Lettera da Elwak, la testimonianza di suor Maria Teresa due giorni prima del rapimento

Ancora nessuna novità sul rapimento delle due suore italiane sequestrate da un gruppo di uomini armati non identificati la notte tra domenica e lunedì a Elwak, nel nord del Kenya. Trattative in corso e versioni contrrastanti, mentre il ministero degli Esteri invita a mantenere un basso profilo per non compromettere gli sviluppi della vicenda. Intanto, si moltiplicano le iniziative di preghiera.
Per mantenere viva l’attenzione sul caso, vi proponiamo l’ultima mail inviata da suor Maria Teresa Olivero alla sua comunità.
Lettera da Elwak
Carissimi,
dal deserto assolato di Elwak vi raggiungo ciascuno della Comunità alla Città e in ogni parte nelle nostre fraternità. È un dono l’unità e l’affetto nel Signore che fa sì che possiamo essere vicini anche a distanze di km e di culture di lingue di climi…
L’altro ieri sono stata ancora una volta molto presa dentro, dal capitolo sulla gioia e da questa Parola di Giovanni(15,11) “Rimanete nel mio amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. La gioia dice la mia fiducia concreta in Dio amore. E come vorrei essere più costantemente fedele a questo clima interiore ed esteriore. Ma Lo Spirito è in noi per sostenerci e renderci creativi per essere in Lui nella sua gioia.
Il visitare i poveri coi cristiani è un miracolo già solo per il fatto che ci accettano, non era così nel passato. Poi si arriva a molti più casi per rialzare da situazioni inumane. Così il volto della carità cristiana prende nuova forma anche tra i nostri fratelli dell’Islam.
La novità di Elwak è che ultimamente possiamo viaggiare anche fuori città perché ci sono alcuni taxi(senza targa) reduci dalla vicina Somalia, che fan servizio. Le strade non ci sono, si gira da un cespuglio spinoso all’altro a mo’ di gimcana per poi arrivare il più vicino possibile alle specie di abitazioni insicure e senza porta, dei nostri poveri.
Si ritorna in paese con la macchina stracolma di persone raccolte nella boscaglia, gente con carichi e coi piedi rovinati dalle pietre e spine. Amicizie spontanee che rallegrano il cuore. Io personalmente mi ritrovo a fare sorrisi di benvenuto perché la lingua garre non la conosco oltre ai saluti,… nemmeno a 60 anni di età. Ma forse c’è ancora speranza, abbiamo mamme che traducono e questo ci aiuta a collaborare e aiutarci.
In un ambiente così secco gran parte dell’anno, questi nostri pastori nomadi ci stupiscono per la loro tenacia nel seguire il loro piccolo gregge ogni dove, perche è questa l’unica loro possibilità di sopravvivenza e di lavoro. Solo ieri con l’aiuto di un papà amico abbiamo trovato lontano dalle abitazioni una capra morta per la siccità che era stata scaricata sulle immondizie di lato alla fraternità.
La gente più povera, che è la maggioranza, patisce la fame cronica. Questi nostri amici non si tolgono mai la fame nel solo pasto di polenta e un po’ di fagioli, o un po’ di ossa di carne o anche solo con un po’ di olio come condimento. E non solo ora nella siccità ma fan la fame l’intero anno.