“A me”. “I care”. L’eredità di Don Lorenzo Milani: l’opera e la testimonianza di Don Simone Di Vito

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.05.2023 – Anna Maria Lepone] – “Barbiana è ancora oggi un luogo fatto di nulla, in cui salire in punta di piedi a pensare, pregare e ascoltare quel profondo silenzio che scuote le coscienze; un luogo isolato dove quella povera tomba e quella scuola speciale ci richiamano la radicalità del Vangelo che spinge a camminare sulla retta via. E così deve rimanere”. Questo il pensiero espresso da Michele Gesualdi, uno dei primi ragazzi della scuola, e riportato nell’articolo di Andrea Fagioli su Avvenire del 25 aprile 2017.

«Mi preme soprattutto che si conosca il prete, che si sappia la verità, che si renda onore alla Chiesa anche per quello che lui è stato nella Chiesa e che la Chiesa renda onore a lui… quella Chiesa che lo ha fatto tanto soffrire ma che gli ha dato il sacerdozio, e la forza di quella fede che resta, per me, il mistero più profondo di mio figlio… Se non si comprenderà realmente il sacerdote che Don Lorenzo è stato, difficilmente si potrà capire di lui anche tutto il resto. Per esempio il suo profondo equilibrio fra durezza e carità» (Nazareno Fabbretti, “Incontro con la madre del parroco di Barbiana a tre anni dalla sua morte”, Il Resto del Carlino, Bologna, 8 luglio 1970).

Nel centenario della nascita è importante ripercorrere l’esperienza di Don Lorenzo Milani (Firenze, 27 maggio 1923-Firenze, 26 giugno 1967) attraverso le tante riflessioni e i tanti articoli che sono costantemente apparsi sulla stampa, soprattutto in occasione dei venticinque anni dalla sua scomparsa avvenuta prematuramente all’età di 44 anni.
“Il Calvario di un curato di campagna. Lo chiamarono il prete scomodo. Il suo torto? Amava troppo gli umili”. Così titolava il Corriere della Sera il 26 giugno 1992.

“E la scuola ripartì da Barbiana. Un nuovo rapporto tra allievo e maestro, un metodo laico dalla parte dei poveri”. Così La Nazione, il 26 giugno 1992 con un articolo di Pier Francesco Listri: “Ricordo benissimo, dopo quasi trent’anni che la vidi, la sparuta canonica, al pian terreno, trasformata in una scuola permanente. Uno stanzone che era laboratorio e officina dell’intelligenza… Resta un misterioso paradosso che da quell’angolo oscuro di campagna, dove un prete era stato dissennatamente inviato in esilio, sia partita una scintilla che ha scosso e in parte capovolto il senso secolare dell’insegnare. Dopo Barbiana fare scuola – è un dato di fatto – non è più lo stesso. Don Milani fece la sua rivoluzione partendo da considerazioni pastorali… Milani capì che al centro di tutto stava il problema della “comunicazione”. Primo passo era il “linguaggio” (col linguaggio “qualcosa di comune, se non c’è, si crea”). Ma capi anche che la comunicazione “è eguaglianza”. “A noi – spiegò – non interessa tanto di colmare l’abisso di ignoranza, quanto l’abisso di differenza”. Milani andava avanti coi suoi primi sei scolari in quella stanza nuda e fredda. I poveri – assunse – si trovano in condizioni di inferiorità per difetto d’istruzione. Ma Dio è dalla parte dei poveri. E c’è molto di più. Essi non vanno “educati” perché in realtà sanno più degli altri, vanno portati a potersi esprimere. “Io ho insegnato loro solo a esprimersi, mentre loro mi hanno insegnato a vivere”.

