Anno Giubilare per i 900 anni dell’abbazia Santa Maria di Montevergine
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.05.2023 – Vik van Brantegem] – Nella Solennità di Pentecoste, domenica 28 maggio 2023, il Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin, Legato Pontificio, alle ore 10.00 aprirà l’Anno Giubilare Verginiano in occasione del IX Centenario della Fondazione dell’abbazia Santa Maria di Montevergine, alla presenza delle Autorità nazionali, regionali e locali e Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Alle ore 11.00 presiederà la solenne Celebrazione Eucaristica e alle ore 16.30 terrà l’omelia nella Celebrazione dei Vespri presieduti dall’Abate di Montevergine. Il Cardinal Parolin sarà accompagnato da una Missione pontificia con due abati benedettini: Dom Mauro Meacci, O.S.B., Abate ordinario dell’Abbazia territoriale di Subiaco e Visitatore della Provincia italiana della Congregazione sublacense-cassinese; e Dom Diego Gualtiero Rosa, O.S.B. Oliv., Abate ordinario dell’Abbazia territoriale di Santa Maria di Monte Oliveto Maggiore e Abate generale della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto.
Domenica scorso 14 maggio 2023, la Delegazione di Napoli e Campania del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ha compiuto un pellegrinaggio allo storico santuario-abbazia Santa Maria di Montevergine, complesso monastico mariano a Mercogliano (Avellino), incastonato nel massiccio del Monte Partenio, ad un’altezza di 1270 m.s.l.m. All’interno dell’abbazia territoriale di Montevergine viene venerato il quadro della Madonna di Montevergine e si stima che ogni anno sia visitato da circa un milione e mezzo di pellegrini.
I partecipanti all’incontro devozionale svolto una visita alla cripta-cappella della tomba del fondatore del santuario, San Guglielmo dell’Ordine di San Benedetto. Con successivo passaggio attraverso la Scala Santa e l’Atrio dell’antica Basilica, ove sono collocate numerose lapidi devozionali della Casa Reale dei Borbone, legatissima e devotissima del Santuario, i pellegrini sono passati in Basilica per un saluto alla Madonna e ossequio al quadro di Mamma Schiavona nella cappella voluta dagli Angioini, che nel tempo è stata trasformata e rivestita di marmi barocchi. Poi, sono stati ricevuti dal 106° Abate Ordinario di Montevergine, S.E. Dom. Riccardo Luca Guariglia, O.S.B., e da Dom Antonio Chirichella, O.S.B., Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano e Segretario dell’Abate, per un cordiale scambio di saluti. L’Abate ha espresso il suo apprezzamento per la partecipazione al pellegrinaggio e la sua paterna accoglienza.
La Santa Messa presieduta dall’Abate di Montevergine è stata animata dal coro della Schola Cantorum “Orbisophia”, diretto dal Maestro Tatiana Shyshnyak, che ha eseguito a cappella i “Canti beneventani”, antiche preghiere antecedenti i Canti Gregoriani. Sono patrimonio sonoro dell’Italia meridionale, nati nel VII secolo nel Ducato Longobardo di Benevento.
Il Canto beneventano è un canto liturgico della Chiesa Cattolica, praticato principalmente nei centri ecclesiastici di Benevento e Montecassino. Questo tipo di canto è diverso da quello gregoriano, benché simile a quello ambrosiano. Sostituito ufficialmente nell’XI secolo dal canto gregoriano di rito romano, è però ancora praticato localmente. Sviluppatosi durante il dominio longobardo tra il VI e l’VIII secolo, il canto consisteva in un particolare tipo di rito liturgico e di canto piano tipico di Benevento. All’epoca era chiamato cantus ambrosianus, nonostante la differenza con il canto milanese avente lo stesso nome. Proprio l’uso comune del nome cantus ambrosianus, l’importante influenza dei longobardi sia a Milano sia a Benevento e le similitudini musicali tra le due liturgie e canti fanno intuire come le origini del canto beneventano siano legate ai Longobardi.
