Le cause e la realtà dell’attuale crisi della Chiesa

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.04.2023 – Vik van Brantegem] – In una video in tedesco, registrato il 31 marzo 2023 e pubblicato il 24 aprile 2023 sul canale YouTube di Certamen-Der gute Kampf [Trailer QUI], il Vescovo svizzero Vitus Huonder [1] difende le posizioni della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) [2] e del suo fondatore, l’Arcivescovo Marcel Lefebvre. Il Vescovo emerito di Coira si sofferma sul Concilio Vaticano II, sul dialogo interreligioso e su Papa Francesco. Mons. Huonder è stato Vescovo di Coira dal 2007 al 2019. Al termine del suo mandato, all’età di 77 anni, ha deciso di ritirarsi, in accordo con Papa Francesco, presso l’Istituto Santa Maria di Wangs, nel cantone svizzero di San Gallo, appartenente alla FSSPX.

Mons. Vitus Huonder, Vescovo emerito di Coimbra, nel video.

Il video – la prima parte di sedici minuti e mezzo, intitolata Die grosse Wunde (La grande ferita) [QUI] di una serie di tre, esplicitamente intitolato Mein Weg zur FSSPX (La mia strada verso la FSSPX) – offre la visione del prelato sull’evoluzione della Chiesa negli ultimi decenni. È suddiviso in cinque capitoli: Introduzione, Cammino verso la Fraternità Sacerdotale San Pio X, Tappe di una vita, Retractatio e Causa di una crisi.

Mons. Huonder spiega in particolare come sia stato portato a «conoscere meglio la vita interna della Fraternità e il suo lavoro», quando nel 2015, su richiesta del cardinale Gerhard Müller (allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), ha stabilito un collegamento con la FSSPX. L’obiettivo era quello di valutare le possibilità di un eventuale riconoscimento canonico della Fraternità. Mons. Huonder osserva che in questa occasione ha iniziato a studiare gli scritti e la biografia dell’Arcivescovo Marcel Lefebvre. L’arcivescovo francese, morto nel 1991, aveva fondato la FSSPX nel 1970 in reazione alle riforme, soprattutto liturgiche, intraprese nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965). Fu scomunicato latæ sententiæ nel 1988 da Papa Giovanni Paolo II per aver ordinato quattro vescovi senza l’approvazione della Santa Sede. Queste scomuniche, che si applicavano anche ai vescovi ordinati, sono state revocate nel 2009 da Papa Benedetto XVI.

Nel video, Mons. Huonder esprime opinioni piuttosto diverse sui Papi che si sono succeduti dalla sua nascita nel 1942.

Egli ritiene che Papa Pio XII abbia «guidato la Chiesa con saggezza e prudenza attraverso molte situazioni difficili».

Per il Vescovo emerito di Coira, Papa Paolo VI «sebbene conservatore, era favorevole agli ambienti liberali e progressisti». Riferendosi alla sua attuazione del Concilio Vaticano II, ha detto che «questo fu l’inizio del grande travaglio della Chiesa, causato dall’interno».

Non vede di buon occhio nemmeno il periodo di Papa Giovanni Paolo II, considerato come «il pontificato dell’attuazione e del consolidamento del Vaticano II». In particolare, critica l’incontro di Assisi (1986), dove il Papa ha incontrato i rappresentanti delle principali tradizioni religiose del mondo. «Un grande shock per i credenti», afferma Mons. Huonder, che vede «una notevole perdita di fiducia nei leader della Chiesa e nella loro ortodossia».

Il Vescovo emerito di Coira è molto più conciliante nei confronti di Papa Benedetto XVI, che avrebbe «percepito come pochi altri la lacerazione creata nella Chiesa da Paolo VI». Il pontefice tedesco avrebbe «cercato di porre rimedio alle conseguenze negative del Concilio». In questo modo ha «riparato un’ingiustizia», revocando la scomunica all’Arcivescovo Lefebvre e ai vescovi della Fraternità.

Il Vescovo Huonder è più duro con Papa Francesco, il cui pontificato considera una «rottura» con la Tradizione. In particolare, gli rimprovera di essere «un ardente difensore della cosiddetta religione universale». Però, nel video il Vescovo Huonder rivela ciò che lo stesso Papa Francesco gli ha detto una volta: “Papa Francesco mi ha parlato e ha detto: ‘Loro [la FSSPX] non sono scismatici'”. Questo fu già affermato dall’allora Superiore generale della FSSPX, Mons. Bernard Fellay, in un’intervista videoregistrata del 4 marzo 2016, parlando di una “benevolenza paradossale”: «Molto sorprendente, perché è chiaro che Papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere. Ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: “Non sono scismatici, sono cattolici”, anche se dopo ha usato un termine un po’ enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione».

Il Vescovo emerito di Coira afferma che, essendo in contatto con la FSSPX, le cause dell’attuale situazione della Chiesa «gli sono diventate più chiare». «Creando questa istituzione, l’Arcivescovo Lefebvre ha voluto porre rimedio alla crisi e aiutare la Chiesa», ha detto. Per Mons. Huonder, la decisione dell’Arcivescovo emerito di Dakar di creare la Fraternità era «fondata e completamente in linea con la fede della Chiesa». «Avrebbe dovuto essere ascoltato di più», ha detto Mons. Huonder.

Condivido di seguito, nella traduzione di Stilum Curiae, un articolo di Maike Hickson per LifeSiteNews sul video di Mons. Vitus Huonder, Vescovo emerito di Coira in Svizzera. Poi, torno indietro nel tempo e riporto in contenuto di una mia Nota Facebook del 20 gennaio 2019, che parte da fonti svizzeri che annunciavano l’«arrivo un nuovo vescovo per la Fraternità Sacerdotale San Pio X».

Mons. Vitus Huonder, Vescovo emerito di Coimbra.

Papa Francesco ha detto che i sacerdoti della FSSPX non sono scismatici: vescovo svizzero in pensione
LifeSiteNews, 24 aprile 2023

(Traduzione a cura di Stilum Curiae [QUI])

Il Vescovo Vitus Huonder, il prelato ottantenne che vive in pensione in una casa della Fraternità Sacerdotale di  San Pio X (FSSPX) in Svizzera, ha rilasciato una dichiarazione video in cui definisce “ingiusta” la scomunica del 1988 dell’Arcivescovo fondatore della Società, Mons. Marcel Lefebvre, e rivela anche che Papa Francesco gli ha detto che i sacerdoti tradizionali della FSSPX “non sono scismatici”.

Huonder, Vescovo emerito di Coira, in Svizzera, racconta per la prima volta in questo nuovo video come, il 9 gennaio 2015, abbia ricevuto una lettera dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale Gerhard Müller, che gli chiedeva di “avviare un dialogo con i rappresentanti della Società San Pio X”. L’obiettivo, ha aggiunto, era quello di incrementare un rapporto personale con questa società sacerdotale, oltre che di impegnarsi in discussioni dottrinali. Da quella lettera e da quel mandato, Huonder ha mantenuto contatti regolari con il Superiore generale della FSSPX (all’epoca il Vescovo Bernard Fellay, oggi Don Davide Pagliarani) e con altri rappresentanti.

Le discussioni dovevano portare a una regolarizzazione canonica della FSSPX. (Il Vescovo Athanasius Schneider, anch’egli forte sostenitore della FSSPX, è stato un altro vescovo a cui Papa Francesco ha chiesto di visitare le case della FSSPX nel 2015).

Nel 2019, il Vescovo Huonder, dopo il suo pensionamento, ha deciso, con l’espresso incoraggiamento della Commissione Pontificia Ecclesia Dei, di trasferirsi in una delle case della FSSPX in Svizzera.

Lo ha fatto per conoscere meglio la vita interna della Società e per confrontare il suo lavoro con la vita di una diocesi regolare come quella che ha guidato negli ultimi 12 anni circa.

