L’eredità sinodale di Papa Francesco

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.06.2023 – Andrea Gagliarducci] – Se lo guardiamo nel suo insieme, il documento di lavoro del prossimo Sinodo sulla sinodalità – anche se gli organizzatori preferirebbero “Sinodo sulla vita della Chiesa” – voluto da Papa Francesco, è equilibrato. È un documento che risponde a due anime, a due approcci diversi: quello dell’ascolto del popolo di Dio, sempre e in ogni circostanza, e quello del ricordare che la Chiesa è una e così è anche la dottrina, che il Papa è il garante dell’unità e che quindi l’Instrumentum laboris non è né un documento magisteriale né un documento che stabilisca con precisione ciò che si discuterà nel prossimo Sinodo dei Vescovi [QUI].

Inserito in queste due anime, l’Instrumentum laboris diventa un testo che può essere visto da tutte le prospettive senza contraddizioni. Il testo affronta infatti tutte le questioni più controverse dibattute negli ultimi anni: i preti sposati; il diaconato femminile; il ruolo delle donne; la comunione ai divorziati risposati. Tuttavia, contiene questi temi sotto forma di domanda nella parte in cui sono raccolte le sollecitazioni e non nella sezione del testo che, più di ogni altra, intende fornire lo sfondo al dibattito sinodale.

Allo stesso tempo, possibili spinte alla democratizzazione della Chiesa attraverso il Sinodo, talvolta con equilibri verbali, vengono respinte. Sottolinea che le Chiese locali sono le più importanti, ma che non possono prescindere dal rapporto con Roma, e sostiene che esiste già un magistero consolidato sui divorziati risposati, e quindi questo non sarebbe in discussione, ma poiché si sta discutendo, l’argomento non può essere accantonato. Almeno, dobbiamo chiederci cosa non è stato compreso.

Alla fine, il problema sinodale non è il Sinodo in sé, ma il modo in cui viene utilizzato. Soprattutto, la questione sinodale riguarda non tanto la discussione, ma quanto del dibattito sarà abbracciato dal Papa nelle sue parole finali.

Al momento, ciò che abbiamo è l’idea di un dibattito molto ampio e, allo stesso tempo, inconcludente. Si parla anche di evangelizzazione, e di centralità della preghiera nel discernimento, ma il documento sembra essere influenzato proprio anche dalle discussioni locali, spesso di carattere sociologico. Perdono di vista l’obiettivo principale della Chiesa, che è l’Eucaristia. La tentazione di un’eccessiva propensione alla società e alla realtà, è la più grande tentazione del cammino sinodale.

Certo, questa tentazione è vissuta in molti modi a livello locale. Il Sinodo della Chiesa in Germania è iniziato nel 2019 e lavora su una base pragmatico-sociologica. Infatti, affermare che la mancanza di fiducia nella Chiesa, provocata dalla crisi degli abusi, deve essere affrontata ristrutturando il potere e la dottrina, significa che questa dimensione sociale diventa preponderante. Non è un caso che i forum del Sinodo tedesco non abbiano mai avuto al centro l’Eucaristia.

Non è l’unico esempio, anche se è il più eclatante. Anche i documenti conclusivi delle tappe sinodali continentali hanno mostrato che spesso il dibattito è incentrato su temi sociologici. Si dice che nuove strutture sinodali devono essere create nella Chiesa, e così facendo si mira a un sostanziale cambio di paradigma, che però cambierebbe la natura stessa della Chiesa.

Questi sono i dibattiti, ed erano così ai tempi del Concilio Vaticano II. Benedetto XVI disse ai vescovi svizzeri nel 2006, che quando tornava in patria dal Concilio [QUI], gli venivano sempre poste le stesse domande e che in sostanza le questioni in discussione al Concilio non venivano affrontate. Prima di rinunciare al pontificato, Benedetto XVI ha pronunciato uno spettacolare discorso sul Concilio dei media e sul Concilio reale, che la dice lunga sulla situazione della Chiesa oggi [QUI].

Riusciremo a superare questa impasse? Paradossalmente, un testo così aperto contiene tutti gli anticorpi per definire un modello di Chiesa più cristocentrico, al di là delle questioni di potere e delle questioni contingenti. Il testo include un appello alla formazione permanente, che è molto presente anche in altri testi sinodali (come nei Lineamenta del sinodo del 2014, a dire il vero un po’ trascurati), e che apre ad un nuovo (in realtà, sempre lo stesso) modello di Chiesa, fondato sulla catechesi e la verità della fede. Parlando dei nuovi vocabolari, il testo non nega che questi possano essere tradizionali, lasciando uno spazio aperto al grande movimento tradizionalista, che attrae in modo significativo i giovani, come si è visto concretamente nell’ultimo pellegrinaggio a Chartres [QUI].

Tuttavia, per superare questa impasse, c’è bisogno anche di un intento deliberativo del Santo Padre. Il Papa sarà chiamato a dare indicazioni, e sarà chiamato a farlo in modo chiaro e preciso, a meno che l’obiettivo non sia proprio quello di alimentare la confusione nella Chiesa.

Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha voluto che la Chiesa fosse in uno «stato permanente di sinodo», quindi le discussioni sono rimaste aperte e mai definito. Amoris laetitia, che molti vedono al centro di derive dottrinali, è un documento aperto, che non porta conclusioni e lascia tutto all’iniziativa personale di fedeli, sacerdoti e vescovi [QUI]. La Querida Amazonia non apriva la porta ai viri probati, ovvero uomini di comprovata fede, magari sposati, che potevano celebrare dove i sacerdoti non arrivavano [QUI]. Diceva solo che è necessaria più riflessione.

Colpisce che il Papa non voglia prendere posizione su questi temi, eppure ha preso decisioni governative nette, come quelle riguardanti ulteriori restrizioni alla celebrazione della Messa con il rito antico [QUI] o quelle che hanno, in pratica, imposto ai vescovi il dovere di essere giudici di prima istanza nei procedimenti di nullità matrimoniale.

In discussioni, però, Papa Francesco sembra voler lasciare l’impressione che ci sia un ascolto attivo e che non si prendano decisioni definitive. Questo, però, rischia di alimentare la confusione o di favorire le iniziative personali di chi è più coraggioso, più astuto o semplicemente malintenzionato. Le iniziative che portano a un nuovo impulso di cambiamento dottrinale sono difficili da respingere. Alla lunga il rischio è creare uno o più scismi a forza di avere tante discussioni.

Eppure bisogna essere pratici, perché questo processo sinodale si concluderà nell’ottobre 2024, e un’Esortazione del Papa non può arrivare prima dell’inizio del 2025, a meno che il Papa non decida di non aspettare il documento finale integrale dell’assemblea. Un lungo processo, con un Papa già anziano e malato, significa che sarà il successore del Papa a dover gestire quello che accadrà dopo il Sinodo. Eppure, il Sinodo rischia di essere la grande eredità di Papa Francesco, un’eredità aperta, che dovremo trovare il modo di definire. Almeno per garantire un futuro sereno alla Chiesa, evitando le polarizzazioni che oggi non possono non verificarsi.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi in inglese dall’autore sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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