Il Tempo, sempre nella stessa data, ha pubblicato: “Quel profeta burbero esiliato in montagna”, a cura di A. Colombo Giberti. “No. Non era affatto simpatico, soprattutto nei rapporti personali. Anzi, la scorza risultava decisamente brusca, quasi scostante; e talvolta poteva sembrare anche il risvolto, volontario, di una timidezza, che lui stesso riusciva a controllare male, specie con chi, secondo lui, si dava l’aria di voler troppo curiosare … Eppure, Don Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, aveva un’anima di fuoco, e non faceva nulla per apparire (o fingersi) prudente e cauteloso, come l’avrebbero voluto certi ambienti ecclesiastici: non solo quelli fiorentini da cui ‘dipendeva’ come sacerdote! Tutto al contrario, per lui la sola ipotesi di indulgere in un atteggiamento ‘diplomatico’, conformista, acquistava la smorfia intollerabile dell’ipocrisia untuosa, da respinger e subito, nel segno della sincerità più spregiudicata, talvolta ai limiti della sfrontatezza… Il chiodo fisso di questo prete bastian contrario sarà quello di convincere i suoi ragazzi, e insieme i loro genitori, che l’istruzione è l’unica leva, se ci si vuole sollevare e migliorare, e progredire. ‘Quanti vocaboli possiedi? Al massimo 250. Ebbene, il tuo padrone non ne possiede meno di mille. Se possiedi più vocaboli, stai alla pari col tuo padrone, puoi informarti, aiutare gli altri. Chi non ha studiato non può difendersi, non ha parole da opporre a chi lo sfrutta’. A rileggere i suoi scritti, da quella grossa indagine sulla pratica religiosa contenuta in Esperienze pastorali (uscita nel ’58 e presto ritirata per ordine del Sant’Uffizio!) alla famosa graffiante Lettera a una professoressa (apparsa nel maggio del ’67 poche settimane prima che morisse), viene fuori il ritratto, magari esasperato e ‘scostante’, di un uomo dall’altissima coscienza religiosa. Un autentico e raro, uomo di fede, che ha combattuto da solo una battaglia di principio mai condizionato da interessi di parte, ma spinto soltanto da un bisogno di ‘servire’ di stampo squisitamente evangelico. Non solo, fino all’ultimo rimarrà fermissimo nelle proprie idee, ma altrettanto intransigente nella fedeltà alla Chiesa”.

“Ora il prete scomodo è diventato profeta”, così titolava il quotidiano La Stampa nella stessa data. Nell’articolo viene evidenziata la visita all’aula dove Don Milani teneva le sue lezioni e dove con gli alunni scrisse i suoi più famosi testi, dalla Lettera ai cappellani militari che lo portò in tribunale per apologia di reato, a L’obbedienza non è più una virtù, l’autodifesa letta al processo. Prima ancora nel ’58 aveva pubblicato Esperienze pastorali raccolte a San Donato di Calenzano dove aveva scoperto la realtà dei poveri, degli operai, ‘l’ingiustizia che offende Dio prima ancora che gli uomini’. Quello scritto che verrà ritirato dalle librerie dal Sant’Uffizio perché giudicato ‘inopportuno alla lettura dei cattolici’”.

Non sono mancati articoli di disprezzo che tanto hanno fatto discutere anche nei giorni successivi alla pubblicazione. “Don Milani, che mascalzone” apparso su la Repubblica, il 30 giugno 1992, a firma di Sebastiano Vassalli. È lo stesso quotidiano, il successivo 2 luglio, a pubblicare l’intervento di Di Mauro: “Vassalli, il tuo furore non capisco”, premettendo che dopo l’articolo di Vassalli, molto critico nei riguardi di Don Milani, sono pervenute numerose testimonianze a favore del priore di Barbiana.

La rivista Missione Oggi (Anno XIV – n.8 – ottobre 1992 – terminava la presentazione di figure significative in fatto di testimonianza evangelica della pace e della nonviolenza con l’inserto “Don Milani: amare il vangelo, servire i poveri, fare la pace” a firma di Massimo Toschi. L’autore evidenzia che si è scritto molto sull’esperienza educativa di Don Milani, sul suo ruolo di maestro ma il vero segreto sta nel suo essere cristiano e prete. È lì il punto di partenza e di arrivo di tutto il suo itinerario, che pure ha preso forme ben diverse dalla pastorale tradizionale, sperimentando per questo, molto spesso, l’abbandono e l’isolamento nella Chiesa e da parte della Chiesa. “Al cuore della fede di Don Lorenzo c’è la ricerca del Signore crocifisso, che storicamente assume le sofferenze e il volto dei poveri, ma senza mai esaurirsi nel loro progetto storico, in un continuo andare oltre, che testimonia il primato del regno”. È così prefigurata una Chiesa povera e dei poveri, libera da ogni ricerca e sostegno di potere, solidale con chi soffre, che spezza il pane della Parola e della vita alla mensa degli ultimi. Nelle sue affermazioni che spesso hanno fatto discutere “non c’è niente di classista né sociologico e politico, ma il cammino di una conversione che porta Don Lorenzo ad uscire dagli spazi sacri, garantiti e protetti del potere politico e religioso, secondo un disegno che non è il suo per essere incontrato ed amato dai ‘minimi’, da quelli che tutti rifiutano, perché non comprendono che sono amatissimi da Dio. Essi diventano i veri padri e maestri di questo prete che cerca in modo assoluto il Signore”.

