Grano e zizzania
Non esiste il principio che genera il male. L’opposizione al bene determina il male. Questa è verità assodata che non è il risultato di nostre elucubrazioni mentali, né tanto meno il credere a illusorie speranze. Affermando questo principio, forse, qualcuno ci potrà giudicare come astratti sognatori di mondi irreali costruiti su strane fantasie. Intanto non si può negare che nel mondo convivono il bene e il male. Non si può approvare nemmeno certa lotta guerricida che distrugge il male per salvare il bene.
Gesù, da Maestro buono e geniale, raccontava la verità in parabole che sono episodi di vita contadina narrati con vivacità e naturalezza, d’immediata intelligenza o attraverso la ragione o attraverso il cuore. Della circa quarantina di parabole evangeliche, solo sette hanno avuto il privilegio della divina spiegazione. Tra queste, ricordiamo la parabola del grano e della zizzania che Matteo racconta nel suo Vangelo (13,24-30, 36-43). Grano e zizzania sono realtà che esistono, convivono e si fronteggiano, sia nell’interno del nostro cuore, sia nel campo della storia. Si fronteggiano anche i due modi di mietitura: quello violento dello sradicare subito, e quello paziente dell’attesa per selezionare con prudenza e non distruggere anche il buon grano. Con questa parabola Gesù ci insegna a saper discernere il bene dal male, operando il bene e rigettando il male. Dio stesso, alla fine dei tempi, separerà il grano dalla zizzania. E poi, nelle mani di Gesù, anche la zizzania umana può diventare grano buonissimo.
Intanto il Vangelo ci istruisce che la venuta del Regno non è questione di un singolo momento ma di una serie di eventi che, collegati tra loro, includono il ministero salvifico di Cristo. Questa verità è raccontata sia dalla parabola della Rete colma d’ogni sorta di pesci, sia da quella del Gran Banchetto al quale sono invitati tutti, anche quelli che si trovano a passare per i crocicchi delle strade. Buoni e cattivi sono invitati a entrare: la redenzione è donata a tutti, il Vangelo è annunziato a tutti, unicamente per grazia, ma l’accoglienza dell’invito comporta sempre la conversione, la coerenza e la corrispondenza. Tutti, quindi, sono chiamati ma la chiamata implica una selezione e la selezione è sempre gesto divino, anche se a realizzarla sono gli stessi uomini che, attraverso la verità nella carità, prendono lo stile di Dio che è prudenza, sapienza e intelligenza, misericordia che ama, che attende, che perdona, che riabilita e risana. Lo stile di Dio, pertanto, dev’essere anche quello della Chiesa di Cristo inviata nel mondo per attuare il divino progetto di salvezza. Quante crociate, quanti roghi, quanti assassini in nome di una sterile e presuntuosa giustizia che talvolta è soltanto vendicativo e distruttivo giustizialismo operato da occulti poteri antievangelici rivestiti di fariseismo purificatore e perbenista! Per questi non c’è misericordia, prudenza, pazienza, verità, non esiste il sacrosanto e intoccabile rispetto della persona ma solo accuse e condanne, delitti e castighi, soprattutto per quelli che non appartengono alla cordata di chi detiene il “potere”.
Nella parabola, i discepoli chiedono al Maestro il permesso di sradicare e distruggere la zizzania per far crescere il grano. Gesù, non solo lo proibisce ma esorta a far crescere insieme e grano e zizzania e a cercare di vivere una vita concorde e coerente col sommo Bene. Lo stile degli “operai della misericordia” deve essere lo stesso stile di Dio. San Paolo così scrive ai Corinzi: “Non vogliate giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intensioni dei cuori” (ICor 4,5).
Dopo il racconto della semina e delle parabole del grano di senapa e del lievito, Gesù tiene la divina omelia e spiega:
Qui seminat bonum semen est Filius hominis.
Dio Creatore, che è anche il divino Agricoltore, lascia il compito della semina al “Figlio dell’uomo” che, gettando il buon seme, genera il Regno dei cieli. Il grano buono che nasce dal seme, “non è da volere di carne né da volere di uomini” ma solo da Dio può germogliare e crescere. La semina è quell’atto iniziale di Dio che precede ogni attività umana. Si tratta di “grazia preveniente” che è condizione necessaria perché tra gli uomini accada tutto ciò che è buono. La crescita non dipende dalla volontà o dall’azione dell’uomo.
Ager autem est mundus.