La magia del canto beneventano e la sagacia scientifica di Orbisophia, l’associazione che da tempo ha ripreso con merito lo studio dei canti liturgici altomedievali che sono giunti sino a noi sottoforma di pergamene del VII-VIII secolo, l’epoca aurea della presenza longobarda a Benevento. Il coro della Schola Cantorum Orbisophia è diretto dal Maestro Tatiana Shyshnyak, l’artefice di questa riproposizione storica e artistica di una tradizione che sembrava perduta nei secoli e che invece, con l’opera magistrale di ritrovamento e di ricomposizione delle cartapecore liturgiche torna a vivere e a rilanciare la proposta culturale.
L’abbazia Santa Maria di Montevergine, fondata all’incirca nel 1118 da San Guglielmo da Vercelli e intorno al cui santuario si sviluppa presto un forte culto mariano, fu eretta in abbazia nullius con due provvedimenti di Papa Alessandro IV (1261) e Papa Urbano IV (1264). Essi costituiscono il punto di arrivo dell’espansione spirituale e temporale raggiunta dall’abbazia nell’Italia meridionale, arrivando essa a comprendere San Giovanni degli Eremiti in Sicilia ed esercitando, dal 1195, i poteri feudali su Mercogliano.
Nel XII secolo, cuore del medioevo cristiano, San Guglielmo incarna una delle immagini più elevate dell’uomo di Dio. Apostolo e pellegrino, perennemente in marcia, Guglielmo dedicò la sua vita, per molti aspetti avventurosa e fantasiosa, alla diffusione del Vangelo in ogni luogo e presso ogni genere di umanità. Nell’ambito del cristianesimo medioevale, egli rappresentò un anello di congiunzione fra le esperienze dei monaci che guidarono la riforma dell’ordine benedettino dagli eremi di Camaldoli, Vallombrosa e Chiaravalle, e il ritorno ad una religiosità più viva e spontanea, semplice e popolare, meglio adatta a interpretare il modello evangelico. Per questo motivo Guglielmo è stato spesso affiancato alla figura di San Francesco, sebbene il “poverello” di Assisi nascerà soltanto quarant’anni dopo la morte del fondatore dell’abazia di Montevergine. La sua opera di apostolato nel Meridione di Italia precorre quella di San Francesco, tuttavia un’iconografia e una letteratura troppo scarse, sorte comune a quella di molti altri precursori, non ci restituiscono oggi la giusta misura della vita e delle opere di San Guglielmo da Vercelli.
La vera storia del santuario di Montevergine comincia con la consacrazione della prima chiesa da parte del Vescovo di Avellino, quando (come si esprime il primo biografo) «edificata la chiesa e raccolto ivi non piccolo numero di persone per il servizio di Dio, dietro il parere comune, Guglielmo decise che la suddetta chiesa fosse dedicata ad onore di Maria, Madre di Dio e sempre Vergine». Perciò il Santuario di Montevergine deve la sua origine non già ad un’apparizione della Madonna o a qualcosa di simile, ma a quello spirito ascetico mariano di San Guglielmo e dei suoi discepoli, che, non senza ispirazione divina, vollero costruire a Montevergine un faro di devozione alla Madonna, consacrandole su quel monte una chiesa e dedicandole il primitivo cenobio.
San Guglielmo, acceso il fuoco dell’amore di Dio e della Vergine sul sacro monte, si porta altrove consigliere di potenti, soccorritore di umili, operaio infaticabile nell’edificare le case del Signore e dei suoi religiosi, che dappertutto gli fanno intorno spessa corona. La sua laboriosa giornata terrena si chiude il 24 giugno 1142, nel monastero del Goleto, presso Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino).
Ben presto alle dipendenze del monastero di Montevergine sorsero molti altri monasteri, sviluppandosi in tal modo la Congregazione verginiana. I secoli XII-XIV segnarono il massimo splendore di questo istituto: papi, re, principi e grandi feudatari fecero a gara nell’arricchire Montevergine chi di beni spirituali, chi di munifici doni, chi di larghi feudi e di protezione sovrana. La Congregazione ebbe molto a soffrire durante il Grande Scisma d’Occidente (1378-1420), e così cominciò a declinare, prendendo addirittura una piega vertiginosa dal giorno in cui l’infausta commenda (1430-1588) fece passare la responsabilità del governo abbaziale su uomini che non avevano altro interesse che di percepire le laute prebende dei benefici ad essi assegnati. Questa fatale discesa si cercò di frenare dopo il 1588 con un secondo periodo di risveglio e di vitalità; ma in seguito intervennero altri fattori, che distrussero quasi completamente la Congregazione nelle due fatali soppressioni del 1807 e 1861. A stento si salvò il Santuario, come a tenere accesa per i secoli la devozione alla Madonna e al suo servo fedele, Guglielmo da Vercelli.