Infine, una sintesi a conclusione dell’inserto: “Un tesoro per il nostro oggi. Non sorprende che, a venticinque anni dalla sua morte, sia ripresa intorno a Don Milani una polemica, tanto acida, quanto effetto di una radicale incomprensione, frutto di disinformazione e di pregiudizi. Il Vangelo, i poveri, la pace: il mistero della vita di Don Lorenzo ha qui il suo fondamento e il suo significato ultimo. Il seme è stato gettato e sta fecondando la terra, anche se l’inverno rigido del conformismo, della normalizzazione culturale cerca di disperdere e di spazzar via tutto. La vita del priore di Barbiana, le sue parole e i suoi gesti, portano le stigmate della profezia e della confessione della fede e rappresentano un tesoro per la Chiesa e la cultura del nostro Paese, se si vuole tenere ancora accesa la lampada della speranza nel cuore dei piccoli”.

Davvero il seme è stato gettato ed ha fecondato la terra attraverso la voce, l’impegno e la testimonianza di tante persone che hanno continuato a diffondere il suo pensiero e la sua opera.

Ricordo la mia esperienza personale, quando, nel 1974, frequentando il Liceo Ginnasio “Vitruvio Pollione” di Formia in provincia di Latina, sono venuto a conoscenza del testo Lettera a una professoressa, il libro della Scuola di Barbiana, grazie all’insegnante di Lettere che ogni settimana lo faceva leggere e commentare in classe. Erano trascorsi pochi anni dalla morte di Don Milani ma il suo pensiero era quanto mai fecondo.

Qualche anno dopo, a partire dal triennio del Liceo, la conoscenza è continuata grazie all’insegnante di religione Don Simone Di Vito, come ho avuto modo di esprimermi in una recente occasione: “Sei stato tu, come professore di religione prima, e come sacerdote immediatamente dopo, ad accompagnarmi in un percorso di discernimento per superare dubbi e perplessità, aiutandomi a comprendere la bellezza del Vangelo e l’importanza dell’impegno. Tu, giovane sacerdote, hai fatto tuo l’insegnamento di Don Lorenzo Milani, il priore dalla parte dei più poveri e bisognosi che rifletteva insieme ai suoi ragazzi sul primato della coscienza, sulla necessità dell’assunzione della responsabilità del singolo nella società, che indicava lo studio e non lo svago come strada maestra dell’apostolato prendendo le distanze dalle forme di intrattenimento in uso negli oratori e nelle parrocchie”.

Don Simone Di Vito, ordinato sacerdote nel 1972, ha sempre indicato nelle proprie comunità la testimonianza evangelica di Don Lorenzo. Nello stesso anno viene nominato parroco a Ventosa, un piccolo paese di circa 200 abitanti, e fonda in onore di Don Milani una Biblioteca Popolare, un luogo di incontro e riflessione, di analisi e progettualità, luogo di relazione umana autentica e profonda, come ricordano ancor oggi tanti suoi “ragazzi”. Dopo qualche anno riuscì a portare Ventosa, con i suoi problemi di mancanza di lavoro ed emigrazione, alla trasmissione televisiva Portobello, condotta da Enzo Tortora, per promuovere l’artigianato locale realizzato con la stramma, e precisò che, in quella circostanza, il ricavato della vendita sarebbe stato utilizzato per la Biblioteca. Per alcuni anni fu poi organizzata la Sagra della Stramma che vedeva il coinvolgimento e l’impegno dell’intero paese; come pure la Passione Vivente nel suggestivo scenario naturale del paese, che regalava emozioni profonde e momenti di immensa spiritualità alle tante persone che accorrevano dalle zone vicine.

