La nomina di Fernández contribuisce a fare chiarezza. Rispondendo ai suoi detrattori (definendoli ignoranti) rilancia le accuse

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 06.07.2023 – Vik van Brantegem] – Proseguiamo con la rassegna delle reazioni alla nomina dell’Arcivescovo Víctor Manuel (Tucho) Fernández a Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede [DDF] con due contributi:
- Fernández alla Dottrina della fede. L’autogolpe. Ma sarà anche autogol? di Aldo Maria Valli su Duc in altum, 5 luglio 2023
- Tucho risponde. Mons Fernández rilancia le accuse: loro ignoranti, io ho scritti di alto livello di Miguel Cuartero su Testa del Serpente, 5 luglio 2023
Per Valli, la nomina di Fernández «è una sciagura sotto ogni punto di vista. Ma almeno contribuisce a fare chiarezza: chi ha sempre parlato, contro ogni evidenza, di continuità fra il pontificato di Benedetto XVI e di Francesco ora davvero non ha più argomenti. La nomina di Fernández sancisce una frattura totale. Attenzione: parlo di frattura non solo e non tanto fra due tipi di teologia, ma fra una teologia e una non-teologia. Perché una teologia di Tucho Fernández non c’è: non c’è un pensiero strutturato, non c’è una linea interpretativa. C’è solo un coacervo di espressioni che cedono da una parte a un vago sentimentalismo e dall’altra al più spudorato relativismo».
Cuartero osserva: «Rispondere per le rime ai propri detrattori è un’azione sempre pericolosa. Si rischia di scendere nell’arena prestandosi al brutto gioco del rimpallo delle accuse. Si rischia anche di peggiorare la propria situazione se si arriva a dover difendere i propri titoli a dispetto di quelli degli altri. Così si rischia di abbassare il livello a quello di una discussione da bar. Mons. Fernández afferma di avere pubblicazioni di “alto livello”, mentre accusa i detrattori di ignoranza (“non capiscono lo spagnolo”) e si lascia sfuggire una parola volgare (seppur per attribuirla ai propri “nemici”). Insomma il post sembra una risposta piccata a gossip da social. Sarebbe stato meglio evitare».
In riferimento all’affermazione a buon mercato di Fernández, che i “gruppi contrari a Francesco” lo criticano per “attaccare Francesco per avermi nominato”, consigliamo a rileggere l’eccellente contributo di Prof. Roberto de Mattei [QUI].
Fernández alla Dottrina della fede. L’autogolpe. Ma sarà anche autogol?
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 5 luglio 2023
Come abbiamo abbondantemente scritto nei giorni scorsi, la nomina del nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’Arcivescovo argentino Víctor “Tucho” Fernández, è una sciagura sotto ogni punto di vista. Ma almeno contribuisce a fare chiarezza: chi ha sempre parlato, contro ogni evidenza, di continuità fra il pontificato di Benedetto XVI e di Francesco ora davvero non ha più argomenti. La nomina di Fernández sancisce una frattura totale. Attenzione: parlo di frattura non solo e non tanto fra due tipi di teologia, ma fra una teologia e una non-teologia. Perché una teologia di Tucho Fernández non c’è: non c’è un pensiero strutturato, non c’è una linea interpretativa. C’è solo un coacervo di espressioni che cedono da una parte a un vago sentimentalismo e dall’altra al più spudorato relativismo. Qualcuno ha detto che mettere Tucho a capo dell’ex Sant’Uffizio è come nominare il lupo a capo del gregge. Ma Tucho non ha neppure la grandezza del lupo. È liquidità, è il nulla che avanza.
Dunque, rottura totale con il passato. Alla buonora! Era tempo che la frattura fosse sancita, andando oltre le finzioni e le frasi di circostanza. Ora che il “nonno saggio”, alias Ratzinger, non c’è più, Francesco ha fatto ciò che aveva in animo da tempo e ha installato il suo protetto proprio nel palazzo in cui per tanti anni il Cardinale Ratzinger lavorò come guardiano dell’ortodossia cattolica, così come tanti altri avevano fatto prima di lui. Ma, ripeto, non si può parlare di cambio di rotta, perché Tucho Fernández una rotta non ce l’ha, a meno che non si voglia considerare un progetto la completa destrutturazione del pensiero cattolico, della stessa visione cattolica dell’uomo e del mondo. Più corretto è parlare di fine di ogni rotta.