Nella cappella edificata intorno al XIII secolo da Filippo I d’Angiò, è stata riportata dopo l’ultimo restauro del 2012 la famosissima icona della Madonna di Montevergine. Realizzata su tavole di pino è alta 4 metri e 30 e larga 2 metri e 10. Raffigura una “maestà”, cioè Maria in trono con il Bambino Gesù seduto sulla sua gamba sinistra, che guarda la Madre trattenendo con la manina destra un lembo del suo manto.
L’effigie raffigura una Madonna nera, sulla quale sovrasta la scritta: Nigra et formosa es, amica mea, parafrasi di una famosa espressione riportata nel Cantico dei Cantici.
Il culto delle Vergini nere, di origine medioevale, rappresenta l’immagine concreta del principio femminile universale, in quanto la sostanza nera rappresenta il principio della Materia prima, che si trova nelle viscere della Terra. In tal senso il richiamo va oltre che alla stessa Cibele anche all’Iside egiziana, che come Virgo paritura, riportato come iscrizione spesso sul suo basamento, rappresentava appunto quella Materia prima, di colore nero, allo stato di minerale, come e quando viene estratta dai filoni metalliferi, che aspetta di essere fecondata dai raggi del sole. E la Vergine (Materia prima/Madre per eccellenza) incarna l’Archetipo della fondazione dell’Esistere.
Intorno alla Madonna di Montevergine ruotano non solo storie dallo sfondo teologico, ma anche tante tradizioni e leggende che uniscono sacro e profano. Una tradizione antica, che prende il nome di Juta è quella di salire a piedi verso il santuario nel mese di settembre in occasione della festa del 12 settembre in onore della Madonna Nera. La “juta” infatti è proprio l’“andata” a Montevergine che sin da tempi antichi avveniva con qualsiasi mezzo, a piedi o sui carri. La leggenda che si confonde con la realtà in uno dei culti più seguiti in sud Italia ruota proprio attorno a quel misterioso quadro inserito nel complesso monastico, attorno al quale sono stati raccontati una miriade di vicende. Il Maestro Roberto De Simone nella sua raccolta Rituali e canti della tradizione in Campania celebra la Madonna nera con queste parole: “Esse sono tutte belle, tranne una che è brutta e perciò fugge su di un alto monte, Montevergine”. Perché, secondo la tradizione, le Madonne sorelle erano 6 bianche ed una nera, la Madonna di Montevergine, che per il colore della sua pelle era considerata la più “brutta” delle “7 sorelle”. Da qui l’appellativo “Schiavona”, cioè straniera. Così la Madonna, offesa, si rifugiò sul monte Partenio, giustificando la sua “fuga” così: “Si jo song brutta allora loro hanna venì fino è cà ‘n gopp a truvà!” (Se io sono brutta, allora loro dovranno venire fino a quassù per farmi visita!). La storia poi si ribalta, la Mamma Schiavona diventa la più bella delle sorelle, tanto da essere festeggiata due volte, a febbraio e a settembre.
La Madonna “nera”, stupenda, “coLei che tutto può e tutto perdona”, è celebrata per il suo manto protettivo sugli ultimi, sui deboli, sui poveri, sugli emarginati. Mamma Schiavona è la madre dal cuore grandissimo che perdona tutto ai suoi devoti che scalano la montagna fino a raggiungere il suo santuario.
