Zamagni: Bene comune, nell’ultimo secolo è cambiata la definizione

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Sabato 26 e domenica 27 Ottobre 2013, inizieranno le lezioni del 13° corso a ciclo biennale (2013-2015) in Dottrina Sociale della Chiesa. Il corso promosso dalla Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice in collaborazione con l’Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense è articolato per ogni anno in sette fine settimana (l’intera giornata del sabato e la mattinata della domenica seguente) nell’arco di altrettanti mesi, per 120 ore d’insegnamento. Il numero di allievi è fissato in un massimo di 25 (farà fede l’ordine di arrivo delle domande). Il corso si rivolge oltre che ai membri aderenti alla Fondazione a imprenditori, professionisti, dirigenti o persone coinvolte in attività lavorative a livello di responsabilità nel campo della pastorale del lavoro, ma anche a giovani che desiderano impostare la loro vita lavorativa e personale secondo i principi della DSC. Durante le lezioni saranno approfondite materie quali: Magistero Sociale della Chiesa; dottrine economiche; antropologia, bioetica ed educazione; DSC e dinamiche della comunicazione; il lavoro dell’uomo letto secondo i profili di antropologia e prassi e gli aspetti normativi e sociali. 

La Fondazione ha appena assegnato i premi ” Economia e Società” a Padre Julio L. Martínez S.J e Stefano Zamagni.  “Il premio che la Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice ha voluto assegnarmi per il saggio “L’economia del bene comune” – spiega il prof. Stefano Zamagni, ordinario di Economia Politica presso l’università di Bologna – dice dell’attenzione responsabile che questa importante istituzione civile dedica al problema centrale del discorso economico, oggi. Molto brevemente, si tratta di questo. Da sempre, la scienza economica si è occupata della questione del bene. Ciò che è andato mutando nel corso del tempo è la definizione del concetto di bene. Fin verso la fine del 18° secolo, il bene è stato identificato con il bonum, nel senso della linea di pensiero aristotelico-tomista. Agli inizi dell’Ottocento, il bene viene associato alle merci e ai servizi che transitano per il  mercato e il tasso di crescita dell’economia è definito proprio in questi termini.

Dopo la ‘rivoluzione marginalista’ (negli anni ‘70 del XIX secolo), il bene diventa l’utilità; è bene tutto ciò che accresce la somma delle utilità individuali; secondo quanto recita il canone utilitaristico di Bentham. Con l’avvento del nuovo secolo, Vilfredo Pareto specificherà che il bene corrisponde al massimo soddisfacimento delle preferenze individuali. Da qualche decennio a questa parte, la teoria economica è di nuovo alle prese con la definizione di ciò che deve essere giudicato bene. E’ in questa epoca che la nozione di bene comune, così come formulata dalla Dottrina Sociale della Chiesa, sta tornando dentro il pensiero economico, dopo un letargo di oltre due secoli. E’ dunque urgente e altamente necessario che chi si riconosce nei principi della DSC offra il proprio contributo alla ulteriore elaborazione del concetto di bene comune provvedendo, al contempo, ad esplicarne le ricadute pratiche”.

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