Nel video il prelato svizzero spiega anche che dal 2015 ha avuto il tempo di studiare e conoscere meglio il lavoro della FSSPX, comprese le intenzioni del suo fondatore francese, l’Arcivescovo Marcel Lefebvre. Huonder dice che questo periodo di studio gli ha dato “una nuova prospettiva”, una “nuova visione degli ultimi 70, 80 anni” di storia della Chiesa.

Definendo l’esperienza una “retractatio”, Huonder dice di aver compreso meglio le cause dell’attuale crisi della Chiesa e la realtà che questa crisi è in realtà “una delle più grandi crisi della sua storia”.

Parlando della crisi, Huonder afferma che è stata causata da un “criptico allontanamento dalla Tradizione, dall’autentico insegnamento della Chiesa, sia nei documenti del Concilio [Vaticano II] che nei documenti e nelle decisioni magisteriali successivi”. Per questo motivo, secondo il prelato svizzero, l’Arcivescovo Lefebvre “non poteva seguire senza riserve le istruzioni e le affermazioni dottrinali del Concilio e dei comunicati ufficiali della Chiesa che seguirono il Concilio”. “Il suo atteggiamento era di fatto giustificato e del tutto in linea con la fede della Chiesa”, conclude Mons. Huonder. “Avrebbe dovuto essere ascoltato di più”. Di conseguenza, “la misura presa contro di lui [dalla gerarchia della Chiesa] è stata una grave ingiustizia, perché è facile dimostrare che il governo della Chiesa si è allontanato dalla Tradizione”.

Per Mons. Huonder, la FSSPX è “figlia di questa crisi”, poiché il suo fondatore voleva rispondere a questa crisi, difendere la fede e aiutare i “fedeli che si sentivano perduti”. Molti erano “pecore senza pastore” e l’Arcivescovo Lefebvre voleva aiutare la “salvezza delle anime e la conservazione della purezza della fede”. Questa fede, spiega Mons. Huonder, è la “via della salvezza” e quindi “non deve essere falsificata”. Per l’Arcivescovo Lefebvre, il principio era che non si può seguire un Papa quando questo segue idee liberali, ma allo stesso tempo, secondo il vescovo svizzero, bisogna sempre mostrare rispetto per il suo ufficio.

Qui, il Vescovo Huonder rivela ciò che lo stesso Papa Francesco gli ha detto una volta: “In questo senso, Papa Francesco mi ha parlato e ha detto: ‘Loro [la FSSPX] non sono scismatici'”.

Mons. Huonder parla anche dei diversi Papi che hanno regnato nella Chiesa dalla sua nascita nel 1942 e, parlando del ruolo di Papa Francesco, sottolinea che questo pontificato è un “pontificato di rottura. È una rottura con la tradizione”. Non solo questo Papa critica spesso la Tradizione e coloro che vi aderiscono, ma “intraprende atti che sono chiaramente contrari alla Tradizione”.

Qui cita esplicitamente “atti rituali sincretistici, come in Canada”, di cui ha riferito anche LifeSiteNews. Indicando i documenti di Papa Francesco Traditionis custodes (2021) e Desiderio desideravi (2022), Huonder dice che “il Papa vuole sradicare la liturgia romana tradizionale”.

Inoltre, il Vescovo Huonder vede l’attuale Papa come un “franco sostenitore della cosiddetta Religione Mondiale”. Per molti fedeli, aggiunge il prelato, questo è “un ostacolo”. Sotto il precedente Papa Paolo VI, spiega Mons. Huonder, si è verificato un “punto di svolta all’interno della Chiesa”. Questo Papa, continua, “amava molto i circoli liberali e progressisti. Li promuoveva”. Paolo VI, introducendo la Messa Novus Ordo nel 1969, ha causato “l’inizio della grande sofferenza della Chiesa”, secondo Huonder. “Nulla è stato più dirompente per l’unità della Chiesa del nuovo ordine liturgico”, aggiunge.

Per quanto riguarda il pontificato di Giovanni Paolo II, il prelato svizzero sottolinea l’incontro di preghiera del 1986 ad Assisi con i rappresentanti di diverse religioni, che fu per molti fedeli “uno shock tremendo”. La conseguenza, secondo Huonder, è stata “una generale perdita di fiducia nella leadership e nell’ortodossia della Chiesa”.

Papa Benedetto XVI, secondo Huonder, è stato il Papa che ha cercato di “sanare questa ferita” causata dalla frattura nella liturgia. Benedetto aveva liberato, il 7 luglio 2007, la Messa latina tradizionale, dando un generoso permesso ai sacerdoti di celebrarla. Voleva “restituire alla Chiesa la liturgia romana tradizionale”, spiega Huonder. È in questo contesto che Mons. Huonder insiste sul fatto che le scomuniche dell’Arcivescovo Lefebvre e dei suoi quattro vescovi nel 1988 sono state “ingiuste”: Papa Benedetto, dice, “nel 2009 ha anche revocato le scomuniche ingiuste dell’Arcivescovo Lefebvre e dei vescovi della FSSPX che aveva consacrato”. In questo modo, continua Huonder, Papa Benedetto “ha parzialmente riparato a un’ingiustizia che pesava molto sulla Chiesa”.

Ancora di recente, il giornalista di LifeSiteNews, Kennedy Hall, ha pubblicato un libro in difesa della FSSPX, giustamente intitolato SSPX: The Defence, che contiene una prefazione di Padre Charles Murr, autore del libro e confidente di Suor Pascalina Lehnert, Segretaria personale di Papa Pio XII. In esso, Murr rivela come i cardinali modernisti all’interno delle mura vaticane abbiano lavorato con successo contro l’Arcivescovo Lefebvre e la sua missione, utilizzando i mezzi della “disinformazione”. Lo stesso Hall ha pubblicato un video alla luce della dichiarazione del vescovo Huonder, vedendo nella rivelazione del prelato su Francesco una conferma della tesi del suo stesso libro.

La macchina del tempo

1° aprile 2016

Nel pomeriggio del giorno in cui esce il servizio di Sandro Magister che segue, venerdì 1° aprile 2016 Papa Francesco ha ricevuto al Domus Sanctae Marthae in udienza privata il Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, Bernard Fellay [QUI].

“Francesco ci spaventa enormemente, e non solo noi. Eppur ci piace”
La sorprendente analisi dell’enigma Francesco fatta dal superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, Bernard Fellay. Con il resoconto delle visite di un cardinale e di tre vescovi, inviati segretamente da Roma
di Sandro Magister
Chiesa.espressonline.it, 1̊° aprile 2016


L’ecumenismo di Papa Francesco è davvero a larghissimo raggio. Ha incontrato il Patriarca ortodosso di Mosca, andrà in Svezia a celebrare i cinquecento anni di Lutero, è amico di molti leader pentecostali, ha perfino in simpatia i seguaci dell’Arcivescovo ipertradizionalista Marcel Lefebvre.

E quest’ultimo è il dato più sorprendente. Perché in campo cattolico l’ostilità contro i lefebvriani è tanto più intollerante proprio tra coloro che più si fanno vanto di spirito ecumenico e di misericordia.

Contro i lefebvriani, a motivo del loro presentarsi come cattolici “veri”, si riproduce infatti il meccanismo che rende così invisi agli ortodossi i cattolici di rito orientale, da essi chiamati spregiativamente “uniati”. Invisi perché troppo simili a loro, come un nemico in casa.

Già Benedetto XVI aveva denunciato questa distorsione, nella lettera aperta da lui scritta nel 2009 a tutti i vescovi del mondo dopo l’esplosione di proteste per la sua remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani della Fraternità Sacerdotale San Pio X.