A lui guardavano anche dai paesi limitrofi e così lo ha più volte ricordato Vincenzo Testa: ”Non vivevo a Ventosa, non lo frequentavo ma lo seguivo. Lo apprezzavo per il coraggio, per la passione, per l’amore che sapeva mostrare nel suo essere prete in una realtà di frontiera, in un contesto difficile, in anni complicati della storia locale sempre caratterizzata dal dominio dei potenti su chi potente non era. In questo contesto non era difficile sapere dove trovare Don Simone. Lui era con gli ultimi, con gli eredi dei dominati da sempre, con i vinti, con le vittime di un potere che domina con l’arroganza delle eredità nobiliari o con la maschera dei finti buoni. Lo vedevo, lo seguivo, ne ammiravo i gesti e le iniziative. Non era un mito, no. Per me era un prete che come il mio parroco di allora, sapeva stare dalla parte giusta,… gli ultimi… Anche a Scauri ha svolto il suo servizio da parroco con lo stesso spirito e con l’idea di offrire occasioni di formazione e promozione umana. Lo ha fatto con il piglio di chi sa donare occasioni di rinnovamento nella fedeltà al Vangelo, di cambiamento e coinvolgimento dei laici, di saggia e graduale spinta alla comunità verso la corresponsabilità”.

Infatti, quando divenne parroco in Scauri nel 1987, la comunità parrocchiale di S. Albina V.M. fu sollecitata anche ad un impegno civile e sociale. Trascorsero pochi mesi e subito diede vita al “Centro Culturale Don Lorenzo Milani”. Si accesero subito i riflettori della stampa su questa nuova esperienza di aggregazione, di riflessione, di confronto e di impegno che si esprimeva nei vari settori in cui era strutturato: biblioteca, teatro, arti visive, attività ricreative. Per comprenderne fino in fondo l’importanza, è necessario considerare il contesto storico e sociale in cui è maturata ed è stata portata avanti.

Per far sentire la propria voce, ben presto il Centro Culturale diede vita ad un periodico di informazione e cultura: L’Angolo. Così veniva evidenziato su Avvenire l’11 settembre 1988: “Non sono molte in verità le pubblicazioni a carattere locale che destino interesse tra il pubblico. Ancora meno sorgono testate di ispirazione cristiana… A cura del Centro Culturale Don Lorenzo Milani di Scauri è uscito il numero 0 de L’angolo, periodico di informazione e cultura. Il Centro così annovera, tra le altre, questa iniziativa rivolta a tutte indistintamente le fasce di utenza. Dialogo e dibattito sereno sulla realtà scaurese, le finalità con un appello alla nuova amministrazione di Minturno: prevalga nelle scelte il bene collettivo, la dimensione culturale, la dignità di tutti specie degli ‘ultimi’”.

Da quel momento tutta la stampa locale ha riportato e commentato costantemente le varie iniziative messe in campo e le tante sollecitazioni che venivano portate all’attenzione della collettività.

Significativa la testimonianza di Roberto Lepone: “Ricordo spesso con gli amici l’esperienza del Centro Culturale Don Lorenzo Milani, il fermento, la vivacità, l’attenzione e l’interesse che suscitò. Un pullulare d’iniziative di ogni tipo che aggregavano persone di ogni fascia di età e ceto sociale. Una rappresentazione teatrale, un musical, il carro del carnevale, il calendario di iniziative ‘Benvenuti a Scauri’ per l’accoglienza dei turisti, o l’organizzazione di un convegno erano tutte buone occasioni per incontrarsi, confrontarsi, stare insieme. Una vera comunità di persone in cammino. La pubblicazione de L’Angolo, oltre a scandire la vita del Centro Culturale, era l’occasione per far sentire la nostra voce inserendoci nel dibattito politico e culturale, toccando temi locali e nazionali”.

È importante evidenziare, che l’aver dedicato il Centro Culturale a Don Milani non doveva restare un fatto formale, ma lo scopo era quello di trasmetterne l’insegnamento. Molti numeri de L’Angolo riportavano schede informative e riferimenti ai suoi scritti per suscitare riflessioni e dibattiti.

Gli obiettivi e lo stile trasparirono subito dalle tematiche affrontate. Anche il calendario di iniziative estive “Benvenuti a Scauri” proposto ogni anno dal Centro Culturale e tanto atteso da residenti e turisti, riusciva a coniugare momenti ricreativi con temi di grande rilevanza.
Del 1989 va ricordata particolarmente la proiezione – presso l’Arena Eden – di un film sulla vita di Don Lorenzo e, al termine, l’incontro con due suoi discepoli che hanno risposto alle numerose domande del pubblico presente.

