Sempre grave la situazione in Congo. Migliaia di persone in fuga

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Sono stimate in circa 100.000 le famiglie, per un totale di 600.000 persone, che si troverebbero in situazione di estremo bisogno e che necessitano di urgente assistenza umanitaria nella zona del Congo teatro del conflitto che sta insanguinando in particolare i territori di Goma e Beni-Butembo: lo dice la Caritas Italiana.

“Il dramma degli sfollati” è il titolo del testo Caritas in cui si sottolinea la mobilitazione per soccorrere la popolazione delle due diocesi (già stanziati 50.000 euro), grazie alla collaborazione con Caritas Congo. Al momento si sta provvedendo a garantire l’arrivo di generi non alimentari di prima necessità a circa 15.000 famiglie (90.000 persone) anche in coordinamento con le altre agenzie umanitarie presenti. Caritas Congo prevede di ampliare nei prossimi giorni la sua azione, visto l’alto numero di sfollati e la gravità dell’emergenza umanitaria della regione. Caritas Italiana fa appello alla generosità dei donatori, rilevando che c’è un secondo motivo di preoccupazione nella zona: la città di Dungu Duruma, ad oriente, è stata attaccata da un contingente di ribelli ugandesi costringendo alla fuga nella foresta circa 56.000 persone, con rastrellamento di bambini e bambine. Da anni funziona nella zona un programma di recupero dei “bambini-soldato”.

Suor Giovanna Gallicani, che a Goma collabora con l’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo) nella gestione di un progetto per l’infanzia che consiste nel sostegno ad un centro di salute mentale che cura in particolare bambini colpiti da epilessia e da disturbi psichici, afferma che: “La nostra regione del Nord Kivu è in guerra da ormai un anno, ma in questi giorni il conflitto ha creato più di un milione di profughi. Nella nostra parrocchia abbiamo 4 campi profughi e la situazione è di continuo pericolo”. Presso il centro si è istituita una sezione per accompagnare, dal punto di vista psichiatrico, educativo e sociale, i bambini traumatizzati per aver assistito in prima persona a episodi di violenza sui propri familiari: assassinii e violenza sulle mamme. Anche nel distretto dell’Ituri, in cui ha sede un altro progetto Aifo, c’è stata una significativa ripresa della violenza e suor Marcela Lopez, responsabile locale del progetto, dichiara: “Ci troviamo vicini alle zone di confine con l’Uganda e con il Sudan, dove c’è una concentrazione dei ribelli, per questo c’è il rischio concreto che il conflitto si estenda alla nostra regione. Negli ultimi giorni sono arrivate 15 famiglie di profughi provenienti dall’area di Goma”. A causa della stagione delle piogge, prosegue la religiosa, “le strade sono impraticabili e noi ci troviamo in una zona isolata”.

A Goma sono oltre mille gli sfollati in fila davanti al centro Don Bosco di Ngangiù: la maggior parte sono donne insieme ai loro bambini, ma ci sono anche tanti bambini soli che hanno perduto i propri genitori nell’ultima fuga. Tutti sono in fila per il censimento degli sfollati ospitati al Centro. È gente proveniente dal nord della città congolese, molti da Rutshuru da dove è partito l’attacco di mercoledì scorso. Ne dà notizia oggi l’organizzazione non governativa dei salesiani Vis (Volontario internazionale per lo sviluppo), che da anni opera in zona. “A Rutshuru – informa il Vis – i campi degli sfollati sono stati tutti bruciati, provocando la scorsa settimana, la spinta repentina verso Goma di migliaia di disperati. Molti in queste ore stanno uscendo dalla città di nuovo con le masserizie sulle spalle cercando di tornare a casa oppure per trovare ricovero nel campo di Kibati. Qui si sono radunate 15.000 persone, tutte senza neanche un ricovero di fortuna, tutti all’addiaccio nelle fredde notti a 1600 metri”. I mille sfollati del Don Bosco, spiegano, “sono sistemati nel capannone normalmente utilizzato per la messa della domenica, hanno un tetto in lamiera e mura solide di mattoni. Hanno l’acqua e due pasti al giorno ed assistenza”. Inoltre, al centro sanitario del Don Bosco sono ricoverati una decina di bambini con gastroenterite grave e diarrea. I salesiani del Vis infine lanciano un appello: “I 3800 bambini e ragazzi stanno tutti i giorni frequentando la scuola, che tranne per un giorno, è sempre stata aperta. Le lezioni si tengono regolarmente, tutti gli insegnanti sono in classe. Tutti a ora di pranzo mangiano, spesso l’unico pasto della giornata. A queste bocche si sono aggiunte quelle dei 1000 sfollati ospitati al Centro. Ma nessuno ha mai dovuto saltare un pasto. Tuttavia, stiamo terminando le scorte e abbiamo bisogno di essere sostenuti. Nonostante ciò seguitiamo a tenere aperte le nostre porte a chiunque vi bussi. Chiediamo che gli eserciti non sparino più, che non si debba più fuggire da un campo all’altro impauriti, che non si sia più rapiti per diventare ragazzi–soldato, che nessuno venga di notte e abusi di noi, che non si debba essere bambini di strada perché non si ha una famiglia, che nessuno ci picchi o ci maltratti o che pensi che siamo degli stregoni. Vi regaliamo tutto l’oro, i diamanti, il rame e il coltan della nostra terra, in cambio vogliamo poter ridere felici, giocare con tanti giocattoli, andare a scuola tutti i giorni, ricevere le coccole e una carezza di una mamma. Se è vero che esiste la pace noi la vogliamo. E vogliamo un futuro di pace”.