Papa Francesco ha compiuto anche lui un gesto di grande apertura, quando lo scorso settembre ha autorizzato tutti i fedeli cattolici, durante il giubileo, a confessarsi, volendolo, anche dai sacerdoti della Fraternità, ricevendo da essi “validamente e lecitamente” l’assoluzione.

Basti pensare, per comprendere la novità di questo gesto di Francesco, al divieto sotto pena di scomunica imposto ai suoi fedeli il 14 ottobre 2014 dal Vescovo di Albano, Marcello Semeraro, di partecipare alla Messa e ai Sacramenti celebrati dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X. Semeraro non è uno qualsiasi, è anche Segretario del Consiglio dei nove cardinali che assistono il Papa nel governo della Chiesa.

O anche si pensi al decreto dello stesso tono emesso il 3 novembre 2014 dal Vescovo argentino di Zárate-Campana, Oscar Sarlinga (un prelato la cui nomina, nel 2006, fu considerata uno schiaffo all’allora Arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio).

La differenza, rispetto a Papa Benedetto, è che Francesco, a motivo di questa sua apertura, non è stato subissato di critiche e di improperi dagli ecumenisti di professione.

Non solo. All’indulgenza degli ecumenisti per il gesto di Francesco si è aggiunto un attestato di stima senza precedenti da parte dello stesso superiore generale della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, il Vescovo Bernard Fellay.

Fellay ha espresso il suo articolato giudizio su Francesco in un’ampia intervista [3] registrata il 4 marzo scorso nel suo quartier generale in Svizzera, a Menzingen, e messa in rete in più lingue durante la successiva settimana santa [QUI].

Più che di un’intervista si tratta di un intervento in prima persona di Fellay, che fa il punto sulle seguenti questioni:
1. I rapporti della Fraternità Sacerdotale San Pio X con Roma dall’anno 2000
2. Le nuove proposte romane studiate dai superiori maggiori della Fraternità
3. “Essere accettati così come siamo” senza ambiguità né compromessi
4. Papa Francesco e la Fraternità Sacerdotale San Pio X: una benevolenza paradossale
5. La giurisdizione accordata ai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X: conseguenze canoniche
6. Le visite dei prelati inviati da Roma: delle questioni dottrinali aperte?
7. Lo stato presente della Chiesa: inquietudini e speranze
8. Cosa chiedere alla Santa Vergine?

L’intero testo è di notevole interesse, in quanto esprime il più attendibile, completo e aggiornato punto di vista della comunità lefebvriana riguardo ai suoi rapporti con Roma.

Ma i passaggi più sorprendenti sono proprio quelli in cui Fellay spiega la benevolenza di Francesco per la Fraternità, benevolenza che definisce “paradossale”, perché contrastante con gli indirizzi prevalenti, di segno opposto, del suo pontificato. È l’analisi che Fellay compie nel punto 4 del testo. Ad esso segue un altro brano tratto dal punto 6, che racconta invece lo svolgimento e l’esito delle recenti visite fatte ai seminari e a un priorato della Fraternità da quattro inviati di Roma: “un cardinale, un arcivescovo e due vescovi”. Fellay non fa i nomi dei quattro prelati.

Mons. Vitus Huonder ricevuto in Udienza privata da Papa Francesco al Palazzo Apostolico.

17 dicembre 2016

Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 914
Il Santo Padre Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza S.E. Mons. Vitus Huonder, Vescovo di Chur (Svizzera).

21 aprile 2017

Mons. Huonder presenta a Papa Francesco la rinuncia all’ufficio di Vescovo di Coira.

4 maggio 2017

«Papa Francesco ha preso in esame la rinuncia all’ufficio presentatagli il 21 aprile 2017 dal Vescovo di Coira. Dopo aver valutato tutte le circostanze, Papa Francesco ha deciso di prorogare il mandato del vescovo per due anni, fino a Pasqua 2019. Questo significa che il vescovo Mons. Vitus Huonder rimarrà in carica come vescovo diocesano con tutti i diritti e i doveri per altri due anni. Solo allora si svolgeranno i procedimenti per la nuova nomina. Il vescovo è lieto per la fiducia che il Santo Padre gli ha espresso mediante questa decisione» (Giuseppe Gracia, Addetto stampa e comunicazione – Coira, 4 maggio 2017).

20 gennaio 2019

Un nuovo vescovo per la Fraternité Saint-Pie X
di Michel Janva
Le Salon Beige – Blog quotidiano da laici cattolici, 20 gennaio 2019

(Traduzione di lavoro in italiano)

Lo aveva annunciato ai sacerdoti della sua diocesi durante l’estate dello scorso anno: Mons. Vitus Huonder, attuale Vescovo di Coira, prese la decisione di stabilirsi alla fine del suo mandato. uno dei centri della Fraternità Sacerdotale San Pio X, vale a dire l’Istituto Santa Maria di Wangs (Svizzera), una scuola che conosce molto bene e che ha visitato molte volte [4].

È simbolico? Resta il fatto che il Capitolo della cattedrale di Coira aveva eletto il Vescovo Huonder il giorno prima dell’emanazione del Motu proprio Summorum pontificum di Papa Benedetto del 6 luglio 2007. La sua nomina era stata confermata da Benedetto XVI il giorno successivo. Nel 2015, il vescovo Huonder è stato uno dei prelati che ha partecipato alle discussioni con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, visitando alcuni dei suoi seminari. Ha potuto apprezzare il ruolo svolto da questa Fraternità in favore di liturgia e spirito tradizionali [4]. Due anni dopo, raggiunto il limite di età, aveva presentato le sue dimissioni a Papa Francesco, che aveva prolungato il suo mandato per altri due anni.

È ovvio che Mons. Huonder non parte in uno spirito di dissenso e che il Papa ha appoggiato il suo progetto. Questo annuncio conferma solo il movimento di normalizzazione della Fraternità Sacerdotale San Pio X, iniziata vent’anni fa e ora è stata quasi completamente ratificata da quando il Papa ha concesso la giurisdizione sacramentale per i sacramenti amministrati per la Fraternità San Pio X negli ultimi anni.

“Sono passati diversi mesi da quando il Vescovo di Chur (Svizzera), Mons. Huonder, aveva intenzione di ritirarsi presso la FSSPX. Questa volta è ufficiale. Vescovo Huonder, conservatore noto, non è solo un amico della FSSPX, ma è vicino a Papa Francesco, che aveva respinto le sue dimissioni nel 2017. In altre parole, ci si può ritirare presso la FSSPX, come presso qualsiasi congregazione religiosa! Secondo le nostre informazioni, il Vescovo Huonder andrebbe in pensione in una scuola gestita dalla Fraternità in Svizzera. In breve, un’illustrazione di questo “statuto per pezzi” di cui gode la Fraternità. Con l’approvazione del Papa delle periferie. Questa è un’ulteriore prova della normalizzazione della FSSPX” (Monde et vie, 17 gennaio 2017, N. 965).

21 gennaio 2019


Il Vescovo di Coira “co-supervisionerà” la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX)
Il Vescovo Vitus Huonder dopo il suo tempo a Coira andrà in pensione in una scuola della FSSPX e in accordo con Roma terrà il contatto con la FSSPX
Kath.net, 21 gennaio 2019


Dopo il suo tempo come Vescovo di Coira, Mons. Vitus Huonder si ritirerà a Wangs nel canton San Gallo e vivrà nell’Istituto Sancta Maria, una scuola della FSSPX. Questo ha confermato Giuseppe Gracia, il portavoce del vescovo, oggi a Kath.net. “Questo passo è legata all’incarico affidato della Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma al Vescovo Vitus di mantenere i contatti con la FSSPX”, ha detto Gracia. L’accettazione delle dimissioni del vescovo di Coira è prevista per Pasqua.

20 maggio 2019

Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 432
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia di S.E. Mons. Vitus Huonder all’ufficio di Vescovo di Chur, (Svizzera).