Nell’autunno 1989, la stampa locale pone l’attenzione sul fatto che è aperta e funzionante la Biblioteca del Centro Culturale Don Lorenzo Milani, iniziativa resa possibile dalla disponibilità di alcuni volenterosi sotto le direttive del parroco Don Simone. L’attività è agli inizi, è l’avvio di un progetto più corposo che verrà realizzato con la collaborazione di tutti. Obiettivo è il potenziamento del settore emeroteca, permettendo così ai giovani di “accostarsi” ai giornali quotidiani, quali fonti di informazione da utilizzare per le ricerche scolastiche. Una nota veniva subito trasmessa ai presidi e direttori scolastici chiedendo il consenso alla diffusione nelle classi, del volantino informativo che riportava la seguente citazione di Don Milani: “Il povero non sarà più povero quando sarà proprietario dei meccanismi per sapersi esprimere, per poter capire. Quando con la sua parola saprà difendersi, e dalla parola altrui non sarà più tratto in inganno”.

Troppe le iniziative organizzate negli anni per essere ricordate tutte, ma qualcuna in particolare lo merita in questa circostanza, per sottolineare lo stile e le sollecitazioni che il Centro Culturale Don Lorenzo Milani portava avanti per sensibilizzare le coscienze.

Il 18 luglio 1991, la conferenza-dibattito sul tema “Fai spazio alla pace” partendo dalla testimonianza di giovani obiettori di coscienza al servizio militare.

Nell’estate 1994, nell’ambito della VII Edizione del “Benvenuti a Scauri” è stata organizzata la visita a Montecassino – in occasione del cinquantenario della distruzione – quindi con una profonda riflessione sul valore della pace e sulla figura di San Benedetto, patrono d’Europa.

Nello stesso mese viene poi presentato il libro Ebano e avorio di Roberta Sangiorgi, giornalista impegnata sui temi dell’immigrazione. Una serata arricchita anche dalla mostra fotografica “I colori dell’Africa” e dal concerto de “La Foresta sacra”, un gruppo multietnico africano di musicisti e danzatori.

Nel calendario di iniziative 1995 fu proposto un itinerario di viaggio “Sulle orme di Don Milani” a Barbiana e dintorni, cui aderì un gruppo di adulti che fece questa straordinaria esperienza nei giorni 16 e 17 settembre.

L’anno successivo, il 20 aprile 1996 Don Simone tornò a Barbiana con alcuni giovani. Un’esperienza culturale e spirituale che segnerà fortemente la loro crescita personale e comunitaria. Rita Alicandro ricorda con gratitudine: “A Barbiana ci siamo sentiti, così, un po’ tutti allievi di Don Milani, che abbiamo imparato a conoscere grazie a Don Simone. Sarà stata questa tappa ad incidere così profondamente nella mia professione di insegnante? ‘È solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui e non basta certo l’italiano, dunque bisogna studiare molte lingue e tutte vive’: queste sono solo alcune delle citazioni di Don Lorenzo scolpite nella mia mente e nel mio cuore sin da allora”.

Papa Francesco visita la tomba di Don Lorenzo Milani adiacente la Chiesa di Sant’Andrea a Barbiana, in occasione del suo Pellegrinaggio a Bozzolo (Diocesi di Cremona) e a Barbiana (Diocesi di Firenze), 20 giugno 2017.

Le proposte formative erano continue per sollecitare ciascuno ad assumersi le proprie responsabilità. Grande partecipazione suscitò l’incontro, il 22 luglio 1998 nel giardino della Parrocchia di S. Albina in Scauri, con Don Antonio Mazzi, fondatore di Exodus e profondo conoscitore del mondo dei giovani emarginati. Partendo dal suo libro C’è da fornire luce e non acqua tiepida (ITL 1998) – è emersa la sua “voglia di smuovere dentro al cuore degli adulti quella voglia di educare, dimenticata sotto le macerie provocate dalla società dei consumi”.

