Wojtyla e il Gran Sasso, una passione raccontata in un libro

Karol Wojtyla e un amore smisurato per la montagna, un amore tutto spirituale.“San Pietro della Jenca. Il Santuario di Giovanni Paolo II sul Gran Sasso d’Italia”. Questo il titolo del nuovo libro della scrittrice aquilana Monica Pelliccione, che verrà presentato il 26 agosto a L’Aquila. Un libro a testimonianza del “ montanaro” Giovanni Paolo II, il papa che amava profondamente la regione dell’Abruzzo e le sue montagne. Le visite ufficiali sono state 6. Quelle private accertate da documenti e testimonianze sono 35 (in realtà secondo il segretario di Giovanni Paolo II, Stanislao Dziwisz oggi cardinale e arcivescovo di Cracovia sarebbero più di cento). Il Gran Sasso, in particolare, è stata la montagna che più ha affascinato il Pontefice che l’ha visitata per sciare ma anche per trascorrere qualche ora a contatto “con Dio e con la natura”. “Papa Wojtyla, che entro l’anno verrà proclamato Santo, si è rifugiato innumerevoli volte nel piccolo Santuario in pietra viva della Jenca”, dichiara l’autrice Monica Pelliccione, “la maggior parte delle visite sono state effettuate in forma strettamente privata: fughe improvvise dall’austerità del Vaticano, per assaporare il candore e la tranquillità dei monti abruzzesi. San Pietro della Jenca”, prosegue la scrittrice, “è il luogo in cui ognuno può ritrovare se stesso, dove può sottrarsi agli inutili disordini di una vita artificiale, dove può rifugiarsi dalle effimere necessità giornaliere per ricercare l’essenzialità della propria esistenza. Qui si fermava Papa Wojtyla per ascoltare la voce di Dio”.
Sempre il cardinale Stanislao Dziwisz”, prosegue Pelliccione, “racconta che una mattina Giovanni Paolo II, recandosi a sciare sulle piste di Campo Imperatore rimase bloccato, insieme alla sua scorta, da una grande bufera di neve, che lo costrinse a tornare indietro. Fu allora, mentre percorreva la Strada Provinciale del Vasto, che Papa Wojtyla scorse da lontano la chiesetta di pietra della Jenca. Incuriosito da quell’immagine, Wojtyla volle avvicinarsi e visitare il piccolo borgo abbandonato, che sembrava essere custode di una pace divina. Da allora, quel paesino divenne il luogo dove il Papa poteva godere di quella tranquillità e di quell’armonia che lo avvicinavano a Dio. Fu lì che per centinaia di volte si intrattenne in gran segreto fino al 1995, quando tutto il mondo seppe della sua presenza a San Pietro della Jenca”. Per Wojtyla – il concetto è stato ripetuto più volte in vari discorsi – la montagna con i suoi silenzi e con la sua bellezza è il luogo che più avvicina a Dio.
Nel libro di Marco Politi e Carl Bernstein “Sua Santità” si racconta di come il futuro Papa nel luglio del 1948 fu inviato a fare una esperienza pastorale in una piccola parrocchia polacca, Niegowic. «I parrocchiani lo vedevano spesso fare passeggiate solitarie dopo pranzo nei frutteti dietro la chiesa. Qualche volta pregava passeggiando. Poi trovato un angolino tranquillo si soffermava a meditare». Il Santuario della Jenca, che conserva una stele e una statua in bronzo di Papa Wojtyla, è oggi la testimonianza vivente del fascino che il Gran Sasso esercitava su Papa Wojtyla. Si racconta che un giorno disse ad un aquilano: “ Beato lei che può vedere tutti i giorni il Gran Sasso!”.
Il volume della Pelliccione raccoglie molte di queste testimonianze e racconti, anche popolari.
Camminando sulle vette del Gran Sasso si ricordano alcune immagini del Papa con il volto rivolto verso l’alto. Lì il pieno e puro contatto con il Padre. Karol però non era solo mistico, la montagna la amava perché era uno sportivo, dal fisico, sempre, atletico. Sciare a camminare erano le sue passioni. “Nel piccolo e prezioso Santuario della Jenca”, conclude l’autrice del volume, ”tutto oggi, come allora, ci parla di Karol”.