Al Meeting il cristianesimo non è un palliativo
Nuove giornate intense al Meeting di Rimini con tanti protagonisti a raccontare della vita, della ragione e della libertà di educare a tantissimi ascoltatori a cominciare dal prof. Tianyue Wu, docente al Dipartimento di Filosofia nell’Institute of Foreign Philoisophy della Peking University: “Nella nostra nazione vi sono circa 6.000.000 di cristiani cattolici, è davvero un mistero che essi riescano a praticare la fede in un contesto culturale così diverso da quello occidentale”.
Nella sua relazione il professore ha ricordato come il cristianesimo approdò in Cina con i gesuiti, guidati da padre Matteo Ricci, all’inizio del 1600 accolto alla corte dei sovrani: “Inizialmente i gesuiti si avvicinarono molto ai confuciani lasciando il permesso ai fedeli cristiani di poter continuare a svolgere i riti orientali anche dopo la loro conversione; tuttavia ciò non piacque a molti loro rivali, che persuasero il papa a bandire tali pratiche in oriente”.
Dopo l’introduzione storica, il professor Wu ha raccontato la sua esperienza: “Sono nato e cresciuto in una provincia sud-occidentale della Cina. Mio nonno studiò presso una missione cattolica, era molto praticante, in gioventù pensava di diventare prete, tuttavia tornò da un viaggio con un forte mal di testa… e decise di diventare medico..
La morte di mio nonno mosse la mia coscienza: per accudirlo vegliai insieme a lui per tre giorni e tre notti, alla sua morte alcuni dei miei familiari più vicini entrarono in seminario. Io non ebbi dubbi, trovai nella religione molto conforto, cominciai a leggere i testi del predicatore inglese John Bunyan e di sant’Agostino, decidendo di iscrivermi alla facoltà di filosofia”. Poi il prof. Wu si trasferì a Bruxelles per approfondire gli studi su san Tommaso e sul pensiero cristiano medioevale: “Poi sono tornato a Pechino, dove ho iniziato ad insegnare nella stessa università in cui mi ero laureato”.
Ma cosa ridesta l’uomo nel rischio educativo? Alla domanda ha risposto il prof. Aleksandr Filonenko, docente di Filosofia all’Università Nazionale di Char’kov, Ucraina: “Sono molto contento di vedere in questa sala tante persone che vogliono condividere delle esperienze così intime. Sono stato un ragazzo sovietico cresciuto nel comunismo, ritenendo che la religione fosse inutile e noiosa, ma l’incontro con padre Pavel Florenskij cambiò la mia vita, perché la sua esperienza mi fece comprendere che il cristianesimo è invece un modo nuovo e più interessante di vedere la realtà. Uscii così dalla mentalità dominante che parlava della religione come palliativo. Dovevo rispondere alla domanda che mi si era aperta nel cuore: cosa rendeva quest’uomo così vivo?”
A questo incontro ne seguirono altri che portarono alla creazione di opere come Emmaus, nata dall’incontro con Rosalba e la sua opera di accoglienza per ragazze madri, da cui comprese il valore unico della persona, che lo portò ad un impegno sempre più ampio nella vita sociale. In questo contesto avviene anche l’incontro con Comunione e Liberazione: “Quando ho scoperto il movimento, ho capito l’importanza di riconoscere Cristo in ogni incontro, perché ogni incontro ha dentro di sé la profondità evangelica, ogni incontro è possibilità di incontrare Cristo”.
Questa coscienza diventa ancora più radicale tramite l’incontro una bambina malata, conosciuta attraverso il Progetto Emmaus, un’associazione che soccorre persone in difficoltà. La bambina, da lungo tempo sottoposta a dialisi, era cosciente del suo destino imminente di morte, secondo il racconto del professore ucraino: “La piccola voleva solo che qualcuno condividesse con lei la sua vita, perché aveva bisogno di condivisione, e lì ho scoperto che il cristianesimo è questa possibilità di condividere il destino, perché gli uomini hanno bisogno di uno che condivida con loro il destino. L’uomo sovietico vive come un orfano.
Tutto il sistema era costruito su figure di padri terribili e noi non sapevamo che cosa era la paternità, fino a quando Dio ci ha mandato Franco Nembrini”. Filonenko ha concluso la sua testimonianza raccontando di aver scoperto tre cose: il padre è colui che insegna per cosa vale la pena vivere; i figli perdonano tutto ai padri, ma non la mancanza di speranza ed i padri sono anche i santi che portano nel cuore la gioia del perdono.