L’importanza di una formazione permanente ed inclusiva è l’ impegno che Don Simone ha portato avanti fino all’ultimo momento della sua vita e soprattutto della sua responsabilità di parroco, sempre con grande concretezza e lungimiranza; così nel saluto alla comunità ricordava che “il salone polifunzionale realizzato sotto la chiesa dopo anni di lavoro, è stato informatizzato in questi ultimi mesi: vuole essere un’interpretazione moderna del pensiero di Don Lorenzo Milani, e cioè che non ci possono essere uguaglianza e pari opportunità lavorative per i giovani se non hanno le stesse opportunità formative; oggi l’utilizzo ampio delle procedure informatiche privilegia chi possiede conoscenza e dimestichezza in tale ambito e la Parrocchia S. Albina vuole offrire questo spazio formativo soprattutto alle fasce sociali meno abbienti. Anche per la catechesi si potranno utilizzare nuove modalità e moderni mezzi di comunicazione”.

Così pure il progetto dal titolo “Da bambino sapiente a cittadinocosciente” presentato nel 2018 alla Regione Lazio e finanziato per ammodernare la Biblioteca, precisava: “L’obiettivo è quello di far emergere le potenzialità che sono insite in ciascun bambino, garantendo a tutti l’opportunità di progresso culturale e sociale. Per fare esperienza di sé e del mondo, si ritiene necessario offrire luoghi idonei per l’apprendimento. La biblioteca parrocchiale “Don Lorenzo Milani” già esistente da circa 30 anni, necessita oggi, di lavori di ristrutturazione ma anche di ammodernamento, per consentirne la proficua fruizione per lo studio personale, per momenti di sana aggregazione e per esperienze ludico ricreative con l’obiettivo di accompagnare la crescita fisica con quella formativa, sociale e culturale”.

Tornando al priore di Barbiana, intanto, passati alcuni decenni dalla morte si andava rafforzando la verità ed il giudizio positivo sul suo operato.
Interessante la riflessione contenuta nell’articolo di F. Gentiloni ”Don Milani più attuale di ieri” pubblicato su Il Manifesto del 24 giugno 2001. Egli evidenzia che Don Milani, a trentacinque anni dalla morte, è più che mai vivo e, testimoniano la sua attualità, i libri a lui dedicati che si susseguono uno dietro l’altro. Tra i tanti egli pone l’attenzione su I care. Ancora (Editrice Missionaria Italiana) nel quale Giorgio Pecorini presenta il Don Milani più autentico. Padre Alex Zanotelli che ne ha curato la presentazione, scritta fra le baracche di Korogocho così la conclude: “C’è più che mai bisogno oggi di giovani che abbiano il coraggio di rispondere creativamente alle nuove sfide che incombono nella storia umana. Giovani decisi a battersi per un’Italia capace di futuro, per un mondo capace di futuro”. Nel testo viene evidenziato che Don Milani ancora ci ricorda, “anche in un momento oscuro come quello che stiamo attraversando, che le battaglie per la giustizia, la democrazia e la pace (si pensi alla polemica sugli obiettori di coscienza) sono ‘ancora’ aperte, che nessuna sconfitta è definitiva, che alla radice delle sconfitte – come delle vittorie – c’è una cultura, ci sono delle parole. Forse sono proprio le parole – quelle che don Milani cercava di insegnare ai ragazzi di Barbiana – fra le poche realtà che i soldi non riescono a comprare o a sopprimere”.

Puntuale, poi, l’analisi pubblicata da Jesus – giugno 2007 – in cui S. Tanzarella titolava “Esperienze di un profeta” evidenziandone l’impegno civile innanzitutto come conseguenza di una fedeltà assoluta alla vocazione sacerdotale. Un articolo ricco di spunti e riflessioni con il richiamo significativo al contesto politico ed economico, sociale ed ecclesiale, in cui vanno collocate le parole e l’azione di Don Lorenzo. “Una vita, dunque, inquieta e lacerata da questa acuta sofferenza per le conseguenze che scaturiscono dall’affermare, sempre e in ogni occasione, l’enormità dell’ingiustizia sociale… Negli anni nei quali l’attività preferenziale di tanti confratelli è portare in giro la Madonna Pellegrina, Milani si occupa delle emergenze del lavoro che attanagliano la vita dei suoi giovani parrocchiani, rivendicando per loro quanto garantisce la Costituzione. La vicenda del piccolo Mauro, costretto a lavorare senza garanzie e diritti tra le grinfie di un industriale sanguisuga, illumina un’epoca di licenziamenti arbitrari e per rappresaglia, di lavoro nero e a cottimo, di multe arbitrarie che decurtano i salari, di incidenti sul lavoro occultati e mortali e di danni irreversibili alla salute. Un quadro che a distanza di alcuni decenni appare ancora oggi in Italia di urgentissima attualità, quanto l’impunità di coloro che commettono questi crimini”.