Note

Mons. Vitus Huonder, Vescovo emerito di Coimbra.

[1] Mons. Vitus Huonder

Mons. Vitus Huonder (Trun, 21 aprile 1942), Vescovo emerito di Coira, capitale del cantone dei Grigioni. Ordinato sacerdote per la diocesi di Coira il 25 settembre 1971, è stato eletto dal capitolo della cattedrale vescovo della medesima diocesi il 6 luglio 2007, nomina confermata da Papa Benedetto XVI due giorni dopo. È stato consacrato vescovo nell’Abbazia di Einsiedeln l’8 settembre 2007 dal Vescovo Amédée (Antoine-Marie) Grab e ha preso possesso della diocesi di Coira il 16 settembre dello stesso anno. È noto in Svizzera per essere forse l’unico vescovo rimasto fedele alla dottrina cattolica in materia di sessualità e famiglia. Ha condannato le pratiche omosessuali, negato i sacramenti ai divorziati risposati e assunto posizioni coraggiose contro gli abusi sessuali. Il teologo Hans Küng nel 2011 lo ha definito ultra-conservatore e ne ha criticato aspramente l’operato [6], affermando che avrebbe fatto perdere numerosi fedeli alla diocesi. Ne aveva chiesto inoltre le dimissioni. Il 9 marzo 2014 un gruppo di fedeli ha manifestato chiedendo la sua rimozione e alcune organizzazioni cattoliche nazionali svizzeri hanno denunciato “discriminazioni di importanti gruppi di fedeli, come gli omosessuali e i divorziati che si risposano” [7]. Nel febbraio 2015 ha rimosso il parroco di Bürglen, un piccolo comune del cantone Uri, dopo che, sentito il consiglio parrocchiale, aveva dato la sua benedizione ad una coppia lesbica che conviveva da tempo. Ha sottoscritto i “dubia”, il documento sottoscritto dai quattro cardinali Raymond Burke, Carlo Caffarra, Walter Brandmüller e Joachim Meisner, a seguito della pubblicazione dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco nel 2016. Emarginato all’interno della Chiesa, nonostante abbia ricevuto l’orecchio di Papa Francesco.

La chiesa della FSSPX a Ecône in Svizzera.

[2] La Fraternità Sacerdotale San Pio X

La Fraternità Sacerdotale San Pio X (Fraternitas sacerdotalis Sancti Pii X, FSSPX), è una società di vita apostolica tradizionalista, fondata a Friburgo il 1º novembre 1970 dall’Arcivescovo Marcel François Lefebvre, con l’accordo e l’approvazione di Mons. François Charrière, allora Vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, insieme al Seminario internazionale a Ecône in Svizzera, dove accolse giovani seminaristi cattolici di diverse nazioni.

La FSSPX è una società di vita comune senza voti sull’esempio delle società delle missioni estere. È composta da sacerdoti ma anche da frati e da suore ed è diretta da un Superiore generale, aiutato da due Assistenti e da un Economo generale. Gli aderenti vengono comunemente chiamati lefebvriani. Parlando della sua “opera di Chiesa”, Mons. Lefebvre disse: “Non è nata con un obiettivo di contestazione o di opposizione, niente affatto. Essa è nata come nascono le opere di Chiesa, cioè per una necessità che si è presentata di vigilare sulla buona formazione del sacerdote”. La Fraternità, nata per contrasto con il Concilio Vaticano II, raccoglie oggi coloro che si ritrovano nelle idee di Lefebvre.

La Casa generalizia della FSSPX – fondata nel 1979 a Rickenbach nel cantone di Soleure – installata dal 1993 à Menzingen nel cantone di Zoug. È la residenza del Superiore generale, dei due Assistenti e degli Officiali generali. Raggruppa i servizi del segretariato, gli archivi e l’economato con lo scopo di unire e facilitare la gestione del personale e dei beni della Fraternità Sacerdotale San Pio X.

Dopo la morte di Mons. Lefebvre, la FSSPX è stata a lungo guidata dal Vescovo svizzero Bernard Fellay, uno dei quattro sacerdoti ordinati vescovi da Lefebvre nel 1988 a cui il 21 gennaio 2009 è stata revocata la scomunica da Papa Benedetto XVI, nell’auspicio che la remissione della scomunica portasse «al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione». Il 31 agosto 2015, in occasione del Giubileo straordinario della misericordia, Papa Francesco ha affermato che è lecito confessarsi dai sacerdoti appartenenti alla Fraternità, aprendo quindi un ulteriore sbocco per la riconciliazione. Il 5 giugno 2015, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha accordato a Mons. Bernard Fellay, in qualità di Superiore generale i poteri di giudice di prima istanza in un processo canonico nei confronti di un sacerdote della Fraternità. Il 27 marzo 2017 Papa Francesco ha deciso, su proposta della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, “malgrado l’oggettiva persistenza per ora della situazione canonica di illegittimità in cui versa la Fraternità Sacerdotale di San Pio X”, di autorizzare i Vescovi delle diocesi sul cui territorio è presente la Fraternità, a concedere la licenza per la celebrazione di matrimoni dei fedeli che seguono la Fraternità.

Don Davide Pagliarani con Mons. Alfonso de Galarreta e Abbé Christian Bouchacourt.

L’11 luglio 2018, durante il IV Capitolo generale della Fraternità, è stato nominato nuovo Superiore generale il sacerdote italiano Don Davide Pagliarani. I due Assistenti generali sono Mons. Alfonso de Galarreta e Abbé Christian Bouchacourt.

[3] Papa Francesco e la Fraternità Sacerdotale San Pio X: una benevolenza paradossale
di Bernard Fellay
Videoregistrazione dell’intervista di Fellay il 4 marzo 2016


Bisogna qui utilizzare il termine “paradossale”: il paradosso di voler andare avanti verso una specie di Vaticano III, nel senso peggiore che si potrebbe dare a questa espressione, e, dall’altra parte, la volontà di dire alla Fraternità: “Siete i benvenuti”. È veramente un paradosso, quasi una volontà di unire gli opposti.

Io non credo che sia per ecumenismo. Alcuni potrebbero pensarlo. Ma perché non penso che sia per ecumenismo? Perché basta guardare l’attitudine generale dei vescovi su questa materia dell’ecumenismo: hanno le braccia spalancate per tutti, tranne che per noi!

Molto spesso ci è stato spiegato perché siamo ostracizzati, dicendo: “Non vi si tratta come gli altri perché voi pretendete di essere cattolici. Ora, con ciò create una confusione tra noi, quindi non ne vogliamo sapere”. Abbiamo sentito diverse volte questa spiegazione che esclude l’ecumenismo. Allora, se questa disposizione che consiste nel dire: “Accettiamo tutti in casa” non vale per noi, che cosa rimane? Penso che rimanga il Papa.

Se già Papa Benedetto XVI e ora Papa Francesco non avessero uno sguardo particolare sulla Fraternità, diverso da questa prospettiva ecumenica di cui ho parlato, penso che non ci sarebbe niente. Anzi, penso piuttosto che saremmo già di nuovo sotto i colpi delle pene, delle censure, della scomunica, della dichiarazione di scisma, che manifesterebbero chiaramente la volontà di eliminare un gruppo che dà fastidio.

Allora perché Papa Benedetto XVI, perché adesso Papa Francesco sono così benevoli verso la Fraternità? Penso che l’uno e l’altro non abbiano necessariamente la stessa prospettiva.

Per quanto riguarda Papa Benedetto XVI, credo che ciò derivasse dal suo lato conservatore, il suo amore per la liturgia antica, il suo rispetto per la disciplina anteriore nella Chiesa. Ho potuto constatare che molti, dico molti sacerdoti, e anche gruppi che avevano problemi con i modernisti nella Chiesa, e che avevano fatto ricorso a lui quando era ancora cardinale, hanno trovato in lui – dapprima come cardinale, in seguito come papa – uno sguardo benevolo, una volontà di protezione, di aiutarli almeno quanto potesse.