Nel mio libro Il pastore e i lupi. Ricordando Benedetto XVI [QUI], sfatando la leggenda del sereno soggiorno di Ratzinger nella quiete del monastero Mater Ecclesiae, scrivo che quei dieci anni da Papa emerito furono una via dolorosa. La scandirono le ambiguità di Amoris laetitia, la mancata risposta di Francesco ai dubia dei quattro cardinali, la correctio filialis sottoscritta da decine di teologi e studiosi ma bellamente ignorata da Santa Marta. La scandì il duro colpo di Traditionis custodes. “Di fronte a ogni passo di Francesco, a ogni nuova iniziativa del suo successore, Benedetto XVI poté misurare il baratro nel quale la Chiesa stava sempre più sprofondando. E poté vedere che il processo di autodissoluzione, innescato dal Concilio, era stato condotto alle estreme conseguenze proprio dalla sua rinuncia. Si può immaginare una condanna più terribile?”.
Questa la situazione. Altro che “nonno saggio”, inchini, abbracci e sorrisi. Francesco ebbe per lo meno il buon gusto di risparmiare a Benedetto l’ultimo dolore e l’umiliazione più cocente: appunto mettere uno come Tucho Fernández a capo dell’ex Suprema. Ma ora che Benedetto non c’è più, semaforo verde: la liquidità può trionfare, il campione della non-teologia può salire al potere. Missione compiuta.
Se Tucho Fernández, il ghost writer di Amoris laetitia e l’ispiratore del programma del pontificato, l’Evangelii gaudium, incarna agli occhi di Bergoglio l’uomo giusto per guidare il Dicastero per la Dottrina della Fede è proprio perché la nomina del nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’Arcivescovo argentino Víctor “Tucho” Fernández, è una sciagura sotto ogni punto di vista. Ma almeno contribuisce a fare chiarezza: chi ha sempre parlato, contro ogni evidenza, di continuità fra il pontificato di Benedetto XVI e di Francesco ora davvero non ha più argomenti.Francesco, dunque, con questa nomina dice: basta con la teologia, è tempo di non-teologia, basta con la Chiesa, è tempo di non-Chiesa. La lettera con la quale ha accompagnato la nomina è chiara: Tucho non dovrà perseguire gli errori dottrinali (“mi aspetto da te qualcosa di molto diverso”) perché non ci sarà più dottrina.
Chi in queste ore analizza la nomina di Tucho continua a ragionare nei vecchi termini: un innovatore al posto di un conservatore, un morbido al posto di un duro. Ma ormai siamo oltre. Ciò che Francesco vuole è la fine di ogni punto di riferimento.
Secondo The Wanderer [QUI], che conosce molto bene sia Bergoglio sia Fernández, questa nostra lettura attribuisce a Francesco una grandezza che egli non ha. In realtà, sostiene il commentatore argentino, Bergoglio ha nominato Tucho solo per ripicca, perché il Vaticano non voleva mettere il suo protetto a capo dell’Università Cattolica di Buenos Aires e poi perché Müller si permise di dargli dell’eretico. Nessun progetto, dunque, ma solo rancore. Può darsi. In ogni caso, qualunque sia il vero motivo all’origine della scelta, è fuori discussione che Bergoglio in questo modo ha scavato un fossato tra il prima e il presente. Qui siamo all’autogolpe. La Chiesa che nega se stessa. Una specie di HIV, come giustamente osserva The Wanderer. Una malattia autoimmune che distrugge l’organismo.
L’autogolpe sarà anche un autogol? Lo vedremo. È possibile che, a fronte di tale tracotanza, anche i cardinali classificati come progressisti avvertano un moto di repulsione e, se non altro per istinto di conservazione, decidano nel prossimo conclave di mettere rimedio alle malefatte bergogliane. Comunque sia, ora siamo alle prese con la manifesta disarticolazione della Chiesa. Prendiamone atto.
Tucho risponde. Mons Fernández rilancia le accuse: loro ignoranti, io ho scritti di alto livello
di Miguel Cuartero
Testa del Serpente, 5 luglio 2023
In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook [QUI], Mons. “Tucho” Fernández, che a settembre inizierà il suo mandato come nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, risponde alle accuse mosse in questi giorni e rilancia: “Chi accusa me accusa Francesco che mi ha eletto”. A proposito del suo libro dedicato ai baci risponde: “Ero un giovane prete e volevo arrivare ai giovani”. E intervistato sui temi sensibili risponde: “Ho scritto molto contro l’aborto” e “il matrimonio è tra uomo e donna”.