Il 26 giugno 2007 Giovanni Gennari su Avvenire: “L’eredità di Don Milani”. Provocatorio e critico, fu “scomodo” a molti; c’è chi chiede di “riabilitarlo”.

Ed ancora su Avvenire del 6 luglio 2008 un articolo-testimonianza di Michele Gesualdi “Don Milani: l’uguaglianza passa sul ponte di Barbiana”. Nell’articolo è riportata la storia di un bambino che camminava oltre un’ora nel bosco per andare a scuola, superando il ruscello. Ma una volta ci scivolò dentro. Fu allora che Don Lorenzo decise di lanciare la sua battaglia per un’opera che era anche il simbolo del passaggio dei “suoi” contadini da un antico isolamento al mondo. Il prete-maestro prese spunto per insegnare come si imposta una lotta sociale per difendere una causa giusta. Da quel momento la scuola di Barbiana fu impegnata per alcuni mesi a studiare il diritto sindacale, furono chiamati sindacalisti per insegnare le tecniche delle manifestazioni, come si scriveva un cartello, come comportarsi per evitare di essere denunciati per una manifestazione non autorizzata, come comportarsi se i carabinieri avessero ordinato di non sostare di fronte al Comune. Quando i ragazzi ritennero di essere pronti, un giovedì, con i loro cartelli arrotolati sotto il braccio, scesero a Vicchio a piedi… Don Lorenzo non scese con loro, dovevano vedersela da soli… Gli 8 ragazzi passarono inosservati fino a quando di fronte al Comune aprirono i loro cartelli al grido ritmato: “Ponte… ponte… ponte”. E pronta fu la loro risposta alla domanda del Sindaco uscito dal Comune a causa del chiasso. “Vogliamo il ponte per Luciano, perché non è giusto che i ragazzi di Vicchio abbiano il pulmino, la mensa, il riscaldamento, mentre Luciano per venire a scuola cammina per più di un’ora solo nel bosco e non ha neppure un ponte per attraversare il fosso del Fatino. Anche noi paghiamo le tasse come quelli di Vicchio”. Il ponticello fu realizzato e Luciano vi scrisse col dito una dedica sul cemento fresco: ”A me”.

Quella passerella c’è ancora. Nell’agosto 2007 due gruppi di scout l’hanno ripulita dai rovi come un monumento alla parità dei diritti. Questa storia toccante è stata oggetto di uno tra i vari scritti curati da Michele Gesualdi Il ponte di Luciano a Barbiana (Libreria Editrice Fiorentina 2008 [QUI]).

Il 24 aprile 2017 sul Corriere della Sera l’articolo di Luigi Accattoli: “Bergoglio e il prete, le stesse parole: ‘Sporcarsi le mani’. Dovevano passare cinquant’anni e doveva arrivare un Papa dalla fine del mondo perché Don Milani tornasse ad avere piena cittadinanza nella Chiesa; infatti il priore di Barbiana fino a tre anni addietro non era mai stato nominato o proposto per la lettura in testi e atti ufficiali della Chiesa italiana e della Santa Sede. L’iniziativa di togliere Don Milani dal penoso oblio dell’ufficialità ecclesiastica è venuta dal Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze che nel novembre del 2013 aveva inviato al Papa una documentazione sulla vicenda del volume Esperienze pastorali ‘ancora sotto la proibizione di stampa e di diffusione’. Il dossier passato al vaglio della Congregazione per la Dottrina della Fede ha determinato la seguente conclusione resa nota da Betori: oggi “le circostanze sono mutate e pertanto quell’intervento non ha più ragione di sussistere’”. Accattoli, dopo aver evidenziato molti aspetti che hanno in comune il priore di Barbiana e Papa Francesco, conclude: ”Non dobbiamo aver paura di sporcarci” dice il primo. E l’altro: ”È difficile fare del bene senza sporcarsi le mani”.