Nel frattempo Medici Senza Frontiere (Msf) continua il suo lavoro sempre a Goma e in altre città e villaggi del Nord Kivu. L’organizzazione è molto preoccupata per le decine di migliaia di persone ancora in movimento che fuggono dai combattimenti di questi giorni. Anche se ieri, 3 novembre, c’è stata un’ampia distribuzione di aiuti umanitari, gli sfollati nel Nord Kivu continuano ad avere bisogno urgente di cibo, acqua potabile, assistenza sanitaria e materiali come coperte e rifugi. A Goma e lungo le strade verso nord, gli operatori di Msf continuano a valutare la situazione degli sfollati e degli abitanti con l’obiettivo di individuare bisogni fino ad oggi trascurati. Nel complesso, la situazione dentro e fuori la città sembra stabile. Ad ovest di Goma, sulla strada Goma-Sakè, gli operatori di Msf continuano a curare i pazienti colpiti da colera nei campi per sfollati e anche nei Centri per il trattamento del colera a Goma, Kitchanga e Minova. La scorsa settimana si sono verificati 69 casi di colera nei quattro campi per sfollati attorno a Goma, 20 a Kitchanga. A Buturande, vicino a Rutshuru, si contano fra 5 e 10 nuovi casi di colera al giorno. A Nordovest di Goma, a Kitchanga, Msf ha potuto incrementare la fornitura di acqua potabile nel campo per sfollati di Mungote da due litri a 10 litri per persona al giorno. A Rutshuru, i campi per sfollati sono stati bruciati la settimana scorsa e ora sono vuoti. La gente è fuggita a nord verso Kayna e Kanyabayonga, dove più di 10mila sfollati sono arrivati. Qui Msf opera con cliniche mobili e supporta anche l’ospedale di Kayna. Msf sta anche monitorando il movimento della popolazione sul confine che porta in Uganda. A Kisoro, in Uganda, la settimana scorsa gli operatori hanno trovato 4000 sfollati e altri a Kitagoma e Ishasha, Msf sta loro fornendo assistenza medica.

E all’agenzia Sir Edoardo Tagliani della Fondazione Avsi, organizzazione non governativa, onlus, nata nel 1972 e impegnata con oltre 100 progetti di cooperazione allo sviluppo in 39 paesi del mondo, racconta da Goma la situazione nel Nord Kivu: “I caschi blu stanno tenendo attualmente sotto controllo la città in modo abbastanza serio e regolare – afferma l’operatore umanitario dell’Avsi – nel senso che anche gli episodi di saccheggio, di furto, di violenza che sono capitati in città la settimana scorsa durante la notte stanno diminuendo”. Ma “quella che resta grave è la situazione umanitaria. Attualmente abbiamo una missione a nord di Goma, che rientrerà questa sera, per verificare la situazione dei profughi alle porte di Goma, mentre in città, come tutti gli altri colleghi, stiamo cercando di fare la conta dei profughi presenti… Molti altri profughi sono sparpagliati in famiglie di accoglienza, cioè sono ospitati da parenti o amici in città, quindi non è semplicissimo capire quanta gente si sia riversata effettivamente su Goma”. Secondo l’operatore umanitario dell’Avsi, presente in Congo da cinque anni, “prima degli avvenimenti della settimana scorsa i profughi nel Nord Kivu erano già intorno agli 800/900mila. Sicuramente adesso abbiamo passato il milione. Ho sentito circolare cifre come un milione e seicentomila o due milioni di profughi, ma secondo me sono esagerate. Realisticamente penso che saremo intorno al milione e cento/duecentomila profughi, che però non è affatto uno scherzo… Attualmente gli stock, soprattutto quelli di viveri, non riescono a coprire le esigenze di tutta la popolazione”.

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