La vera riforma si fa con le nomine. Dopo Paglia all’Accademia per la Vita, Semeraro alle Cause dei Santi, Roche alla Liturgia, Mendonça alla Cultura, Prevost ai Vescovi, Heung-sik al Clero, con la nomina di Victor Manuel Fernández alla Dottrina per la Fede la riforma della Curia si può dire conclusa. Si chiude un’era, se ne apre un’altra [QUI]. Termina l’era delle note disciplinari e dei richiami di Roma contro le posizioni eretiche o quantomeno problematiche e si apre l’epoca del dialogo pastorale e dell’accoglienza delle novità teologiche. Così almeno è nelle intenzioni del Papa e del suo fedelissimo Mons. Fernández che ha detto di considerarsi, più che un amico, un “figlio di Bergoglio” [QUI].
La nomina ha suscitato sorpresa e scalpore in tutto il mondo e non poche polemiche. Soprattutto per il (presunto?) magro spessore teologico del vescovo argentino chiamato da Francesco a completare la squadra curiale.
In un post pubblicato sul suo account Facebook, Mons Fernandez risponde alle critiche arrivate da tutto il mondo, specialmente – afferma – dagli Stati Uniti, concentrandosi soprattutto sul libro Guariscimi con la tua bocca, che in queste ore è stato causa di numerosi commenti e critiche. “Ero un giovane prete e volevo scrivere ai giovani”, scrive. Intervistato su Info Vaticana [QUI] aggiunge: “L’ho scritto assieme ai miei giovani e l’intento era molto conservatore”: spiegare ai giovani che ci sono forme espressive di amore diverse dal sesso, come il bacio, così da evitare le relazioni prematrimoniali.
Riportiamo il testo del post Facebook del vescovo tradotto dallo spagnolo all’italiano (traduzione di chi scrive) seguito da qualche considerazione.
«Il libro “Guariscimi con la tua bocca”
Care amiche e amici,
Ringrazio di cuore per i saluti e le preghiere di tanti di voi che mi avete scritto per questo mezzo, per e-mail e per altre vie, oltre alle telefonate. Da tre giorni sono sopraffatto da tanto affetto fraterno.
D’altra parte ci sono anche gruppi contrari a Francesco che sono inferociti e che sono arrivati ad usare metodi poco etici per danneggiarmi. Ad esempio, è da anni che si fa riferimento a un mio libretto che non esiste più, che parla del bacio. Ad ispirarmi fu una frase dell’epoca dei padri della Chiesa che parlava dell’incarnazione come del bacio di Dio all’umanità.
In quel tempo ero molto giovane, ero parroco e cercavo di raggiungere i giovani. Allora mi venne in mente di scrivere una catechesi per gli adolescenti a partire dal significato del bacio. Scrissi quella catechesi con l’aiuto di un gruppo di giovani che mi fornì idee, frasi, poemi ecc.
Dunque, ciò che fanno questi gruppi estremisti [contrari a Francesco, ndr] è dire: “Guardate che bassa qualità ha questo teologo, guardate che stupidaggini ha scritto, guardate che basso livello che ha”. È da anni che mi umiliano con citazioni di questo libro.
Ma una catechesi per i giovani adolescenti non è un libro di teologia, c’è una differenza nel genere letterario. Non si può pretendere che una catechesi pensata da un parroco per gli adolescenti sia un manuale di teologia.
E io sono orgoglioso di essere stato quel parroco giovane che si occupava di arrivare a tutti usando i linguaggi più diversi. Per questo quando il Papa parla del mio curriculum dice che sono stato decano della facoltà di teologia, ma allo stesso tempo dice che sono stato parroco di “Santa Teresita”. Visto che per lui è importante che un teologo si mescoli con il fango e cerchi di utilizzare un linguaggio semplice che raggiunga tutti.
Anche io ho libri di alto livello, ho scritto ad esempio diversi articoli nella rivista “Angelicum” o nella “Nouvelle Revue Théologique”, testi che forse pochi capiranno. Ma il compito del teologo non si riduce a quei testi.
Peggio ancora, siccome questi attacchi vengono da cattolici degli Stati Uniti, i quali non conoscono lo spagnolo, traducono male alcuni poemi del libro. Traducono la parola “strega” (bruja) con “puttana” (puta). Ma nel libro c’è scritto “strega”. Non hanno diritto di cambiare le mie parole. Sembra che per fare questo non hanno etica. E non è la prima volta che mi fanno questo.