Il nostro mondo è il terreno dove Gesù semina, non esiste luogo più sacrosanto di questo campo che, nel grembo delle sue zolle, ha accolto il seme divino e, non marcito, ha sentito nascere il “frumento di Dio” per risorgere in Pane di Vita: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51-52). Il mondo è lo spazio in cui l’uomo, accogliendo il seme della parola “in cuore buono e sincero” ha il privilegio di diventare Figlio di Dio.
Bonum vero semen hi sunt filii regni.
Tutti gli uomini sono figli del Regno se non si lasciano avvelenare dagli infidi ciuffi di zizzania. Essi vivono nella quieta tensione tra l’invocazione “venga il tuo Regno” e l’annunzio “il Regno di Dio è giunto tra voi”. La storia, plasmata dallo Spirito, è l’alveo prezioso in cui Dio affronta l’uomo in modo decisivo e gli pone davanti l’aut-aut delle scelte morali. Il vero credente opera sempre profeticamente in prospettiva. Dio incontra l’uomo all’interno della storia personale e comunitaria e gli spalanca davanti la porta, anche se stretta, del suo Regno perché il destino dell’uomo è l’eternità.
Zizania autem filii sunt nequam.
I figli del male, come la zizzania, sono avvelenatori e corruttori, nel campo del mondo seminano disordine, odio, guerre provocando nuova babele. Lì dove germina discordia e falsità, corruzione e violenza, ipocrisia e vendetta, lì seminano i figli di satana.
Inimicus autem, qui seminavit ea, est diabolus.
Il male che opera e serpeggia nel mondo e nella Chiesa ha come origine “il nemico” che è, appunto, “il diavolo”. E’ lui che semina zizzania. Gesù lo descrive come orgoglioso, cattivo, feroce, mentitore, crudele e omicida che rende gli uomini falsi, cattivi e distruttori. Nel tempo in cui il Regno di Dio sta crescendo, gli uomini, posti nella libertà dinanzi al dono della salvezza, possiedono la drammatica possibilità di accoglierla o respingerla; di diventare “figli del Regno” o “figli del maligno”.
Messis vero consummatio saeculi est.
La fine del tempo e della storia sarà il momento del trionfo della verità, in cui Dio separerà il grano dalla zizzania. Nel campo del mondo, grano e zizzania convivono in lotta continua e in una fusione ibrida e sconvolgente, distruttiva dell’armonia cosmica. Dio paziente e lungimirante osserva con quel silenzio misterioso che è amore di misericordia che perdona quanti lottano per essere buon grano e attende che anche zizzania si converta in grano buono.
Messores autem angeli sunt.
Gli angeli, ministri di Dio, custodi degli uomini, vedono il Padre e per Lui custodiscono l’innocenza degli umili, ispirano buoni desideri, attendono i figli dell’uomo “quelli che sono ritenuti degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti” e quelli che “sono uguali agli angeli e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione” (Lc 20,35-36). Gesù chiude la spiegazione della parabola dicendo: “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro”. Il Maestro fa intravedere la moltitudine immensa dei salvati “di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Essi, “passati attraverso la grande tribolazione”, ora esplodono di gioia nel cantare l’Amen della fedeltà nell’Alleluia dell’amore glorificato (Cf Ap 7, 9-12).
Qui habet aures audiendi, audiat.
La beatitudine dell’ascolto è già salvezza anticipata e visione di gloria pregustata. Nella parabola, il magistero di Gesù è chiaro ed evidente. Adesso viviamo nel tempo della “convivenza” del bene e del male. Viviamo nel tempo della pazienza, che è condizione spirituale richiesta da Gesù ai suoi discepoli che vorrebbero subito giudizi frettolosi e separazioni di condanne e di morte. La pazienza divina, però, non va intesa come tolleranza o accondiscendenza, scambiando il bene con il male. Non si può pretendere di anticipare il giudizio divino e attribuircelo credendo di avere l’infallibile capacità di sostituirci a esso. Con la pazienza c’è anche la speranza di conversione della “zizzania umana” in “frumento di Cristo”. Distinguendo sempre l’errore dall’errante, l’attesa paziente dev’essere speranza orante del trionfo della grazia divina. Il libro della Sapienza così prega: “Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza, ci governi con molta indulgenza… inoltre hai reso i tuoi figli pieni di dolce speranza perché tu concedi, dopo i peccati, la possibilità di pentirsi” (12, 18-19). Crediamo al Bene assoluto e ne siamo fermamente convinti. Tutto il male viene da quel “guazzabuglio del cuore umano” quando è incapace di distinguere il grano squisito dalla malefica zizzania. Solo il sommo Bene è la fonte della Vita.