Con Papa Francesco non si vede questo attaccamento né alla liturgia, né alla disciplina antica, si potrebbe anche dire che è proprio il contrario, manifestato tramite molte affermazioni contrarie, ed è questo che rende ancora più difficile, più complicata la comprensione di tale benevolenza.
Penso che ci siano almeno diverse spiegazioni possibili, ma confesso di non avere l’ultima parola sulla questione.

Una delle spiegazioni è lo sguardo di Papa Francesco su tutto ciò che è messo ai margini, ciò che chiama le “periferie esistenziali”. Non mi stupirebbe che ci consideri come una di queste periferie alle quali dona palesemente la sua preferenza. E in questa prospettiva, usa l’espressione “compiere un percorso” con la gente in periferia, sperando che si arriverà a migliorare le cose. Dunque non è una volontà ferma di risolvere subito: il percorso va dove va, ma alla fine lui è abbastanza calmo, tranquillo, senza troppo sapere ciò che potrà risultare. Probabilmente, è questa una delle ragioni più profonde.

Un’altra spiegazione potrebbe provenire dal fatto che Papa Francesco pronuncia un’accusa abbastanza costante contro la Chiesa costituita – la parola inglese è “establishment”, si dice a volte anche da noi –, un rimprovero fatto alla Chiesa di essere autocompiaciuta, compiaciuta di se stessa, una Chiesa che non cerca più la pecora smarrita, quella che è nelle difficoltà, a tutti livelli, sia per la povertà, o anche per un dolore fisico. Si vede con Papa Francesco che questa preoccupazione non è solamente, malgrado le apparenze, una preoccupazione materiale. Si vede bene che lui, quando dice “povertà”, include anche la povertà spirituale, la povertà delle anime che sono nel peccato, dal quale bisognerà che escano, che bisognerà ricondurre a Dio.

Anche se ciò non è sempre espresso in maniera chiara, si trovano un certo numero di espressioni che lo indicano. E in questa prospettiva egli vede nella Fraternità una società molto attiva, soprattutto quando la si paragona alla situazione dell’”establishment”. Molto attiva vuol dire che cerca, che va a cercare le anime, che ha questa preoccupazione del bene spirituale delle anime e che è pronta a rimboccarsi le maniche per questo compito. Egli conosce Mons. Lefebvre, ha letto due volte la biografia scritta da Mons. Tissier de Mallerais, e questo mostra senza alcun dubbio un interesse; penso che gli sia piaciuta.

La stessa cosa si può dire riguardo ai contatti che ha potuto avere in Argentina con i nostri confratelli, nei quali ha visto spontaneità e anche franchezza, perché non gli è stato assolutamente nascosto niente. Certo, si cercava di ottenere qualche cosa per l’Argentina, dove eravamo in difficoltà con lo Stato per quanto riguarda i permessi di soggiorno, ma non si è nascosto niente, non si è cercato di tergiversare, e penso che ciò gli piaccia. Può darsi che sia questo lato umano della Fraternità che lo attira, si vede che il papa è molto umano, dà molto peso a queste cose, e questo potrebbe spiegare una certa benevolenza nei nostri confronti.

Ancora una volta non ho l’ultima parola su questa questione e certamente dietro a tutto ciò c’è la Divina Provvidenza. La Divina Provvidenza che opera per mettere dei buoni pensieri in un papa che, su molti punti, ci spaventa enormemente, e non solamente noi. Si può dire che tutti quelli che sono più o meno conservatori nella Chiesa sono sbigottiti da ciò che succede, da ciò che egli dice e, malgrado ciò, la Divina Provvidenza si adopera per farci passare attraverso questi scogli in un modo molto sorprendente.

Molto sorprendente, perché è chiaro che Papa Francesco vuole lasciarci vivere e sopravvivere. Ha perfino detto, a chi lo vuole sentire, che non farebbe mai del male alla Fraternità. Ha anche detto che noi siamo cattolici. Ha rifiutato di condannarci per scisma, dicendo: “Non sono scismatici, sono cattolici”, anche se dopo ha usato un termine un po’ enigmatico, cioè che noi siamo in cammino verso la piena comunione.

Su questo termine “piena comunione” sarebbe proprio bello una volta avere una definizione chiara, perché si vede che non corrisponde a niente di preciso. È un sentimento, è un non si sa bene cosa.

Anche molto recentemente, in un’intervista a nostro riguardo, Mons. Pozzo riprende una citazione che attribuisce al papa stesso – si può dunque prenderla come una posizione ufficiale –, che ha confermato alla commissione “Ecclesia Dei” che noi siamo cattolici in cammino verso la piena comunione. Mons. Pozzo precisa come questa piena comunione si può realizzare: con l’accettazione della forma canonica, che è una cosa abbastanza sconvolgente, una forma canonica risolverebbe tutti i problemi di comunione!

Un po’ più avanti, nella stessa intervista, dirà che questa piena comunione consiste nell’accettare i grandi principi cattolici, cioè i tre livelli di unità nella Chiesa, che sono la fede, i sacramenti e il governo. E parlando della fede, egli parla piuttosto del magistero. Ma noi non abbiamo mai messo in discussione alcuno di questi tre elementi. E dunque non abbiamo mai messo in discussione la nostra piena comunione, ma l’aggettivo “piena” lo spazziamo via, dicendo semplicemente: “Siamo in comunione secondo il termine classico utilizzato nella Chiesa. Siamo cattolici, e se siamo cattolici siamo in comunione, perché la rottura della comunione e precisamente lo scisma”.

Le visite dei prelati inviati da Roma: delle questioni dottrinali aperte?

Queste visite sono state molto interessanti. Chiaramente da un certo numero dei nostri sono state percepite con una certa diffidenza: “Che vengono a fare da noi questi vescovi?”. Questo non era il mio punto di vista. […] Io ho detto più volte a Roma: “Venite a trovarci”. Non hanno mai voluto. Poi, tutto d’un tratto, […] un cardinale, un arcivescovo e due vescovi sono venuti a vederci, a visitarci, in circostanze differenti, nei seminari, anche in un priorato. […]

La prima cosa che ci hanno detto tutti (era una parola d’ordine o un loro sentimento particolare? Non lo so, ma è un fatto) è stata: “Queste discussioni si svolgono tra cattolici; questo non ha niente a che vedere con delle discussioni ecumeniche; siamo tra cattolici”. Quindi, dall’inizio, si spazzano via tutte queste idee come: “Non siete completamente dentro la Chiesa, siete a metà, siete fuori – Dio sa dove! –, scismatici…”. No! Noi discutiamo tra cattolici. È il primo punto che è molto interessante, molto importante. Malgrado quello che, in certe istanze, si dice ancora a Roma oggi.

Il secondo punto – penso ancora più importante – è che le questioni affrontate in queste discussioni sono le questioni classiche sulle quali si inciampa. Che si tratti della libertà religiosa, della collegialità, dell’ecumenismo, della nuova messa, o anche dei nuovi riti dei sacramenti… tutti ci hanno detto che queste discussioni avevano per oggetto delle questioni aperte.

Penso che sia una riflessione fondamentale. Fino a qui hanno sempre insistito per dire: dovete accettare il Concilio. È difficile rendere esattamente la portata reale di questa espressione “accettare il Concilio”. Cosa vuol dire? Perché è un fatto che i documenti del Concilio sono totalmente diseguali, e che la loro accettazione si fa secondo un criterio graduale, secondo una scala di obblighi. Se un testo è un testo di fede c’è un obbligo puro e semplice. Ma quelli che, in un modo completamente sbagliato, pretendono che questo Concilio è infallibile, costoro obbligano a una sottomissione totale a tutto il Concilio. Allora se “accettare il Concilio” vuol dire questo, diciamo che non accettiamo il Concilio. Perché, precisamente, noi neghiamo il suo valore infallibile.

