ma questa volta ben triste, sapendo che le cose non stanno così. Jackelim chiede di andare in bagno e la direttrice approfitta per dirmi: “Monsignore, proprio per il processo di Huancayo la donna sconterà altri 10 anni, è vero che è lo stesso capo di accusa, ma lo ha ripetuto 2 volte per la legge. Non so come dire a lei lunedì questa nefasta notizia, padre aiutami! Preparala”. Jackelim rientra con il volto rinfrescato, io bevo dalla mia tazza un sorso e lei in modo naturale prende dalla mia mano la tazza e con un grande sorso termina la bevanda. Questo gesto mi scende nel cuore. Seduti vicino, ho tolto la grande valigia che ci separava e Jackelim si sente a suo agio.
Quanto mi trovo bene quando la gente mi regala il suo cuore e quanto tutto ciò fa bene al mio cuore e lo rafforza nel mio vivere per Dio.
Suona il telefono. È Olinda che mi dice di rientrare a Juliaca per la cena. La avviso che farò ritardo. Riprendo tra le mani la frase della lettera e la leggo in modo deciso e fermo: “Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno ed in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”. “Jackelim, sai che facciamo io e te ora? Prendiamo la biro blu con cui sto scrivendo e tu scrivi sul mio braccio destro la frase ed io la scrivo a te. La scriviamo sul braccio destro quasi a dire che essa deve guidare tutte le nostre scelte e ci promettiamo a vicenda di non pulirla dal braccio per tutta la prossima settimana, lasciando che l’inchiostro si scolori da solo. Così tu sarai vicino a me nel volo di ritorno ed io sarò vicino a te nei tuoi prossimi giorni ed ogni giorno ripeti questa frase per 100 volte, quasi un mantra”.


Jackelim sorride divertita e mi dice: “Padre, te le inventi proprio tutte. Non sai che piacere mi fa questa cosa. Mi sentirò qualcuno più vicino nei prossimi giorni”. Prendo la biro e lentamente scrivo la frase in caratteri grandi e leggibili. Poi, Jackelim prende la penna e con scrupolo scrive bene la frase. Mentre lei scrive, guardo la giovane donna e penso al tormento che presto la toccherà. Prego in silenzio nel cuore una Ave Maria alla Madonna Calpestata [QUI], perché la Vergine irachena la aiuti nel momento difficile in cui la notizia di altri 10 anni in carcere la calpesterà miseramente. Scattiamo una foto ai nostri due bracci e con commozione ci salutiamo dandoci l’arrivederci al prossimo anno.
Con una carezza dico a Lei lentamente la frase che ormai sappiamo entrambi a memoria: “Aggrappati a Lui perché ti conceda la calma e la speranza di cui hai bisogno ed in modo tale che il tuo cuore non smetta di essere buono”. Jackelim esce e la direttrice mi accompagna dal suo ufficio alla porta di ingresso del carcere di Lampa: “Grazie Gigi, quella frase ha fatto del bene anche a me, gliela ripeterò dopo aver dato a lei la triste notizia e insieme guarderemo al tuo scritto sul suo braccio e tu prega per lei in questi giorni, rimaniamo in contatto. Ti farò sapere come è andata”. Salto in macchina e parto per Juliaca.

Ora in aereo fotografo il mio braccio. Mancano solo sei ore per Madrid e proprio in queste ore la Direttrice comunica a Jackelim la notizia. Le parole di Mons. Fisichella a nome di Papa Francesco accompagnino con forza le tristi ore di questa povera delinquente, che in una lettera di 7 anni fa ogni sera trova calma e serenità.
[*] Oggi ricorre il decimo anniversario dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus, costituita il 18 luglio 2013

Dal video del 19 luglio 2013
1. APPROFONDIMENTO DELLA FIGURA DI SANTINA ZUCCHINELLI
Il primo ambito si propone di divulgare e di far conoscere la personalità di Santina Zucchinelli, soprattutto negli anni 2005-2013, tempo della sua lunga sofferenza e malattia. Negli anni scorsi diverse pubblicazioni di libri, articoli, presentazioni e convegni, interventi televisivi si sono tenuti riguardo a Santina. Anche il mondo di Internet con il sito, canale YouTube, Facebook e Twitter, hanno avuto grande importanza. La Fondazione Santina si curerà di proseguire su questa strada per rendere manifesto il carattere umano, l’aspetto spirituale, la preghiera e la sofferenza eroicamente sopportata da Santina Zucchinelli. A partire da questo primo ambito si svilupperanno gli altri tre ambiti qui descritti. La ferma volontà della Fondazione Santina è quella di trasformare il dolore sopportato da Santina in salvaguardia dei Luoghi Santi per la Fede cristiana e medicina per situazioni umane difficili ed essere.
2. LA CITTÀ VECCHIA DI GERUSALEMME
Dal 2005 ad oggi abbiamo focalizzato una speciale attenzione alla Città Santa di Gerusalemme, nella consapevolezza che l’aiuto a questa Città è l’aiuto ed il sostentamento di questi Luoghi Santi cari alla nostra fede cristiana e dunque si pone come un implicito aiuto alle manifestazioni fondanti della nostra Fede cattolica. Ma la città di Gerusalemme è molto grande e i bisogni sono enormi, per non disperdere gli sforzi ci siamo concentrati sull’Esarcato Armeno Cattolico di Gerusalemme che sorge tra la terza e quarta stazione della Via Dolorosa. In questo riferimento vediamo come molto pertinente il dolore di Santina quale aiuto alla conservazione dei luoghi dove Gesù ha sofferto per noi ed in modo particolare al luogo dove Gesù ha incontrato Sua Madre (terza stazione) e il luogo dove Gesù cade per la prima volta (terza stazione).
3. LA CURA DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Uno dei principali intenti dell’opera di solidarietà sviluppatasi in questi anni a partire dal dolore e dalla preghiera di Santina è stato il convincimento che il suo dolore non doveva essere vano e che si doveva lottare affinché altre persone non soffrissero quanto sofferto da Santina Zucchinelli.
4. IL FENOMENO DELL’IMMIGRAZIONE E LE SUE POVERTÀ
La gestione concreta quotidiana di Santina Zucchinelli in questi anni oltre ad una Signora peruviana, che da oltre sei anni ha seguito Santina, è stata affidata, seppur con limiti di gestione, a persone provenienti da Albania, Perù, Bolivia, Ucraina. Per reperire queste singole persone siamo venuti in contatto con il grande fenomeno dell’immigrazione in Italia con tutti i valori e le difficoltà connesse a questo fatto.