Save the Children: salvare i bambini nella guerra

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Sempre più i bambini sono coinvolti, malgrado loro, nelle guerre e l’ong Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, ha lanciato un appello per mettere in salvo i bambini in tre zone particolarmente ‘calde’ del mondo: Sudan, Ucraina e Cisgiordania.

Un numero allarmante di ragazze adolescenti viene aggredito sessualmente e stuprato da combattenti armati in Sudan, dove molte delle sopravvissute hanno tra i 12 e i 17 anni: a seguito dell’escalation del conflitto nel Paese, bambine e bambini sono vittime di violenza sessuale e di genere. Episodi di stupro, violenza e sfruttamento sessuale sono stati segnalati da donne e ragazze fuggite dal conflitto a Khartoum e da altre aree del Sudan.

Sebbene la violenza sessuale si stia diffondendo velocemente, sono stati verificati solo 88 casi di stupro a seguito del conflitto, con almeno 42 presunti casi nella capitale, Khartoum, e 46 nella regione del Darfur. Tuttavia, secondo l’Unità sudanese per la lotta alla violenza contro le donne, questa cifra rappresenta probabilmente soltanto il 2% dei casi totali, il che significa che, secondo questa stima, ci sarebbero stati circa 4.400 casi di violenza sessuale in sole 11 settimane.

Gli operatori di Save the Children hanno riferito di alcuni bambini che sono presi di mira per la loro etnia, oltre che per il loro genere. L’Organizzazione è anche particolarmente preoccupata per i bambini che viaggiano da soli, e sono quindi esposti ad un rischio molto più alto di violenza, abuso e sfruttamento, come ha dichiarato ha dichiarato Sara Abdelrazig, responsabile dell’intervento di Save the Children nel Nord Kordofan:

“Nelle nostre sei cliniche sanitarie mobili che forniscono servizi di assistenza sanitaria di base per le popolazioni sfollate, incontriamo, purtroppo, frequenti casi di donne vittime di violenza sessuale e stiamo facendo del nostro meglio per sostenerle.

L’unità di emergenza dell’ospedale principale della zona è stata colpita durante un attacco aereo e ora non abbiamo nessun ospedale che sia in grado di ricevere i casi medici gravi che abbiamo individuato per effettuare ulteriori indagini. Spesso gli specialisti per i casi traumatici non sono disponibili e, naturalmente, la mancanza di elettricità sta compromettendo il lavoro nei laboratori e talvolta anche nelle cliniche sanitarie mobili”.

Più di 3.000 persone sono morte e 6.000 sono rimaste ferite dal 15 aprile, inizio dell’escalation delle violenze nel Sudan. Di questi, almeno 330 bambini sono stati uccisi e 1900 feriti, secondo il Ministero della Salute del Paese. Tuttavia, operatori umanitari e testimoni affermano che molte vittime non sono state registrate. Inoltre, un numero crescente di minori è a rischio di reclutamento e associazione con gruppi armati.

In Ucraina, dal 24 febbraio 2022 al 30 giugno 2023, le Nazioni Unite hanno registrato oltre 25.000 vittime civili, tra cui 1.630 bambini, di cui 535 morti e 1.095 feriti – in media tre bambini vittime ogni giorno. Inoltre, oltre il 90% delle vittime civili  è dovuto ad armi esplosive con un’ampia area di impatto, particolarmente letali per i bambini che hanno corpi più piccoli e fragili.

Marzo 2022 rimane il mese più letale per i bambini negli ultimi 500 giorni di guerra, con oltre 240 bambini uccisi e 260 feriti. Sebbene il numero di vittime infantili sia diminuito dallo scoppio della guerra, i minori in Ucraina continuano a essere uccisi e mutilati.

Quest’anno, giugno è stato il mese più letale per i bambini nel Paese: ben 54 hanno perso la vita. I numeri sono aumentati in seguito all’attacco della scorsa settimana a Kramatorsk, durante il quale sono morti 11 civili, tra cui due sorelle gemelle di 14 anni e un’altra adolescente, come ha dichiarato Sonia Khush, direttore nazionale di Save the Children in Ucraina:

“Nessun bambino in Ucraina è al sicuro. Con la minaccia di attacchi missilistici sempre presente, uno stato di costante angoscia è diventato la nuova norma per i bambini. Il rischio per la salute mentale dei bambini e il potenziale di danni a lungo termine non possono essere sottovalutati.

Gli edifici civili, tra cui scuole, ospedali e infrastrutture civili, non dovrebbero essere presi di mira secondo le regole della guerra. Più di 1.600 bambini sono già stati uccisi o feriti in 500 giorni (vuoti luoghi comuni non salveranno le vite dei bambini) questi attacchi devono cessare immediatamente”.

Inoltre Save the Children è allarmata dall’escalation della situazione in Cisgiordania. Negli ultimi giorni, dieci palestinesi, tra cui tre minori, sono stati uccisi e più di 50 feriti. Diversi palestinesi, tra cui alcuni bambini, sono stati arrestati durante l’operazione delle Forze di Sicurezza Israeliane (ISF) a Jenin. I danni alle infrastrutture civili sono ampi, inclusa l’interruzione delle forniture di acqua ed elettricità, e le demolizioni di strade e case tutt’ora in corso. 

Questa è stata la più grande operazione dell’ISF in Cisgiordania dal 2002, e ha incluso l’uso di attacchi aerei e di ingenti forze di terra in aree civili densamente popolate. Nella prima metà del 2023, il numero di morti e feriti civili palestinesi ha già superato quelli del 2022, che è stato l’anno più letale per i palestinesi da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a monitorare i dati nel 2005. 

Save the Children chiede a tutte le parti in causa di fermare immediatamente le ostilità, di rispettare il diritto internazionale umanitario e di garantire l’accesso umanitario a tutti i bambini e alle loro famiglie colpiti dalle violenze, secondo le dichiarazioni di Jason Lee, direttore Paese di ‘Save the Children’ per i Territori Palestinesi Occupati:

“E’ inaccettabile che i bambini siano ancora una volta oggetto di violenza e paghino il prezzo del conflitto in corso. E’ fondamentale agire immediatamente per fermare le ostilità e garantire la necessaria assistenza umanitaria ai bambini e alle loro famiglie. I civili e le infra-strutture civili devono essere protetti per garantire che i bambini possano accedere ai servizi di base”.

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