Se ci sono certi passaggi del Concilio che ripetono quello che la Chiesa ha detto altre volte e in un modo infallibile, è evidente che questi passaggi sono e restano infallibili. E noi li accettiamo, non c’è nessun problema. È per questo che quando si dice “accettare il Concilio” bisogna ben distinguere cosa si intende. Nonostante questo, anche con questa distinzione, fino ad ora si è sentita da parte di Roma un’insistenza: “Dovete accettare questi punti, fanno parte dell’insegnamento della Chiesa e dunque dovete accettarli”. E si è sentito fino ad oggi – non soltanto da Roma, ma anche dalla grande maggioranza dei vescovi – questa ammonizione, questo grande rimprovero che ci fanno: ‘”Voi non accettate il Concilio”.

Ed ecco che, tutto d’un tratto, su questi punti che sono i punti di inciampo, gli inviati di Roma ci dicono che si tratta di questioni aperte. Una questione aperta è una questione su cui si può discutere. E quest’obbligo di adesione è fortemente attenuato e anche, forse, del tutto eliminato. Penso che sia un punto fondamentale. Bisognerà poi vedere in seguito se ciò si confermerà, se veramente si potrà discutere liberamente, diciamo onestamente, con tutto il rispetto che bisogna avere verso l’autorità, per non aggravare ancora di più la situazione attuale della Chiesa che è talmente confusa, precisamente sulla fede, su quello che bisogna credere, e là noi chiediamo questa chiarezza, questa chiarificazione, alle autorità. Noi la chiediamo da molto tempo. Diciamo: “Ci sono dei punti ambigui in questo Concilio e non sta a noi chiarirli. Noi possiamo esporre il problema, ma chi ha l’autorità per chiarirli è proprio Roma”. Nondimeno, ancora una volta, il fatto che questi vescovi ci dicono che sono delle questioni aperte è per me fondamentale.

Le discussioni propriamente dette si sono svolte, secondo la personalità dei nostri interlocutori, con più o meno facilità, perché ci sono stati anche degli interessanti confronti dove non eravamo necessariamente d’accordo. Comunque l’apprezzamento, credo, è unanime, dalla parte di ciascuno di questi interlocutori: essi sono rimasti soddisfatti delle discussioni. Soddisfatti anche delle loro visite. Ci hanno fatto i complimenti per la qualità dei nostri seminari, dicendo: “Sono normali (per fortuna! Bisogna cominciare da qui), non è della gente limitata, ottusa, ma che vive bene, aperta, gioiosa, normale, semplicemente”. Questo è stato un commento espresso da tutti. È il lato umano, è innegabile, ma non bisogna mai dimenticarlo.

Per me, queste discussioni, o più esattamente questo aspetto più facile delle discussioni, è importante. Perché uno dei problemi e la sfiducia. Questa sfiducia è certo che noi l’abbiamo. E penso che si possa anche dare per certo che Roma l’ha nei nostri confronti. Fintanto che regna questa sfiducia, la tendenza naturale è di interpretare male o di considerare la peggiore delle soluzioni possibili su quello che si dice. Fintanto che siamo in questo contesto di sfiducia, non andremo molto avanti. Bisogna arrivare a una fiducia minima, a un clima di serenità, per eliminare queste accuse a priori. Penso che sia ancora il contesto nel quale noi ci troviamo, nel quale si trova Roma. E ciò prende del tempo. Bisogna che le due parti arrivino ad apprezzare correttamente le persone, le loro intenzioni, per arrivare a dissipare tutto ciò. Penso che ci vorrà del tempo.

Ciò richiede anche degli atti dove si manifesti una buona volontà che non sia quella di distruggerci. Ora c’è sempre un po’ quell’idea tra noi, che si è sparsa in maniera abbastanza rapida: “Se ci vogliono, è per soffocarci, ed eventualmente distruggerci, assorbirci completamente, disintegrarci”. Questa non è un’integrazione, è una disintegrazione! Evidentemente, fintanto che c’è questa idea, non ci si può aspettare niente.

[4] 19 gennaio 2019 – In riferimento alle visite fatte ai seminari e a un priorato della Fraternità Sacerdotale San Pio X da quattro inviati di Roma (un cardinale, un arcivescovo e due vescovi):

  • Cardinale Walter Brandmüller, già Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche;
  • Mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, Vescovo, del clero dell’Opus Dei, Segretario del Pontificio Consiglio dei Testi Legislativi;
  • Mons. Vitus Huonder, Vescovo di Coira, Svizzera;
  • Mons. Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana, Kazakistan.

Secondo le citati fonti svizzeri, Mons. Vitus Huonder – quando a Pasqua 2019 avrà la sua “carriera ecclesiastica” alle spalle – si avvicinerebbe a un ambiente con cui le sue convinzioni sono in armonia. L’inizio di un inizio di un movimento? C’è chi vede in questa notizia – non senza importanza – un altro tassello che offre sostegno all’opinione, secondo la quali una delle motivazioni di fondo del Motu proprio di Papa Francesco di ieri, 19 gennaio 2019, sulla soppressione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei (e il trasferimento delle sue competenze rimanenti a un Ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede) [5], sarebbe l’augurio/la speranza/la previsione che le Fraternità “tradizionalisti” – cosiddette Ecclesia Dei – nel seno della Chiesa cattolica si svuotino, gran parte dei loro membri trovando rifugio presso la FSSPX e quindi si estinguerebbero. Un’opinione che troverebbe conferma anche leggendo attentamente la reazione a caldo della Fraternità Sacerdotale San Pio X alla soppressione della Ecclesia Dei, affidata a Notizie FSSPX del 19 gennaio 2019 (segue la traduzione di lavoro in italiano dei passaggi rilevanti):

«(…) [Il] ricordo storico di Papa Francesco ha il merito di mostrare come questa Pontificia Commissione sia stata fondata per la condanna di Mons. Lefebvre e della sua opera. In trenta anni di esistenza, è stato confinato principalmente agli aspetti liturgici al fine di soddisfare la sensibilità’ dei sacerdoti e dei fedeli conservatori, e contrastare le posizioni della Fraternità Sacerdotale San Pio X in tutto il mondo … (…) Benedetto XVI ha considerato che le questioni dottrinali in sospeso hanno motivato il fatto che la Pontificia Commissione Ecclesia Dei sia stata di conseguenza assegnata alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Essendo l’obiettivo di intraprendere discussioni dottrinali con la Fraternità Sacerdotale San Pio X.

[5] Primate della dottrina della fede

Papa Francesco, ritenendo che le comunità religiose che attualmente fanno parte della Pontificia Commissione abbiano acquisito stabilità: sia in numero che in attività, assicurano la celebrazione della Messa secondo la “forma straordinaria”. Ma, osserva, “gli obiettivi e le questioni trattate dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei sono essenzialmente dottrinali”. Ovviamente, questi obiettivi e questi problemi sono irrilevanti per queste comunità. È proprio con la Fraternità Sacerdotale San Pio X che sorgono.

Questo era già l’osservazione fatta dai cardinali il 15 novembre 2017: ‘È stato chiesto che il dialogo tra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X sia guidato direttamente dalla Congregazione [per la Dottrina della Fede], avendo le questioni un carattere dottrinale’.

Una conclusione è ovvia: le cosiddette comunità di Ecclesia Dei mantengono “le loro tradizioni spirituali e liturgiche”, visibilmente non contano nella discussione. Se rimangono attaccati a una sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede, è accidentale. Potrebbero avere la Messa, “tradizioni spirituali e liturgiche”, ma non la dottrina che ne consegue.

