La Chiesa in America, tra grandi battaglie e polarizzazione

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“Dire che vogliamo una Chiesa povera, che siamo a favore dei poveri non basta. Perché in quel momento stiamo prendendo una posizione politica. E allora cosa significa? Che la Chiesa serve i poveri o che la Chiesa assiste i poveri”. James Brennan, prevosto dell’Università Cattolica d’America, ha solide basi per porre questa domanda. E le basi stanno nel documento che la Conferenza Episcopale USA pubblicò nel 1986, “Una giustizia economica per tutti”. Un documento che fece discutere, nell’America di Ronald Reagan. E che seguiva un altro grande documento dei vescovi USA sul disarmo, del 1983. Oggi, questi temi sembrano scomparsi dall’agenda dei vescovi americani. Vittime di una polarizzazione del dibattito che ha in qualche modo depotenziato la Chiesa cattolica. O comunque le ha fatto perdere molto della sua presa sociale.

Perché negli Stati Uniti non ci sono vie di mezzo. Ci sono i cattolici repubblicani, tutti tesi verso i temi della vita e della libertà religiosa. Ci sono i cattolici democratici, tutti tesi verso l’assistenza sociale. Ne viene fuori un dibattito “drogato” dalla polarizzazione. E i vescovi cattolici d’America ne sono stati, in qualche modo, vittime.

Afferma Enrico Donzelli, che danni vive a Washington e che ha collaborato con la Conferenza Episcopale USA: “Qui non si pensa più che la Chiesa possa voler dire la sua anche sui temi sociali. Si pensa soprattutto che possa dire qualcosa sui temi della vita e dell’aborto. E così un vescovo viene invitato ai talk show solo se si deve parlare di vita e aborto, adesso anche di libertà religiosa (ma il tema del dibattito sulla libertà religiosa ha riguardato soprattutto le questioni della vita) ma non di economia o di giustizia sociale”.

Forse per capire cosa è successo si deve andare alle origini, ritornare indietro nel tempo fino al XIX secolo, quando gli Stati Uniti, allora territorio sotto la giurisdizione di Propaganda Fide, cominciarono a rimpolpare l’Obolo di San Pietro di offerte, per aiutare il Papa che era stato cacciato da Roma.

È in quei tempi, racconta James Brennan, che i vescovi americani pensano ad una loro università. Perché mandare i sacerdoti in Europa a studiare non solo era dispendioso. Faceva anche perdere un sacerdote alla comunità. E i vescovi volevano una istituzione che fosse indipendente.

“Oggi – racconta Brennan – ci sono negli USA 235 college cattolici, ma sono stati tutti fondati da Congregazioni. Così, in quel tempo, i vescovi USA avevano chiesto a Pio IX il permesso di aprire un college negli Stati Uniti. Pio IX però non dava il consenso. Aveva dubbi sul sistema di amministrazione delle università americane, aveva paura che poi il controllo sarebbe stato preso da forze laiciste, e anche a Roma temevano che la Chiesa in America sarebbe stata trattata come sotto la rivoluzione francese”.

Ma Pio IX morì, e Leone XIII ascese al soglio di Pietro. E questi diede finalmente il permesso. A questo punto, si trattava di scegliere il luogo in cui far nascere questa università. Brennan spiega che “era quasi ovvio pensare a Baltimora, che era sede cardinalizia. Anche perché Washington era una piccola città, allora, e non era nemmeno diocesi, faceva capo all’arcidiocesi di Baltimora. Fu il cardinal Gibbons, arcivescovo di Baltimora, a pensare che sarebbe stato meglio farla a Washington. Fu una scelta profetica”.

Era il 1887. E da allora “l’Università Cattolica – racconta Brennan – ha avuto i suoi alti e bassi. Ora siamo in un momento di “alti”, e ci piace pensare che formiamo oltre 2 mila intellettuali cattolici ogni anno. Cattolici di pensiero, fondati sulla Dottrina Sociale. Ma non sono necessariamente cattolici di fede. Il gruppo straniero più numeroso che viene a studiare all’Università Cattolico è uno proveniente dall’Arabia Saudita. È incredibile a dirsi. Sono musulmani. Ma il governo saudita riconosce che una università cattolica è promotrice di quei valori universali in cui credono anche loro”.

Dal 1887 ad oggi, la Catholic University of America ha promosso l’educazione cattolica in maniera anche innovativa, toccando campi al tempo non considerati parte dell’educazione cattolica, come la psicologia. E oggi, sostiene Brennan, “ha guadagnato grande credibilità e autorevolezza”. Non abbastanza, però, per evitare la polarizzazione del dibattito. Una polarizzazione che, spiega Robert Royal, presidente del Faith and Reason Institute a Washington, è seguita al grande successo delle “Marce per la vita” organizzate negli USA. È stato lì che i temi della vita, dice Royal, “sono giustamente diventati preponderanti”. Ma forse hanno portato la Chiesa d’America a puntare in maniera forte solo su una parte del dibattito. E – spiega Carl Bunderson, della Catholic News Agency – “lo stesso fatto che negli USA ci sono solo due grandi partiti non aiuta nemmeno i cattolici impegnati in politica a prendere una posizione che inglobi l’intera Dottrina Sociale della Chiesa”.

(1 – continua)

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