Perché il Papa delude Milano e non crea Delpini cardinale?

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Molti pensano che creare cardinale Mons. Mario Enrico Delfini – che anche i lettori non ambrosiani di Korazym.org conoscono bene, con gli innumerevoli articoli pubblicato su queste pagine – sarebbe il giusto riconoscimento per l’Arcivescovo metropolita e l’Arcidiocesi di Milano. Comunque, Papa Bergoglio, pur con le sue umanissime suscettibilità, in nessun modo è mosso dalla volontà di ferire o da qualsivoglia rancore. Ma sulla sua scelta pesa la mancata vigilanza in un vecchio caso di abusi. L’episodio risale a quando Delpini era vescovo ausiliare: un sacerdote fu poi condannato per abusi sessuali su un minore. Ma la motivazione non è molto convincente. Il Papa ha spesso tagliato corto alle obiezioni facendo valere l’amicizia e l’idem-sentire, che bruciavano i sospetti e gli eventuali errori commessi in precedenza. Di seguito una lettera di un lettore che esprime la sua rabbia: che schiaffo a Milano. Subito dopo, la risposta di Renato Farina.

«La diocesi di Milano è di gran lunga la diocesi al mondo con più sacerdoti diocesani: è tra le più popolose e tra prime le cinque al mondo come numero di fedeli. Nel 2019 contava 5.078.297 battezzati. Alla diocesi di Milano appartengono Sant’Ambrogio, San Carlo Borromeo, San Paolo VI, San Luigi Orione, il Beato Ildefonso Schuster, il Beato Don Carlo Gnocchi, il Beato Carlo Acutis. Nel suo pontificato Papa Francesco ha eletto 142 cardinali, diversi africani, asiatici, sudamericani, ma non Monsignor Mario Delpini vescovo di Milano. Questa è una autentica offesa per lui, per Milano, per noi tutti fedeli milanesi. Cordiali saluti, Pieraldo Agostini (Milano)».

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.07.2023 – Renato Farina] – Caro Signor Pieraldo! Le sue considerazioni sono, nella loro trasparente amarezza, pertinenti e condivise da tanti milanesi e lombardi. Ne scriva al Papa, come fedele ne ha il diritto e persino il dovere. La Chiesa non è una caserma, e il Codice di diritto canonico vigente afferma: “I fedeli sono liberi di manifestare ai Pastori della Chiesa le proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri” (can 212, comma 2). L’indirizzo è Sua Santità Papa Francesco, 00120 Città del Vaticano, Roma (RM).

Intima essenza

Non me la cavo così, lasciando solo a Lei questo onore e onere. Personalmente sottoscrivo i suoi “desideri”, e spero che altri esprimano con rispetto questa “necessità spirituale”, non certo per innalzare con superbia il gonfalone della metropoli a dispetto ad esempio di quella di Como o di Agrigento. Non è questione di tecnica delle “pressioni”, se fosse così, peste ci colga. È una faccenda che riguarda l’intima essenza della Chiesa, nella quale ha peso da sempre la Vox Populi, non perché – come sosteneva Giuseppe Mazzini – coincida infallibilmente con la Vox Dei, ma per la natura sacramentale del corpo ecclesiale: “…dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20), e qui mi fermo non avendo la patente di teologo. L’attuale vescovo di Roma oltretutto ha una autentica devozione per il “Santo Popolo di Dio”, la gente comune, che sa magari poco di dottrina, ma è sensibile ai segni, capisce i gesti di affetto e resta male se il “dolce Cristo in terra”, come chiamava santa Caterina il Papa cui pure non faceva mancare richiami appassionati, sembra trascurare o addirittura voler punire alcuni suoi figli, nello specifico i milanesi e specificamente il loro arcivescovo.

Detto questo, dichiararsi offesi ritengo non sia giusto, perché Papa Bergoglio, pur con le sue umanissime suscettibilità, in nessun modo è mosso dalla volontà di ferire o da qualsivoglia rancore. Semplicemente il Pontefice regnante ha deciso di rompere con la prassi del ventesimo secolo, che legava strettamente la porpora all’importanza storica o quantitativa della cattedra. Egli ha la suprema potestà di mettersi al fianco come primi collaboratori quanti ritiene possano essergli d’aiuto nel governo della Chiesa universale. Non è una discriminazione quella subita da Milano e dal suo arcivescovo, numerose diocesi fino a Benedetto XVI ritenute cardinalizie per prassi, in Italia e nel mondo, risultano sacrificate nelle preferenze di papa Bergoglio. Esempi oltre a Milano, in Italia: Venezia, Napoli, Palermo non sono state benedette dalla porpora; nel mondo: Parigi, Berlino, Lima.

Seguendo l’invito proprio di Francesco, che invoca la pratica della parresia, cioè chiede sincerità, rivelo, anche se mi rendo conto di scoprire l’acqua calda, quel che nelle curie e tra i vaticanisti è risaputo. Quando su Libero osai perorare per la terza volta la causa della berretta cardinalizia per Delpini, mi è stato fatto presente da Roma che a determinare l’esclusione dalla lista sarebbero state fatte valere con il Santo Padre ragioni di opportunità: dalla sua nomina nascerebbe uno scandalo per una asserita mancata vigilanza, quand’era vescovo ausiliare, nei confronti di un sacerdote poi condannato dal tribunale per abusi sessuali nei confronti di un minorenne.

Errori e sospetti

La faccenda non è molto convincente. Il Papa ha spesso tagliato corto alle obiezioni facendo valere l’amicizia e l’idem-sentire, che bruciavano i sospetti e gli eventuali errori commessi in precedenza. Nell’elenco dei 21 che riceveranno il 30 settembre in Concistoro la berretta, ci sono casi assai più eclatanti di quello messo in conto a monsignor Mario Delpini. Uno tra tutti, concerne l’arcivescovo argentino di La Plata, Víctor Manuel Fernández, dal 1° luglio Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede: su di lui peserebbe il mancato ascolto e il non concesso sostegno ad una vittima (poi suicida) dell’abuso di un sacerdote. Qualcuno tra i cardinali di vecchio corso mi osservò in passato che se Giovanni Paolo II avesse usato i medesimi criteri di amicizia e di convergenza teologica usati dal successore al soglio pontificio per scegliere arcivescovi e cardinali e confinare in montagna chi gli sta in uggia, ci sarebbe oggi in Patagonia un venerando padre Bergoglio. Lo Spirito ha deciso di soffiare altrimenti.

Caro Signor Agostini, scriva anche al Sindaco Beppe Sala e al Governatore Attilio Fontana. Se si muovessero con una petizione le autorità della Città e della Regione (l’Arcivescovo di Milano ne è il metropolita), interpretando i sentimenti dei propri concittadini, sarebbe un’iniziativa bella e significativa di fiducia sia nei confronti del Santo Padre sia verso Monsignor Delpini. E magari Francesco aggiungerà un posto, in un ulteriore Concistoro, al Conclave.

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

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Foto di copertina: Mons. Mario Enrico Delpini, 71 anni, dal 7 luglio 2017 145° Arcivescovo metropolita di Milano.

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