Bollettino N. 380 della Sala Stampa della Santa Sede del 20 maggio 2023
Lettera del Santo Padre al Legato Pontificio per la celebrazione di apertura dell’Anno Giubilare Verginiano nel IX centenario della fondazione dell’Abbazia di Santa Maria in Montevergine (28 maggio 2023)
L’Em.mo Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, nominato Legato Pontificio il 25 marzo 2023, sarà accompagnato da una Missione composta dai seguenti ecclesiastici:
1. Rev.mo Dom Mauro Meacci, O.S.B., Abate ordinario dell’Abbazia territoriale di Subiaco e Visitatore della Provincia italiana della Congregazione sublacense-cassinese;
2. Rev.mo Dom Diego Gualtiero Rosa, O.S.B. Oliv., Abate ordinario dell’Abbazia territoriale di Santa Maria di Monte Oliveto Maggiore e Abate generale della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto.
Lettera del Santo Padre
Venerabili Fratri Nostro
PETRO S.R.E. Card. PAROLIN
Secretario Status
Matris pulchrae dilectionis et sanctae spei (cfr Eccli 24, 18 [24]) curam et diligentiam filii Ecclesiae, qui Christi humanam redemptionem in sacramentorum signis annuntiamus fidenter, mirabile Dei opus, cuius mirando consilio e virgineo thalamo Sponsus processit Ecclesiae, continuemus et producamus in eiusdem materna cura et diligenti voluntate, ut omnes homines ad agnitionem veritatis perveniant (cf 1 Tim 2, 4), in eius vigilantia parvorum et egenorum et infirmorum, in perpetuo eius studio pacis concordiaeque ordinum confirmandae, in perseveranti industria et navitate (cfr s. Paulus VI, Marialis cultus, 28).
Quo sustentati redemptionis pignore, in universae Ecclesiae necessitatum studium incumbentes, valde laetamur de IX centesima occurrente memoria a fundatione Abbatiae Sanctae Mariae Montis Virginis. Tantam proinde recolentes occasionem, dilecti Filii Richardi Lucae Guariglia, O.S.B., eiusdem Abbatis Ordinarii, humanissimae petitioni libenter concedere volumus, qui enixe postulavit, ut Missarum sollemnia honori sibi ducere possint praesentiam ac verbum alicuius Eminentissimi Viri, qui Nostras vices ibi gerat Nostramque erga conventam communitatem manifestet dilectionem.
Ad Te ergo, Venerabilis Frater Noster, munus Secretarii Status studiose exercentem, mentem Nostram convertimus, qui praecipuas necessitudines ita hac cum celebri abbatia profiteris, ut hodie peraptus videaris, qui, Nostras vices ibi gerens, erga dilectissimam istam monachorum communitatem proximitatem Nostram manifestes, praesentia ac verbo Tuo initia huius anni iubilaris exornans. Te, proinde, ad hanc legationem obeundam elegimus et, hisce Litteris, LEGATUM NOSTRUM nominamus ad Missam proximo die XXVIII mensis Maii celebraturam, sollemnitate Pentecostes, ineunte Anno Iubilari Abbatiae Sanctae Mariae Montis Virginis in IX centesima memoria ab eiusdem fundatione.
Libenter Tibi potestatem facimus, dum insigni eidem occasioni intereris, illum monachorum coetum, publicas auctoritates atque universos christifideles Nostro nomine salutandi ac benedicendi, quos cohorteris, ut opportunitatem fidelibus praebeat proficiendi in divina gratia pietas in Christi Matrem, quae hominibus hodiernis, qui haud raro inter angorem et spem iactantur, qui ob conscientiam exiguitatis suae se abiciunt et infinitis percelluntur appetitionibus, qui animum perturbatum, cor divisum mentemque incertam gerunt, qui solitudine oppressi fastidio ac taedio plene afficiuntur, serenum praebet prospectum, spondens spem de angore triumphaturam, communionem de solitudine, pacem de perturbatione, laetitiam et pulchritudinem de fastidio ac taedio, vitam de morte. Simul, insuper, gravissimum Nostrum ministerium Petrinum precibus committimus universo Coetui ibi congregato.
Dum Tibi, Venerabilis Frater Noster, Benedictionem impertimur omnibus, qui celebrationi aderunt, transmittendam, legationem Tuam ardentibus precibus comitamur, a Deo misericordiae suppliciter obsecrantes, ut de huius Anni Iubilaris festivitate multiplices fructus carpant fideles.
Datum Romae, Laterani, die XI mensis Maii, anno Domini MMXXIII, Pontificatus Nostri undecimo.
FRANCISCUS