Papa Francesco all’Angelus del 18 giugno 2017 annuncia il pellegrinaggio a Bozzolo e Barbiana per rendere omaggio a Don Primo Mazzolari e Don Lorenzo Milani, ”i due sacerdoti che ci offrono un messaggio di cui oggi abbiamo tanto bisogno”.

Pellegrinaggio del Santo Padre Francesco a Bozzolo (Diocesi di Cremona) e a Barbiana (Diocesi di Firenze) – Visita alla tomba di Don Lorenzo Milani – Discorso commemorativo del Santo Padre – Giardino adiacente la Chiesa di Sant’Andrea a Barbiana (Firenze) – Martedì, 20 giugno 2017.

In Avvenire del 21 giugno 2017 tante le riflessioni, i commenti, le sollecitazioni su tale pellegrinaggio. Una sintesi la si può cogliere nell’articolo a firma di Rosanna Virgili: ”Dunque, è la Chiesa tutta che, con il Papa, esprime il suo bisogno di imparare da chi, un tempo, aveva giudicato ed emarginato e ricacciato nelle remote periferie del Mugello. Oggi ‘periferia’ appare la Chiesa e Barbiana il centro, il cuore di una Chiesa di Vangelo, i cui confini sono quelli della dignità umana, della radicalità “del bene, del vero, del bello”, sempre secondo le parole di Francesco… La novità della visita di Francesco è questa: Don Milani è presentato come un modello per i preti e per tutto il popolo di Dio. Un sacerdote duro come un diamante, contro la deriva di alcuni preti del suo tempo che ‘erano circondati di carte e d’incenso’; che denuncia la puerile omertà in una Chiesa in cui tutti avevano paura di parlare con schiettezza, vale a dire con la parresia apostolica… Un prete non clericale, dunque, che dà lezione ai chierici di tutto il mondo.
Una lezione che oggi, la Chiesa dà agli educatori: un modello di scuola che renda dignità a ogni ragazzo, a cominciare dal più svantaggiato, da quello scartato…
Una lezione di politica ‘alta’ quella che oggi la Chiesa istituzionale dà, dai suoi sommi vertici: quella di uscire alle periferie, di abbassarsi ad ascoltare le voci di una ‘Galilea delle genti’ da cui verrà la Parola…
Una lezione di giustizia per chi fa della giustizia un potere di condanna, di diffamazione, di legittimazione della menzogna, come Lorenzo stesso patì, fino alla morte…
Francesco ha preso la fiaccola di Don Milani e l’ha consegnata alla Chiesa: ‘Prendete la fiaccola e portatela avanti’, ha invitato, rivolgendosi specialmente ai giovani. Oggi la Chiesa si fa discepola ubbidiente di quella ‘disubbidienza’ che fu una virtù: la passione incondizionata per il Vangelo, per gli ultimi e per la Chiesa… Ai cristiani la fiamma che brucia ogni sterile velleità devozionale per accendere la sete di umanità e di assoluto che bruciò l’anima e il corpo di Don Lorenzo”.

Facciamo tesoro delle parole pronunciate dal Papa a Barbiana dopo la visita alla tomba di Don Lorenzo Milani [QUI]:

Prima di concludere, non posso tacere che il gesto che ho oggi compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da Don Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. In una lettera al Vescovo scrisse: «Se lei non mi onora oggi con un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato…». Dal Card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di Don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco –, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa. Con la mia presenza a Barbiana, con la preghiera sulla tomba di Don Lorenzo Milani penso di dare risposta a quanto auspicava sua madre: «Mi preme soprattutto che si conosca il prete, che si sappia la verità, che si renda onore alla Chiesa anche per quello che lui è stato nella Chiesa e che la Chiesa renda onore a lui… quella Chiesa che lo ha fatto tanto soffrire ma che gli ha dato il sacerdozio, e la forza di quella fede che resta, per me, il mistero più profondo di mio figlio… Se non si comprenderà realmente il sacerdote che Don Lorenzo è stato, difficilmente si potrà capire di lui anche tutto il resto. Per esempio il suo profondo equilibrio fra durezza e carità» (Nazareno Fabbretti, “Incontro con la madre del parroco di Barbiana a tre anni dalla sua morte”, Il Resto del Carlino, Bologna, 8 luglio 1970). Il prete «trasparente e duro come un diamante» continua a trasmettere la luce di Dio sul cammino della Chiesa. Prendete la fiaccola e portatela avanti! Grazie.

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