Il Cortile dei Gentili: la voce di Martino e Roberto
Giovedì sera, 8 agosto, nella Parrocchia di San Paolo Apostolo a Praia, in Calabria, il Cortile dei Gentili apre le sue porte per la presentazione del libro “Esodo” di Roberto Oliva e Martino Ciano. Il libro è un epistolario tra due amici, un credente e un non credente. Ho avuto l’onore di scrivere la prefazione a queste pagine di anima che si aprono sul mondo. E questa sera ho la gioia di essere con Martino e Roberto a Praia. Sarà un dialogo e un “andare verso l’altro” come ripete spesso Papa Francesco.Ecco il testo della prefazione di “Esodo”.
Ci vuole coraggio per confrontarsi. E questo coraggio lo hanno avuto Roberto e Martino. Un coraggio che ti fa mettere a nudo, che ti lascia scuotere la tua anima fino in fondo e sconquassa, come una tempesta, la tua intelligenza. Un credente, addirittura un seminarista, e un non credente con una professione “cruda” come quella del cronista. Un epistolario che ci riporta ai grandi classici eppure è così moderno, così graffiante.
Una palestra del Cortile dei Gentili, dove due atleti, come in una sorta di Olimpiadi del pensiero, si confrontano senza aver paura di tirare fuori tutto. I temi sono quelli di sempre. Sono le grandi domande dell’uomo, ma sono declinate nei termini della contemporaneità. Due giovani che raccolgono la sfida della conoscenza dell’altro, che cercano l’Altro. Non cercano di vincere, anzi in fondo nemmeno di convincersi uno con l’altro, piuttosto cercano di capirsi e di guidarsi.
La chiave di lettura di questo prezioso epistolario è tutta qui: non ci si confronta per vincere, per avere la supremazia sull’altro, ma per far emergere la verità.
É la sfida del Cortile dei Gentili, la sfida che Benedetto XVI ha lanciato al mondo quando chiede agli atei di vivere come “se Dio esistesse”. E’ l’invito ad aprire le finestre di quegli edifici di cemento armato “dove è l’uomo che provvede al clima e alla luce; e tuttavia, persino in un mondo auto-costruito si deve far ricorso agli “aiuti” di Dio, che si trasformano in nostri prodotti”. 3
É l’aria fresca di Dio che entra nei nostri polmoni di uomini alla ricerca di senso, e chi fa fatica a respirare trova in questo epistolario una boccata d’ossigeno. Perché, come dice Papa Benedetto, «il valore della vita diventa evidente solo se Dio esiste… Colui che si apre a Dio non si aliena dal mondo e dagli uomini, ma incontra dei fratelli: in Dio cadono i nostri muri di separazione, facciamo parte gli uni degli altri».
Allora anche chi non crede deve per forza confrontarsi con chi crede. Per incontrare il mondo, per vivere nel mondo, non si può fare a meno di considerare Dio.
Il rischio per il non credente è quello di inciampare nei luoghi comuni. Che però sono anche le domande frequenti della gente comune, appunto. Quando ci si domanda “che cosa fa la Chiesa per me” è ovvio che non ci si sente parte di essa. Ma ci si pone mai la questione al contrario? Cosa faccio io per la Chiesa? O nella Chiesa?
La domanda che si pone il credente dovrebbe essere invece: c’è davvero uno spazio neutro di dialogo tra credenti e non credenti? O piuttosto chi crede è sempre un evangelizzatore?
Anche questo è uno dei quesiti comuni tra i credenti. Che significa davvero dialogare con un non credente? Le lettere tra Roberto e Martino sono il tentativo di rispondere a tutto questo, e a molto altro ovviamente. Martino si interroga davanti ai comportamenti incoerenti dei cristiani. Non è un problema solo di un non credente. Lo fanno tutti, soprattutto i cattolici praticanti.
C’è una tristezza senza speranza in alcune sue pagine. Ma poi c’è la gioia e l’entusiasmo di Roberto che sa quanto sia difficile essere “stranieri al mondo”, ma che l’ amore, la verità sono la chiave per leggere tra le righe del creato con la semplicità dei bambini e senza il travaglio un po’ contorto dell’ adolescenza. Per arrivare ad essere adulti. Siamo fatti per amare Dio, scrive Roberto, siamo figli del nulla risponde Martino. Ci sarà davvero un “cortile” nel quale queste due posizioni potranno mai incontrarsi? É uno dei temi più difficili della contemporaneità.
Dopo il Concilio Vaticano II sembrava che il dialogo con il mondo fosse diventato facile, scontato, a tratti banale. Ci si era buttata alle spalle la conflittualità storica tra fede e ragione, e di conseguenza anche l’eterno dibattito tra chi crede e chi ha paura di credere (perché alla fine di questo penso si tratti) : perché ha paura di perdere qualcosa. Ma al contrario la modernità ci ha portato tante “libertà” che abbiamo paura di perdere, che anche i credenti alla fine si trovano in difficoltà. Leggere le lettere di Martino e Roberto, magari con a fianco i testi del Concilio Vaticano II, potrebbe davvero aiutare chi è alla ricerca di senso a capire che l’imperativo morale kantiano è fatica sprecata, che la “morale laica” è un esercizio esagerato della volontà, e che si può vivere felici solo amando. Ma dando all’amore il significato giusto. Allora tutto diventa gioia