Dal Meeting di Rimini un appello per i cristiani del Medio Oriente

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Domenica si è aperto a Rimini il Meeting con un appello, al termine della santa Messa celebrata da mons. Lambiasi, della presidente della Fondazione ‘Meeting per l’amicizia fra i popoli’, Emilia Guarnieri, in favore dei cristiani perseguitati nel mondo: “E’ doloroso constatare come in molte regioni del mondo, ancora oggi, non sia possibile professare ed esprimere liberamente la propria religione, se non a rischio della libertà personale e della vita stessa. E in questo drammatico contesto sono i cristiani a soffrire maggiormente a motivo della fede.

Ogni anno nel mondo, oltre 100.000 cristiani vengono uccisi e molti altri sono costretti a subire ogni forma di violenza: stupri, torture, rapimenti, distruzione dei luoghi di culto, ma esistono anche forme più silenziose e sofisticate di pregiudizio e di opposizione verso i credenti e i loro simboli religiosi. I cristiani sono minacciati, attaccati fisicamente e uccisi in molti Paesi. I cristiani sono anche oggetto di discriminazioni nei più diversi modi anche in quei Paesi dove ha libero campo ed esercita una egemonia culturale un nichilismo incapace di accettare chi, in un clima di autentico pluralismo, voglia far riferimento a un ideale, a una religione, a una fede.

E’ una drammatica realtà che sempre più viene taciuta, nascosta o volutamente censurata nelle sue dimensioni reali, se non in alcuni casi estremi di violenza per cui è impossibile tacere, ma che non può essere ignorata perché, oltre ad offendere la dignità umana, costituisce una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale. Il messaggio evangelico è di per sé una contestazione ad ogni conformismo, irriducibile ad ogni potere. Pertanto l’esistenza dei cristiani è di per sé un antidoto all’invadenza del potere. Una istituzione civile che rispetta la libertà di una tale realtà è per ciò stesso tollerante verso ogni altra autentica aggregazione umana. Il riconoscimento del ruolo anche pubblico della fede e del contributo che essa può dare al cammino degli uomini è, dunque, garanzia di libertà per tutti, non solo per i cristiani. Per questo difendere il diritto all’esistenza dei cristiani è difendere la vita libera di chiunque…

Per questo proprio dal Meeting di Rimini 2013, raccogliendo il grido di papa Francesco, lanciamo un Appello che invitiamo tutte le persone di buona volontà a sottoscrivere: chiediamo alle istituzioni nazionali e agli organismi internazionali, secondo le norme del diritto internazionale, di fare tutto il possibile per difendere, tutelare, proteggere e garantire l’esistenza dei cristiani ovunque nel mondo; chiediamo di riconoscere ai cristiani il diritto elementare alla ricerca e alla testimonianza della verità, impedendo ogni limitazione della loro libertà espressiva e associativa”.

E l’incontro centrale è stato uno spazio speciale dedicato all’Armenia, terra di cultura antichissima e prima nazione ad abbracciare il cristianesimo: ‘Armenia, culla della cristianità’, collegato alla mostra curata da Graziella Vigo, che ha letto, in apertura, una lettera di padre Elia, abate di San Lazzaro degli Armeni, nella laguna di Venezia. Mentre nelle parole di Antonia Arslan, la scrittrice italo-armena che da anni si dedica ad una appassionata opera di diffusione della storia e della cultura armena è risuonato il tema dell’identità, della memoria e dell’attaccamento a una patria tragicamente perduta, attraverso l’evocazione di un’immagine suggestiva: le numerose piccole croci incise nella roccia del monastero di Xor Virap, prigione di san Gregorio l’Illuminatore, tracciate dai sopravvissuti al genocidio del 1915 nella speranza che qualche persona cara potesse riconoscerle.

La scrittrice ha dato voce all’identità armena, forgiata da una fede cristiana che si rinnova mediante il legame ancestrale con la terra, anche leggendo alcune strofe di Daniel Varujan, giovane poeta anch’egli ucciso nel 1915 (‘Croce di spighe’, ‘Notte sull’aia’), da lei stessa tradotte nella raccolta ‘Il canto del pane’. Joseph Oughourlian, amministratore delegato di Amber Capital Investment Management, è intervenuto parlando della diaspora. Infatti, dopo il genocidio del 1915 (1.500.000 vittime su 3.000.000 di persone), i sopravvissuti si sono sparsi in vari paesi del mondo. Oggi, su 12.000.000 armeni, ben 9.000.000 vivono nella diaspora (Russia, Stati Uniti, Francia, Italia). La diaspora rappresenta un vero e proprio martirio, poiché fu scelta come alternativa all’abbandono forzato della fede cristiana.

Caroline Cox, fondatrice di Humanitarian Aid Relief Trust e vicepresidente della Camera dei Lord inglese, ha raccontato la vita di fede nel Karabakh, territorio per anni di un conflitto sanguinoso. Si è soffermata sulla testimonianza dell’arcivescovo del Karabakh, che è stato salvato dalla sua preghiera: proprio per pregare, infatti, aveva lasciato alle sette di un rigido mattino invernale la sua casa, poco prima che venisse distrutta dalle bombe. In un suo messaggio al mondo dopo i bombardamenti, l’arcivescovo ha richiamato le parole evangeliche ‘Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio’.

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