Tale è il grande rimprovero che la Fraternita Sacerdotale San Pio X ha sempre fatto a Dom Gerard e a tutti coloro che hanno pensato che fosse loro dovere rompere l’unità della Tradizione per negoziare un accordo puramente pratico. La crisi della Chiesa non può essere ridotta a una questione spirituale o liturgica. È più profondo perché tocca il cuore della fede e la dottrina della rivelazione, il diritto del Cristo-Re di regnare qui in basso sugli uomini e sulle società».

Soppressione della Pontificia Commissione Ecclesia Dei

Lettera apostolica in forma Motu proprio del Sommo Pontefice Francesco circa la Pontificia Commissione Ecclesia Dei
Ora Bergoglio vuole “cancellare” l’eredità di papa Benedetto XVI (Il Giornale)
Pope Francis, what if he shuts down Ecclesia Dei? (Monday Vatican)
La Nota “Chi vuole la soppressione della Commissione Ecclesia Dei e perché? Indulto di Agatha Christie… Numquam Abrogatam”
Farewell Pontifical Commission ‘Ecclesia Dei’? (National Catholic Register)
La Fraternité Saint-Pie-X voudrait la suppression de la Commission Ecclesia Dei (L’Homme Nouveau)
Il S. Padre sopprime la Commissione Ecclesia Dei? E ora? (Messainlatino.it)
ECCLESIA DEI: PRONTO IL MOTU PROPRIO. DIVENTA UN UFFICIO ALLA “FEDE” (Stilum Curiae)
“ECCLESIA DEI” LIQUIDATA? VOCI CREDIBILI. SPERIAMO DI NO (Marco Tosatti)

[6] Svizzera – Hans Küng paragona Mons. Huonder a Gheddafi
FSSPX-Distretto italiano, 10 marzo 2012


Oggi, quando un vescovo insegna la dottrina cattolica, è subito vittima – almeno nel mondo di lingua tedesca – di risentimento e incomprensione. È quello che sta succedendo al Vescovo di Coira, Mons. Vitus Huonder.

Nella sua lettera pastorale di Quaresima che deve essere letta domani 11 marzo in tutte le parrocchie, egli scrive che i divorziati risposati vivono in peccato grave e non possono quindi fare la comunione.

Solo le persone separate e divorziate che rimangono da sole darebbero “una testimonianza preziosa per l’indissolubilità del matrimonio”. Queste persone che escludono la possibilità di un nuovo matrimonio, prendono “sul serio l’insegnamento di Nostro Signore”.

I parroci del cantone di Nidwald hanno annunciato ieri che non avrebbero letto la lettera del loro vescovo. Hans Küng, ha anche invitato il Vescovo a dimettersi. “Huonder si trova nella stessa situazione del dittatore libico Muammar al-Gheddafi, quando i suoi generali scappavano da lui”, ha detto in un’intervista al giornale Südostschweiz am Sonntag. Undici tra i diciassette decani hanno preso le distanze da Mons. Vitus Huonder.

Il giornale svizzero Tages Anzeiger ha scritto che Mons. Huonder rappresenta l’insegnamento della Chiesa, ma “in pratica nelle parroche, i parrocci ammettono i divorziati risposati alla comunione, e anche a tutti gli altri sacramenti”.

Si sa bene che anche alcuni Vescovi hanno dichiarato più volte che permettevano ai divorziati risposati di fare la comunione. Mons. Zollitsch ha detto lo scorso autunno che sperava che Roma autorizzasse presto i divorziati risposati di ricevere i sacramenti.

L’ex Arcivescovo di Vienna, Helmut Krätzl ha detto, in un’intervista al Tages Anzeiger, che si deve rispettare in ogni caso, la coscienza delle persone divorziate risposate e consentire loro l’accesso ai sacramenti, altrimenti, la Chiesa trasmette “l’immagine di un Dio vendicativo, che non concede nessun nuovo inizio nella vita”. Questo Vescovo non vuole ammettere che un nuovo inizio richiede una conversione. Chi vuole rimanere nel peccato, si rifiuta di fare la volontà di Dio.

L’invito di Mons. Huonder ai suoi sacerdoti, di considerare questi credenti, “con una particolare sensibilità” per aiutarli a vedere la loro situazione “nel volto di Cristo”, corrisponde alla dottrina che la Chiesa ha sempre insegnato fino dalla sua fondazione.

[7] Dichiarazione di Mons. Huonder dopo l’accusa di omofobia

Sul sito della Diocesi di Coira si trova la traduzione in italiano della dichiarazione di Mons. Huonder riguardo all’accusa di omofobia rivoltagli da una lobby gay, la PinkCross, in seguito alla sua citazione, durante una conferenza teologica a Fulda (Germania) avvenuta durante l’estate 2015, di alcuni passaggi biblici dal Libro del Levitico riguardanti l’omosessualità.

Mons. Huonder aveva menzionato due passaggi del Levitico, in particolare quello che afferma: “Non ti coricherai con un uomo come si fa con una donna: è cosa abominevole. Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche, poiché con tutte queste cose si sono rese impure le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. Chiunque praticherà qualcuna di queste abominazioni, ogni persona che le commetterà, sarà eliminata dal suo popolo”.

Nella sua dichiarazione Mons. Huonder sottolinea: “Io non auspico la pena di morte per i gay”. Si scusa con gli omosessuali, ma le sue posizioni sull’argomento non mutano e contestualizza con precisione il discorso da lui fatto, spiega e ribadisce la sua aderenza alla dottrina della Chiesa Cattolica. E formula le sue scuse verso le persone che si sono sentite offese, riconoscendo anche delle “dimenticanze” che non sono state molto gradite dai suoi accusatori, i quali ben si guardano di avventarsi in un simil modo contro un qualche rappresentante islamico, per evitare di venirne brutalizzati ancor di più di quel già normalmente sono. Emblematico del clima che si respira nelle Conferenze episcopali. Certamente Mons. Huonder non chiede scusa per ciò che ha detto e non ritratta come se ciò non fosse stato giusto e vero, al contrario di chi con atteggiamento pavido e insicuro, ritratta, facendo marcia indietro. Non è certo il caso di Mons. Huonder, chiede scusa, ma lo fa nel contempo confermando, sottolineando e e approfondendo i medesimi principi già espressi prima. Perché dunque le parole di scusa? Perché oltre a sostenere una causa e ad affermare dei sacrosanti principi tiene presente le persone di cui potrebbe aver urtato la sensibilità. Perché quella verità affermata e poi confermata e ancor meglio spiegata è proprio per loro, soprattutto per quelle persone che hanno reagito, non certo fine a se stessa.

Come dice il proverbio “la verità offende”, la verità può non piacere affatto anche se in realtà è l’unica vera medicina. Chi la somministra con autorevolezza è sicuro di questo, e nel contempo è comprensivo; è un vero pastore, e in quanto tale non solo contrappone la verità alla menzogna come ben si fa in un dibattito culturale, ma offre la cura per la salvezza delle anime, ben conscio del dolore che un salvifico bisturi come la parola di Dio può provocare. Leggendo attentamente la lettera del Vescovo di Coira non si può non notare questa sua solerte cura pastorale nel prescrivere e raccomandare la medicina e fornire anche il foglietto illustrativo, come in un’ospedale da campo.

D’altronde questa è esperienza comune nel vissuto spicciolo di ognuno di noi. Più di una volta il mio medico mi ha detto “scusa, adesso dovrò farti un po’ male, ma poi starai meglio”. Se il mio medico si limitasse a citarmi un capitolo di un libro di medicina non farebbe il suo mestiere di medico, ma piuttosto di formatore accademico. Nella fattispecie a che mi gioverebbe?