Insomma, continueranno a dire molte altre cose, alleandosi a chiunque sia pur di attaccare Francesco per avermi nominato. Ma coloro che mi hanno conosciuto da vicino sanno chi sono. Grazie per la fiducia e l’affetto che sempre mi dimostrate.
Non faccio questo per difendermi. Ho già sopportato molte volte questi trucchetti e passerà la tempesta. Ma voglio chiarire per evitare che qualcuno di voi si senta confuso e soffra per queste e altre accuse, ma soprattutto lo faccio perché non prendano a danneggiare Francesco.
Un forte abbraccio
Tucho».
Qualche considerazione in merito.
- Rispondere per le rime ai propri detrattori è un’azione sempre pericolosa. Si rischia di scendere nell’arena prestandosi al brutto gioco del rimpallo delle accuse. Si rischia anche di peggiorare la propria situazione se si arriva a dover difendere i propri titoli a dispetto di quelli degli altri. Così si rischia di abbassare il livello a quello di una discussione da bar. Mons. Fernández afferma di avere pubblicazioni di “alto livello”, mentre accusa i detrattori di ignoranza (“non capiscono lo spagnolo”) e si lascia sfuggire una parola volgare (seppur per attribuirla ai propri “nemici”). Insomma il post sembra una risposta piccata a gossip da social. Sarebbe stato meglio evitare.
- È chiaro a tutti che negli ultimi anni la catechesi giovanile ha collezionato più fallimenti che successi. Da anni la Chiesa perde i giovani mentre vescovi e preti sono lì a chiedersi “come mai?”. Il sogno di riportare i giovani alla fede attraverso libri e opuscoli è un’illusione dura a morire, visto che ogni mese escono nuove pubblicazioni con questo intento. Carta sprecata! In questo senso che il libro del giovane parroco Fernández nascesse da quella illusione non fa di lui un cattivo sacerdote. Evidentemente (dice di aver chiesto all’editore di non ripubblicarlo mai più) non ha avuto il successo desiderato. Altrimenti lo avremmo oggi riproposto con apposita fascetta segnaletica “Il libro del Prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede dedicato ai giovani in cerca di esprimere correttamente l’amore“. Evidentemente i giovani argentini hanno continuato a baciare e a esprimersi l’amore a modo loro.
- Il problema non è il libro sul bacio sul quale – mi permetto di consigliare ai cattivissimi nemici di non soffermarsi più di tanto per non cadere nel ridicolo – ma il fatto che – per sua ammissione, lo dice nell’intervista – la maggior parte dei suoi scritti sono di carattere pastorale e spirituale e non hanno l’intento di contribuire alla ricerca teologica e all’approfondimento della fede. Benissimo, direi. C’è bisogno di questo e di quello. Ed ognuno si occupi del suo campo.
- Un’ultima considerazione. Affermare che le pubblicazioni di alto livello sono incomprensibili ai più (“anche io ho libri di alto livello, ho scritto ad esempio diversi articoli nella rivista Angelicum o nella Nouvelle Revue Théologique, testi che forse pochi capiranno“) oltre a sminuire le capacità intellettive di chi muove accuse (ignoranti!), crea un problema non da poco. Infatti pensare che la teologia sia roba incomprensibile alla gente comune e si riduca a pubblicazioni di nicchia lontane dalla vita cristiana è un errore. Basti vedere quanta gente “comune” legge i testi di Joseph Ratzinger, comprendendone il senso e ricavandone gran profitto per la propria fede e vita cristiana. Chi ha letto Ratzinger sa che i suoi libri non sono affatto “incomprensibili”. Ma al contrario la logica con cui scrive rende il discorso accessibile a tutti. Dividere categoricamente i libri pastorali “per la gente semplice” (si legga “ignorante”) e gli studi teologici per chi ha studiato, oltre ad essere un’offesa per i “semplici” non fa giustizia del ruolo della teologia e del teologo. Di certo può servire in Paesi in via di sviluppo dove la preparazione base è molto bassa e il livello di comprensione di un testo scientifico diventa insormontabile ai più. Ma se si parla del Dicastero per la Dottrina della Fede le cose cambiano. Il vero problema a questo punto è il ruolo e lo scopo della teologia nella Chiesa. E i prossimi anni ci diranno in quale direzione si vorrà andare. Per ora possiamo augurare al prossimo Prefetto buon lavoro libero da illusioni pastorali e da travisamenti teologici.
Indice – Nomina del Prefetto DDF [QUI]