A tutti i sacerdoti, diaconi e alle collaboratrici e ai collaboratori nella pastorale della diocesi di Coira
Coira, 12 agosto 2015
Sulla relazione tenuta a Fulda il 31 luglio 2015


Cari confratelli nel servizio sacerdotale e diaconale,
Cari collaboratrici e collaboratori nella cura d’anime,

Vi scrivo riguardo ad una questione incresciosa, la quale indirettamente tocca anche Voi. Come avete potuto apprendere dai media, due citazioni della mia relazione tenuta a Fulda il 31 luglio 2015 sono state interpretate come “diffamazione” contro persone con sentimenti omosessuali. La mia dichiarazione del 3 agosto 2015 purtroppo non è riuscita a cambiare di molto questa interpretazione.

Ovviamente non sostengo la richiesta veterotestamentaria della pena di morte per persone con sentimenti omosessuali. E neanche in forma celata mediante accurate riflessioni teologiche, di cui sembra volermisi accusare. Le citazioni scelte non sono un’espressione del mio modo di pensare, piuttosto invece della mia convinzione che nel quadro di una riflessione teologica non può essere escluso nessun passo della Sacra Scrittura, solo perché crea difficoltà nel contesto odierno. Ho redatto un testo di 22 pagine con 16 note in calce, in parte piuttosto estese con note bibliografiche. In tutto vengono citati integralmente 11 passi dell’Antico e del Nuovo Testamento con un breve commento per ognuno di essi. Questo grande numero di citazioni mi è parso doveroso dato che primo si trattava di una relazione orale e secondo non volevo censurare l’Antico Testamento. Per questo ho inserito al sesto posto anche una citazione integrale dei passi veterotestamentari del Levitico (Lv) 18,22 e 20,13.

Dopo una frase introduttiva, ho suddiviso il commento di questi versetti in due parti. La prima parte riguarda la valutazione teologica di pratiche omosessuali nel quadro dell’Antico Testamento, la seconda dell’agire della Chiesa dal punto di vista odierno, cristiano (neotestamentario).

La valutazione teologica delle pratiche omosessuali, come è noto, è attualmente oggetto di discussione nella Chiesa cattolica. A proposito, si parla della necessità di una „svolta pastorale“, come espresso anche nel documento preparatorio per il prossimo Sinodo dei Vescovi (Domande per la recezione e l’approfondimento della Relatio Synodi, Introduzione prima delle domande 23 sgg.) a questo che alludevo esprimendo che i due brani biblici basterebbero a „dare alla questione dell’omosessualità la svolta giusta, dal punto di vista della fede“, una formulazione che non può essere compresa al di fuori del contesto ecclesiale e pertanto è stata infelice. Con questa formulazione non intendevo dire che questi brani della Bibbia rappresentano una direttiva per l’agire della Chiesa, come se noi cristiani dovessimo orientarci a questi passi della Bibbia per quanto riguarda il nostro modo di pensare. Volevo mostrare che nel Levitico vi è un rigetto drastico delle pratiche omosessuali e che noi come cristiani dobbiamo essere coscienti di questo. Se nella Chiesa si cerca una svolta pastorale, allora è opportuna una riflessione incensurata anche riguardo all’Antico Testamento – non in ultimo per illustrare che cosa ci hanno dato Cristo, il Nuovo Testamento e la tradizione della Chiesa.

Solo dopo queste riflessioni teologiche sono passato, nel paragrafo successivo, al tema dell’agire della Chiesa, della cura d’anime. Lì specifico che questo agire deve orientarsi all’ordine divino. Si tratta di liberare „con amore pastorale“ gli uomini dallo stato di corruzione della natura alla vita come figli della luce (Ef 5,8). A questo fine la fede è un aiuto per tutti, anche per le persone con sentimenti omosessuali.

A causa di questa bipartizione del mio ragionamento in riflessione teologica e dichiarazioni sull’agire della Chiesa, era chiaro per me che l’agire della Chiesa è sempre un aiuto alla vita e non porta la morte. Questo agire della Chiesa è contraddistinto da compassione e delicatezza e non da degradazione. Questo corrisponde anche al „Catechismo della Chiesa Cattolica“ (nn. 2357-2359), che cito a proposito nella nota n. 10.

Nel frattempo vedo che i passi del Levitico possono essere fraintesi come un mio personale modo di pensare e che si possa pensare che io voglia, come vescovo, reintrodurre la pena di morte per le pratiche omosessuali. Ovviamente per me è sempre stato chiaro che il discorso drastico della pena di morte mostri il drastico rifiuto veterotestamentario di una pratica e che questo discorso non va interpretato come una direttiva del nostro agire pastorale nella Chiesa. Come cristiani siamo chiamati ad interpretare l’Antico Testamento dal punto di vista dell’adempimento in Cristo. E per me, come vescovo, vi è ovviamente una fondamentale distinzione tra valutazione teologica di un atto dell’uomo e l’agire della Chiesa per la cura delle anime. Questa è una distinzione alla quale mi attengo, con il „Catechismo della Chiesa Cattolica“, che è riconosciuto da tutti i vescovi in Svizzera. Anche riguardo all’omosessualità il Catechismo infatti fa questa distinzione, quando da un lato afferma che atti omosessuali „in nessun caso possono essere approvati“ (valutazione ecclesiale, n. 2357), e dall’altro rileva che dobbiamo evitare „ogni marchio di ingiusta discriminazione“ (agire ecclesiale, n. 2358). Ed è assolutamente ovvio per me, che di fronte alla tensione tra la valutazione teologica degli atti e l’agire pastorale della Chiesa bisogna comportarsi come espresso nel brano dalla Lettera agli Efesini (5,8) citato nella mia relazione: la Chiesa vuole aiutare tutte le persone, in qualsiasi situazione si trovino, a vivere come figli della luce. Conformemente a ciò, anche nel „Catechismo della Chiesa Cattolica“ (n. 2359) si legge: „Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana“.

Ciò nondimeno desidero chiedere scusa a tutte le persone che si sono sentite offese dalla mia relazione, soprattutto alle persone con sentimenti omosessuali. Desidero assicurare loro che la Chiesa non vuole emarginare nessuno, anzi, vuole essere disponibile per tutti, nel senso come sopra descritto. Anche se la mia relazione era diretta ad un pubblico strettamente legato alla Chiesa ed esperto in questioni teologiche, è stato un errore – durante l’elaborazione del testo e la valutazione delle sue eventuali ripercussioni – pensare solamente al livello accademico-riflessivo o ad un dibattito tra esperti all’interno della Chiesa in vista del Sinodo dei Vescovi. Avrei anche dovuto prendere maggiormente in considerazione l’attuale situazione sociale globale, come ad esempio le atrocità dello „Stato Islamico“ o i crimini di altri gruppi, che si rivolgono in maniera brutale non solo contro i cristiani e persone con vedute diverse, ma anche contro gli omosessuali. È stato inoltre un errore elaborare il testo durante il periodo delle vacanze estive e non aver così fatto rileggere il testo da nessuno. Sicuramente i miei collaboratori mi avrebbero avvertito circa i pericoli.

Cari collaboratori nel servizio sacerdotale e diaconale, care collaboratrici e collaboratori nella cura d’anime: chiedo la vostra preghiera per il prossimo Sinodo dei Vescovi, per tutti coloro che vi parteciperanno e soprattutto per Papa Francesco, affinché si possano tutti aprire in modo nuovo all’azione dello Spirito Santo. La Chiesa così potrà trovare, anche dinnanzi alle imminenti difficili questioni, mezzi e vie per riproporre ai nostri tempi nuovamente, integralmente e in modo comprensibile il Vangelo donatoci da nostro Signore Gesù Cristo.

Vi saluto cordialmente insieme ai miei più sinceri auguri di benedizioni,

+ Vitus Huonder
Vescovo di Coira

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